“Il Governo italiano non fermi la sperimentazione animale”: così la Cattaneo

elena-cattaneo-tuttacronacaE’ scontro tra ricercatori e animalista da quando, la scorsa estate, il Parlamento ha varato la legge 96 secondo la quale nei laboratori di ricerca italiani verranno vietati gli xenotrapianti, l’uso degli animali per i test sulle droghe, l’uso di primati, cani e gatti se non dopo l’autorizzazione ministeriale e qualsiasi sperimentazione senza anestesia o analgesico. La senatrice a vita Elena Cattaneo, scienziata e ricercatrice alla Statale di Milano, dove studia da anni la malattia di Huntington, è intervenuta nel dibattito. “Il governo deve recepire la direttiva europea sulla sperimentazione animale senza stravolgimenti, altrimenti si ferma la ricerca italiana”. Dopo le proteste dei ricercatori, che hanno minacciato il ricorso alla Corte di giustizia europea, il governo ha preparato una bozza di decreto legislativo che allo stesso tempo scontenta gli animalisti e che secondo Cattaneo “non è sufficiente”.  L’Huffington Post ha intervistato la senatrice:
Senatrice Cattaneo, perché non è soddisfatta dei cambiamenti che il governo ha introdotto nel futuro decreto sulla sperimentazione animale?
Credo che abbia sottovalutato le implicazioni e le conseguenze di quello che viene enunciato. Rimane il divieto agli xenotrapianti, rimane anche l’impossibilità di condurre ricerche sulle molecole psicoattive persino nei topi. L’esecutivo deve semplicemente recepire la direttiva comunitaria così come è stata votata dal Parlamento europeo altrimenti costituirà un freno alla ricerca italiana. Non capisco poi perché gli animalisti vogliano cambiarla, visto che in sede europea hanno dato il loro benestare a questa direttiva.

Forse perché l’obiettivo delle associazioni animaliste è l’abolizione della sperimentazione animale? Se viene vietata la sperimentazione animale allora bisognerà assumersi i rischi e parlare onestamente con i malati per informarli che la ricerca sulle malattie è bloccata. Allo stesso tempo occorre dire che non esistono le metodologie alternative alle cavie da laboratorio. Esistono, è vero, le colture cellulari e gli approcci informatici che affiancano la sperimentazione animale ma non potrebbero sostituirla. Sfido chiunque a venire nel mio laboratorio e spiegarmi in quale modo si sarebbe potuto arrivare ai risultati che abbiamo ottenuto senza usare gli animali. Abbiamo scoperto che nella corea di Huntington, malattia neurologica, vi sono dei circuiti molecolari che si parlano, e questo è stato convalidato in 4 modelli sperimentali diversi, verificati e validi sull’uomo, e ora con i test clinici cerchiamo di capire come fare una diagnosi della sintomatologia della malattia. Ecco perché non mi capacito quando sento parlare di inutilità della sperimentazione animale.

 

Nello stesso preambolo della direttiva europea si indica come obiettivo a lungo termine la completa sostituzione degli animali nella ricerca a favore delle metodologie alternative, mentre il governo americano finanzia generosamente il progetto Tox21 che prevede appunto l’implementazione di metodologie animal-free. Cosa ne pensa? Sono a favore di qualsiasi strategia di ricerca proprio perché sono uno scienziato e non potrei escludere alcuna metodologia. Se in una determinata ricerca scopro che gli animali, o una specie animale, non mi servono allora non li uso. So, però, che se voglio studiare la tossicologia sistemica di un farmaco avrò bisogno di un organismo intero e non di un piattino di cellule. L’aspetto etico tocca noi ricercatori per primi, siamo noi a manipolare e condividere l’esperienza in laboratorio con gli animali, la viviamo tutti i giorni. Personalmente supero il problema etico con un imperativo, quello di dare speranze ai malati, e per questo obiettivo non userò né un animale in più né uno in meno di quello che è necessario. Come scienziata mi prendo la responsabilità etica di quello che faccio. E non accetto che il monopolio dell’etica sia in mano soltanto agli animalisti.

 

Ultimamente lo scontro tra animalisti e ricercatori si è esacerbato, con il caso di Caterina Simonsene addirittura l’affissione a Milano di volantini con nome e cognome degli scienziati additati come “assassini di animali”. Come riportare la calma? La vivisezione non esiste. E non esistono i vivisettori. Eppure esiste la Lega antivivisezione. Penso di avere incontrato migliaia di scienziati nella mia vita, e mai ho trovato un ricercatore con un atteggiamento aggressivo nei confronti degli animali da laboratorio. Ci dicano dove avviene la vivisezione. Nei nostri laboratori invece c’è un impiego etico e legittimo della sperimentazione animale per dare conoscenza e speranza.

