La staffetta nel Governo: Renzi parla da Premier alla direzione Pd

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Parole da Premier più che da segretario quelle pronunciate oggi dal Matteo Renzi alla Direzione Pd alla quale Letta ha deciso di non partecipare. L’esordio del sindaco di Firenze è stato “Non ci saranno effetti speciali nella mia relazione” e poi ha aggiunto “Non faremo processo al governo, ma siamo in condizioni di aprire pagina nuova” per poi sottolineare che “Non si tratta di staffetta o non staffetta. Staffetta è quando si va nella stessa direzione e alla stessa intensità, non quando si prova a cambiare ritmo”. La direzione del pd “assume ‘impegno Italia’ come contributo e rileva la necessità e l’urgenza di aprire una fase nuova con esecutivo nuovo” che ha come “orizzonte” la fine della legislatura. Questo è uno dei passaggi più salienti del documento che  Matteo Renzi ha portato alla Direzione Pd. Ma a chi gli ricorda che potrebbe ‘bruciarsi’ ad assumere ora il ruolo da Premier, il segretario del Pd risponde “Chi fa politica ha il dovere di rischiare”. Renzi nel suo intervento ha anche ringraziato Enrico Letta e il suo governo, che ha definito esecutivo di servizio. Poi chiede al Pd di rischiare e a Letta di dimettersi.

Ma cosa ha spinto Renzi a “rischiare l’osso del collo” e diventare presidente del Consiglio? Il segretario lo spiega in tre punti:

Quindi Renzi chiede al Pd di rischiare su questa nuova strada e a Letta di dimettersi: un ben servito con l’onore delle armi. Poi Renzi comincia a spiegare perchè ha deciso di rischiare l’osso del collo diventando presidente del Consiglio.

Il primo e sostanziale perchè si può tradurre nel concetto: se non lo faccio io non lo fa nessuno. Renzi dice: “Senza un protagonismo accentuato del Pd le riforme istituzionali ed economiche restano solo parole”. “Protagonismo del Pd” che secondo la ricostruzione di Renzi, Letta non solo non ha realizzato ma non ha neanche programmaticamente concepito.

Il secondo perchè è la “palude” in cui naviga l’Italia, in cui naviga il Pd. Letta e il Pd navigavano sotto riva mentre Renzi dalla palude vuole uscire. Con direzioni e interventi radicali, radicalità che nei 10 mesi del governo Letta obiettivamente non c’era mai stata.

 Il terzo perchè è “l’ambizione smisurata, l’ambizione smisurata del Pd” che Renzi non smentisce, anzi conferma e di cui cerca di far leva “cambiare verso” all’Italia immobile. Quindi, conclude Renzi, “al bivio prendere la strada meno battuta” non attendere il logoramento del governo Letta, non aspettare la scadenza naturale della legislatura, la conclusione delle riforme istituzionali, ma rischiare tutto, subito. Rischiare l’osso del collo, suo e del Pd, andando a Palazzo Chigi qui e ora.

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Letta bis o Renzi 1? Il segretario dem dà due settimane di tempo

RenziLetta-direzionepd-tuttacronacaDa 1 a 10, secondo un fedelissimo di Renzi, il segretario dem sarebbe convinto “6-7” di prendere la guida del governo. E questa sicurezza nelle proprie forze il sindaco fiorentino l’ha dimostrata nel corso della direzione del Pd al Nazareno, dove si è parlato del percorso delle riforme (Italicum e abolizione del Senato) e c’è stato un chiarimento sull’esecutivo. Scrive l’Huffington Posto: Tempo due settimane: tante ne ha Enrico Letta per scegliere come rilanciare l’azione del suo governo. Il 20 febbraio la direzione del Pd si riunirà di nuovo per decidere ‘che fare’. E a quel punto, visto che l’assise Dem fa piazza pulita della parola ‘rimpasto’ fissando il paletto “ripartenza”, tutte le chance sono aperte. La prima: Letta bis, ipotesi che però entusiasma poco il segretario Pd e non solo lui ormai nel partito. La seconda: governo Renzi, ad oggi più possibile, da vedere se ce ne saranno le condizioni, ovvero se la legge elettorale sarà stata licenziata senza scossoni da Montecitorio entro il 20 febbraio. La terza: il voto anticipato, ipotesi alquanto peregrina, tutti nel Pd tendono a escluderla, il sindaco-segretario la agita in caso l’Italicum facesse una brutta fine, stritolato da veti incrociati e franchi tiratori.

Nel corso della direzione è stato Cuperlo, che ieri ha avuto un colloquio con Renzi al Nazareno, a mettere i piedi nel piatto del ‘non detto’ più grosso, a evocare il fantasma che occupa tg e giornali e che evidentemente aleggia anche nell’assemblea al Nazareno. Cioè la possibilità di un governo Renzi al posto di Letta. Cuperlo non lo dice esplicitamente, ma il senso è quello. E soprattutto, dopo aver maledetto lo streaming (“che limita il dibattito”), è Cuperlo a chiedere che il partito ne discuta. “Chiedo a questa direzione reggiamo così? Escluso il rimpasto, serve una vera ripartenza del governo per saldare un accordo programmatico – dice l’ex presidente del Pd – Enrico letta lo vuole fare questo sforzo? E’ in grado di farlo? Questo è il tema del galleggiamento. In alternativa c’è il voto ma non c’è solo quello, ce ne sono anche altre e se ne parla sui giornali…”. Al momento, obiettivo primario del sindaco fiorentino è la legge elettorale. Imperativo: metterla al sicuro con l’ok della Camera entro il 20 febbraio, prima di qualunque altra scelta. Che sia: appoggiare un Letta bis, se il premier “si inventa qualcosa in queste due settimane”, dicono dal Nazareno. O che sia: assumere il comando della squadra a Palazzo Chigi. Prima la legge elettorale. E se la minoranza chiede una discussione sul governo, bene: fissata il 20 febbraio, nuova direzione con ordine del giorno cambiato, governo invece che Jobs Act. Mentre giovedì 13 febbraio la direzione resta convocata sul tema dell’adesione del Pd alla famiglia socialista europea, prima del viaggio del segretario a Bruxelles a metà mese e – guarda caso – mentre alla Camera l’Italicum attraverserà i suoi giorni più delicati.

Ma non è solo Cuperlo a chiedere chiarimenti, della prospettiva renziana a Palazzo Chigi è anche il bersaniano Alfredo D’Attorre che

apprezza il cammino di riforme indicato da Renzi, nota che “per farle, anche solo l’abolizione del Senato, servono 24 mesi…altro che voto l’anno prossimo”. E poi, pur con garbo, a Letta chiede: “Impegno 2014, siamo a febbraio, dov’è quest’agenda di governo?”. Insomma, “il Pd deve occuparsi di come assicurare un governo forte e stabile per i prossimi due anni…”. Un intervento, quello di D’Attorre, che non passa inosservato nella cerchia dei più stretti collaboratori del sindaco, per niente stizziti, anzi compiaciuti dell’andamento del dibattito. Ma il bello deve arrivare. C’è il bersaniano Davide Zoggia che chiede “un nuovo governo”. E poi Matteo Orfini, che di governo Renzi parlò anche prima che nascesse il governo Letta. E oggi non ha cambiato idea, anzi. In direzione la dice così: “Serve un nuovo governo, non un rimpastino, un governo che con lo sforzo di tutti noi che si prenda la responsabilità di portar fuori il Paese dalla crisi”.

Ora la palla passa a Letta ma intanto il tempo scorre.

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