Schettino scrive una lettera ai gigliesi: “grazie per l’affetto”

schettino-concordia-lettera-tuttacronacaSono state innumerevoli le proteste e le critiche quando Francesco Schettino è approdato all’isola del Giglio per effettuare il sopralluogo sulla Costa Concordia. Eppure l’ex comandante Francesco Schettino ricorda una popolazione cordiale e ospitale e vuole ringraziare gli abitanti per l’accoglienza ricevuta. Schettino ha inviato una lettera al sito Giglionews: “Il riscontro ricevuto con la cordiale accoglienza e le manifestazioni di stima da coloro che per incontrarmi si sono fatti trovare sul traghetto, al momento della mia partenza, e anche da coloro che hanno intrapreso il breve viaggio fino a Porto Santo Stefano per incontrarmi, hanno rafforzato la mia convinzione di aver fatto la scelta giusta, una scelta comprensibilmente non priva di sforzi”.  Prosegue quindi ringraziando gli abitanti per “l’affetto” e “la stima” manifestategli durante la visita per il sopralluogo tecnico a bordo della nave. Ancora scrive: “Con la presente rinnovo l’augurio che la vostra bella isola possa al più presto vivere la ripresa turistica da tutti noi auspicata e che possa essere esclusivamente apprezzata per la bellezza, l’unicità del posto e l’ospitalità che i gigliesi puntualmente non perdono occasione di manifestare. Un augurio spontaneamente e istintivamente da me già espresso a mezzo televisivo mentre lasciavo il pontile”. E prosegue: “Ho ricordato l’affetto e le attenzioni ricevute durante la mia breve permanenza sull’isola. La cordialità e il senso dell’ospitalità continua a contraddistinguere i cittadini del Giglio e non posso che ringraziare per le numerose manifestazioni di stima e di rispetto che ho avuto modo di raccogliere dalle persone da me incontrate. L’obiettivo del mio ritorno sull’isola è stato finalizzato prima di tutto alla mia partecipazione al sopralluogo tecnico, al fine di fornire supporto ai miei consulenti, e anche per comprensibili ragioni personali”.

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L’indignazione che sale al veder Schettino tornare al Giglio… e mentire!

schettino-isola-giglio-tuttacronacaIl fatto che Schettino si sia recato all’Isola del Giglio, dove si è trattenuto oltre lo stretto tempo necessario per il sopralluogo sulla Costa Concordia, non è stato gradito nè dai residenti nè dai giornalisti. Lo sdegno degli abitanti è stato aumentato dal fatto che l’ex comandante abbia avuto un atteggiamento “da pubblico ministero” proprio davanti a coloro che il tragico naufragio lo hanno vissuto sulla propria pelle, accogliendo i naufraghi zuppi d’acqua mentre Schettino approdava asciutto a bordo di una delle non molte scialuppe di salvataggio. E’ stato lui infatti a spiegare di voler indagare per “accertare le concause” che provocarono la morte di 32 persone sulla Concordia. Per di più, Schettino ha avuto l’ardire di affermare: “Sono l’unico che ha scelto di farsi processare per arrivare alla verità”. Ma l’unico imputato al processo per il naufragio della Costa Concordia nel gennaio del 2012 non dice il vero. Come sottolinea Marco Imarisio dalle colonne del Corriere della Sera, che ricorda che Schettino ha chiesto un patteggiamento con una pena talmente bassa che gli è stato rifiutato. E di fatto l’ha costretto a farsi processare. Scrive il giornalista:

“Sul molo del Giglio abbiamo assistito a uno spettacolo sacrilego. E fa rabbia pensare che i media ne facevano parte. Schettino contava su di noi, sulla cassa di risonanza offerta a bugie che senza contraddittorio possono sembrare verità scolpite, comunque un balsamo per la sua immagine. “Io sono l’unico che ha scelto di farsi processare per arrivare alla verità…”. No, è una solenne balla, una delle tante. Tu hai chiesto un patteggiamento con pena così bassa che ti è stato rifiutato. C’è differenza”.

