Letta torna alla vita da “normale” cittadino: il day after in giro per Roma

letta-day-after-tuttacronacaEnrico Letta trascorre il primo giorno dopo le dimissioni con una passeggiata tra le vie di Roma, dal Testaccio, dove abita, a Trastevere. Saluti a chi lo riconosce e un braccio sulla spalla del figlio che lo accompagna. Non manca neanche alla funzione in chiesa, un giorno da “normale” cittadino, insomma, per l’ex premier.

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La staffetta nel Governo: Renzi parla da Premier alla direzione Pd

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Parole da Premier più che da segretario quelle pronunciate oggi dal Matteo Renzi alla Direzione Pd alla quale Letta ha deciso di non partecipare. L’esordio del sindaco di Firenze è stato “Non ci saranno effetti speciali nella mia relazione” e poi ha aggiunto “Non faremo processo al governo, ma siamo in condizioni di aprire pagina nuova” per poi sottolineare che “Non si tratta di staffetta o non staffetta. Staffetta è quando si va nella stessa direzione e alla stessa intensità, non quando si prova a cambiare ritmo”. La direzione del pd “assume ‘impegno Italia’ come contributo e rileva la necessità e l’urgenza di aprire una fase nuova con esecutivo nuovo” che ha come “orizzonte” la fine della legislatura. Questo è uno dei passaggi più salienti del documento che  Matteo Renzi ha portato alla Direzione Pd. Ma a chi gli ricorda che potrebbe ‘bruciarsi’ ad assumere ora il ruolo da Premier, il segretario del Pd risponde “Chi fa politica ha il dovere di rischiare”. Renzi nel suo intervento ha anche ringraziato Enrico Letta e il suo governo, che ha definito esecutivo di servizio. Poi chiede al Pd di rischiare e a Letta di dimettersi.

Ma cosa ha spinto Renzi a “rischiare l’osso del collo” e diventare presidente del Consiglio? Il segretario lo spiega in tre punti:

Quindi Renzi chiede al Pd di rischiare su questa nuova strada e a Letta di dimettersi: un ben servito con l’onore delle armi. Poi Renzi comincia a spiegare perchè ha deciso di rischiare l’osso del collo diventando presidente del Consiglio.

Il primo e sostanziale perchè si può tradurre nel concetto: se non lo faccio io non lo fa nessuno. Renzi dice: “Senza un protagonismo accentuato del Pd le riforme istituzionali ed economiche restano solo parole”. “Protagonismo del Pd” che secondo la ricostruzione di Renzi, Letta non solo non ha realizzato ma non ha neanche programmaticamente concepito.

Il secondo perchè è la “palude” in cui naviga l’Italia, in cui naviga il Pd. Letta e il Pd navigavano sotto riva mentre Renzi dalla palude vuole uscire. Con direzioni e interventi radicali, radicalità che nei 10 mesi del governo Letta obiettivamente non c’era mai stata.

 Il terzo perchè è “l’ambizione smisurata, l’ambizione smisurata del Pd” che Renzi non smentisce, anzi conferma e di cui cerca di far leva “cambiare verso” all’Italia immobile. Quindi, conclude Renzi, “al bivio prendere la strada meno battuta” non attendere il logoramento del governo Letta, non aspettare la scadenza naturale della legislatura, la conclusione delle riforme istituzionali, ma rischiare tutto, subito. Rischiare l’osso del collo, suo e del Pd, andando a Palazzo Chigi qui e ora.

E il direttore di Repubblica pone una domanda che si fanno in tanti…

 

renzi-letta-ezio-mauro-tuttacronacaIn attesa della direzione Pd, con Enrico Letta pronto a puntare il dito contro Matteo Renzi nel caso fosse proprio la testa del premier a cadere e il sindaco fiorentino pronto a dar battaglia e a chiedere supporto al suo partito, Ezio Mauro, direttore de La Repubblica, se la prende con entrambi e sul suo profilo Twitter scrive: “Ma quei due, oltre che di se stessi hanno un’idea del Paese, del partito cui appartengono e della sinistra?”

