Privatizzazioni, si riparte dalle Poste, almeno 40%

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Lo Stato a pezzi o vende i pezzi? Per il momento, nelle mire del ministro dell’Economia,  Fabrizio Saccomanni, ci sono le privatizzazioni delle Poste Italiane. E’ stato lo stesso ministro a confermarlo  a margine del World Economic Forum di Davos, affermando che al Cdm di domani «ci sarà il decreto privatizzazioni: si comincia con il 40% di Poste. Poi vediamo», ha detto Saccomanni. «L’Italia non rischia la deflazione ed è in una situazione completamente diversa da quella del Giappone», ha aggiunto il ministro, che alla domanda se l’Italia rischi uno scenario deflazionistico e debba ispirarsi al modello Abenomics risponde con un laconico: «direi di no».

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Il lunedì nero dei trasporti: gli orari dello sciopero

sciopero-trasporti-tuttacronacaSciopero di quattro ore, lunedì 16 dicembre, per il trasporto pubblico locale da parte di chi sostiene il rinnovo di contratto della categoria, scaduto da quattro anni. La protesta è stata organizzata da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl Autoferrotranvieri e Faisa. I sindacati sono stati convocati al ministero dei Trasporti, ma l’incontro si terrà solo mercoledì. Su base territoriale, le ore di fermo sono organizzate in maniera diversa.

Nel dettaglio: a Milano i lavoratori di bus, tram e metro si fermeranno dalle 8.45 alle 12.45; a Genova dalle 11.30 alle 15.30; a Venezia dalle 9 alle 13, a Bologna dalle 10 alle 14; a Firenze dalle 17 alle 21; a Perugia dalle 9 alle 13; a Roma dalle 8.30 alle 12.30: le Zone a Traffico Limitato resteranno disattivate per l’intera giornata; a Napoli dalle 9 alle 13; a Bari dalle 8.30 alle 12.30; a Palermo dalle 9.30 alle 13.30; a Torino lo sciopero e’ esteso a 24 ore dalle 9 alle 12 e dalle 15 a fine servizio: in città sono sospese le limitazioni alla circolazione previste nella ZTL Centrale. Resteranno in vigore i divieti previsti nelle vie e corsie riservate al trasporto pubblico, nelle zone pedonali e nella ZTL Valentino.

TRENORD: Sciopero di 4 ore dei lavoratori (rpt lavoratori) della rete delle Ferrovie Nord (rpt Ferrovie Nord), che incroceranno le braccia tre la 9 e le 13 del prossimo lunedì 16 dicembre. In base alle regole, la circolazione ferroviaria sarà interrotta per i soli convogli in partenza dopo le 9 e riprenderà soltanto un minuto dopo le 13. I treni già in circolazione durante lo sciopero, invece, completeranno il viaggio previsto.

EMILIA:
BOLOGNA – dalle 10 alle 14.
FERRARA – dalle 10 alle 14.
REGGIO EMILIA – dalle 9 alle 13.
MODENA – dalle 8.30 alle 12.30.
PIACENZA – dalle 17 a fine turno.
PARMA – dalle 16.30 alle 20.30.
FORLÌ-CESENA – dalle 9 alle 13.
RIMINI – dalle 9 alle 13.
RAVENNA – dalle 16.30 alle 20.30 incluso traghetto.
Sono in sciopero anche i servizi ferroviari Tper (ex Fer) su linee Ferroviarie Rfi e Fer dalle 9 alle 13, senza garantire i servizi minimi.

Quarto giorno di sciopero: Genova in tilt

proteste-genova-tuttacronacaQuarto giorno di sciopero oggi a Genova contro l’ipotesi di privatizzazione del trasporto pubblico locale che sta paralizzando Genova. Le trattative con il sindaco Marco Doria sono saltate giovedì sera e questa mattina lavoratori e sindacati si sono riuniti nella Sala Chiamata del Porto per poi tornare in corteo. Anche Beppe Grillo li ha raggiunti: “La vostra lotta è un segnale importante. È una battaglia epocale che deve partire da qui per estendersi a tutta Italia. Sarà una lotta all’ultimo sangue: ci giochiamo tutto da Genova. Le autostrade, il gas, trasporti, l’acqua, sono un bene pubblico e nessuno deve arrogarsi il diritto di venderli ai privati”. Sono questioni che “decidono persone che nel loro programma non hanno mai detto di volere privatizzare”, ha aggiunto, attaccondo il sindaco genovese Doria.