Se Schettino ha, come tutti, diritto a difendersi con ogni mezzo, dovrebbe farlo solo nel processo, non sul luogo della tragedia, dove il ricordo è ancora fresco.

“Non è giusto neppure fare del comandante della Costa Concordia l’archetipo del nostro peggio, anche se di elementi in tal senso ne ha forniti molti, non ultime le fotografie scattate dal suo avvocato e i selfie in posa sul ponte della Concordia, che speriamo vadano ascritti a una insensibilità patologica e non a ragioni commerciali.

“Nel gennaio 2012, non un secolo fa, su quel molo, nell’esatto punto dove abbiamo assistito alla sua spudorata esibizione, i sommozzatori allineavano i cadaveri delle vittime. Nessuno lo processerà mai per questo, ma ieri Francesco Schettino ha contribuito ad abbassare di qualche altro centimetro l’asticella della decenza”.

Schettino torna a bordo della Concordia

schettino-giglio-tuttacronacaSopralluogo a bordo del relitto della Costa Crociera oggi al quale prende parte anche il comandante Francesco Schettino, giunto sul luogo accompagnato dal legale Domenico Pepe. Al suo arrivo Schettino non ha rilasciato alcuna dichiarazione ai tanti cronisti presenti. Sul posto anche i pm di Grosseto e i giudici del processo. Assente il procuratore capo Francesco Verusio. Il sindaco dell’isola, Sergio Ortelli, tranquillizza i suoi concittadini per quel che riguarda il relitto: “Abbiamo imboccato il rettilineo finale perché sia rispettata la previsione di fine giugno per la rimozione della Concordia”. E ha aggiunto: “Quando avverrà la rimozione l’isola potrà ritornare pienamente alla sua vocazione per il turismo”.

Schettino commosso all’Isola del Giglio: “Ci metto la faccia”

schettino_concordia-tuttacronacaE’ l’avvocato di Schettino a rendere noto che il comandante della Costa Concordia, vedendo dal traghetto il relitto della Costa Concordia sullo sfondo dell’isola del Giglio, “si è emozionato molto. Non ha detto parole precise ma è stato sicuramente provato sotto il piano emotivo”. L’imputato è giunto ieri in vista dei sopralluoghi che si terranno domani: “Schettino è uomo di principi, è sempre stato una persona leale, quindi si può comprendere quanto gli possa essere costato venire a fare questo sopralluogo”, ha continuato l’avvocato Pepe. “D’altra parte è necessario sotto il profilo difensivo accertare determinate realtà, per cui, diciamo, l’ho quasi costretto a fare questo sopralluogo”. E ha aggiunto: “È infatti importante che il comandante possa riferire ai consulenti e, se necessario, al tribunale cosa si è verificato al momento del naufragio”.  Domani Schettino assisterà al sopralluogo al generatore d’emergenza, che la sera del naufragio non funzionò. L’apparato serve a gestire una serie di meccanismi della nave in caso di avaria fra cui i timoni, gli ascensori, i bracci meccanici per l’ammaino delle scialuppe, le pompe di sentina. La presenza di Schettino al sopralluogo, secondo l’avvocato Pepe “è un anticipazione di quello che dovrebbe essere il giusto processo in Italia riconoscendo a ciascuno il suo ruolo”. Dal canto suo il comandante ha detto all’Ansa: “Sono all’isola del Giglio per contribuire all’accertamento della verità, mettendoci la faccia, come ho sempre detto”. E ha aggiunto: “Sono qui per assistere i miei consulenti impegnati negli accertamenti necessari a comprendere le cause e le dinamiche del mancato funzionamento di alcune apparecchiature”.

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Schettino e la richiesta di tornare sulla Costa Concordia

schettino-sopralluogo-tuttacronacaIl 27 febbraio avrà luogo il secondo sopralluogo sulla Costa Concordia per la perizia al generatore di emergenza, che già poco dopo l’urto della nave non funzionò, e il comandante Schettino, tramite ai suoi legali, ha chiesto al tribunale di Grosseto di poter prendervi parte. La richiesta è stata presentata alla cancelleria del processo ed è stato sottolineato come sia un diritto dell’imputato quello di poter recarsi sui luoghi dei reati. Il Collegio dei giudici, come comunicato in udienza dal presidente Giovanni Puliatti, ha accettato la richiesta autorizzando Schettino a salire a bordo della Concordia.

