Lo scandalo della Regione Abruzzo: spunta un’altra amante?

Palazzo_Silone-abruzzo-tuttacronaca“Mutandopoli”. E’ questo il termine che inizia a circolare per indicare lo scandalo abruzzese sui rimborsi regionali e che si arricchisce di nuovi particolari. Come riporta Repubblica, infatti, dopo Giovanni Chiodi ora è il tempo di Nazario Pagano, coordinatore per l’Abruzzo i Forza italia, di finire sotto i riflettori. Anche per lui, si tratta di una donna e di una stanza d’albergo. La Procura di Pescara sta infatti vagliando anche la sua posizione, come quella delle altre cinque ospiti delle missioni d’oro della giunta regionale abruzzese, per capire se alle notti in camera ha fatto poi seguito qualche vantaggio non dovuto ottenuto dalla Regione. Nel frattempo, tuttavia, si continua a seguire anche il filone d’indagine su Letizia Marinelli, l’amante del governatore Chiodi nominata consigliera per la parità sempre dalla Regione Abruzzo. Spiega il quotidiano:

Dalle carte sequestrate presso gli uffici dell’assessorato al Lavoro salta fuori che non è stata una commissione a scegliere la Marinelli per quell’incarico. Non c’è stata alcuna selezione e nemmeno una commissione giudicante. La donna che ha trascorso una notte con il governatore Gianni Chiodi è stata scelta direttamente dalla giunta regionale. Una giunta presieduta — anche quel giorno — dallo stesso Chiodi. La delibera in questione è datata 16 maggio 2011, esattamente due mesi dopo la notte in hotel. E tra le carte sequestrate c’è anche il verbale del “gruppo di lavoro” formato da tre dipendenti della Regione. Dipendenti che hanno semplicementeistruito la pratica, eliminando le domande che non presentavano i requisiti richiesti.
Per questo le ventidue concorrenti sono poi diventate la metà. Ma è stata poi la giunta regionale presieduta da Chiodi a scegliere, tra le 12 domande pervenute, proprio il nominativo della Marinelli. Ma non è finita qui. Grazie all’incarico di consigliera di parità la Marinelli è diventata un dipendente pubblico in permesso permanente. Già perché sulla carta, lei è un dipendente dell’Inail e dovrebbe lavorare nella sede di Pescara. Invece usufruisce grazie all’incarico di 80 ore di permessi su 144. 50 ore di permesso come consigliera regionale e 30 ore di permesso come consigliere supplente per la provincia di Pescara (ente sempre amministrato dal centrodestra). In pratica lavora per l’Inail solo8 giorni al mese.
E il paradosso è che sul fronte dell’inchiesta invece la posizione di Chiodi si alleggerisce solamente per la vicenda dell’hotel del Sole a Roma dov’era in compagna della Marinelli. Il governatore avrebbe dimostrato carte alla mano di non aver nascosto nelle ricevute la presenza dell’amante. Se responsabilità c’è, è solo un problema da Corte dei Conti, almeno per questo caso. Questione diversa invece per le altre ricevute di ristoranti e alberghi. La Procura di Pescara intende comunque chiudere l’indagine in tempi brevi. La settimana prossima si svolgeranno gli ultimi interrogatori e poi i pm Giampiero Di Florio e Peppe Bellelli metteranno a confronto le prove documentali con le memorie difensive presentate durante gli interrogatori.
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“Ricostruzione a rischio”: il sindaco de L’Aquila lancia l’appello a Letta

l'aquila-tuttacronacaMassimo Cialente, sindaco de L’Aquila, scrive una lettera al premier Letta per lanciare un appello: “Se nei prossimi giorni il Tuo Governo non riuscirà a trovare il miliardo necessario per finanziare la ricostruzione per l’intero 2014, per la prima volta nella storia del Paese, a fronte di una tragedia quale la nostra, dovremo bloccare la ricostruzione dell’Aquila e dei Comuni del cratere per almeno 6-9 mesi, con conseguenze politiche e sociali drammatiche”. Il primo cittadino invita il presidente del Consiglio  “a vedere di persona ciò che stiamo realizzando e i progetti di rilancio economico e produttivo, per i quali aspettiamo solo il trasferimento delle risorse previste”. Cialente fa inoltre sapere che l’incontro in programma a Roma venerdì prossimo con il ministro dell’Economia e Finanze, Fabrizio Saccomanni, sarà decisivo per capire se il capoluogo abruzzese potrà ottenere fondi sufficienti per la ricostruzione post sisma o se i lavori dovranno fermarsi tra breve. Ancora, ricorda che la scorsa settimana il Cipe ha anticipato oltre 500 milioni di euro, che tuttavia saranno sufficienti a coprire le esigenze della ricostruzione solo fino a marzo. Il sindaco sottolinea anche che, con un’ulteriore anticipazione, sarebbe possibile arrivare a giugno, per finanziare solo progetti approvati nel 2013. “Senza quei fondi – aggiunge Cialente – dovremmo di fatto affermare che il completamento della ricostruzione non avverrebbe prima del 2030. Questo comporterebbe la fine di qualsiasi speranza per i cittadini di poter tornare a una vita normale e la fine della comunità”.

Nuovi guai per Chiodi: il governatore fece assumere la sorella dell’amante

giovanni-chiodi-tuttacronacaE’ Repubblica a parlare della nuova bufera che si addensa sulla testa del governatore della Regione Abruzzo, Giovanni Chiodi. Stando a quanto riporta il quotidiano, infatti, avrebbe fatto assumere la sorella dell’amante per un incarico pubblico, a tempo determinato, come addetta alla segreteria dell’assessorato al Personale. Le accuse che pendono sul governatore, e su altri 24 tra consiglieri e assessori, sono di truffa, peculato e falso nell’ambito dell’indagine sui rimborsi spese, tra cui quelle per una notte in hotel con l’amante. Gli investigatori si sono concentrati sul periodo che va dal 2009 al 2012, con la Procura di Pescara che contesta spese indebite per 80mila euro, tra cui biglietti aerei in business class pagati ai parenti, hotel di lusso senza motivazioni o camere pagate per più persone mentre si era soli in missioni e pranzi luculliani. Il governatore da sempre respinge le accuse tra le quali anche quelle di aver affidato alla sua amante, dopo la famosa notte in albergo, i fondi (un milione e mezzo di euro) del terremoto a L’Aquila per ricostruire in città un centro anti-violenza. La donna, in qualità di consigliera alle Pari opportunità, secondo le norme avrebbe dovuto però occuparsi delle discriminazioni nel mondo del lavoro e non di ricostruzioni edili. “Non ho mai causato danno alla Regione Abruzzo”, ha dichiarato Chiodi.