“Come un elefante in una cristalleria”: verso la direzione Pd

elefante-cristalleria-tuttacronacaCi si può attendere di tutto dalla direzione Pd dove si affronteranno apertamente Renzi e Letta, con il premier che potrebbe spiegare di essere pronto a un confronto sul nuovo programma e a un nuovo governo che abbia la fiducia del Parlamento per durare fino al 2018. E non si può escludere che ricorderà al suo partito che non si può accusare il governo di essere andato a rilento sul rilancio perché è stato il Pd a chiedere di aspettare. Lo stesso Letta aveva sottolineato: “Bisogna stare attenti e sapere che siamo in una cristalleria. E può finire male”. Ma non è detto che Renzi non farà proprio “l’elefante”. Anche perchè ancora il premier aveva ripetuto ai suoi: “Io gioco a carte scoperte. Se Matteo vuole il mio posto lo deve dire apertamente. Questa vicenda si chiarirà senza sotterfugi. Tutto deve essere alla luce del sole”. Per la prima volta Letta, del resto, presenta un’alternativa al Renzi 1. Come ricorda l’HuffPost,

la proposta è: nuovo programma e nuovo governo. E non un caso che Letta, con la malizia del politico navigato, nel suo Impegno Italia (il nuovo programma) ha messo nero su bianco molti degli spunti che avrebbe inserito Renzi nel suo file excel. E non è un caso che un “bis” è proprio la proposta originaria della sinistra del Pd che considerava insufficiente un rimpasto: “Cuperlo – dice più di un lettiano – chiedeva un nuovo governo aggiungendo che doveva guidarlo Letta. Ora che fa?” Nel ragionamento di Letta opporsi a questo schema significa non solo mandare a casa il governo ma, di fatto, rompere il Pd. Farlo entrare in una crisi profonda.

Insomma, la mossa di Letta è che qualcuno deve mettere la firma sulle sue dimissioni, se tali devono essere, e quindi lo stesso Renzi deve apparirne la causa.

Deve chiedere al suo partito di “uccidere” il governo a cui ha votato infinite fiducie. Già, le impronte digitali: “Deve essere una cosa netta. Una sfiducia del Pd” spiegano a palazzo Chigi. È solo di fronte a un documento votato in cui la direzione del Pd chiede al premier di fare un passo indietro che Letta salirà al Colle in serata. Non di fronte a quelle “sfumature di grigio” nelle critiche evocate in conferenza stampa. Quel voto, spiegano i lettiani, rappresenterebbe la rottura del cristallo democratico: “Se invece non c’è un voto chiaro – spiega una fonte di palazzo Chigi – allora si parlamentarizza la crisi”.

 

Renzi diventa “Demolition man” per il Financial Times

FINANCIAL-TIMES-RENZI-tuttacronacaLa situazione politica italiana è quanto mai instabile e dal mondo ci osservano. Il Financial Times  ne parla come di una “lotta per la sopravvivenza” per frenare l’arrivo di “Demolition man”. Lo scontro è tra Letta e Renzi e, citando fonti vicine al governo, si situa nel solco della tradizione medioevale italiana e “ricorda la storica rivalità tra pisa e Firenze”. Il quotidiano pubblica in prima pagina una grande foto del sindaco di Firenze in Smart diretto a Palazzo Chigi per poi ripercorrere i dieci mesi di vita del governo Letta, ricordando che il premier in carica “ora lotta per sopravvivere, dopo essere arrivato per caso a capo dell’esecutivo, ha preso in mano un Paese profondamente indebitato, impantanato nella più lunga recessione dal Dopoguerra e guidando un governo di larghe intese che sembrava destinato a fallire”. Benché capace di resistere più a lungo di quanto ci si aspettasse il governo Letta “anziché concentrarsi sul taglio della spesa pubblica, la riduzione del debito e l’abbattimento del costo del lavoro, ha impiegato mesi per soddisfare le richieste populiste di Silvio Berlusconi di abolire l’Imu”. Il Financial Times passa quindi a parlare del segretario del Pd scrivendo che “ha mostrato un raro dinamismo accanto a un’ottima capacità comunicativa e ignorando l’ala più di sinistra del partito ha siglato un accordo sulla legge elettorale con il leader di Centrodestra Silvio Berlusconi, malgrado la sua condanna e i tre altri processi che ancora sta affrontando”. Ma non è l’unico a pensarla in questo modo. Il Wall Street Journal, sostiene infatti che la “fragile grande coalizione” è a rischio di crollare sotto la crescente pressione di Matteo Renzi, la star emergente della politica italiana, appena eletto leader del partito di Letta, il Pd. Il trentanovenne Renzi è alle prese con uno scontro di potere con il premier e ha accusato ripetutamente il suo governo di avere fatto troppo poco per aiutare l’Italia ad uscire da due anni di dura recessione”.