La verità di Schettino: “Mi fu ordinato di restare a terra”

francesco_schettino-tuttacronaca“Eravamo al Giglio, verso le 3 di notte, quando il comandante Schettino mi passò il telefono. Parlaci te, mi disse. Dall’altra parte chiedevano da terra chi fosse disponibile a risalire sulla nave per verificare la situazione. Alla fine ci tornai io”. E’ quanto ha raccontato il safety officer della Costa Concordia, Martino Pellegrini, nella sua testimonianza al processo di Grosseto sul naufragio della nave da crociera. Sulla quella testimonianza è tornato lo stesso Schettino, in occasione di un’intervista al quotidiano “La Nazione”, durante la quale racconta la sua versione dei fatti. Schettino ha raccontato che, mentre era sul porto del Giglio, gli fu ordinato di “rimanere a terra a disposizione. Anche perché il giorno dopo sarebbero arrivati i responsabili della Compagnia. Solo deluso dal comportamento di Pellegrini, poco etico per un primo ufficiale. E’ stato reticente. Solo dopo che mi fu detto di rimanere a terra, passai il telefono a Pellegrini”. Per quel che riguarda i fatti di quella notte, riassume: “Pellegrini aveva gli occhi lucidi, aveva paura. Credeva che la nave non fosse stabile dopo il ribaltamento. Voleva parlare con sua moglie, gli detti il mio telefonino. E’ la verità, basta chiedere agli inquirenti e controllare le telefonate. Poi arrivò un gommone dei vigili del fuoco, caricò Pellegrini, e si diresse verso la nave. Salì la biscaggina di sinistra, illuminata dalla motovedetta. Quando lo rividi dopo neanche un’ora mi disse testualmente: era inutile che salissi”. Nega quindi la versione secondo la quale sarebbe rimasto defilato e in balia degli eventi. “Tutti gli ordini impartiti al comandante in seconda, Roberto Bosio, uscirono dalla mia bocca. Lui ripeteva soltanto quello che gli dicevo alla radio di bordo. Invece sembra che io sia rimasto in silenzio in balia degli eventi. Anche gli ordini delle emergenze sono stati impartiti da me e divulgati attraverso la catena di comando di bordo. Tutto registrato dal vdr. Anche se qualcuno vuol far credere il contrario”.

Costa Concordia: al processo parla l’uomo che ordinò “Schettino, torni a bordo, ca**o”

schettino-defalco-tuttacronacaProsegue il processo di Grosseto dove oggi è stato sentito come teste Gregorio De Falco, della capitaneria di porto di Livorno, salito agli onori della cronaca per la telefonata con Schettino al quale dava il perentorio ordine: “torni a bordo, ca**o”. E’ lui stesso a spiegare che dalla Costa Concordia ammisero la falla solo venendo contattati più volte da terra, in particolare dalla capitaneria di Livorno. De Falco ha ricordato che “alle 22.38 (l’urto è delle 21.45, ndr) la nave dava il segnale di distress. Chiamo io la nave perchè non convince la situazione di apparente tranquillità che loro dichiaravano. A seguito di questo ammettono che c’è una falla e non un semplice black out, così possiamo inviare motovedette ed elicotteri” di soccorso. E ancora: “Mentre dalla nave ci davano rassicurazioni sulla situazione a bordo, i carabinieri di Prato ci avevano avvisato della telefonata di una parente di una passeggera secondo cui la nave era al buio, erano stati fatti indossare i giubbotti di salvataggio, erano caduti oggetti e suppellettili: circostanze non coerenti con quanto dichiarato dalla nave”. Ricordando la sera del 13 gennaio 2012 alla sala operativa della capitaneria di Livorno, ha spiegato ancora: “Questo ci fece pensare che la situazione era più grave” e “nessuno dalla Concordia aveva ancora chiamato per chiedere soccorso”. Quel 13 gennaio, quando poco dopo le 22 vennero effettuati i primi contatti via radio, dalla nave non parlarono della falla, riferendo alla capitaneria di avere un black out e che sarebbero rimasti al Giglio per verificare l’avaria.

