“Serve che il nostro cuore si commuova”: così Papa Francesco

urbietorbi-tuttacronacaEra da poco passato il mezzogiorno quando Papa Francesco si è affacciato dal balcone della Basilica di San Pietro per la tradizionale benedizione Urbi et Orbi. Il suo discorso è stato breve ma sentito e ha toccato le guerre che proseguono nel mondo, gli scontri e le emergenze che si contano nel nostro Pianeta. “Abbiamo bisogno che il nostro cuore si commuova. Lasciamolo riscaldare dalla tenerezza di Dio, abbiamo bisogno delle sue carezze. Non fanno felici, ci danno pace e forza. Lasciamoci commuovere dalla bontà di Dio”. Il Pontefice, alle migliaia di persone presenti, ha ricordato l’importanza dell’impegno per la pace: “La vera pace non è una bella facciata dietro cui ci sono contrasti, è un impegno di tutti i giorni. La pace è artigianale, a partire dal dono di dio, dalla sua grazia”. Ancora, ha ricordato che bisogna pensare ai bambini, vittime più fragili delle guerre, ma anche agli anziani e alle donne maltrattate. “Le guerre spezzano le vite”, ha continuato Francesco, chiedendo un canto per la pace, “un canto per ogni uomo che spera”. E ha pregato per la pace in Siria, dove “troppe vite sono state spezzate da un conflitto che fomenta odio e vendetta”. Si è appellato alle parti in guerra perché “sospendano gli scontri e garantiscano l’accesso alle forze umanitarie”. Ma il Papa ha ricordato anche le emergenze in Repubblica centrafricana, nel Sud Sudan, in Nigeria: “Converti il cuore dei violenti perché depongano le armi”, ha detto il papa. “Guarda alla terra dove sei nato e favorisci i negoziati tra israeliani e palestinesi”. E ancora preghiere per l’Iraq, per la repubblica democratica del Congo, per le Filippine colpite dal tifone, per le vittime di tratta degli esseri umani. E con uno sguardo all’Italia, ha parlato anche dei migranti e della tragedia di Lampedusa: “Non accadano più simili tragedie”. Si tratta, per Papa Francesco, del primo Natale come Pontefice e ieri sera, in occasione della Santa Messa, non ha mancato di portare la sua innovazione, portando con sè il bambinello.

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Il primo Natale di Francesco come Papa: per lui un Presepe napoletano

presepe-san-pietro-tuttacronacaErano quasi le 17 quando, a piazza San Pietro, è stato svelato il Presepe, quest’anno è stato donato dalla diocesi e della città di Napoli, durante una cerimonia introdotta dal canto “O Sole mio”. Il cardinal Bertello ha ricordato che è “una tradizione per i romani e per molti pellegrini venire ad assistere a questo momento pieno di gioia e di speranza” e che quando san Francesco ha fatto il primo presepe a Greccio, il cronista diceva che questo “onora la semplicità, esalta la povertà e esprime l’umiltà”. Il nuovo direttore dei servizi tecnici del Governatorato, Rafael Garcia Serrana de Villalobos, ha raccontato un aneddoto: alcuni giorni fa papa Francesco ha inviato un panettone di otto chili per gli operai che allestivano il presepe in piazza, che lo hanno consumato in una pausa del lavoro, con grande soddisfazione e gioia. “Si vede – ha commentato Serrano – che il Papa apprezza i lavori delle maestranze e degli operai, un lavoro che rimane nascosto”. In serata, alla Basilica di San Pietro si è invece tenuta la messa della della notte di Natale, la prima di papa Francesco da quando è stato eletto. il Pontefice ha spiegato il mistero del Natale, “mistero del camminare e del vedere”, dicendo che questa notte esprime non solo come “fatto emotivo, sentimentale”, ma come “realtà profonda” il fatto che “siamo un popolo in cammino, e intorno a noi, e anche dentro di noi, ci sono tenebre e luce”. Papa Bergoglio ha ricordato che nella vita del popolo come in quella delle persone “si alternano momenti di luce e di tenebra, fedeltà e infedeltà, obbedienza e ribellione; momenti di popolo pellegrino e di popolo errante”. “Anche nella nostra storia personale – ha osservato commentando un brano del profeta Isaia – si alternano momenti luminosi e oscuri, luci e ombre. Se amiamo Dio e i fratelli, camminiamo nella luce, ma se il nostro cuore si chiude, se prevalgono in noi l’orgoglio, la menzogna, la ricerca del proprio interesse, allora scendono le tenebre dentro di noi e intorno a noi. ‘Chi odia suo fratello, scrive l’apostolo Giovanni, – ha citato il Pontefice – è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perchè le tenebre hanno accecato i suoi occhi'”. “Gesù non è soltanto un maestro di sapienza, non è un ideale a cui tendiamo e dal quale sappiamo di essere inesorabilmente lontani, è il senso della vita e della storia che ha posto la sua tenda in mezzo a noi”. “Gesù – ha ancora spiegato il Pontefice – è venuto nella nostra storia, ha condiviso il nostro cammino”, giunto per “liberarci dalle tenebre e donarci la luce”, “è amore fattosi carne”. Ancora, ha spiegato che i pastori sono stati i “primi” a vedere Gesù “perchè erano tra gli ultimi, gli emarginati. E – ha spiegato il Papa nella omelia della messa della notte di Natale – sono stati i primi perchè vegliavano nella notte, facendo la guardia al loro gregge”. Il Papa ha concluso con un invito a condividere la “gioia del Vangelo”: in Gesù “è apparsa la grazia, la misericordia e la tenerezza del Padre”.

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