La donna che dormì con Chiodi poi gestì fondi post terremoto dell’Aquila

giovanni-chiodi-tuttacronacaEra il 2011 e Giovanni Chiodi dormiva in una stanza di hotel con Letizia Marinelli. In seguito, la stessa donna avrebbe gestito parte dei fondi per la ricostruzione post terremoto de L’Aquila. Repubblica e Il Fatto Quotidiano tornano sulla vicenda arricchendola di nuovi dettagli: pur offrendo due versioni divergenti, i due quotidiani convergono sulla cifra che Chiodi avrebbe affidato alla Marinelli: 1,5 milioni di euro. Secondo Antonello Caporale de La Repubblica

 

l’amante non fu in grado di spederli e questi soldi sono tornati indietro quando Gianni Chiodi ha lasciato l’incarico di commissario alla ricostruzione. Ma la Marinelli in base alle norme previste dalla legge avrebbe dovuto occuparsi solo delle discriminazioni nel mondo del lavoro e non avrebbe dovuto gestire i fondi della ricostruzione.

 

Su Il Fatto Quotidiano, invece, Antonio Massari scrive:

 

fu la corte dei Conti a fermare l’amante di Chiodi. I fondi sarebbero stati assegnati l’8 novembre 2011, nove mesi dopo la notte trascorsa dai due nella stanza 114 dell’hotel Del Sole di Roma che, secondo la procura e i carabinieri, è stata poi rimborsata al presidente della Regione. E il 14 agosto 2012 Chiodi inserisce “la realizzazione del centro antiviolenza” nel decreto 134. Tuttavia il 17 settembre sarebbe arrivato lo stop della corte dei Conti.

 

Massari dà per certo la cadenza temporale degli eventi che riguardano la donna e il suo rapporto con il governatore:

 

E quindi: l’amante consigliera Letizia Marinelli o ex amante, poiché non abbiamo contezza delle evoluzioni del rapporto – avrebbe dovuto presentare, all’amato governatore Chiodi, un “progetto di massima”. Il suo valore: 1,5 milioni di euro. Soldi stanziati dal governo Berlusconi per l’emergenza post sisma. Progetto destinato alla realizzazione di un “centro poliedrico per le donne”.

Il 18 febbraio Letizia Marinelli spedisce in Regione Abruzzo la sua lettera raccomandata: aspira –con altre 22 candidate –a essere nominata consigliera di parità. Il 9 marzo la Regione costituisce il “gruppo di lavoro” che valuterà le istanze. Il 15 marzo – appena sei giorni dopo l’istituzione del gruppo di lavoro regionale – la Marinelli trascorre una notte con Chiodi nell’hotel con vista Pantheon. Il 16 maggio la giunta designa Letizia Marinelli per il ruolo di consigliera di parità.

I nostri 7 giorni… andando di corsa!

7giorni-tuttacronacaDi corsa, in cerca di notizie diverse, interessanti, che diano un po’ di sollievo e magari strappino un sorriso. E sembra sempre più difficile perchè le “cose sbagliate” continuino ad accumularsi. Come ha detto Marco Travaglio: “L’intero cestino è marcio“. E non è chiaro se nel suo editoriale si riferisse solo a L’Aquila con il suo scandalo tangenti e il sindaco che si è dimesso o all’intero panorama politico. Del resto sempre più confuso. Abbiamo provato anche a catapultarci fuori dall’Italia, a provare a guardare il nostro Paese con uno sguardo diverso, da straniero, ed è difficile da capire quello che accade. Se non incomprensibile. Un segretario, Renzi, che sembra giocare al gatto e al topo con il premier, Letta, che è del suo stesso partito. Un ex senatore, ora decaduto, Berlusconi, che con una condanna da scontare mira ad essere eletto in Europa e ottenere quell’immunità. Un tribunale che, dopo anni, stabilisce che le elezioni per la Regione Piemonte vanno rifatte. Nulla di cui stupirsi del resto, per noi italiani, se la giustizia decide che la nostra legge elettorale è incostituzionale e quindi siamo governati in modo illegittimo ma il Capo dello Stato, che dagli “illegittimi” è stato eletto, dichiara il contrario. La certezza, ormai, è che non ci sono certezze, men che meno per il futuro. E non nel senso che vi dava Lorenzo il Magnifico. E’ proprio che non si vede futuro nè via d’uscita e questo perchè non si vede impegno al riguardo. Viene voglia di scappare? Correre lontano? Entrare nella schiera dei cervelli in fuga? Sì, certo. Via. Di corsa. Ma è un strada in discesa o… ?

7giorniE’ vero, non si vede futuro in Italia anche perchè mancano i punti di riferimento. Uno su tutti: la pensione diventa sempre più un’utopia. Se ne parla, si fanno supposizioni, ma alla fine sembra ormai l’oggetto del desiderio di tanti che non hanno altro a cui aggrapparsi. Anche a favore dei giovani che tentano invano di entrare nel mondo del lavoro. (Altra grande utopia del Belpaese) Mentre la disoccupazione cresce inesorabilmente (ma lo spread cala e Letta esulta, nonostante siano diverse le risposte che ci si aspetta da lui) si guarda all’estero quindi. Eppure… poi ci si spaventa per quell’ondata di gelo che stringe in una morsa mortale l’America ma ci si domanda pure come potremmo mai essere accolti noi italiani una volta varcati i confini nazionali. Perchè anche questa settimana è spuntato un altro, l’ennesimo, ristorante europeo che abbina l’italianità alla mafia. Si trova a Praga e si chiama Al Capone. Se questo è il biglietto da visita di una delle nostre eccellenze, la cucina, come potremmo venire apostrofati noi? Perdere la speranza e lasciare crollare il nostro umore così com’è crollata la palazzina a Matera? No! In fin dei conti ci sono anche segnali positivi che ci arrivano. Come il fatto che ora le voci a favore dei marò arrivano proprio dall’Unione Europea, che propone di fare quel passo che l’Italia non ha mai osato proporre. Per questo corriamo e andiamo avanti: perchè sappiamo che c’è sempre qualcosa che riesce a stupirci e a stamparci in volto un’espressione simile a quella di una bimba che vede per la prima volta il fratello gemello del papà. “Oibò!”, viene da esclamare. un po’ come quando la polizia conferma l’avvistamento di un ufo o un pilota di linea racconta il suo “incontro – quasi scontro – ravvicinato”. Continuiamo a muoverci perchè vogliamo continuare a stupirci, nella speranza di scoprire ricette nuove invece che riscaldare la solita, noiosa, minestra. In fin dei conti… a qualcosa bisogna pur credere e quindi tanto vale farlo nell’impossibile… tipo camminare sull’acqua!