Processo Concordia: “Un forte boato. E subito arrivò un’ondata”

costa_concordia-tuttacronacaMentre prosegue il processo per il naufragio della Concordia, a testimoniare oggi sono gli ufficiali di macchina. Il primo ad essere stato ascoltato è stato il terzo ufficiale, Hugo Di Piazza, che ha ricostruito così il tragico momento dell’impatto: “Ispezionavo il ponte inferiore, zona cambusa, sentii un forte boato. E subito arrivò un’ondata. In breve ebbi il mare alle ginocchia. Tornai indietro, verso poppa, salii ai ponti superiori da una scala a pioli, mi salvai. Andai in centrale macchine, c’era tanta paura», le sue parole sul momento del drammatico urto contro gli scogli”. L’ufficiale tentò subito di raggiungere un telefono per avvisare la centrale macchine ma “un getto di una decina di metri mi travolse di spalle, dalla parte sinistra”. E ricorda: “Tornai indietro  e chiusi una porta stagna, ma l’acqua filtrava anche da qui. Allora andai a una sfuggita, una scala a pioli che porta al ponte superiore ma la porta d’accesso era bloccata, forse per le deformazioni causate dall’urto alla nave”.  “Ho aperto altre porte e c’era acqua che zampillava”, allora “mi sono diretto a poppavia, ho raggiunto un’altra ‘sfuggita’, da qui presi l’uscita che portava al ponte superiore dove sono riuscito a salire di sopra, quindi raggiunsi la sala macchine”.  Per Di Piazza, presente nella ‘pancia’ della nave, si trattava delle “prima volta di guardia”. “Che vuol dire avere panico? Quando sei in centrale macchina e hai l’acqua ai piedi, vuol dire che sei lì per lì per… “. “Lì per lì cosa? Cioè che stavate per rischiare la vita?”, “Sì”. E in mezzo alla concitazione di quei momenti, “Nonostante cercassimo di aiutarli, i passeggeri ci hanno preso a male parole, ci insultavano. Non era facile gestire l’emergenza a bordo”. In quei momenti, il direttore della centrale macchine Giuseppe Pillon rispondeva alla domanda “Ma dove abbiamo toccato?” rivoltagli da Schettino alle 22.09 via telefono: “Ma comandante, qui è tutto perso, i generatori 4, 5, 6 non ce li abbiamo, e anche l’1, 2 e 3. E il quadro elettrico principale pieno d’acqua. C’è uno squarcio laterale, evidentemente, ma non l’ho visto”. La telefonata è stata fatta ascoltare oggi dai pm in udienza. Di questa chiamata e di altre, Di Piazza aveva colto alcune frasi dopo aver raggiunto la centrale macchine, essendo riuscito a scappare dai reparti già allagati. Ricorda l’ufficiale: “Sentivo Pillon e l’ufficiale Alberto Fiorito parlare, col telefono della centrale, con il ponte di comando. Sì, parlavano col comandante”.

La scottante verità? “Schettino saltò sul tetto della scialuppa”

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“Il comandante Schettino saltò, poco prima di me, sul tetto di una scialuppa al ponte 4”, lo ha affermato in Aula, al processo di Grosseto,    l’allievo ufficiale della Concordia, Stefano Iannelli, che il 13 gennaio 2012 faceva parte dell’equipaggio e poi ha aggiunto “Sul ponte 4, su lato di dritta era stata formata una catena umana, per non scivolare, io facevo parte del team di soccorso Tango India e intervenimmo su almeno cinque infortuni”. Iannelli ha anche raccontato sulle fasi concitate dell’evacuazione della nave “quando non vedevo più nessun passeggero, insieme a Schettino, Garrone, un elettricista, un’infermiera della Concordia e Salvatore Ursino, arrivammo dove c’era una scialuppa. Io saltai sul tetto, il comandante Schettino vi era saltato poco prima” e poi ha concluso “Appena la lancia partì, la nave si ribaltò di lato e il ponte dove eravamo andò sott’acqua”. Ha quindi riferito di aver raccolto dei passeggeri in acqua “durante il tragitto verso la riva del Giglio, recuperammo dei passeggeri in acqua”.

