
Se l’indignazione degli italiani era a livelli massimi, ora può superarsi: l’introduzione del ddl anti corruzione sembra destinato a proteggere, al solito, i potenti, in particolar modo chi, nelle aule dei tribunali, si salva sempre. Introdotto da pochi mesi e alle prime rivalutazioni in terzo grado dei processi per i reati in questione, una relazione della corte di Cassazione fa capire che il cosidetto spacchettamento della concussione in due ipotesi, ossi induzione e costrizione, potrebbe far rientrare nel campo del penalmente irrilevante il processo alle cene eleganti di Arcore che vede Berlusconi imputato. Il Cavaliere, quando chiamò in Questura a Milano per far rilasciare Ruby Rubacuori, era premier ed ora, secondo i giudici ed il nuovo ddl, scompare come parte attiva dell’incaricato di pubblico servizio che non è più soggetto attivo del reato e perchè lo stesso decreto introduce la punibilità di chi viene indotto a commettere il reato (e i poliziotti che hanno rilasciato Ruby sono solo parte lesa nel processo). Ora spetta alla Cassazione a sezioni unite dire l’ultima parola sulla legge, che però potrebbe uccidere il processo Ruby. Questo potrebbe accadere perchè:
-chi era la vittima ora viene indicato come complice: “La punibilità, infatti, del soggetto indotto nel delitto di cui all’art. 319 – quater cod. pen. vorrebbe, nelle intenzioni del legislatore, fungere da norma propulsiva di un nuovo modo di porsi del privato nel rapporto con la pubblica amministrazione; costui non può più cedere nei confronti di una blanda spinta a pagare, se non vuole essere coinvolto nella responsabilità penale“.
-perde la veste di concussore l’incaricato di pubblico servizio: “Già a una rapidissima lettura risulta evidente come, nel confronto delle disposizioni precedente ed attuali, non si è proceduto a una scissione pura e semplice; nell’attuale concussione è “scomparso” il riferimento, quale possibile soggetto attivo del reato, all’incaricato di pubblico servizio; nella nuova ipotesi di induzione è “apparsa” la punibilità di quella che, fino al 28 novembre 2012, era soltanto la parte offesa del delitto”.
In poche parole: cambia il ruolo dei protagonisti e la storia stessa viene modificata. Di riflesso, anche l’ultimo capitolo sarà probabilmente diverso da quanto prospettato fino ad ora. Il documento redatto dall’ex pm Raffaele Cantone spiega che questa disparità va valutata e giudicata ed il rischio è che non si riscontri un rilievo penale da contestare, infatti “le evidenti differenze delle norme incriminatici, in assenza di disposizioni transitorie, rimbalzano sull’interprete e sulla giurisprudenza” che avrà ” il compito di stabilire se le modifiche normative hanno modificato l’area del penalmente rilevante”.
Nel documento, si spiega anche che “Bisogna (…) prendere atto che il criterio adottato in passato per distinguere induzione e costrizione, fondato sul minore grado di coartazione morale, ha dato luogo a difficoltà interpretative e ha finito per ampliare la portata applicativa della precedente disposizione codicistica. Quel criterio oggi può essere rivisto alla luce del fatto nuovo introdotto dalla norma dell’art. 319 – quater e cioè la punibilità dell’indotto. E’ necessario, quindi, individuare una ragione ulteriore per spiegare perché colui che fino al 28 novembre era solo vittima oggi comunque diventa compartecipe del reato, sia pure con una pena ben diversa e minore di quella prevista per colui che induce ma anche per il corruttore”. Questo però significherebbe che chi subisce, ammesso che non sia minacciato in maniera esplicita, possa rifiutare, cosa che i poliziotti non hanno fatto: “Tale ragione può essere reperita nella possibilità che egli ha di opporsi alla pretesa illegittima e tale possibilità va individuata nella conservazione di un margine di autodeterminazione, che esiste sia quando la pressione del pubblico agente è più blanda sia quando egli ha un interesse a soddisfare la pretesa del pubblico funzionario, perché ne consegue per lui un indebito beneficio”.
Oltre a questo, le pene per la concussione per costrizione sono state inasprite mentre sono diminute le pene per l’induzione sono diminuite. C’è però una “novità più rilevante di quest’ultima norma” ossia che “nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità, è punito con la reclusione fino a tre anni”. Al Cav sono contestati reati commessi ancora prima che la legge fosse ideata per il principio di irretroattività la rendere inapplicabile al suo caso: ma tale principio vale solo le norme penali sfavorevoli all’imputato. In questo caso la legge varia in senso favorevole, dato che la pena verrebbe ridotta, e quindi viene applicata anche in via retroattiva in ossequio al più ampio principio del favor rei.
L’approvazione della legge anti corruzioni, se aveva creato polemiche tra le fila di Csm e Anm, aveva trovato l’approvazione della Cassazione che, in una delle prime motivazioni di sentenza dopo l’introduzione della nuova norma, ha definito i nuovi articoli “in rapporto di perfetta continuità” con quelli precedenti e che il cosiddetto spacchettamento del reato di concussione “corrisponde anche ad un razionale assetto dei valori in gioco che non può essere trascurato”, ed è “comprensibile punire più gravemente chi prospetta un male ingiusto ” rispetto a “chi prospetti un danno che derivi dalla legge”.
Se della polemica, fino ad oggi, non era rimasto che un minimo strascico, la relazione ora potrebbe riaprire la questione, visto che vengono evidenziate le generali debolezze della norma, affidandosi alle sezioni Unite. Lo stesso Pietro Grasso aveva dichiarato che la riforma della legge era una priorità: “La mia proposta parte dalla legge varata nei mesi scorsi dal ministro Severino e punta a migliorarla sotto il profilo repressivo, allungando anche i tempi di prescrizione”. Certo che la prescrizione dovrebbe aver un tempo illimitato, se deve aver a che fare con il legittimo impedimento…
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