 

In Italia e nel mondo l’opinione pubblica invece è apertamente contraria all’uso degli animali per scopo scientifico. Secondo lei è soltanto ignoranza? L’opinione pubblica si infiamma perché vuole avere la coscienza pulita. Le persone vogliono farmaci efficaci e medici in grado di guarire le malattie, ma non accetta per esempio le etichette sui farmaci dove si indicherebbe che quel principio attivo è stato ottenuto con la sperimentazione animale: è una proposta di legge di Pia Locatelli e la trovo davvero ottima. Forse c’è bisogno di un’opera pedagogica per far comprendere come la scienza produca fatti definibili, contestabili e pubblici. E invece accade di assistere a pagliacciate come quella di Davide Vannoni, che non a caso tiene segreto il suo metodo Stamina proprio perché non ha niente a che vedere con la scienza.

 

A proposito di Vannoni, come si sta comportando la ministra Lorenzin? Ha avuto coraggio. Quando la scorsa primavera il Senato ha dato unanimemente il via libera al metodo Stamina approvando il decreto Balduzzi, Lorenzin è andata controcorrente e ha costituito un comitato scientifico affidandosi al suo parere. Così facendo ha messo in angolo Vannoni. Oggi vorrei dire ai miei colleghi senatori che dovrebbero prendersi la responsabilità di quello che è accaduto, perché abbiamo attiratol’attenzione del mondo scientifico internazionale anche a causa di decisioni politiche antiscientifiche. Un disastro.

 

Anche la medicina ufficiale viene percepita come “casta”? Capisco che in un momento difficile come quello che stiamo vivendo è facile puntare il dito contro le istituzioni. Ma la scienza è una cosa seria e se viviamo fino agli 80 anni è merito suo, non certo della politica e della religione. Oggi, specialmente in Italia, noi scienziati lavoriamo senza ottenere considerazione dalla società eppure riusciamo a competere con il mondo intero vincendo bandi e ottenendo generosi finanziamenti superando colleghi che lavorano in laboratori prestigiosi in California oppure ad Harvard. E questo nonostante facciamo ricerca, nel mio caso, nell’edificio più brutto di Milano e con strumentazioni vecchie. Questo è il miracolo della ricerca italiana, riconosciuto all’estero e svilito invece nel nostro Paese. E difendo con la stessa passione il metodo scientifico, perché è l’unico che mette in dubbio tutto ogni volta, è l’unico metodo che mi impone di non innamorarmi della mia idea se riesco a dimostrare che è sbagliata.

 

Tornando alla direttiva sulla sperimentazione animale, domani c’è un convegno al quale la Lav ha deciso di non partecipare perché, spiega, non rispecchia le opinioni dell’antivivisezionismo scientifico. Cosa risponde? Questo convegno serve soprattutto ai senatori della Commissione sanità che devono dare un parere al governo sul decreto che recepisce la direttiva sulla sperimentazione animale. Devono sapere che se la bozza dell’esecutivo rimane invariata, andremo incontro alla procedura di infrazione e la ricerca italiana verrà bloccata. Allo stesso tempo, all’appuntamento di domani avevamo invitato anche molti studiosi e ricercatori contrari alla sperimentazione animale affinché potessero illustrare la loro opinione. Molti hanno rifiutato l’invito o ci hanno fatto sapere di non poter venire, tranne Isabella De Angelis dell’Istituto Superiore di Sanità e Simone Pollo dell’università La Sapienza. Avevamo anche chiesto l’intervento di Umberto Veronesi, notoriamente contrario agli animali da laboratorio, e nemmeno lui purtroppo potrà essere presente.

 

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AAA cercasi… cavie umane! L’iniziativa dell’Università di Trento

cavie-umane-tuttacronacaSono stati studenti e ricercatori del dipartimento di Scienze cognitive dell’Università di Trento, con sedi a Mattarello e Rovereto, ad avere l’idea di dar vita a una bizzarra iniziativa: avendo bisogno di volontari per la ricerca scientifica, infatti, hanno pensato di reclutarli in Facebook. Come? Creando un gruppo, Bacheca esperimenti, attraverso il quale cercano ogni tipo di soggetto di cui abbiano bisogno: si va dalle persone destrimani alle donne di madrelingua italiana per un questionario sulle relazioni sociali e sugli atteggiamenti che si hanno nei confronti del proprio corpo. O anche soggetti per una inchiesta su sonno, salute e benessere. In cambio, le cavie, oltre a sentirsi utili per la ricerca, hanno la possibilità di guadagnare qualcosa. Attenzione però alla motivazione: nell’avviso in bacheca è scritto che ci vuole “buon senso nella partecipazione agli esperimenti”. “Se da un lato la ricerca ha bisogno di molti volontari – si legge – dall’altro lato i ricercatori non traggono beneficio dall’avere partecipanti motivati solamente dal guadagno economico”.