Il nuovo squarcio sulla Concordia: Domnica ammette la relazione con Schettino

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Alla fine ha confessato? Sembra che  Domnica Cemortan, interrogata durante il processo sul disastro della Costa Concordia, presso il teatro Moderno di Grosseto, ha ammesso di aver avuto una relazione con l’ex capitano Francesco Schettino. Prima non aveva capito che significava in italiano “relazione sentimentale”, poi quando le è stato tradotto nella sua lingua allora la ballerina moldava ha ammesso la relazione con il capitano Schettino.  Poi ha chiesto di passare ad altri argomenti anche se di prassi un teste non possa fare domande o stabilire i tempi di risposta ai quesiti che gli vengono posti. Tra le ricostruzioni della Domnica c’è stata anche la fase in cui la ballerina ha affermato di essere stata spinta su una scialuppa che avrebbe anche raccolto alcune persone cadute in mare. Nella testimonianza di oggi la Domnica ha poi dichiarato:

“Non parlò con me dell’avvicinamento all’isola del Giglio. Non ho mai saputo nulla del tragitto della nave”. Lo ha detto, presso il Teatro Moderno di Grosseto, Domnica Cemortan, la ballerina moldava che si trovava sulla plancia di comando della Costa Concordia, al momento dell’impatto della nave con gli scogli davanti all’isola del Giglio. Domnica ha riferito di aver cenato con il capitano Francesco Schettino la sera dell’impatto della nave, insieme ad altre persone, e ha aggiunto che durante quella cena “ricevette molte telefonate”, il cui contenuto da lei non è stato compreso perché fatte in napoletano.

“Madonna ch’aggio combinate!”, l’audio di Schettino

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L’audio risuona nell’Aula di Grosseto dove si sta svolgendo il processo sulla Costa Concordia:

“Abbiamo urtato uno scoglio?” e poi: “Madonna ch’aggio combinate!”: questa la voce di Francesco Schettino.

In Aula si sta cercando infatti di ricostruire le fasi dell’urto contro gli scogli con l’ufficiale Salvatore Ursino. “Di mia iniziativa andai sull’aletta sinistra” dove “mi affacciai dalle vetrate: vidi gli scogli a una ventina di metri”, aggiunge il testimone.

Secondo quanto riferito da Ursino, Schettino ordinò di aumentare la velocità della Costa Concordia da 15 a 16 nodi, circa cinque minuti prima dell’impatto con gli scogli: “Schettino dette l’ordine di aumentare la velocità al vice Ciro Ambrosio”, ha raccontato infatti l’ufficiale.

”E’ insolito sentire un ordine di timone a dritta mentre si va a 16 nodi, perché la nave sbanda e si inclina su un lato determinando la possibile caduta oggetti e persone – ricorda Ursino, nel corso della testimonianza -. C’era qualcosa di strano” così ”di mia iniziativa andai sull’aletta sinistra” dove ”mi affacciai dalle vetrate: vidi gli scogli a una ventina di metri, con prora a dritta e poppa verso sinistra. D’istinto mi venne di dire che la poppa era impegnata a sinistra”.

Al momento dell’impatto con gli scogli, sulla plancia, luogo della nave solitamente riservato solo agli addetti ai lavori, “c’erano il primo maitre Antonello Tievoli, il maitre Ciro Onorato, l’hotel director Manrico Giampedroni, oltre che la ragazza moldava (Domnica Cemortan, ndr) che rimase sulla porta” ed “erano lì per ammirare il passaggio ravvicinato al Giglio”, ha raccontato Ursino.