GOOD NIGHT, AND GOOD LUCK!

Lo scandalo delle tangenti a L’Aquila. Travaglio: “L’intero cestino è marcio”

travaglio-tuttacronacaE’ sdegnato per lo scandalo delle tangenti dell’Aquila Marco Travaglio che, in un editoriale, sostiene che “L’intero cestino è marcio”, pure senza chiarire se dentro tale cestino ci siano solo i casi abruzzesi o piuttosto non si trovi l’intero sistema politico amministrativo che succhia il sangue dell’Italia.

“L’assessore aquilano di centrosinistra Ermanno Lisi che, di fronte alla sua città in macerie, definisce il terremoto che l’ha distrutta una “botta di culo” per “le possibilità miliardarie” di “tutte ‘ste opere che ci stanno” e che “farsele scappa’ mo’ è da fessi, è l’ultima battuta della vita… o te fai li soldi mo’… o hai finito”, non è un fungo velenoso spuntato dal nulla. È la punta più avanzata di un sistema che chiamare corruzione è un pietoso eufemismo. […]

Non stiamo parlando di reati (per quelli c’è la giustizia, che con l’arrivo del procuratore Fausto Cardella è in buone mani anche all’Aquila). Ma di un’antropologia mostruosa che nessuno può dire di non aver notato.

Che pena il sindaco Massimo Cialente, quello che garantiva vigilanza costante sugli appalti e sfilava con la fascia tricolore alla testa dei terremotati puntando il dito contro i governi che lesinavano aiuti, e non riusciva neppure a liberarsi di politici, professionisti e faccendieri come il capo dell’ufficio Viabilità del suo Comune che affidava lavori alla ditta del suocero.

L’editoriale di Travaglio è un pezzo di retorica anti capitalista e parla di qualcuno

“che, ai livelli più alti come in quelli più bassi, pensa di poter fare soldi con i soldi e intanto annienta sentimenti, amicizie, affetti, famiglie, cultura, vite umane. Vite che, quando si spengono, vengono misurate anch’esse in denaro, col registratore di cassa, dunque non valgono più nulla”.

L’amara conclusione è condivisibile. Che poi il cambiamento possa venire dai descamisados di Beppe Grillo è un po’ più discutibile. Siamo al

“fallimento di un Paese ormai inutile, addirittura dannoso. Quello che si illudeva di chiudere il berlusconismo come fosse una parentesi e non lo specchio, […] una certa Italia che Berlusconi ha soltanto sdoganato e resa orgogliosa della sua mostruosità, ma che gli preesisteva e gli sopravviverà: nelle classi dirigenti di destra di centro di sinistra, ma anche in vaste aree della “società civile”.

“Ogni squalo che fa soldi sulla pelle della gente, ogni pirata che ruba sugli appalti, ogni vampiro che succhia il sangue ai morti del terremoto si regge sul silenzio complice di decine, centinaia di persone. Che, fatta la somma, sono milioni. Troppe per sperare in un cambiamento imminente. Ma non troppe per rinunciare a prepararlo subito”.

Le intercettezioni scandalo! Il terremoto dell’Aquila è stato un “colpo di c**o”

terremoto-l'aquila-tuttacronacaE’ Il Fatto Quotidiano a pubblicare le intercettazioni  sandalo, risalenti al 2010, tra Ermanno Lisi (Udeur) e un architetto, Pio Ciccone. Per l’ex assessore la calamità è stata un “colpo di c**o”, occasione ghiotta per guadagnare sulla pelle dei morti. Si continua quindi a parlare di quanto accaduto in quella tragica occasione e, soprattutto, in occasione della ricostruizione,con tanto di tangenti ed arresti di politici e funzionari.

Appalti-LAquila-terremoto-inchiesta-tuttacronacaOra il Fatto quotidiano ha pubblicato nuove intercettazioni vergogna, quelle che testimoniano la conversazione tra lo stesso Lisi e un architetto, Pio Ciccone (entrambi archiviati, ndr).  “Tu ancora non te ne stai a rende conto ma L’Aquila si è aperta…le possibilità saranno miliardarie. Da fessi farsi scappare ‘ste opere”. 309 morti, circa 1600 feriti e 70 mila sfollata: e c’era chi pensava ad approfittarne per arricchirsi. Le intercettazioni, che risalgono al 30 novembre 2010, a circa 18 mesi di distanza dal terremoto, mostrano come l’unico interesse fosse appunto quello di accaparrarsi gli appalti della ricostruzione. Si legge sul Fatto:

“Tu ancora non te ne stai a rende conto ma L’Aquila si è aperta… le possibilità saranno miliardarie. Io sto a cercà di prendere ste 160 case, se non lo pigli mo’ non lo pigli più, questo è l’ultimo passaggio di vita, dopo sta botta, hai finito, o le pigli mo’…”. “O gli pigli mo’ o non gli pigli più…”, risponde Ciccone. “Esatto”, continua Lisi, “abbiamo avuto il c**o di…”. “Del terremoto!”, interviene Ciccone. E Lisi conferma: “Il c**o che, in questo frangente, con tutte ste opere che ci stanno, tu ci sta pure in mezzo, allora, farsele scappà mo’ è da fessi… è l’ultima battuta della vita… o te fai gli soldi mo’…”. “O hai finito”, conclude.

Ma non solo sciacallaggio. Va sottolineata  la risposta che Lisi fornisce a Ciccone, quando questo si preoccupa di eventuali inchieste giudiziarie a loro carico: “Tengo paura, però fino ad un certo punto, lo sai perché? Perché sto con la sinistra e bene o male, penso che la magistratura c’ha grossi interessi a smuove”. Secondo il direttore Antonio Padellaro:

Pubblici amministratori diventati lupi famelici e che pur di rubare e spolpare non si fermano davanti a nulla. Una volta c’era la bustarella, poi venne la tangente. Oggi sembrano peccatucci di fronte all’orgia di una casta criminale e arrogante che sta vampirizzando un paese allo stremo. E quando i proventi delle rapine non bastano più, costoro sperano nei terremoti e se i morti sono tanti, meglio ancora. Che c**o!

