I Partigiani 2.0? “Mettiamoci in gioco”, così Renzi. VIDEO!

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I Neopartigiani o meglio i partigiani 2.0. Matteo Renzi riparte dai partigiani e ne attualizza la straordinaria forza di una generazione che ha saputo tirarsi “su le maniche” e rottamare “la parola purtroppo”. Così il sindaco di Firenze fa strike con l’ala più “estremista” del suo partito. Chi ha detto che Renzi non poteva dialogare con la “sinistra a sinistra” a sbagliato e veramente grosso.

“I partigiani ebbero la forza di mettersi in gioco”, pensando a quel periodo “l’idea di fondo che mi è rimasta è che quella generazione là, quando ha avuto bisogno di mettersi in gioco, si è tirata su le maniche e ha mandato in pensione, ha rottamato la parola purtroppo”. Lo ha detto il sindaco di Firenze nell’anniversario della liberazione della città. “A noi viene detto – ha aggiunto – ‘non si può fare’, il contrario di “Yes, we can”. La crisi c’è ma serve la forza della proposizione”.

Poi Renzi risponde anche a chi lo bolla sempre come uomo di destra, pronto ad accettare operazione d’intelligenza col nemico. “Rispetto umano e pietas per tutti i morti, ma c’è chi è morto dalla parte giusta e chi è morto dalla parte sbagliata. Ogni tentativo di revisionismo va respinto al mittente”, ha detto durante il suo intervento in Palazzo Vecchio. Il sindaco ha poi ricordato la proposta di legge in cui “si afferma il dovere di dire che viene equiparato al patrimonio culturale ogni bene che sia stato oggetto della Resistenza. Questo significa che la resistenza sta nel Dna come elemento costitutivo di questa comunità”.

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Scontro su via Rasella fra Baudo e Anpi

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Via Rasella ha fatto scoppiare la bufera. L’Associazione dei partigiani (Anpi) ha sottolineato l’errata definizione data da “Il Viaggio” su Rai Tre che in un servizio sulle Fosse Ardeatine aveva definito Via Rasella un “attentato storico” mentre l’Anpi ha fatto notare che si è trattato di una “legittima azione di guerra partigiana”.

La frase era stata detta nell’ambito di un intervista che Pippo Baudo aveva fatto al maggiore dell’Esercito, Francesco Sardone, che è anche direttore del Mausoleo delle Fosse Ardeatine. In tale occasione Baudo avrebbe detto la frase che ora è al centro del dibattito che ne è sorto. Il noto conduttore, come ricostruito dal giornalista Alessandro Fulloni sul Corriere della Sera, si è poi giustificato dicendo:

“Qui si gioca con le parole. Mi pare che non abbiamo mai detto “terrorismo” ma per esserne sicuro dovrei vedere il filmato. In ogni caso anche se avessimo fatto questo riferimento non sarebbe stato nel senso che si usa oggi. Allora parliamo di attentato, lo era sì o no? I nazisti, che hanno tutta la mia disistima per quello che hanno compiuto nel mondo, facevano pattugliamento. I partigiani sapevano che la reazione dei tedeschi sarebbe stata uno a dieci? Purtroppo che questa rappresaglia nazista ci sarebbe stata era noto perché c’erano manifesti su tutti i muri di Roma, come ha spiegato bene il maggiore Sardone”.

Dietro quelle parole magari ci sono state vite umane spezzate? Ideali? Il concetto stesso d’Italia? Quindi potrebbe non è un “semplice gioco di parole”, ma uno stravolgimento dei fatti storici  come viene rilevato nella risposta dell’Anpi al conduttore:

“Dobbiamo correggere il maggiore Sardone che ha raccontato che dopo l’8 settembre del ’43 i Gruppi Armati Proletari cominciarono a compiere attentati contro i tedeschi, evidentemente confondendo i G.A.P., Gruppi di Azione Patriottica responsabili dell’azione di via Rasella, con i Gruppi Armati Proletari, gruppo terroristico degli anni di piombo. Parlando della rappresaglia, le domande di Baudo sembrano legittimare le presunte leggi di guerra, solo in parte spiegate dal maggiore dell’Esercito, continuando a diffondere l’idea sbagliata che si potessero uccidere 10 persone per ogni militare morto. Baudo afferma: “Dobbiamo dire la verità, sui fatti ancora si discute… gli autori non si sono mai presentati, anzi, sono stati insigniti di medaglia d’oro ed alcuni hanno fatto i deputati”.