Lato b? Meglio generoso: è indice d’intelligenza!

latob-tuttacronacaBasta preoccuparsi per fianchi larghi e sedere grosso, sono indice d’intelligenza e buona salute. A dirlo, una ricerca condotta dall’Università di Oxford, che ha dimostrato che le donne con il fondoschiena pronunciato godono di queste caratteristiche. La spiegazione è semplice: un sedere grande richiede un eccesso di omega 3. Precedenti studi scientifici hanno dimostrato che tale elemento accelera lo sviluppo della mente, quindi le donne dai fianchi pronunciati hanno un rischio minore di soffrire di diabete e di malattie cardiache. Non solo, in questa categoria di donne i livelli di glucosio e colesterolo sono molto più bassi che nelle altre e per questo vivono più a lungo.

Allarme terremoto lanciato dagli scienziati: rapporto diretto con il fracking

fracking-terremoto-tuttacronacaLa conferma ufficiale che esista un rapporto diretto tra le attività di estrazione di gas naturale attraverso la fratturazione idraulica, o fracking, e alcuni terremoti sembra arrivare da tre articoli pubblicati sulla rivista Science. E se tale tecnica sembra essere responsabile di sismi di bassa intensità, fino al 3°, la tecnica di iniezione delle acque reflue nel sottosuolo – associata al fracking o anche a tecniche per la geotermia – potrebbe produrre terremoti anche superiori al 5°. Andrebbe inoltre considerato il fatto che i terreni sottoposti a queste tecniche possono risultare più sensibili alle conseguenze di violenti terremoti in altre parti del mondo, le cui onde sismiche potrebbero produrre contraccolpi disastrosi. Secondo William Ellsworth, sismologo all’US Geological Survey, il terremoto che colpì l’Oklahoma il 6 novembre 2011 fu causato da un vicino impianto di iniezione di acqua ad alta pressione nel sottosuolo. Stando al sismologo, in soli 10 anni sono quasi decuplicati i terremoti superiori alla magnitudo 3: da una media di 21 all’anno nel 2000 a un massimo di 188 nel 2011. Tale cambiamento non può derivare da cause naturali: negli ultimi 10-15 anni gli USA hanno avvitato una vasta campagna di trivellazioni per l’estrazione di shale gas. Il gas di scisto, più comunemente noto come gas naturale, è abbondantissimo negli USA: lo si estrae pompando in profondità enormi quantità di acqua ad altissima pressione in grado di rompere gli strati geologici dov’è intrappolato, così da permetterne poi la rapida risalita in superficie. Oltre al rischio di contaminazione delle falde acquifere, si sostiene che il fracking possa provocare anche terremoti: su un secondo studio pubblicato si legge che almeno la metà dei terremoti, di intensità pari o maggiore ai 4,5°, avvenuti negli USA negli ultimi 10 anni hanno interessato aree limitrofe ai siti di iniezione delle acque. Un terzo studio, a opera di due ricercatori dell’Università della California a Santa Cruz, ha preso in considerazione la sismicità prodotta dagli impianti geotermici. Stando agli studi, la pratica di iniettare acqua in profondità per favorire l’estrazione di energia geotermica produce terremoti i cui numero e intensità si riducono proporzionalmente alla riduzione del volume di fluido iniettato o estratto. In Italia non si utilizza il frackling, ma ci sono centrali geotermiche. E potrebbe insorgere una preoccupazione anche per l’attuale Campi Flegrei Deep Drill Project, che ipotizza in futuro una centrale geotermica. Emily Brodsky, autrice di uno degli studi, ha spiegato: “Dobbiamo riuscire a studiare più a fondo questi fenomeni per essere in grado di informare gli operatori sulla quantità di acqua che è possibile aspirare o iniettare in sicurezza”. Il timore è che l’indebolimento del sottosuolo e la pressione esercitata sulle faglie possano attivare terremoti di intensità maggiore associati con supersismi in altre parti del mondo. I terremoti in Cile del 2010, in Giappone nel 2011 e a Sumatra nel 2012 hanno avuto ripercussioni negli Stati Uniti: le onde sismiche prodotte hanno infatti fatto tremare con maggiore intensità le aree interessate da fracking o da centrali geotermiche. Per il principio di precauzione, stando a simili valutazioni, tali attività potrebbero essere interrotte e la Francia ha approvato già da qualche anno una monatoria sul fracking. Gli Usa, al contrario, puntando all’indipendenza energetica dall’estero, stanno incrementando gli impianti di estrazione.