Non solo Genova però: questa mattina è stata lanciata la proposta di organizzare una manifestazione di protesta a Roma, perché “la questione del trasporto pubblico a Genova è nazionale”. “Genova è la scintilla di un incendio che si espanderà in tutta Italia”, ha detto Andrea Gatto, sindacalista della Faisa/Cisal. Come ricorda il Corriere, “Giovedì tre cortei si sono snodati per la città, confluendo poi nella centrale piazza De Ferrari. A Palazzo Tursi, Doria e una dozzina di rappresentanti sindacali hanno discusso per oltre cinque ore. Fino alle 18.30, quando Andrea Gatto, leader della protesta, ha annunciato : «Il Comune ha ribadito che non intende rispettare gli accordi sottoscritti. Ci chiedono ulteriori sacrifici che non siamo disposti a sopportare. Queste condizioni sono inaccettabili. La protesta continua e gli autobus non escono dai depositi».” La rottura della trattativa è stata così spiegata in Consiglio comunale dal primo cittadino: “Per interrompere l’agitazione la richiesta dei sindacati è stata la sospensione della delibera, ma una trattativa non può andare avanti se non si ferma uno sciopero illegittimo. Nel 2013 il contributo del Comune (30 milioni di euro) e dei lavoratori Amt (8 milioni di euro) ha permesso di mantenere in equilibrio i conti di Amt. Il contributo dei lavoratori poteva essere riproposto anche nel 2014, i sindacati hanno detto no”. In serata il Consiglio comunale ha approvato la delibera «incriminata» sulle prospettive delle aziende partecipate (M5s, Pdl e Lega Nord hanno lasciato la Sala Rossa). E’ stato il Prefetto di GEnova, Giovanni Balsamo, ad assicurare il regolare svolgimento della seduta spiegando: “Dobbiamo preservare la democrazia. Fare uno sciopero a oltranza è da irresponsabili. La tollerabilità di una protesta scende man mano che passa il tempo e il disagio per i cittadini cresce. In questo caso la tollerabilità è scesa a picco”. Intanto per ciascun lavoratore i costi della precettazione hanno raggiunto i 1.500 euro.

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Lo sciopero dei trasporti paralizza Genova

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Il trasporto pubblico locale, Atm, sciopera e Genova va in tilt. Nonostante la precettazione prevista per oggi gli autobus sono fermi nelle rimesse. E, secondo quanto riferisce il Secolo XIX, lo sciopero potrebbe prolungarsi fino a domani. Sotto la sede di Primocanale, nel centro della città, ci sono stati momenti di tensione. L’edificio è presidiato da alcuni agenti di polizia in tenuta antisommossa, ma i manifestanti, circa 300, hanno cercato di superare il cordone, venendo respinti. Il traffico per l’accesso allaSopraelevata, la principale via di scorrimento della città, è bloccato. Traffico in tilt sulle autostrade A7 e A12. Sulla Serravalle-Genova disagi anche per la pioggia e per un incidente avvenuto poco dopo Busalla che ha causato 6 chilometri di coda in direzione del capoluogo.

La protesta è stata resa necessaria dalla volontà dell’Amministrazione locale di privatizzare il servizio, perché sulla municipalizzata gravano 10 milioni di debito. “Non abbiamo ricevuto alcuna risposta dalla Regione”, hanno detto i rappresentanti sindacali dopo un incontro nella sede della Regione Liguria con l’assessore ai trasporti Enrico Vesco. “Indietro non si può tornare in questa difficile vertenza. la nostra speranza è che le controparti siano disposte a tornare al tavolo delle trattative con altre prospettive rispetto a quelle attuali. Siamo a conoscenza del disagio che sta vivendo la città, ma le colpe sono del sindaco e dell’amministrazione regionale”.

 

La grande delusione di Berlusconi? Napolitano

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«Napolitano è la mia più grande delusione, so bene che era un comunista ma pensavo che fosse un migliorista liberale come quelli che ho conosciuto a Milano tramite Craxi negli anni Ottanta. I Quercioli, i Cervetti, i Bordini. Invece è anche lui uno stalinista al servizio delle toghe rosse. Vogliono vedermi morto tutti i nemici di Bettino di allora e i miei di oggi».
Ieri Gianni Letta e Fedele Confalonieri avevano cercato una difficile mediazione, tra una richiesta di grazia da parte di Silvio Berlusconi e una concessione della stessa da parte di Napolitano che invece avrebbe chiuso ogni spiraglio.

Oggi Alfano andrà ad Arcore e cercherà di tenere ancora in piedi il governo «Silvio guarda che il Colle ti chiede responsabilità ma offre il disgelo». «Stiamo solo perdendo tempo e rischiamo di perdere l’ultima finestra elettorale utile», ribatte Ignazio Abrignani, responsabile elettorale del Pdl. Mentre colombe come Cicchitto, Gelmini e Saltamartini continuano ad appellarsi al Pd, chiedendo agli alleati di «non farsi accecare dai pregiudizi».

La partita sembra essere a un passo dallo scacco matto: arriverà prima la decadenza di Berlusconi o la crisi di governo? Sembra proprio che i giochi siano fatti e il Cavaliere è diventato l’alfiere che aggredirà il Re. Forse è l’assalto finale, forse un suicidio politico, forse l’ennesima battaglia di una guerra infinita. Chi perde? Gli italiani!