Schettino ripeteva “Ho fatto un guaio”: così il primo teste al processo

schettino-processo-tuttacronacaSono riprese le udienze stamattina a Grosseto per il processo sul naufragio della Concordie ed è stato ascoltato il primo teste, Giovanni Iaccarino, primo ufficiale di coperta, capo guardia della nave al momento del naufragio del 13 gennaio 2012 al Giglio e diretto assistente di Schettino nelle operazioni di bordo. Fu proprio Iaccarino, compaesano del Capitano, a recarsi ad accertare che sale motori e pompe di sentina erano allagati e a comunicare alla plancia di comando le irreparabili avarie causate dall’urto contro gli scogli. Tra le prove dell’accusa vi è materiale video girato sulla Costa Serena, nave gemella della Concordia, dove i testi furono interrogati per ricostruire i momenti del naufragio. In quell’occasione, Iaccarino raccontava cosa accadde in plancia dopo l’urto con gli scogli del Giglio. Il primo ufficiale di coperta ricorda di essere andato “nella plancia di comando” dopo l’urto e di aver notato che gli strumenti indicavano che la nave “era passata da 16 nodi di velocità a nove”. “Guardai la carta nautica e vidi che eravamo su un fondale vicino agli scogli del Giglio. Ho guardato il pannello ed era pieno di lucine rosse. Poi il comandante Schettino si è messo le mani ai capelli ed ha detto: ‘Ho fatto un guaio'”.  Al momento dell’urto il teste era a riposo “in cabina”, assieme all’ufficiale cartografo Simone Canessa: “giocavamo alla playstation mentre avvertimmo una sbandata della nave a dritta, poi a sinistra. Caddero materiali, la sensazione era di aver preso una secca o di aver fatto una collisione. Fu questa l’impressione che ebbi all’istante”. Così Giovanni Iaccarino testimoniando al processo ha ricordato il momento dell’impatto.

“E se qui allaga? ‘Dobbiamo portar via il belin (ndr, dobbiamo andarcene)’: mi ricordo questo commento, in dialetto genovese, di un ufficiale di macchina durante una discussione circa due mesi prima quando fu fatta un’esercitazione a bordo della Costa Concordia, simulando la rottura di un portellone a poppa per un colpo di mare”. Iaccarino, ricordando la simulazione a qui aveva preso parte anche Schettino assieme al gruppo di ufficiali dibordo, riferisce che il comandante credeva che “se non abbiamo il generatore 1, 2, 3, abbiamo il 4, 5 e 6. Ma non era così. E infatti Schettino diceva: ‘Qua non c’abbiamo niente, ma la nave non è ridondante?'”. “Schettino – ricorda il teste – paragonava le navi” su cui aveva navigato ipotizzando che “sulla Costa Atlantica la nave avrebbe galleggiato” mentre la Costa Concordia, avendo i compartimenti motori concentrati, non l’avrebbe potuto fare. “A questo punto l’ufficiale genovese se ne uscì con la frase scurrile chiosando così la discussione”. In aula, il primo ufficiale di coperta ha anche portato il confronto con la nave Costa Atlantica “dove i compartimenti elettrici sono separati, sono a poppa e a prua” spiegando che, a differenza della Costa Concordia, questo significa che la nave, in caso di avaria su un lato, avrebbe comunque mantenuto possibilità di propulsione e quindi sarebbe rimasta governabile. Ma Schettino e i suoi ufficiali, nel corso dell’esercitazione, avevano potuto verificare che questo non era possibile per la Costa Concordia. Iaccarino ha anche detto che “Schettino voleva fare il passaggio ravvicinato al Giglio già la settimana prima. Ma non fu possibile perchè non c’erano le condizioni adatte, c’era troppo mare e l’idea fu abbandonata”. Il giorno del naufragio, però, l’inchino non compariva negli avvisi ai passeggeri. Stessa cosa, ha riferito, era successa la settimana prima: “Anche quel giorno lì il passaggio non era nel programma di attività comunicato ai passeggeri ma fu deciso la sera stessa”. “Il passaggio venne pianificato la sera stessa, non era nei programmi ufficiali”. Per effettuare il passaggio ravvicinato, Schettino ordinò una variazione di rotta che la sera del 13 gennaio 2012 comportò di navigare a 0,5 miglia dall’isola anzichè a 5 miglia, come normalmente previsto nei programmi, al centro del canale dell’Argentario. Il teste ha riferito anche che furono gli ufficiali a bordo a farsi carico della nuova rotta. Ufficiali tra cui era presente anche il cartografo Simone Canessa che la tracciò sulle carte nautiche a disposizione, tenendo anche presente l’ordine di dover chiamare il comandante, che si sarebbe recato a cena in uno dei ristoranti presenti, appena la nave fosse nei pressi dell’isola.