Dal Governo del Fare al Logo dell’Impegno Italia: Letta pressato, ma non vinto

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Doveva essere il Governo del Fare, ma quel Fare si è dileguato nel tempo,sino a diventare aspettare! E allora che fare? si cambia nome e diventa Impegno Italia. Questo il logo per “il  programma per il nuovo governo” che si formerà. Il Premier Letta in conferenza stampa torna sul  “patto di coalizione che ha sostenuto fino ad adesso il mio governo e che voglio ringraziare”, ma poi sottolinea “Qualcuno mi ha accusato di aver perso yempo. Se perdita di tempo c’è stato non è colpa mia” e dichiara anche “Abbiamo preso il timone di questo paese quando il paese aveva il segno meno. Domani l’altro l’istat darà i dati sulla crescita: oggi il paese ha il segno più. E’ una crescita piccola e io penso che sia poco, ma è fondamentale” e poi scherza anche con i giornalisti “Potrei insegnare pratiche zen in qualunque monastero orientale…” e poi continua “L’hashtag è io sono sereno, anzi zen potrei dire”.

Ma l’argomento è dei più seri e il Premier torna ad attaccare con vigore e sotenere quanti lo hanno criticato “Sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto come squadra, abbiamo preso il timone con un segno meno e oggi il Paese ha il segno più, è una crescita piccola ma prima avevamo il segno meno ora il segno più e io penso che sia poco ma è fondamentale come indicazione di marcia che ci consente di guardare con fiducia al futuro”.

Ma quale sarà la durata di Impegno Italia?

“La durata di ‘Impegno Italia è legata al completamento delle riforme: legge elettorale, modifica del senato e del bicameralismo perfetto, titolo v della costituzione. Sono riforme che necessitano di un lasso di tempo significativo, ma che terminate credo anche il mio lavoro possa essere considerato arrivato a compimento”. “Ci sono troppe discussioni legate al 2018, al 2015…Io voglio una scadenza legata agli obiettivi da raggiungere, perchè quando si mettono scadenze quelle retrocedono automaticamente”.

Quali sono i numeri?

Trenta miliardi di euro per il rilancio dell’economia. E’ la cifra che Enrico Letta indica nel piano ‘impegno italia’, spiegando che le risorse arriveranno dalla Spending review, dal rientro dei capitali all’estero e dalla minore spesa per interessi.

Quale è la speranza?

“Dopo tre anni abbiamo cominciato non con addosso la crisi e l’emergenza finanziaria. Non facciamo che appena finisce l’emergenza finanziaria ci incasiniamo sulle nostre vicende. Sarebbe un errore, ora c’è l’occasione per far crescere il paese”, afferma ancora il Premier in conferenza stampa.

L’incognita Renzi?

‘L’incontro con Renzi è stato, come dite voi, franco…”, così il premier Enrico Letta ha risposto a chi gli chiedeva come fosse andato l’incontro con il leader Pd. “Ci siamo parlati, ognuno ha spiegato il suo punto di vista, è sempre positivo quando ci si parla”.

E la crisi?

“Sto cercando di proporre un metodo per risolvere una crisi che se affrontiamo senza attenzione alla logica della cristalleria può finire male. Dobbiamo stare molto attenti e gestirla con molta attenzione”

E la Direzione di domani?

“Voglio vedere com’è la discussione domani, io sono abituato a molte sfumature e bisogna saper leggere le sfumature… Domani è un altro giorno”.

“Andare a Palazzo Chigi: ma chi ce lo fa fare?”: così Renzi

matteo-renzi-tuttacronacaAndrà in onda domani mattina su Rai3, nel corso della trasmissione Agorà, un’intervista registrata oggi da Matteo Renzi nel quale il sindaco fiorentino spiega: “Sono tantissimi i nostri che dicono ‘ma perché dobbiamo andare a Palazzo Chigi, ma chi ce lo fa fare?” I segretario dem spinge lontana l’ipotesi che sia lui a sostituire in corsa Enrico Letta nel ruolo di presidente del Consiglio e liquida la faccenda: “Ci sono anch’io tra questi – richiamandosi al ‘chi ce lo fa fare’ della base e dei colonnelli – nel senso che nessuno di noi ha mai chiesto di andare a prendere il governo”. Le parole di Renzi richiamano quelle pronunciate in precedenza da Maria Elena Boschi: “Il mio augurio è che Matteo diventi presidente del Consiglio attraverso l’investitura popolare – aveva detto durante un’iniziativa del partito in Calabria – In questa fase abbiamo, però, la necessità di procedere speditamente sul piano delle riforme sulle quali il partito è unito”. Anche Davide Faraone, responsabile Welfare della segreteria Dem, si era unito al coro: “Chi propone Matteo Renzi premier, lo fa con lo spirito di quei democristiani che volevano far fuori un leader e lo ‘promuovevano’ a Palazzo Chigi”.