E ancora, come spiega Antonio Massari, tra le conversazioni intercettate ci sono anche quelle che raccontano di lottizzazioni realizzate con pochi scrupoli. Il commissario Adriano Goio aveva spiegato all’assessore l’elevato rischio alluvione che presenta il capoluogo abruzzese e il progetto d’invaso per impedire l’eventuale allagamento, che è già stato approvato per 60 milioni di euro. Spiega il Fatto:

L’ex assessore con l’amico Mimmo Marchetti pensa di lottizzare immediatamente i terreni, per costruirvi dei capannoni, in modo da aumentarne il valore, in caso di esproprio: “Io mo non posso entrare per il conflitto d’interessi, però me ne può fregà di meno perché devo salvaguardà, tanto non è la mia la terra è di mio fratello, che ca**o me ne frega, però salvaguardo… un diritto, di tanta gente, in silenzio e salviamo anche le altre terre, perchè se riusciamo a fare la lottizzazione e farcela approvà… domani mattina, mettiamo i capannoni, mettiamo… o quantomeno se ci hanno approvato la lottizzazione, poi mi devono pagare la terra lottizzata, adesso mi sta a venì questa idea

Alla fine, sebbene fossero già stati stanziate le risorse, l’invaso non verrà più realizzato. Come sintetizza Giornalettismo:

Sono questi i personaggi dei quali si è circondato il sindaco Massimo Cialente, non indagato, ma affossato dallo scandalo politico. Il Fatto lo definisce un “cerchio marcio”, che comprende tra gli indagati anche il vice-sindaco Roberto Riga (con l’accusa di una presunta mazzetta da 30mila euro). Senza contare l’accusa di corruzione per l’ex consigliere comunale con delega Pierluigi Tancredi, (Pdl) accusato di corruzione: la stessa che pesa su un altro ex assessore (Vladimiro Placidi) e a un ingegnere del Comune (Mario Di Gregorio). Il Fatto spiega come, di certo, il sindaco Cialente non poteva non conoscere il modo in un cui si operava nell’ufficio Viabilità: fu preso in giro in due occasioni dallo stesso Ermanno Lisi a colloquio con il responsabile del reparto, il geometra Carlo Bolino (“Non dirlo al sindac”», ripetè, per un aumento dell’importo dei lavori). Ma Cialente era consapevole di come quest’ultimo avesse assegnato in passato un appalto (il rifacimento di Via Vicentini, ndr) alla ditta di un parente, senza gara. Eppure, Bolino restò al suo posto e non venne rimosso. Cialente ha per ora congelato le dimissioni, ma di fatto ha spiegato di essere stato già “delegittimato” dal governo, dopo la decisione del ministro per la Coesione territoriale Carlo Trigilia di decurtare da 3 miliardi a 500 milioni, con l’emergere dello scandalo. Senza contare come , oltre al rapporto conflittuale con l’esecutivo sulle risorse per la ricostruzione, Cialente non potrà che essere travolto da un sensibile colpo di immagine, come hanno già dimostrato le numerose contestazioni di questi giorni, sia in rete che di fronte alla sede comunale.

Nuovo scandalo della ricostruzione de L’Aquila: 4 arresti

terremoto_l_aquila_tuttacronacaSi torna a parlare del disastro de L’Aquila e della ricostruzione della città e si viene a scoprire che le tangenti non si pagano più esclusvamente in contanti ma con moduli abitativi. Otto indagati, quattro dei quali posti agli arresti domiciliari: è l’esito dell’inchiesta “Do ut des” della procura de L’Aquila relativa ad appalti legati alla ricostruzione post-terremoto del 2009. Le accuse per le persone coinvolte sono, a vario titolo, di millantato credito, corruzione, falsità materiale e ideologica e appropriazione indebita. A finire in manette due politici: Pierluigi Tancredi, ex assessore di Forza Italia ed ex consigliere comunale Pdl alla ‘salvaguardia dei beni artistici dell’Aquila’ e Vladimiro Placidi, ex assessore comunale della giunta di centrosinistra, delegato alla ricostruzione dei beni culturali. Gli altri due arrestati sono Daniela Sibilla, socia di Tancredi e l’imprenditore abruzzese Pasqualino Macera. Quattro invece gli indagati, tra cui il vice sindaco dell’Aquila, Roberto Riga, sospettato di aver ricevuto una tangente di 10 mila euro, nascosta dentro un pacco dono con una confezione di grappa, per la promessa di un appalto. I reati, secondo l’accusa, sarebbero stati commessi nel capoluogo nel periodo che va dal settembre 2009, pochi mesi dopo il terremoto, al luglio 2011; l’entità delle presunte tangenti contestate è di 500mila euro, mentre è stata accertata l’appropriazione indebita di 1 milione e 268mila euro da parte di alcuni indagati attraverso la contraffazione della documentazione contabile relativa al pagamento di alcuni lavori. Secondo gli inquirenti a L’Aquila esisteva un sistema corruttivo in base al quale alcuni imprenditori interessati ai lavori per la ricostruzione post-terremoto pagavano tangenti, sia in denaro sia attraverso la consegna di moduli abitativi provvisori, a funzionari pubblici per aggiudicarsi appalti relativi a lavori di messa in sicurezza.Come spiega Repubblica, in un articolo a firma Giuseppe Caporale:

A mettere tutti nei guai è stato un imprenditore veneto, Daniele Lago, amministratore delegato della Steda spa. Messo alle strette dagli agenti della squadra mobile dell’Aquila rispetto a un presunto illecito per un valore superiore a un milione di euro (legato a un appalto), Lago ha deciso di confessare e raccontare al procuratore Fausto Cardella e ai pm David Mancini e Antonietta Picardi il sistema delle tangenti nella città del post sisma.

“Gli indagati hanno rivelato una dedizione costante ad attività predatorie in danno della collettività, arrivando a suggerire i metodi corruttivi, a costituire società ad hoc, a rappresentare realtà fittizie, anche in momenti (il post sisma) in cui il dramma sociale e umano avrebbe suggerito onestà e trasparenza. Da ciò si ricava la certezza della reiterazione di reati della stessa specie”, scrive il gip Romano Gargarella nell’ordinanza d’arresto motivando le esigenze cautelari.