Arriva la maglietta che monitora lo stato d’animo!

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Può una maglietta monitorare il nostro stato d’animo? Sembra che integrandola con sensori ed elettrodi si possa davvero monitorare il nostro stato psichico attraverso una T-shirt intelligente. La maglietta in questione è stata testata su soggetti bipolari seguiti dai centri clinici di Pisa, Strasburgo e Ginevra. Dopo 3 anni di studio i dati sono stati sorprendenti. Il progetto nasce come una collaborazione a livello europeo del centro di ricerca ‘E. Piaggio’ dell’Universita’ di Pisa e diversi partners multidisciplinari (università, aziende  private e ospedali) provenienti da Italia, Svizzera, Francia, Germania, Spagna e Irlanda. Come spiegano gli esperti ‘durante lo studio, al paziente viene chiesto di indossare la maglietta due volte la settimana per un periodo di follow-up di 14 settimane. La maglietta sensorizzata consente l’acquisizione sia di parametri fisiologici quali l’elettrocardiogramma (ECG) e la frequenza respiratoria, sia di parametri biomeccanici quali il movimento e la postura. Due volte la settimana, qualche ora prima di andare a letto, il paziente indossa la maglietta e utilizza lo smartphone per registrare la propria voce, compila test psicologico/cognitivi, e annota il proprio stato emotivo. Durante la notte, poi, la maglietta continua a registrare i dati fisiologici’

Chi l’ha detto che i videogiochi sono sempre dannosi?

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La ricerca scientifica afferma che i videogiochi possono aiutare i bambini dislessici a migliorare le loro capacità di lettura. ma prima di gridare al miracolo occorreranno altri studi. Ciò che si è verificato è semplice: un bambino dislessico che si trova a dover di fronte a un gioco che richiede rapidità, abilità percettive, cognitive e motorie, riesce a “trovare” un’interazione.  Confrontando le capacità di lettura prima e dopo una sessione di videogioco (durata 80 minuti) si è visto un netto miglioramento nelle letture che seguivano al gioco.  Probabilmente il videogioco va a influire sulla capacità di attenzione e la stimola al punto che poi tale precisione può essere impiegata anche nella lettura.

Ci autodroghiamo per sentirci migliori!

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Quando ci sentiamo superiori agli altri in qualcosa in realtà abbiamo solo un “baco nel cervello”!  La scoperta, condotta da Makiko Yamada del Molecular Imaging Center presso l’Istituto Nazionale Giapponese di Scienze Radiologiche, è stata pubblicata sulla rivista Pnas. Quando ci sentiamo “più bravi” per mera illusione, in realtà sono due regioni del cervello che stanno interagendo tra loro, in particolare si tratta dello striato e della corteccia frontale che sono regolati dal neurotrasmettitore del “piacere”: la dopamina. I ricercatori hanno scoperto, inoltre, che individui anche moderatamente depressi non cadono nell’illusione di superiorità, aspetto che conferma il cosiddetto realismo depressivo, ovvero il fatto che i depressi sono più realisti delle persone sane.

 

 

 

 

LA MAPPA DELLE ATTIVITA’ CEREBRALI!

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Un progetto decennale, la mappa delle attività cerebrale, che tenta di sondare i più profondi meccanismi del cervello potrebbe essere approvata dall’amministrazione Obama già dal prossimo mese. Lo sforzo di ricerca tra fondi pubblici e privati,  simile a quello che anni fa fu presentato sotto il nome di “Human Genome Project”, potrebbe portare a nuove scoperte della neurologia e avere poi sviluppi nella cura dell’Alzheimer e Parkinson.

I cristalli viventi che si assemblano con la luce!

Forse una svolta per la progettazione di materiali per l’elettronica. Alla ricerca ha partecipato anche un italiano Stefano Sacanna, da anni ormai stabile ricercatore all’Università di New York. Le particelle sono sospese in un fluido di acqua ossigenata e sali. Ed è proprio l’acqua ossigenata a funzionare come “benzina” per il loro minuscolo motore. Quando si accende la luce, viene attivata la reazione chimica grazie alla quale le particelle “accendono” il loro motore, iniziano a consumare benzina e a muoversi.

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