L’Anpi non accetta la ricostruzione degli avvenimenti fatta da Il Viaggio:

“In realtà l’eccidio fu compiuto dai tedeschi in gran segreto e in tempi rapidissimi (21 ore dopo l’azione), in combutta con la polizia fascista, che consegnò alle SS di Kappler una parte delle vittime. Non fu rivolto alcun appello a consegnarsi agli autori dell’azione di via Rasella nè vi fu alcun preavviso della rappresaglia. Proprio per celare il posto dell’eccidio, i tedeschi fecero esplodere delle bombe all’ingresso delle cave Ardeatine. Ricordiamo – prosegue l’associazione dei partigiani – quindi a Baudo, nel ’70 anniversario della Resistenza, e a tutti i cittadini italiani che lo hanno ascoltato, che la verità è un’altra ed è stata definitivamente stabilita dai tribunali”.

La replica del conduttore non si è fatta attendere e Baudo ha dichiarato:

“Purtroppo questa è una spina dolorosa che si trascina nel tempo, ma una volta che sai che la tua azione, per quanto eroica, contribuirà a far ammazzare 335 persone o hai il coraggio di dire “sono stato io” e ti immoli o verranno uccisi degli innocenti. L’esempio più calzante è quello del vice brigadiere dei carabinieri Salvo d’Acquisto che si è immolato”.

Baudo infine sottolinea la differenza tra “tribunale della storia” e “tribunale della morale”, che sono ben diversi:

“Nessuno si è immolato per salvare queste vittime. Io sono per i partigiani e quello che hanno fatto in Italia è eroico ma in questo caso un atto di eroismo in più ci stava”.

Forse anche una trasmissione e un servizio in meno ci stava?

Il ragazzo tedesco che suona in piazza in Turchia, ha origini italiane

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Si chama Davide Martello il ragazzo tedesco, di chiare origini italiane, che ieri sera ha improvvisato un vero e proprio concerto in Piazza Taksim, a Istanbul. Quando il ragazzo ha iniziato a suonare molti hanno dimenticato la violenza e la brutalità degli ultimi giorni e tutta la piazza si è fermata ad ascoltare quella musica. Davide Martello, durante il suo tragitto per arrivare in Turchia, si è fermato anche in Bulgaria e in Kosovo per altri concerti all’aperto.

Il braccio di ferro tra le due Turchie

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La polizia ha fatto irruzione in piazza Taksim ieri mattina presto e la situazione è presto diventata ingestibile. In poco tempo alcune decine di persone hanno iniziato a tirare molotov contro le forze dell’ordine e gli idranti, scatenando la violenza in una protesta che fino a questo momento aveva colpito il mondo per la sua dignità e la sua compostezza. L’escalation ha poi permesso al premier Erdogan di alzare i toni promettendo “tolleranza zero” contro i “vandali”. Sono quindi bastate poche ore perchè  fossero distrutte le strutture che fungevano da bancarelle delle varie associazioni e trasformando in caos l’equilibrio che regnava solo un giorno prima. Stando agli ospedali della zona, in poche ore sono arrivate 340 persone avvelenate dai gas, un attacco cardiaco, 14 traumi cranici, 11 fratture, 6 ustionati gravi da gas, attacchi di epilessia e 5 accoltellati. E se il Gezi Park fino a quel momento ancora era un’area relativamente sicura, a metà pomeriggio alcuni manifestanti hanno denunciato il lancio di lacrimogeni anche all’interno del parco. Ma la situazione appare fuori controllo, con appartenenze che non appaiono più ben definite: 20 deputati dell’opposizione hanno trascorso la notte accampati nel parco per rendere più difficile un intervento della polizia contro i manifestanti mentre il leader del partito nazionalista Kemal Kilicdaroglu ha accusato il premier di essere “un dittatore”. Da parte loro, i ragazzi sono certi che la stessa polizia abbia inviato agenti sulla piazza con il compito di aizzare gli animi e sarebbero stati questi a lanciare le molotov. Le forze dell’ordine hanno rivelato le identità dei reali colpevoli, ma non hanno convinto, anche a causa del video in cui si mostra un agente sparare sui manifestanti e per l’arresto dei 50 avvocati mentre si trovavano a palazzo di Giustizia, alcuni con ancora indosso la loro toga. Intanto, hanno iniziato anche a girare voci sulle molestie della polizia nei confronti delle donne, torture nelle caserme contro le persone arrestate. Ieri, Erdogan se l’è presa anche con la stampa straniera, accusata di aver organizzato un “attacco coordinato contro la Turchia”, che con lui “ha acquisito diritti e libertà impensabili 10 anni fa”, mentre un cameraman della Cnn ha denunciato di essere stato preso a calci e pugni dalle polizia.