Nella sua ricostruzione su quanto accadde, aveva raccontato: “Scesi ai ponti inferiori e di corsa feci i controlli in sala macchine. Vidi che i generatori diesel 1, 2 e 3, la centrale elettrica e i Pem, i propulsori elettrici della nave, alimentati dai generatori a diesel, erano allagati. Dentro di me ebbi la sensazione che la nave era persa. Dissi la situazione per telefono a Canessa, l’avrebbe detto al comandante. La situazione era grave”. I controlli furono fatti undici minuti dopo l’urto. “Fu il comandante in seconda Bosio a dirmi di andare a vedere sotto – ha detto Iaccarino -, Schettino credo che non si oppose, se no non ci sarei andato”. Durante l’ispezione il teste vide che “dall’altra parte” delle paratie “c’era il mare” e si convinse che anche “i generatori diesel 4, 5 e 6 erano allagati” e perduti. Mentre l’ufficiale scendeva i ponti “ci fu un blackout, c’erano solo luci di emergenza”. “L’acqua continua a salire”, diceva Iaccarino al comandante in seconda Bosio, raggiunto via radio. Iaccarino nel video ricorda di aver però sentito un annuncio tranquillizzante. L’annuncio fu diramato a bordo alle 22.04. Alla procura di Grosseto è giunta, da parte del Codacons, una denuncia relativa ai file consegnati da Costa Crociere ai periti nel corso delle operazioni peritali in sede di incidente probatorio. “Nello specifico – spiega il Codacons – si tratta dei file relativi ai test obbligatori di collaudo del generatore di emergenza, da compiersi settimanalmente e che – proprio quelli relativi alle 10 settimane prima del naufragio – risultano modificati due mesi dopo l’incidente, in data 13 marzo 2012, e tutti nello stesso momento, ossia nell’arco di poche decine di secondi, per giunta con l’inserimento di valori tutti identici, come per la temperatura dell’acqua e per la temperatura dell’olio”. “Proprio il malfunzionamento del generatore di emergenza quale possibile causa o concausa del tragico epilogo del naufragio in termini di vite umane – aggiunge l’associazione – è uno dei principali aspetti sui quali il Codacons si sta battendo sin dall’inizio del processo, ed evidentemente non è un caso che alterazioni dei dati riguardino proprio tale fronte”. L’associazione ha chiesto alla Procura di Grosseto di aprire una indagine urgente, accertando i fatti e le relative responsabilità e disponendo il sequestro immediato della documentazione.

Disposta una nuova perizia per la Costa Concordia

costa_concordia_sopralluogo-tuttacronacaE’ stata accolta la richiesta di una nuova perizia sugli apparati della Costa Concordia avanzata sia dalla difesa di Schettino sia dalle parti civili, tra cui il Codacons. A darne comunicato il presidente del colegio Giovanni Puliatti: verrà svolta, previo sopralluogo a bordo, appena il relitto della nave sarà “in condizioni di sicurezza e di galleggiabilità” e verterà, fra l’altro, sugli ascensori e su apparati informatici. MA un supplemento di perizia verrà effettuato anche sulle centraline degli ascensori, materiali che sono già disponibili per essere esaminati. Il tribunale di Grosseto ha inoltre deciso di accettare la richiesta avanzata dall’avvocato Marco De Luca della Compagnia Costa Crociere Spa: verrà quindi autorizzata a rimozione delle eliche e dei timoni della nave. La richiesta era  stata fatta rispetto alle operazioni di rimozione in corso all’isola del Giglio e alla necessità di assettare la nave anche togliendo tonnellate di peso da bordo. Infine, il tribunale ha deciso la restituzione del passaporto e di altri documenti non più sotto sequestro a Schettino oltre a effetti personali tra i quali anche due chiavette da pc che vennero sequestrate l’indomani del naufragio.