Prodi avverte Renzi e Letta: “La mia staffetta con D’Alema fu un suicidio”

prodi-romano-dalema-massimo-tuttacronacaIn attesa che Enrico Letta salga al Colle per il suo incontro con Napolitano e mentre Matteo Renzi incita i suoi, Romano Prodi parla al Mattino e mette in guardia sull’ipotesi di staffetta tra l’attuale premier e il segretario dem a Palazzo Chigi. “Quello fu un suicidio politico e spero che stavolta non si ripeta. Allora non fu ucciso solo un disegno di governo ma anche la speranza di un Paese”. In tanti hanno ricordato al sindaco di Firenze il precedente, quello che portò Massimo D’Alema a scottarsi dopo aver sostituito proprio il leader dell’Ulivo. L’ex premier sembra riconoscersi in Letta, motivo per il quale lo esorta a fare “uno scatto”, a “rischiare di più”, perché in questo momento “la mediazione non paga più”. Servono “riforme e decisioni coraggiose – dice – Subito la riforma del voto e quella del Senato”. Spiega il professore: “Oggi sappiamo che le larghe intese sono da noi pressoché impossibili. E abbiamo il dovere di rimediare a uno sfarinamento che ci sta di fronte. Lo strumento della legge elettorale non è esaustivo ma può servire. Soprattutto se elimina il rischio della governabilità in una delle due Camere”. Renzi è avvertito: “Nel Pd è estremamente forte e deve usare con saggezza questo vantaggio”. Per Prodi la compravendita dei parlamentari è “l’episodio più grave di tutta la storia politica italiana. Mi colpisce come in Italia la compravendita di senatori sia stata sottovalutata e derubricata a poco più che un incidente”. La difesa del Senato era quindi “quantomeno doverosa. Se poi per formalizzarla si sia trovata una procedura intelligente, o piuttosto no, è un altro discorso”, dice a proposito della decisione di Grasso. Riferendosi anche allo scenario europeo Prodi sottolinea che “il populismo è il termometro del disagio”. “Bisognerebbe iniziare a chiedersi perchè esso ha infiltrato tutte le democrazie europee tranne una. La Merkel lo ha spento”.

Letta bis o Renzi 1? Il segretario dem dà due settimane di tempo

RenziLetta-direzionepd-tuttacronacaDa 1 a 10, secondo un fedelissimo di Renzi, il segretario dem sarebbe convinto “6-7” di prendere la guida del governo. E questa sicurezza nelle proprie forze il sindaco fiorentino l’ha dimostrata nel corso della direzione del Pd al Nazareno, dove si è parlato del percorso delle riforme (Italicum e abolizione del Senato) e c’è stato un chiarimento sull’esecutivo. Scrive l’Huffington Posto: Tempo due settimane: tante ne ha Enrico Letta per scegliere come rilanciare l’azione del suo governo. Il 20 febbraio la direzione del Pd si riunirà di nuovo per decidere ‘che fare’. E a quel punto, visto che l’assise Dem fa piazza pulita della parola ‘rimpasto’ fissando il paletto “ripartenza”, tutte le chance sono aperte. La prima: Letta bis, ipotesi che però entusiasma poco il segretario Pd e non solo lui ormai nel partito. La seconda: governo Renzi, ad oggi più possibile, da vedere se ce ne saranno le condizioni, ovvero se la legge elettorale sarà stata licenziata senza scossoni da Montecitorio entro il 20 febbraio. La terza: il voto anticipato, ipotesi alquanto peregrina, tutti nel Pd tendono a escluderla, il sindaco-segretario la agita in caso l’Italicum facesse una brutta fine, stritolato da veti incrociati e franchi tiratori.

