E’ il Codacons a ripercorrere la storia del milanese Ivan D’Elia che nel 2009 si era accorto che, dal suo conto corrente postale, erano stati prelevati 1322 euro con tre operazioni utilizzando il numero della sua carta di credito e la password. D’Elia aveva allora sporto denuncia e tentato di conciliare con Poste Italiane, ma invano. Per il gruppo, infatti, le frodi informatiche non sono considerate risarcibili, dato che i loro servizi online “sono realizzati con sistemi di protezione che rispettano elevati standard di sicurezza”, e deve, perciò, “essere cura di chi utilizza strumenti informatici adottare tutte le cautele necessarie per garantire la riservatezza dei propri dati”. Ma il giudice di pace di Milano, Giovanni Pulci, ha ritenuto infondata tale tesi in quanto “trattasi di mere affermazioni prive di riscontro”. Sebbene D’Elia “non abbia provato, nemmeno a mezzi testi la diligente custodia dei codici d’accesso al proprio conto, risulta non contestato che i prelievi sono stati effettuati” dal truffatore. “Non risultando essere stata provata – spiega il giudice – la mancata diligenza nella custodia delle schede segrete personali”, e “i rischi relativi alla violazione del sistema di sicurezza adottato per il c.d. homebanking, devono rimanere a carico della parte che ha scelto il sistema e che, nella circostanza, è Poste Italiane spa”, “non essendo stata provata, neppure, la negligenza” dell’utente. A D’Elia, i dati erano stati carpiti con una pagina del tutto simile a quella di Poste Italiane che ora è stata condannata al risarcimento di 1322 euro, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, e al pagamento delle spese e competenze, liquidate per 957 euro. Per il presidente del Codacons, Marco Donzelli la sentenza è importante perché “un giudice ha sentenziato che l’onere della prova è a carico del proprietario del sito” e “i rischi per la violazione di un sito, insomma, sono a carico di chi lo ha fatto e ha scelto il sistema di sicurezza”.
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