“Tancredi anche in virtù del suo ruolo politico pubblico si è posto nel dopo-sisma, caratterizzato dalla fase dell’emergenza, come collettore di compensi di imprese in cambio di agevolazioni per il conferimento di lavori”, è scritto ancora nell’ordinanza. E sarebbe proprio Tancredi, oltre a farsi consegnare dalla Steda del denaro per il suo aiuto, a chiedere e ottenere, secondo la Procura – attraverso una società creata ad hoc per incamerare i proventi illeciti – anche cinque Map, cinque ‘Moduli abitativi provvisori’, del valore di 40 mila euro l’uno.

Moduli che poi, secondo l’accusa, provvederà in parte a rivendere.

Ma le tangenti – secondo quanto raccontato dall’imprenditore veneto – hanno riguardato anche il vertice dell’amministrazione comunale dell’Aquila nella personan della il vice sindaco Riga. Scrive il gip Gargarella: “L’amministratore della Steda spa ha riferito che uno degli appalti che gli vennero ‘offerti’ riguardava quello relativo all’esecuzione delle opere provvisionali di messa in sicurezza di un immobile della dottoressa Sabrina Cicogna, medico presso l’ospedale dell’Aquila. Dalle dichiarazioni del Lago emerge che l’assegnazione di quell’intervento gli venne garantita oltre che da Tancredi, anche da Riga, vicesindaco de L’Aquila”.

E per ottenere quell’appalto a Lago fu chiesto di finanziare con un contributo elettorale di 5mila euro il partito politico ‘La Destra’, di cui “la Cicogna era esponente locale”.

“Senza una città, i giovani aquilani non hanno un’identità”

terremoto-l'aquila-cialente-tuttacronacaMassimo Cialente, sindaco de L’Aquila, città ancora in ginocchio dopo il terribile sisma del 2009, ha inviato una lunga lettera a Enrico Letta per chiedere al premier di recarsi sul luogo a dire che “la ricostruzione si bloccherà”, “io non intendo farlo”. E’ il primo cittadino a scrivere “Con la mortificazione di essere un cittadino abbandonato dal Paese”. “Con il varo della legge di stabilità il Governo ha di fatto interrotto e rinviato la ricostruzione”, benché il Comune abbia già approvato progetti che attendono solo il contributo definitivo. Sempre nella missiva si legge: “Come in certe scene drammatiche di film, in cui in una cordata che arrampica su una parete rocciosa si decide di tagliare la fune dell’alpinista che ha perso l’appiglio, lasciandolo precipitare, il Governo ha deciso che questo pezzo d’Italia venga lasciato morire”. E ricorda “Per ottenere il miliardo e due, in un’unica somma peraltro già spesa nei fatti fui costretto a compiere un atto pesante per un uomo dell’ Istituzione quale credo di essere; fui costretto per protesta a spogliarmi della fascia da sindaco e ammainare il tricolore dagli edifici pubblici, fortemente criticato anche dal Presidente della Repubblica che non mancò di farmi conoscere la sua indignazione”. Nella lettera al premier scirve ancora: “Da una settimana i ragazzi delle superiori sono in mobilitazione e hanno organizzato una grande manifestazione, alla quale hanno partecipato dipingendo le loro guance con i colori della città: il verde e il nero. Sanno bene che, senza una città, non si ha neanche un’identità”. E per domani Cialente annuncia “un’assemblea con tutti i sindaci dei comuni di questo sfortunato pezzetto d’Italia. Forse decideremo di tornare a Roma per esprimere più che la nostra protesta, la nostra mortificazione e indignazione”. Ancora dichiara: “Gli studenti aquilani mi dicevano che in testa al corteo vorranno esserci loro, in migliaia, perché il futuro della Città è il loro futuro e non vogliono e non possono aspettare altri quindici/vent’anni per rifare L’Aquila. Non possono accettarlo e non vogliono emigrare. Sono preoccupato per loro, e vorrei provare a farli desistere perché tre anni fa, nella manifestazione romana, il Governo Berlusconi lasciò che le forze dell’ordine ci picchiassero, anche a sangue. Mi scusi ma vista la sensibilità che il Suo Governo ha mostrato in queste settimane temo che potrebbero essere picchiati, oggi, anche le ragazze e i ragazzi di 15-16 anni”. Scrive ancora il sindaco: “Il governo Letta è riuscito a portare a compimento la scelta iniziale di Berlusconi che era quella di inventare le famose new town: cioè non si ricostruiranno i centri storici almeno nei prossimi anni e ci lasceranno marcire in queste che non sono vere case”. Ma Cialiente ne ha anche per i vincoli di bilancio imposti dall’Ue, Cialente ha detto: “Trovo allucinante il fatto che l’Europa non permetta di sfondare il patto di stabilità del 3% neanche di fronte a calamità naturali riconosciuti dall’Europa stessa”.

Anche la senatrice Stefania Pezzopane, Pd, ha chiesto al Governo di non abbandonare la ricostruzione: “Niente gioco delle tre carte sulle pelle degli aquilani. Il ministro Trigilia sa bene che i 300 milioni stanziati dalla legge di stabilità per la ricostruzione dell’Aquila e dei Comuni del cratere sono una goccia nel mare, a fronte di un fabbisogno stimato attorno ai 10 miliardi di euro in dieci anni. E che sono fondi già assegnati col decreto emergenza grazie al mio emendamento e alla battaglia parlamentare. Non sono fondi nuovi, si tratta dunque solo di un’anticipazione”. E puntualizza: “Sappiamo bene che l’Italia è in difficoltà ed è per questo che sono settimane che chiedo, anche attraverso un’interrogazione parlamentare sottoscritta da una cinquantina di colleghi e rivolta ai ministri dell’Economia e dello Sviluppo economico, che il governo non abbandoni L’Aquila e la sua ricostruzione, cercando soluzioni alternative. In particolare, è necessario che l’Italia apra un negoziato con l’Unione europea perché si possa accedere al finanziamento della Cassa Depositi e Prestiti per la ricostruzione dei prossimi anni”. La senatrice conclude quindi sottolineando che “Inoltre ci sono risorse presso il ministero della Coesione territoriale, perché non si prende una parte di quelle risorse? Quel che è certo, e mi associo al sindaco dell’Aquila Massimo Cialente è che i cittadini aquilani non possono accettare che la ricostruzione, a cantieri aperti e progetti avviati, venga bloccata perché non arrivano risorse. Forse è necessario che, a tal fine, il governo faccia scelte precise nella legge di stabilità, allocando in modo diverso le poche risorse disponibili”.

