Tagli e la “macchina” della polizia va in crisi. Il problema parte proprio dalle auto, quelle destinate a rimanere parcheggiate perché non ci sono i soldi per la riparazione, ma poi si arriva anche negli uffici in particolare quelli dell’intelligence dove le risorse sono pochissimi e molti mezzi di prevenzione del crimine non posso essere più usati. Ma come afferma l’Huffington Post il paradosso è anche nelle centinaia di milioni di euro del Fondo Unico Giustizia, che dovrebbero servire anche alla riqualificazione della polizia e invece non si sa dove sono e perché sono “intoccabili”. La lunga intervista a Nicola Tanzi, segretario sap rilasciata all’Huff apre finestre inquietanti sulla polizia italiana e sulla sicurezza dei cittadini. Ne riportiamo uno stralcio:
Di fronte alla scarsità di risorse, quali sono le vostre proposte? Da dove si inizia?
Sono sei anni che il sindacato chiede una razionalizzazione delle forze in campo. Non è più possibile avere cinque corpi di polizia sul territorio nazionale. È giunta l’ora di studiare un meccanismo di razionalizzazione che miri a ottimizzare le risorse. Come è successo in Francia, anche in Italia è arrivato il momento di mettere tutte le forze di polizia alle dipendenze del ministero degli Interni. Non ci possiamo più permettere nessuno spreco. Cinque sale operative nelle diverse città sono troppe.
Cosa vi aspettate dal governo? Quali sono le mosse che vi hanno infastidito di più nel 2013?
Siamo stanchi della mancanza di coraggio da parte della politica. Dal governo ci aspettiamo più coraggio. Soprattutto, siamo stanchi di finte soluzioni. Le faccio un esempio eclatante. La Corte di giustizia europea ha condannato l’Italia per inadempienza sull’attivazione del numero telefonico d’emergenza europeo 112. E l’Italia cosa fa? Invece di attrezzarsi per risolvere la questione, sperimenta una soluzione che affida a un call center privato lo smistamento delle telefonate d’emergenza, con evidenti problemi per la privacy dei cittadini e mettendo a rischio la capacità delle forze dell’ordine di garantire la sicurezza.
Ci spieghi meglio. Se io chiamo il 112 per denunciare un reato mi potrebbe rispondere l’operatore di un call center?
Esatto. In alcune città è in corso una sperimentazione che affida a delle società private lo smistamento delle telefonate al numero d’emergenza. Questo vuol dire che se un cittadino in difficoltà chiama il 112 a rispondergli è un altro cittadino, dipendente (o magari collaboratore) di una società privata che ha vinto l’appalto. Le criticità di un sistema del genere sono moltissime. Come la mettiamo, ad esempio, con i reati perseguibili d’ufficio? Se a rispondere al telefono è un pubblico ufficiale ha il dovere di comunicare il tutto all’autorità giudiziaria, altrimenti compie il reato di omissione d’atto d’ufficio. Il cittadino normale, invece, non è obbligato a riferire il fatto costituente reato. Ma è solo uno dei problemi. Sulla privacy, ad esempio, si aprono punti interrogativi enormi. Se ad esempio chiamo per denunciare una violenza sessuale, non è forse lecito aspettarsi che dall’altra parte del telefono ci sia un pubblico ufficiale, e non l’operatore di un call center di cui non so neanche il nome? Infine, non sono neanche sicuro che con questa soluzione si finisca con il risparmiare davvero. Bisogna considerare i soldi per l’appalto privato.
Dove è in corso questa sperimentazione?
In alcune città soprattutto della Lombardia. È stata voluta dal presidente della Regione Roberto Maroni, uno dei politici che in questi anni hanno più insistito sulla sicurezza. Un paradosso, non le pare?