Per Letta c’è tempo… rinvia i giudizi! L’Italia nel frattempo deve sopravvivere?

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Per Letta c’è tempo! Il Premier chiede di essere giudicato alla fine del 2014 quando abbasserà le tasse, diminuirà il debito pubblico, probabilmente il tasso di disoccupazione sarà negativo e anche gli uccellini torneranno a cinguettare all’unisono. Un mondo perfetto, dove i migranti saranno integrati, il Pil sarà alle stelle e la Germania sarà costretta a comprare i Btp? Per il momento questo è però nei sogni di Enrico Letta che invece ha una realtà fatta di un muro alla finanziaria composto da 3093 emendamenti, con il Pil in caduta, il tasso di disoccupazione crescente, la cassa integrazione che le regioni non riescono a pagare…

“Alla fine del 2014 si vedrà la crescita, giudicatemi allora” e poi aggiunge: “Dalla crisi si esce solo passo passo […]. C’è un’unica possibilità, cioè andare avanti”, spiega il premier ricorrendo alla metafora per antonomasia. “Stiamo facendo la trasvolata dell’Atlantico e già si vedono i grattacieli di Manhattan”. L’atterraggio – prosegue – è previsto “per la fine del 2014, con le tasse che scendono, la crescita che c’è e i primi segnali dalla lotta alla disoccupazione”. È allora – rilancia Letta – che mi si potrà giudicare.

Quanto all’Imu – afferma il premier – “abbiamo mantenuto gli impegni presi”. “Le coperture saranno trovate e indicate nei prossimi giorni. L’obiettivo è però quello di non ricominciare a fare debiti. Non ho alcuna intenzione di essere meno che rigoroso a riguardo”.

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La ripresa è in ritardo! Arretra ancora il Pil, ma ora si spera nel 2014

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La ripresa? Ci assicurano che ci sarà nel 2014, ma per ora l’unica certezza è che il Pil fa un passo indietro e si porta a -1,8. Poi l’Istat però emana anche quello che dovrebbe essere un dato positivo, nel prossimo anno il nostro Pil sarà +0,7. Ma è davvero positivo? Il governo nelle ultime stime ufficiali indicava -1,7% per il 2013 e +1% per il 2014. Quindi la ripresa è in ritardo? Sembra proprio di sì… E non preoccupa tanto quello 0,1% in peggioramento fatto registrare nel 2013, ma quel -0,3% (da 1 ora si parla di 0,7%) che non promette nulla di buono. Vi ricordate le parole di Romano Prodi all’inaugurazione dell’Eurozona?

“Con l’euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più”.
Dove sono andate a finire quelle parole? Dove sono i sogni infranti di milioni di italiani che speravano di entrare a far parte degli Stati Uniti d’Europa? Dove è la difesa degli stati membri? Nella condanna dei cittadini greci? Nella debacle di Malta, nella disoccupazione della Spagna e nel Pil negativo dell’Italia?
Oggi, a distanza di anni (che sembrano ormai anni luce) Romano Prodi torna a parlare e lo fa in un ottica diversa. In un intervista rilasciata al Sole 24 Ore risponde così alle domande del giornalista:
Sul deficit/Pil attualmente fissato al 3%
“Non è stupido che ci siano i parametri come punto di riferimento. E’ stupido che si lascino immutati 20 anni. Il 3% di deficit-Pil ha senso in certi momenti, in altri sarebbe giusto lo zero, in altri il 4 o il 5%”. Prodi propone allora di “escludere temporaneamente dal computo del deficit i 51 miliardi versati dall’Italia alla solidarietà europea e usare quelle risorse per investimenti pubblici straordinari”.
La Bce è influenzata dalla Bundesbank
“Un accordo presuppone una politica che lo gestisca e la politica non si fa con le tabelline. Ci fosse ancora un’Europa forte sì. Ma oggi ci sono solo i Paesi e uno solo al comando, la Germania. Anche la Bce, che pure, con Draghi, è l’unico potere forte europeo e ha fatto tanto, non è onnipotente. Ha uno statuto e la Bundesbank in consiglio…”.
Italia, Francia e Spagna dovrebbero battere i pugni sul tavolo
Di fronte a questa situazione i cosiddetti pugni sul tavolo “dovrebbero batterli insieme Francia, Italia e Spagna, ma non lo fanno perche’ ciascuno si illude di cavarsela da solo”. Quanto alla situazione dell’Italia, “in tre anni di austerità il rapporto fra debito e Pil è sempre aumentato. Vuol dire che è una politica sbagliata. Se sforassimo i parametri i tassi andrebbero alle stelle e saremmo daccapo”.

 

Pil italiano ancora negativo, mentre l’Europa esce dalla recessione

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L’Europa a 17 è uscita “tecnicamente” dalla recessione con un Pil a +0,3% nel secondo trimestre dell’anno. Ma invece si confermano gli incubi italiani, il nostro Pil infatti risulta ancora negativo ed è pari a -0,2%. Inoltre il Prodotto interno Lordo italiano è tra i peggiori dell’Eurozona insieme a Olanda, Slovenia e Cipro. Dove è la ripresa, se l’Italia è ancora in recessione?

Stroncati i sogni di ripresa? Pil italiano a -1,8

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L’Italia è l’unico Paese del G7, cioè tra le sette nazioni più industrializzate, a far registrare un Pil negativo per l’anno in corso. Sono quindi stroncati i sogni di ripresa tanto annunciati da Enrico Letta? E’ vero che mancano pochi mesi alla fine del 2013, ma è pur vero che l’Ocse, ha confermato la  stima di una contrazione del Pil italiano dell’1,8%. L’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, in un aggiornamento di interim delle sue previsioni economiche, ha affermato che l’area euro come insieme non è più in recessione.  A livello mondiale, sempre secondo l’Ocse, soprattutto nelle “grandi economie emergenti, la crescita ha rallentato”, mentre “l’attività si sta espandendo a ritmi incoraggianti in Nord America, Giappone e Regno Unito, mentre l’area euro come insieme non è più in recessione”, afferma l’Ocse. Per gli Usa quest’anno è previsto un più 1,7 per cento del Pil, in Germania un più 0,7 per cento, in Francia un più 0,3 per cento e in Gb un più 1,5 per cento.

L’Ocse comunque avverte che il miglioramento della crescita nei paesi avanzati, per quanto gradito “non è ancora consolidato” mentre “permangono rischi rilevanti”. Bisogna continuare a sostenere la domanda, anche con politiche monetaria straordinarie, mentre le riforme strutturali volte a rimuovere gli impedimenti alla crescita e alla creazione di lavoro restano “vitali”, conclude l’ente parigino con un comunicato.

L’Ocse stima che le riforme avranno un impatto di 4 punti in percentuale sul Pil italiano in 10 anni

 

Per Monti siamo riusciti ad evitare il disastro.

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