Nel corso della direzione è stato Cuperlo, che ieri ha avuto un colloquio con Renzi al Nazareno, a mettere i piedi nel piatto del ‘non detto’ più grosso, a evocare il fantasma che occupa tg e giornali e che evidentemente aleggia anche nell’assemblea al Nazareno. Cioè la possibilità di un governo Renzi al posto di Letta. Cuperlo non lo dice esplicitamente, ma il senso è quello. E soprattutto, dopo aver maledetto lo streaming (“che limita il dibattito”), è Cuperlo a chiedere che il partito ne discuta. “Chiedo a questa direzione reggiamo così? Escluso il rimpasto, serve una vera ripartenza del governo per saldare un accordo programmatico – dice l’ex presidente del Pd – Enrico letta lo vuole fare questo sforzo? E’ in grado di farlo? Questo è il tema del galleggiamento. In alternativa c’è il voto ma non c’è solo quello, ce ne sono anche altre e se ne parla sui giornali…”. Al momento, obiettivo primario del sindaco fiorentino è la legge elettorale. Imperativo: metterla al sicuro con l’ok della Camera entro il 20 febbraio, prima di qualunque altra scelta. Che sia: appoggiare un Letta bis, se il premier “si inventa qualcosa in queste due settimane”, dicono dal Nazareno. O che sia: assumere il comando della squadra a Palazzo Chigi. Prima la legge elettorale. E se la minoranza chiede una discussione sul governo, bene: fissata il 20 febbraio, nuova direzione con ordine del giorno cambiato, governo invece che Jobs Act. Mentre giovedì 13 febbraio la direzione resta convocata sul tema dell’adesione del Pd alla famiglia socialista europea, prima del viaggio del segretario a Bruxelles a metà mese e – guarda caso – mentre alla Camera l’Italicum attraverserà i suoi giorni più delicati.

Ma non è solo Cuperlo a chiedere chiarimenti, della prospettiva renziana a Palazzo Chigi è anche il bersaniano Alfredo D’Attorre che

apprezza il cammino di riforme indicato da Renzi, nota che “per farle, anche solo l’abolizione del Senato, servono 24 mesi…altro che voto l’anno prossimo”. E poi, pur con garbo, a Letta chiede: “Impegno 2014, siamo a febbraio, dov’è quest’agenda di governo?”. Insomma, “il Pd deve occuparsi di come assicurare un governo forte e stabile per i prossimi due anni…”. Un intervento, quello di D’Attorre, che non passa inosservato nella cerchia dei più stretti collaboratori del sindaco, per niente stizziti, anzi compiaciuti dell’andamento del dibattito. Ma il bello deve arrivare. C’è il bersaniano Davide Zoggia che chiede “un nuovo governo”. E poi Matteo Orfini, che di governo Renzi parlò anche prima che nascesse il governo Letta. E oggi non ha cambiato idea, anzi. In direzione la dice così: “Serve un nuovo governo, non un rimpastino, un governo che con lo sforzo di tutti noi che si prenda la responsabilità di portar fuori il Paese dalla crisi”.

Ora la palla passa a Letta ma intanto il tempo scorre.

Fassina e la vergogna per quell’incontro tra Renzi e Berlusconi

fassina-tuttacronacaL’ex viceministro Stefano Fassina, a “L’intervista di Maria Latella” su Sky Tg24, ha commentato quanto è accaduto ieri alla sede del Pd: “Mi sono vergognato, l’incontro con Silvio Berlusconi non andava fatto ed è stato un errore politico”. Fassina sottolinea inoltre come sia “preoccupante” la “profonda sintonia” trovata da Renzi con illeader di Forza Italia. Per quel che riguarda l’accordo su un presunto modello ispanico come sistema elettorale, l’esponente della minoranza Pd dice: “È un Porcellum truccato con le liste bloccate. È meglio il doppio turno”. Poi fa una proposta: “Bisognerebbe sentire online il parere degli iscritti al Pd sulla riforma della legge elettorale”. E continua: “Andava coinvolta Forza Italia per la legge elettorale, ma quel partito ha dei capigruppo. Abbiamo votato per l’interdizione politica di Berlusconi dopo la condanna definitiva, da ieri pomeriggio la legge è un po’ meno uguale per tutti. Così diamo ossigeno a quella destra che ha scelto gli interessi personali di Berlusconi prima di quelli del Paese”. Ha quindi spiegato: “Non farò alcuna scissione, il Pd è il mio partito e ci credo, con Cuperlo abbiamo fatto un bel cammino e continueremo a farlo”. “Sono abituato ad andare controcorrente. Quando dicevo che la lettera della Bce non andava bene, alcuni di quelli che ora dicono di sforare il 3% dicevano che dovevo andare via dal partito…, ricorda, “bisogna avere pazienza. C’è un circuito politico-mediatico molto segnato da conformismo, poi di fronte alla realtà si cambiano posizioni”.