L’affondo della difesa di Schettino: chiesta nuova perizia

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L’affondo della difesa di Schettino è chiaro: dimostrare che quella tragica notte sulla concordia qualche apparato che avrebbe dovuto funzionare non funzionò. E ora che la nave è stata rimessa in asse, le verifiche si potrebbero anche effettuare. Il  Codacons appoggia la richiesta, anche se l’ultima parola sarà, naturalmente, della giuria. Secondo l’avvocato Giuliano Liuzzi del Codacons, intervistato a SkyTg24, “la perizia e l’attività svolta dai periti si sono fermate allo scoglio, creando questo nesso di causalità con le morti. A nostro giudizio, si poteva fare di più e meglio. Abbiamo rilevato – continua – dei gravi difetti di funzionamento della nave, in primis delle porte di emergenza e il generatore di emergenza. Anche tempi e inclinazione della nave sono aspetti determinanti di questo processo”.

Ma se da una parte c’è la richiesta di una nuova perizia, dall’altra c’è l’accusa. Francesco Schettino, accusa, infatti, il timoniere indonesiano Jacob Rusli Bin di non avere eseguito i suoi ordini, che avrebbero evitato la tragedia del Giglio. Nel corso dell’udienza di oggi, Schettino ha reso dichiarazioni spontanee al tribunale sostenendo: “Nel momento in cui ho chiesto al timoniere di mettere il timone a sinistra la nave aveva una accelerazione verso destra. L’errore di non mettere a sinistra, ovvero il ritardo, è la conseguenza dell’errore. Se non ci fosse stato questo, cioè non posizionare il timone a sinistra, di evitare la derapata, non ci sarebbe stato lo schiaffo”.

L’avvocato Francesco Pepe, uno dei legali di Schettino, evidenzia uno degli interrogativi sulla tragedia del 12 gennaio 2012 e rilancia la necessità di nuovi accertamenti tecnici sulla Concordia: “La nave sarebbe dovuta affondare verticalmente. Bisogna capire perché questo non è avvenuto. Ci sono fatti da accertare – ha detto Pepe – come il generatore di emergenza che non ha funzionato, fatto scritto nella perizia, e il mal funzionamento dei bracci delle scialuppe delle porte stagne. Bisogna accertare l’influenza e l’incidenza che questi fattori hanno avuto dopo l’impatto. Il generatore è situato all’undicesimo piano proprio perché non deve essere interessato dall’acqua, ma nessuno ha spiegato perché non ha funzionato”. Il collegio difensivo di Schettino ha avanzato dubbi anche sulle modalità dell’affondamento della nave Concordia: “Per normativa e principi costruttivi doveva affondare verticalmente. Lo fece anche il Titanic, che aveva una falla laterale. Se fosse avvenuto questo non sarebbe accaduto nulla perché si adagiava sul fondo. Ad oggi nessuno sa perché abbia sbandato e sia affondata su un lato. E questo non è imputabile a Schettino”.

“Se non ci fosse stato l’errore del timoniere, di non posizionare i timoni a sinistra, ovvero l’errore di scontrarsi, cioè di evitare la derapata – ha proseguito Schettino nel suo breve intervento durante la discussione fra periti, pm e avvocati – non ci sarebbe stato quello schiaffo”.

Schettino al momento è accusato di: omicidio colposo plurimo, lesioni colpose, disastro colposo, abbandono di incapace a bordo e mancate comunicazioni alle autorità.

Ma prima di autorizzare le ispezioni, il tribunale deve essere sicuro che la nave sia messa in sicurezza: che sia stabile, oltre che in asse.

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