Se mezzo milione di italiani trema ( ma neppure più di tanto essendo quelli con un reddito superiore ai 90 mila euro) chi invece dovrebbe tremare è l’intero popolo italiano. La Corte Costituzionale si è pronunciata infatti sul “contributo di solidarietà” applicato sugli stipendi pubblici sopra 90 mila euro e poi quello sulle pensioni dello stesso livello e ha dichiarato l’incostituzionalità del prelievo. Ora un fronte compatto che va da Fratelli d’Italia alla sinistra vuole che la Corte Costituzionale ritorni a pronunciarsi su questa sentenza, adducendo che la Consulta si è pronunciata su richiesta di magistrati in genere “interessati” direttamente al problema.
Sarebbe una disparità tra cittadini e quindi tacciabile di incostituzionalità se a un magistrato a causa della sua professione si vietasse far valere i suoi diritti reagendo a un’eventuale ingiustizia di cui si sente vittima. Tale motivazione a non accettare la sentenza si presenta come una palese diseguaglianza tra cittadini. Inoltre, un tale comportamento si potrebbe configurare anche come un tentativo di vera e propria pressione sulla Corte Costituzionale, chiedendo a un organo indipendente dal potere politico di farsi condizionare dallo stesso, tornando di nuovo su un punto su cui ha già deliberato.
Il vero problema è che lo Stato, bloccando Iva e Imu, ha un gettito ridotto nelle casse per cui sta pensando di operare un prelievo su tutti coloro che dichiarano un reddito sopra quota 90 mila euro. Senza distinzioni,ma soprattutto senza verificare le evasioni fiscali che sono ingentissime!
Ancora tasse quindi anche sugli imprenditori che dovrebbero assumere i giovani? Ancora tasse sugli italiani per contrarre di più i consumi? Un’ ideologia che mette i “poveri” contro la “classe media” solo per destabilizzare il potere della Corte Costituzionale? Quando la Corte non sarà più libera di tutelare la Carta Costituzionale a chi si rivolgeranno i poveri che spesso sono i più lesi?
Il Governo, per bocca del Sottosegretario al Lavoro e alle Politiche sociali Carlo Dell’Aringa, ha assicurato l’intenzione di ribattere il punto… Per farlo senza franare di nuovo sulla Consulta, però, occorre evitare di riservare le tagliole a una sola categoria (l’articolo 53 della Costituzione spiega che tutti i cittadini devono pagare le tasse in base alla propria «capacità contributiva», a prescindere dall’origine del reddito), e Dell’Aringa ha indicato nel «prelievo fiscale» la via più universale e quindi a prova di esame costituzionale.
Un escamotage per innalzare le tasse a tutta la popolazione italiana? O un’operazione che parte da lontano, che nasconde però qualche subdolo attacco alla Corte e alla giustizia italiana?
A innescare il ragionamento di Dell’Aringa è stata un’interpellanza del Pd, ma anche dal Pdl il capogruppo alla Camera Renato Brunetta, “mente” economica del partito, si dice interessato alla questione: «Aspettiamo che il Governo faccia proposte, vediamo se ne avrà il coraggio: certo è che la sentenza della Consulta grida vendetta».
Sembra che la vendetta ricadrà su tutti gli italiani a prescindere dal reddito! Un imprenditore colpito da un’ulteriore prelievo, licenzierà i propri dipendenti, così come allo stesso modo si avrà una ripercussione sui consumi a causa della riduzione del reddito disponibile.
Colpendo i “ricchi” chi ci rimette non sono anche i poveri?