Renzi: “Letta ha chiamato lo zio Gianni per sapere dell’incontro”

berlusconi-nazareno-tuttacronacaE’ La Stampa che riprende un commento sarcastico di Matteo Renzi dopo l’incontro con Silvio Berlusconi: ha detto il segretario dem che Enrico Letta “per sapere com’era andato l’incontro con Berlusconi e cosa avevamo deciso, ieri ha dovuto chiamare lo zio…”. E spiega: “Letta dovrebbe ringraziarmi, invece dice che è merito suo”.

Soddisfatto, dunque: ma solo parzialmente e – come si usa dire in questi casi – con molti sassolini da togliersi dalle scarpe. Il primo riguarda Enrico Letta col quale – nonostante gli sforzi reciproci – proprio non riesce a trovare una sintonia : “Se va in porto l’intesa – dice Renzi – il suo governo è salvo. Dovrebbe ringraziarmi, e invece va mettendo in giro la voce che se si troverà un’intesa su una nuova legge elettorale è per merito suo, per la sua mediazione. Ma credo che tutti abbiano capito che lui non c’entra niente col lavoro che stiamo facendo. Per sapere com’era andato l’incontro con Berlusconi e cosa avevamo deciso, ieri ha dovuto chiamare lo zio…”.

Ma il sindaco fiorentino pensa anche alla minoranza del suo partito, che nei giorni scorsi aveva alzato la voce contro la sua iniziativa di incontrare il Cavaliere.

Il secondo sassolino, invece, riguarda il Pd. “Lunedì – continua Renzi – faremo la direzione e vedremo che cosa accadrà. Il modello al quale stiamo lavorando mi pare possa funzionare, ma ciò nonostante sono sicuro che in molti voteranno contro. Diranno che il sistema che il Pd preferisce è il doppio turno… Anche a me sarebbe piaciuto il doppio turno, ma non ci sono i numeri per approvarlo, e bisogna farsene una ragione”.

Il segretario, insomma, teme un’altra direzione tesa e nervosa quanto quella di qualche giorno fa. Immagina già bersaniani e dalemiani in campo contro di lui. Del resto, lo scontro per le primarie è stato durissimo, e troppe ferite sanguinano ancora “Fa niente, faremo i conti anche con loro. Intanto, però, ho fatto sapere a Bersani che se ha voglia e se la sente, oggi vado a Parma a trovarlo in ospedale per raccontargli a che punto della faccenda siamo arrivati e come pensiamo si potrebbe chiudere. Aspetto solo di sapere da Vasco Errari se Pier Luigi ne ha voglia e se la sente…”.

“Se Letta si logora non è colpa mia”: così Renzi

matteo-renzi-tuttacronacaLa Stampa aveva pubblicato un editoriale di Luca Ricolfi in cui la segreteria di Renzi era stata paragonata a Qui Quo Qua. Ora il neosegretario del Pd ha risposto con una lettera in cui si legge. “Non riusciamo a a capire come come si possa ancora insistere con la tiritera: ‘Vuole solo logorare Letta’. Il primo ministro è il capo del governo. Se si logora, si logora per le cose che fa. O che non fa. Non per il tentativo di altri di realizzare finalmente le riforme attese da vent’anni”. Dopo di che, una nuova stoccata al premier: “Se facciamo la legge elettorale, lo facciamo per dare una speranza agli italiani, non per logorare. Se Letta si logora, è perché governa male, non perché c’è un nuovo segretario del Pd. Da parte mia mi sento obbligato a dare una mano perché Letta governi bene: gioco nella stessa squadra. E non per lui o per me, ma perché è la cosa giusta per l’Italia”. E riguardo i tre nipoti di Paperino, “sono disegnati come molto antipatici”, scrive Renzi, “ma – almeno nella rappresentazione disneyana – qualche problema lo risolvono. Zio Paperino è più simpatico ma non ne azzecca una. E soprattutto l’attuale classe dirigente somiglia molto a Paperoga: dove tocca, sbaglia. Persino volenterosa, intendiamoci. Ma rompe e non paga. E accade da troppi anni”. E prosegue: “Se fino ad oggi si sono perse occasioni su occasioni – scrive il segretario – è difficile dare la colpa a chi non c’era. “Presentando il JobsAct ho cercato di sottrarre ai soli addetti ai lavori la discussione sull’occupazione, per caricarla sulle spalle del Pd, il primo partito del Paese. Non si tratta infatti di materia semplicemente giuslavoristica, ma della principale sfida politica per una classe dirigente che finge di non vedere come la disoccupazione giovanile al 42% sia una sconfitta terribile per l’Italia”. Per quel che riguarda la sua segreteria, il sindaco fiorentino ammette che la squadra “ha molti limiti, certo. Ma siamo volenterosi, pieni di passione, ricchi di grinta e soprattutto desiderosi di mostrare come le cose – volendo – si possono fare”.