Berlusconi vs Napolitano: sarà guerra a suon di videomessaggi?

berlusconi-napolitano-discorsi-tuttacronacaNei computer dei direttori dei tg Mediaset è già presente un videomessaggio di Silvio Berlusconi, ma solo nelle prossime ventiquattr’ore arriverà, nel caso, la conferma definitiva per la messa in onda, che potrebbe avvenire domenica. Ma non c’è certezza: l’ultima valutazione prima della decisione è infatti legata alla reazione del Quirinale. Perchè stando a fonti pidielline, racconta l’Huffington Post, dal Quirinale sarebbe arrivato un messaggio a Villa San Martino e subito si è iniziato a tremare. L’intenzione di Napolitano, in caso di apertura della crisi, sarebbe quella di rivolgersi direttamente al Paese puntando il dito sui responsabili del disastro. Il mezzo sarebbe lo stesso, la televisione, che si trasformerebbe così in un campo di battaglia. Due gli schieramenti: da una parte le reti di Berlusconi che attacca governo e magistratura, dall’altro, a reti unificate, il Capo dello Stato che sottolinea come il leader del PdL sia il responsabile dello sfascio che apre una crisi che gli italiani sono destinati a pagare e proprio in un momento delicato. Senza contare che la caduta del governo sarebbe motivata da cause che esulano dal programma. Dal Colle non arrivano conferme, ma neanche si nega il possibile discorso. Fonti informate spiegano: “In questo momento non c’è nulla di deciso anche perché non si capisce che succederà. È chiaro che in caso di crisi Napolitano parlerà forte e chiaro, e tutte le ipotesi sono sul tappeto”. Del resto un discorso con il quale il Presidente si rivolge alla nazione non meraviglierebbe: lui stesso, al momento dell’insediamento, aveva avvertito infatti che, di fronte al mancato rispetto degli impegni presi, e di fronte alla “sordità” delle forze politiche, non avrebbe esitato “a trarne le conseguenze di fronte al paese”. Per Napolitano gli impegni presi riguardano proprio l’impianto di responsabilità che si è strutturato con la sua rielezione e con la nascita del governo Letta. Sul fronte opposto, per Berlusconi, c’è un impegno non rispettato nell’ambito del “pacchetto” che riguarda le garanzie sui suoi guai giudiziari.

La Polonia nazionalizza le pensioni private. Accadrà anche in Italia?

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La Polonia non è il primo Paese ad aver deciso di nazionalizzare la previdenza privata, prima di lei erano giunte alla stessa conclusione anche l’Argentina e l’Ungheria. La “mossa” permette di ridurre il debito pubblico e nel caso della Polonia questo verrà ridotto di ben l’8%.

Accadrà anche in Italia? Come si legge sul Sole 24 Ore:

La possibilità di individuare forme per annettere al bilancio dello Stato parte se non tutto il patrimonio della previdenza privata, è stata occasione di ipotesi anche nei corridoi dei palazzi italiani: si va dall’annessione dei titoli di debito sovrani, come accaduto in Polonia, alla creazione di vincoli di portafoglio, passando dall’imposizione – per gli strumenti di primo pilastro – di una tassazione da strumento speculativo, non conforme con gli obiettivi previdenziali…

I fondi pensione complementari italiani, in particolare, presentano costi particolarmente bassi se confrontati con quelli di analoghi strumenti europei e con rendimenti medi che negli ultimi otto anni – crisi compresa – hanno battuto quello dei Tfr, alternativo nelle scelte dei lavoratori italiani. Il fianco scoperto del sistema italiano di secondo pilastro è rappresentato dalla gestione prudente – che impedisce per esempio di investire in paesi considerati nel 1996, epoca della definizione del decreto che stabilisce i criteri di investimento – “rischiosi”; Cina, Brasile, Russia compresi; dall’altra l’alta esposizione in titoli di Stato in particolare italiani, per quasi 30 miliardi di euro: titolo il cui merito di credito è sceso complice i declassamenti delle agenzie di rating, tanto da spingere le autorità di vigilanza ad invitare a prendere “con le pinze” le indicazioni relativi alle soglie minime. E infine, oltre al “pericolo polacco”, sono da considerare le condizioni fiscali dei fondi pensione: divenuti particolarmente convenienti negli ultimi due anni a causa dell’inasprimento dell’imposizione fiscale di altri strumenti utilizzati analogamente come forma di risparmio di lungo termine: da una parte il recentissimo decreto 102 che taglia le detrazione per le polizze Vita e dall’altra l’imposta definita dal decreto Salva Italia dello 0,15% sul totale affidata in gestione a fondi comuni, Etf, gestioni finanziarie.

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