Delitto di Udine: il killer avrebbe potuto uccidere ancora

nicola-garbino-tuttacronacaSecondo il Gip Paolo Lauteri, Nicola Garbino, il killer di Silvia Gobbato, poteva uccidere ancora. Per l’uomo, che assistito dall’avvocato Manlio Bianchini ha confermato davanti al Gip e al pm Marco Panzeri quanto già riferito in precedenza agli inquirenti, è stato convalidato l’arresto. Stando a quanto ha raccontato, l’intenzione era di rapire Silvia minacciandola con un coltello per poi chiedere un riscatto. La donna ha però reagito tentando di resistere e per questo lui l’ha colpita con oltre 12 coltellate. Garbino avrebbe anche messo una mano sulla bocca dell’avvocatessa per tentare di zittirla, ma lei ha ugualmente gridato: “Ho pensato che con tutto quel rumore potesse sopraggiungere qualcuno, ho pensato di scappare ma all’improvviso l’ho colpita con una coltellata, credo alla pancia. L’ho quindi colpita con altre coltellate, non ricordo né il numero delle coltellate inferte, penso comunque una decina, né l’esatta ubicazione dei colpi”. L’uomo è quindi fuggito quando ha sentito il rumore di qualcuno che si avvicinava: “Ero convinto, però, che sarei stato preso dai carabinieri. Per tornare verso la macchina mi sono diretto di nuovo verso il luogo del delitto, ma a un certo punto venni bloccato da un agente della municipale di Tavagnacco”. L’agente l’ha invitato a tornare sui suoi passi, essendo la zona presidiata dalle forze dell’ordine. E’ allora che Garbino ha chiesto al vigile un passaggio in auto “per tornare verso il parco del Cormor”, in direzione del cimitero, “dove avevo lasciato la macchina”. Essendosi visto negare il passaggio, ha quindi percorso a piedi un tratto della tangenziale. “Sono passato anche davanti a un distributore di benzina, pensavo di essere stato ripreso dalle telecamere”. Considerata l’efferatezza del crimine, secondo il giudice Lauteri esiste un concreto rischio di reiterazione. Nel dispositivo si legge:  “L’omicida agisce andando al di là di quelle che sono le inibizioni tipiche del vivere civile e una volta infranta, questa barriera rischia di non costituire più quell’ostacolo che poteva rappresentare prima. In termini tecnico-giuridici è chiara la configurazione di un pericolo di ricaduta”.

Omicidio di Udine: spunta l’ipotesi del movente sessuale

silvia-gobbato-tuttacronacaE’ stato Nicola Garbino ad aver strappato la vita, accoltellandola, a Silvia Gobbato. Lo studente fuoricorso ha confessato e gli investigatori non hanno dubbi al riguardo. Quello che non convince del racconto del 36enne, però, è il movente. Stando a quanto ha raccontato, avrebbe avuto intenzione di rapire l’avvocatessa nel primo pomeriggio di martedì, mentre faceva jogging lungo l’ippovia del Cormor alle porte di Udine, per poi chiedere il riscatto. Gli inquirenti però non ne sono convinti e ora si fa strada il movente sessuale. Nella notte, nel frattempo, è arrivata la prova schiacciante della sua colpevolezza. I carabinieri del Ris di Parma hanno effettuato la prima analisi sugli indumenti e sui guanti sequestrati a Garbino. All’interno del guanto destro, trovato insieme agli indumenti e al coltello nella borsa con cui il sospettato si stava allontanando giovedì dalla zona del crimine, sono state isolate tracce di sangue della vittima e dell’uomo, compatibili con la ferita che gli è stata riscontrata proprio sulla mano. Sui pantaloni e sulla felpa della tuta sono state trovate tracce copiose di sangue della vittima. Per quel che riguarda il coltello, in acciaio e con una lama lunga 25-30 cm, verrà analizzato in un secondo momento. L’arma è stata probabilmente lavata nel torrente Cormor e appare sporca di fango. Non presenta tracce evidenti di sangue, che verranno ricercate con esami più approfonditi. Ma “le indagini non sono concluse” e, probabilmente, Garbino aveva già fatto dei sopralluoghi e organizzato l’agguato con cura. Come riporta il Gazzettino, martedì si è nascosto tra gli alberi in un punto che conosceva, dove avrebbe portato poi una ragazza. Voleva legarla a un albero per chiedere il riscatto con il cellulare della vittima. Ha atteso pazientemente, un paio d’ore, fino a che è passata Silvia. L’ha scelta a caso, perché era sola e correva piano. La sua reazione avrebbe scatenato però la furia omicida, durata nemmeno un minuto. Un attimo prima che uno dei testimoni arrivasse sulla scena con il cane e si accorgesse del telefonino a terra, in mezzo al sentiero. L’uomo ha riferito che, guardandosi intorno, ha avuto l’impressione di vedere un’ombra muoversi tra gli alberi.

Sul luogo del delitto, sono stati portati dei fiori e dei messaggi in ricordo della giovane vita spezzata.

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I marò non hanno risposto alle domande della polizia indiana?

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In esclusiva sul quotidiano indiano Hindustan Times è uscita a notizia secondo cui Massimiliano Latorre e Salvatore Girone si sarebbero rifiutati di rispondere alle domande della polizia indiana (Nia) durante un incontro che si sarebbe tenuto nel mese scorso. La polizia aveva convocato i fucilieri per registrare le loro dichiarazioni, ma entrambi, su consiglio dei loro legali, si sarebbero rifiutati di rispondere.

”L’indagine ha stabilito – ha ancora detto la fonte – che quel 15 febbraio 2012 c‘è stato un tiro al bersaglio. Un pescatore è stato colpito alla testa, un altro al cuore. Noi – ha sottolineato – vogliamo sapere quello che ha spinto i marò a sparare ai due pescatori”. Il quotidiano aggiunge che ora la Nia vuole ascoltare gli altri quattro marò che si trovavano nel team della sicurezza a bordo della Enrica Lexie perché si tratta di testimoni centrali dell’incidente. ”Ma l’Italia non li ha per il momento mandati in India – ha concluso la fonte – nonostante una assicurazione fornita alla Corte Suprema di metterli a disposizione quando necessario. Abbiamo chiesto al ministero degli Esteri di sollevare la questione con l’Italia”.