Enrico Letta e gli attacchi che arrivano dalla segreteria PD

davide-faraone-tuttacronacaE’ un post duro quello che il membro della segreteria Pd e ascoltato collaboratore di Matteo Renzi ha pubblicato sulla sua pagina Facebook, dove parla di “Un filotto impressionante” di errori commessi dal governo. Anche contando soltanto quelli delle ultime settimane, da quando Matteo Renzi è stato eletto segretario, dalle slot al Salva Roma. E per questo chiede al governo e al premier Enrico Letto un cambio radicale di passo. “Non basta un ritocco, un rimpasto, o si cambia radicalmente o si muore”. E ancora, il responsabile per Welfare e Scuola della nuova segreteria Pd scrive: “Mentre noi lavoriamo a un’agenda con dentro grandi riforme per il paese, con tempi certi di realizzazione, al governo e in Parlamento, con il suo ‘bicameralismo perfetto’ (un vero ossimoro) c’è chi brucia tutto. Così non va”. “Eletto Matteo Renzi si azzera il contagiri e si riparte”. Faraone osserva quindi: “Non elencherò gli errori del passato, ma se metto uno dietro l’altro gli errori commessi da questo governo, dal giorno dell’elezione del nuovo segretario Pd, 15 dicembre, fino ad oggi (appena 13 giorni) viene fuori un filotto impressionante: una legge di stabilità di ‘galleggiamento’ (poco per il futuro), le slot machine, gli affitti d’oro, il provvedimento su Roma capitale”. E incalza: “Se chiedi la fiducia ai parlamentari della Repubblica, se chiedi il sostegno in bianco ai deputati della maggioranza, lo fai per provvedimenti ‘alti’, utili per il paese, non per legittimare decine e decine di inutili ‘marchette'”. “E poi sul mille proroghe: si nominano nuovi prefetti, portati a 207 quando le prefetture sono la metà, si ‘abbonano’ 400 milioni a Roma quando tutti i comuni soffrono. Due ottimi provvedimenti per dar fiato alle stanche trombe della Lega Nord. E poi i soldi Ue parcellizzati per il Sud e per il lavoro su mille provvedimenti senza alcune strategia, con il solo obiettivo di non perderli. O ancora le deroghe al patto di stabilità per comuni non virtuosi, che chiedono di stabilizzare i precari anche dove si sfora la pianta organica e niente per i comuni virtuosi che vogliono realizzare opere utili per la collettività”, elenca. Quindi la dura conclusione: “Questo Pd, con le grandi speranze che suscita, l’Italia, con le sue difficoltà e le sue grandi potenzialità, non può permettersi questo governo e i suoi errori. E non basta un ritocco, un ‘rimpasto’, o si cambia radicalmente o ‘si muore'”.

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Il Governo nel labirinto tra Pd e Procura rischia di perdere la Cancellieri

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I renziani chiedevano a gran voce al ministro della Giustizia di fare un passo indietro, ora sembra invece che siano loro a tornare proprio sui loro passi. Enrico Letta è infatti pronto “a metterci la faccia” e a garantire per il Guardasigilli. Questa sarebbe la novità dell’ultima ora per cui anche i parlamentari vicini a Matteo Renzi avrebbero deciso di lasciar naufragare l’idea delle dimissioni, a questo punto infatti sarebbe una sfiducia al Premier e ci si inoltrerebbe in un tunnel senza luce. Invece ora è il Governo però a stare ancora nel labirinto e a rischiare di perdere la Cancellieri per mano di Civati o della Procura di Torino. Civati, infatti, non è pronto a piegarsi e chiederà che il gruppo si pronunci sulla sua mozione di sfiducia contro la Cancellieri. “All’assemblea dei parlamentari porterò un testo e chiederò che il gruppo dica la sua su quel testo”, dice Civati ad Huffpost. Insomma una conta. “Perché è normale che un gruppo metta ai voti le decisioni che deve prendere”, spiega ancora il deputato.  A seguire Civati ci sarebbe anche il renziano Ernesto Carbone, il primo a chiedere le dimissioni della Cancellieri quando ancora i renziani erano divisi sull’argomento, garantisce che lui il voto lo vuole eccome. “Anche se sarò da solo – dice ad Huffpost in Transatlantico – alzerò la mano e chiederò che si voti sulla richiesta di dimissioni”. Correndo il rischio che un voto del genere venga etichettato come contestazione ad un premier del Pd. “Non contesto Letta, ma la gestione del caso Cancellieri”, ribatte Carbone.