La Bonino cosa risponderà? Piegheremo ancora la testa e consegneremo altri nostri militari? Magari anche un intero corpo di Marina? Perché passano i mesi e per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone cala il silenzio sulla stampa italiana?

 

Ecco le prove dell’innocenza dei marò?

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Mario Mauro, ministro della Difesa,  si auspica che i marò possano scontare la pena in Italia. Il ministo degli Esteri, Emma Bonino, appena qualche giorno fa, aveva affermato che si poteva arrivare a una   soluzione “rapida e giusta” alla vicenda che si protrae da un anno e mezzo. I marò sono in India e sottoposti a una corte indiana,  che in base al diritto internazionale non può essere il giudice naturale per un fatto avvenuto al di fuori delle acque territoriali indiane. Questi sono i fatti di un agghiacciante caso internazionale in cui l’Italia ha mostrato tutta la sua debolezza e inadeguatezza per difendere Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

 Ora altri documenti emergono e sembrano provare la piena innocenza dei marò. Innocenza che noi di Tuttacronaca abbiamo già ampiamente espresso anche in articoli precedenti. Oggi è il Tg Com a riportare una possibile dinamica dell’incidente che scagionerebbe completamente i due militari italiani:

Tra le 16 e le 16.30 – ora indiana – la Enrica Lexie è avvicinata da un’imbarcazione sospetta. Non ricevendo risposta a segnalazioni luminose e acustiche, il team dei fucilieri di marina a bordo spara dei colpi in acqua, mentre l’equipaggio viene fatto riparare nei locali blindati della cosiddetta “cittadella”. L’imbarcazione sospetta cambia rotta e si allontana. Nella circostanza il comandante Vitelli lancia l’allarme SSAS Alert, che avvisa in tempo reale, tra gli altri, anche la Guardia Costiera indiana.

Alle 19.16 il comandante Vitelli invia una mail riferendo l’accaduto allo MSCHOA del Corno d’Africa e all’UKMTO (UK Maritime Trade Operations). La Guardia Costiera indiana riceve copia della mail. Alle 23.20 il peschereccio St Anthony rientra nel porto di Neendankara. A bordo di sono due pescatori uccisi da colpi d’arma da fuoco. Il capitano e armatore Freddy Bosco dichiara alle televisioni che l’incidente di cui sono state vittime è avvenuto intorno alle 21.30. E conferma di aver allertato immediatamente, via radiotelefono la Guardia Costiera indiana.

Alle 21.36 la Guardia Costiera indiana si è messa per la prima volta in contatto con la Enrica Lexie, invitandola a rientrare a Kochi . Con tutta evidenza ha avuto notizia da pochi minuti dei due morti, e ha collegato il fatto con la notizia dell’incidente della Lexie.

Alle 22.20 la nave greca Olympic Flair comunica all’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) di aver subito un attacco da due imbarcazioni pirata, che desistono davanti all’allerta dell’equipaggio. Che non ha subito danni, specifica il messaggio. La Guardia Costiera indiana a questo punto ha sul tavolo tre fatti: un incidente avvenuto alle 16.30 – la Lexie – due pescatori uccisi alle 21.30, un altro incidente avvenuto prima delle 22.20. Ma ha anche a disposizione la Lexie che sta rientrando a Kochi, mentre la nave greca è ben lontana. E si getta sulla prima pista, nonostante una differenza di cinque ore tra i due primi incidenti, e la sovrapposizione degli ultimi due (Attacco alle 21.30 secondo Bosco, allarme Olympic Flair 50 minuti dopo).

Come mai la nave greca viene lasciata andare e ci si accanisce su quella italiana? Forse un errore in buona fede oppure una speculazione politica alla vigilia di una campagna elettorale? Serviva un capro espiatorio e si aveva solo l’imbarcazione italiana a cui attribuire l’incidente? La verità è difficile da definire e si spera che la giustizia possa davvero far chiarezza su questa vicenda che sta assumendo sempre più i contorni di un agghiacciante labirinto kafkiano.

Secondo il Tg Com poi:

Un’ipotesi che possiamo avanzare è che intorno alle 21.30, in condizioni di oscurità, il mercantile greco venga attaccato da un’imbarcazione pirata. Nei pressi, sfortunatamente, c’è il St Anthony. I greci scambiano le due imbarcazione come parti di un unico attacco pirata. Il St Anthony viene preso nel mezzo (ciò che spiegherebbe la singolar inclinazione dei colpi finiti sul peschereccio, conficcatisi con traiettoria non inclinata, come i colpi che si sparano da una grande petroliera verso un barchino, ma quasi orizzontali). Chi potrebbe aver sparato dall’Olympic Flair ? A fatica i greci hanno ammesso che a bordo c’era un team di una security ellenica, la Diaplous. Secondo fonti greche, un team senza armi. Improbabile, e se fossero stati armati, avrebbero avuto armi con calibro Nato.

Al di là di ogni valutazione c’è un dato di fatto che emerge e che difficilmente potrà essere modificato: 5 ore tra i due incidenti. Un lasso di tempo ampio in cui sembrerebbe naufragare la diplomazia italiana e la giustizia indiana. E la vita dei due militari italiani non è forse diventata una merce di scambio per gli interessi internazionali?  

10mila euro per chi darà informazioni sul killer di Domenico Lorusso

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Non sembrano dare risultati le indagini condotte finora per identificare il killer dell’ingegnere di Potenza Domenico Lorusso, ucciso la sera del 28 maggio a Monaco di Baviera. La polizia ha quindi deciso di mettere una taglia sull’assassino e verranno versate 10mila euro a chiunque fornirà informazioni utili per identificarlo, visto che la ragazza della vittima non è in grado di fornire un identikit e il dna prelevato non ha riscontri tra gli schedari. Nel frattempo il fratello di Lorusso, Paolo, è pronto per recarsi in Germania per capire a che punto siano le ricerche.