Ma se tutto questo è poco, arriva anche un’altra indiscrezione:  a Torino si potrebbe aprire un indagine sulla fuga di notizie sul caso Anna Maria Cancellieri.

Intanto Letta blinda la Cancellieri: “Chi sfiducia la Cancellieri, sfiducia il governo” e poi si appella alla responsabilità. Il candidato alle primarie Gianni Cuperlo spiega: «Il ministro Cancellieri ha dichiarato di non aver violato alcuna norma. Ma la mia opinione e che per motivi di opportunità dovrebbe dimettersi prima del voto. Ma se il premier ci chiede un atto di responsabilità politica, dobbiamo essere tutti responsabili».
Più netti i maldipancia dei renziani. Paolo Gentiloni lo dice con chiarezza: «Quando il premier viene qui e ci dice che c’è un voto politico sul governo, io ne prendo atto ma lo faccio con un certo rammarico perché non c’è il merito della discussione».

Contrario, ma allineato anche l’altro candidato Pippo Civati: «Non mi ritrovo nelle riflessioni che si fanno qui ma ne prendo atto con la responsabilità che ci viene chiesta. La mozione M5S non si può ovviamente votare e prendo atto dell’opinione della maggioranza».

Il labirinto  ingoierà la Cancellieri? Riuscirà il Governo a non perdere tra una possibile mozione di sfiducia e un’indagine, qualora si decidesse di aprirla, la Guardasigilli? Tutti resteranno al loro posto dopo questo tortuoso percorso a ostacoli?

L’endorsement di Letta a Renzi, involontario o voluto?

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Il dubbio è amletico dopo che per ben tre volte Enrico Letta ha usato lo slogan di Matteo Renzi “L’Italia cambia verso” alla cerimonia di chiusura per il novantennale del Cnr, dove parlando del governo ha detto:

“Il 2013 deve essere un anno in cui si cambia verso. Oggi si insedia il comitato sulla spendig review e sono sicuro che con il commissario Cottarelli cambierà il verso sulla spesa pubblica”.

Per la ricerca, ha spiegato Letta, “le risorse sono poche, non bastano”. E ha osservato che serve la “mano pubblica, di cui mi prendo la responsabilità, ma anche incentivi per investimenti privati, perché in Italia ci sono pochi investimenti privati”.

L’endorsement è stato involontario o voluto?

Sarà l’apocalisse domani a Modena? Renzi rompe il silenzio

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Sarà davvero l’apocalisse domani a Modena? Matteo Renzi dopo quasi tre settimane di silenzio dall’intervista rilasciata a Enrico Mentana per ‘Bersaglio mobile’ su La7, sembra pronto a rompere il silenzio. C’è chi già afferma che dopo, il discorso di domani a Modena, alla festa del Pd di Castelfranco Emilia, sarà la fine di un’era. Nulla a che vedere con il governo Letta, nessuna richiesta di voto anticipato, ma già si vocifera che il sindaco parlerà del Congresso. Vuole una data certa, lancerà il suo aut aut. Dopo Castelfranco, Renzi, sempre nella giornata di domani, andrà a Villalunga di Casalgrande e giovedì sarà presente alla direzione nazionale del Pd con Enrico Letta. Un percorso con molte tappe, molte possibilità di esprimere le proprie opinioni e il coraggio di sempre di spinge sull’acceleratore quando la politica italiana sembra invece deviare strada e cercare la “via più lunga e sicura” per il traghettamento di un Paese in costante pericolo di caduta.

 Su cosa verteranno le riflessioni del sindaco di Firenze sul Congresso?  Essenzialmente sulla parola fine ai rinvii, stop alle regole prima dettate e poi smentite e basta anche sulle indecisioni. La paura è che si possa arrivare ad elezioni senza una premiership dettata dalle primarie e questo sembra essere il grande incubo dei renziani.

Forse non sarà l’apocalisse, ma suonerà la campana dentro il Pd.

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