Morire per uno sputo: la storia di Domenico Lorusso

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Aveva povato a difendere la sua ragazza colpita da uno sputo Domenico Lorusso, morto per una coltellata al petto in un parco pubblico vicino al fiume Isar a Monaco di Baviera. La polizia, che ha ricostruito l’omicidio, cercano l’assassino, fuggito subito dopo. Tornerà ora in Italia il corpo dell’ingegnere di 31 anni originario di Potenza e trasferitosi in Germania per lavorare in una società aeroportuale. L’omicidio è avvenuto alle 22 di martedì, mentre lui e la fidanzata rientravano in bicicletta verso il centro della città. Una passeggiata su due ruote, brutalemnte interrotta quando l’assassino, sconosciuto e probabilmente ubriaco, ha sputato alla ragazza, anche lei potentina come l’ingegnere, senza alcun motivo. Lorusso si è rivolto all’uomo per chiedere le ragioni del suo gesto, quando la situazione è degenerata. L’assassino ha estratto il coltello con cui ha sferrato il colpo al petto. La fidanzata ha chiamato i soccorsi, ma non è bastato: Lorusso è morto dopo essere stato ricoverato all’ospedale “Klinikum Rechts der Isaar”. Ora si cerca l’autore dell’ingiustificabile gesto, di età vicina ai 35 anni, con capelli corti e neri e vestito con un giaccone scuro. La microcriminalità è un fenomeno presente nelle maggiori città tedesche e l’ingegnere non è la prima vittima italiana. Due anni fa un altro italiano, il 23enne Giuseppe Marcone fu ucciso a Berlino, dove lavorava nel ristorante del padre. Fu investito da un’auto mentre usciva dalla metropolitana del Kaiserdamm, mentre scappava da due giovani che lo avevano aggredito senza motivo. All’epoca, i responsabili furono condannati a due anni e 4 mesi di reclusione.

Una sentenza giusta, ma non ha vinto nessuno… Sarah non c’è più

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«Ci speravo, ma rimane una sentenza amara. Chi uccide merita l’ergastolo». Con queste parole Concetta Serrano, la madre di Sarah Scazzi, ha commentato la condanna all’ergastolo di Cosima Serrano e Sabrina Misseri, dopo aver ringraziato la procura per il lavoro fatto.
«Non ha vinto nessuno, perché Concetta, Giacomo e Claudio hanno perso una figlia e una sorella». Così l’avvocato Walter Biscotti, legale di parte civile della famiglia di Sarah Scazzi, ha commentato la sentenza di condanna all’ergastolo per Cosima Serrano e Sabrina Misseri. «È una sentenza severa ma era attesa – ha aggiunto – perchè gli uffici del pm hanno fatto un lavoro esemplare che ha fatto emergere in modo inconfutabile le responsabilità».

Suona la campana… Processo Scazzi… ERGASTOLI!

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Serrano Cosimo e Misseri Sabrina condanna all’ergastolo.  GIUSTIZIA E’ FATTA!

Misseri Michele pena anni 8, Cosimo Cosma e Carmine Misseri  6 anni.

Una sentenza esemplare che non lascia nulla di impunito e che rende giustizia a una ragazzina di 12 anni barbaramente uccisa. La corte non ha fatto sconti nelle pene sia carcerarie che nei risarcimenti alla famiglia. Si chiude così il primo gradi di giudizio su una sentenza che tutta l’Italia attendeva da tempo. Non ci sarà mai un giusto risarcimento il delitto di Sarah, ma la giustizia ha fatto tutto quello che era in suo potere.

Giustizia per Sarah: oggi la sentenza

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26 agosto 2010 – 20 aprile 2013: dall’uccisione della 15enne Sarah Scazzi alla sentenza del processo che ha portato alla sbarra Sabrina Misseri e Cosima Serrano. Arriva nel pomeriggio la decisione dei giudici della Corte d’Assise di Taranto dopo che la Procura ha chiesto, per le due imputate, la condanna all’ergastolo. 15 mesi e 52 udienze, tanto è durato il processo che portato in aula nove imputati. Tra questi, oltre alle due donne, accusate di omicidio volontario, sequestro di persona, soppressione di cadavere e furto aggravato, Michele Misseri, che deve risponde di soppressione di cadavere e furto aggravato e rischia nove anni di carcere mentre ne sono stati richiesti otto per il fratello e il nipote, Carmine Misseri e Cosimo Cosma, per concorso in soppressione.

Caso Scazzi: la ricostruzione della Pubblica Accusa

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La pubblica accusa di Cosima e Sabrina continua a muoversi su una stessa linea: Michele non era in casa nel momento in cui le due donne privavano della vita Sarah, non in modo premeditato ma per un accumulo di rabbia. Per il Pubblico Ministero si tratta di uno strangolamento che è durato dai 3 ai 5 minuti, un impeto d’ira che una delle due donne avrebbe potuto interrompere se non fossero state entrambe coinvolte. La ricostruzione propone le 14.24 come orario dell’omicidio, dopo di che, alle 15:08, Michele era già nella zona del pozzo. Per il PM, quindi, nessuna delle due donne, Sabrina e Cosima, ha una maggiore o minore responsabilità. Si conoscerà mai la verità? In un caso in cui il “testimone chiave” continua a fornire, fino all’ultimo, versioni differenti e che non riesce neanche ad indicare l’arma del delitto? Del resto anche il medico legale che ha contestato si potesse trattare di una corda, affermando invece che fosse una cintura, è stato messo in discussione sia dall’accusa che dalla difesa e di certo non è credibile Michele che è passato da corda a cintura per poi tornare sui suoi passi. Cosa c’è di certo in questo processo? Che è stato commesso un omicidio efferato, che si è spezzata una giovane vita, che un sorriso si è spento per sempre!

La fiaccolata per l’Aquila… 4 anni fa il sisma!

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Fiaccolata all’Aquila per non dimenticare le 309 vittime del sisma di 4 anni fa: era il 6 aprile 2009. Intanto crescono le polemiche per i ritardi dei fondi per la ricostruzione. La cifra stimata è di 7 milia. Il sindaco Cialente: “le mie colpe? Non ho messo le bombe. Non sappiamo dove siano finiti i soldi dai giochi (mercato del gioco) per la ricostruzione, qui non sono mai arrivati, saranno finiti nella contabilità dello Stato ma finora una voce che indichi i soldi provenienti dai giochi non c’è. Tra l’altro era previsto anche un prelievo dalle ditte farmaceutiche per finanziare la ricostruzione ma anche da lì non è arrivato niente. Se io ora non ho i soldi per ricostruire, nel 2016 non ci saranno neanche 40mila abitanti, qui resteranno solo vecchi e dipendenti pubblici.”

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