Il premier, insomma, dimostra di non aver intenzione di tornare sui suoi passi e il braccio di ferro tra lui e i manifestanti diventa sempre più cruento. Dopo otto ore di scontri, è stata riconquistata nella notte dalla polizia piazza Taksim a Istanbul. Cessati gli ultimi lanci di lacrimogeni, i manifestanti si sono ritirati nel parco e i poliziotti hanno ripreso il controllo della piazza. Al momento i camion della nettezza urbana stanno ripulendo l’area. Un’altra manifestazione anti-Erdogan ad Ankara, con 5mila persone, è stata dispersa martedì sera dalla polizia. Intanto Gezi Park a Istanbul si è trasformato in un ospedale da campo per i feriti negli scontri con la polizia che intende sgomberare il parco e piazza Taskim. ”Nell’ultima ora, circa 25 feriti sono passati dal nostro centro prima di essere trasportati in ambulanza negli ospedali”, ha spiegato un’infermiera volontaria. ”Si tratta soprattutto di ustioni, di persone colpite dai bossoli dei lacrimogeni, alla testa o altrove, di cadute, fratture, crisi d’asma, o di chi necessita di punti di sutura”, ha aggiunto l’infermiera: ”Qui ci accontentiamo di fermare le emorragie, poi li mandiamo in ospedale”.

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Turchia: tra la violenza della polizia e i cori di “Bella Ciao”

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In Turchia la “resistenza”, partita da Piazza Taksim, si è allargata a diverse città dove si protesta contro il governo del primo ministro conservatore Recep Tayyip Erdoğan, accusato di essere sempre più autoritario e di mettere a rischio la laicità dello stato attraverso un progressivo processo di islamizzazione. Ma sembra ci si sia introdotto anche un pizzico d’Italia: sono migliaia le persone che marciano cantando la versione turca di Bella Ciao, il cui ritornello è però rimasto identico. La canzone diventata simbolo della lotta dei partigiani in Italia durante la Resistenza al nazifascismo dopo una diffusione iniziale nel 1945 in Emilia Romagna. Ha poi varcato le frontiere tre anni dopo, quando il testo venne cantato pubblicamente per la prima volta nel 1948 al Festival della Gioventù di Berlino da un gruppo di studenti italiani. Si è poi diffusa, in varie lingue, entrando nelle tradizioni dei comunisti greci, del movimento della sinistra rivoluzionaria in Turchia, il TKP, e anche in molte comunità zapatiste del Chiapas.

Nel frattempo, oggi, il premieri Erdogan ha deciso di tornare a colpire duro contro la protesta che dura ormai da due settimane e la polizia è di nuovo scesa in campo per riprendere Piazza Taksim. Ha anche ribadito che gli alberi di Gezi Park, contro la cui distruzione erano iniziate le proteste due settimane fa, saranno tagliati, aggiungendo un’accusa verso le lobby finanziarie e la stampa estera, colpevoli di attaccare il Paese. Di fronte al Parlamento ha quindi decretato: “Le proteste non saranno più tollerate. I manifestanti si ritirino immediatamente dal parco Gezi”. Erdogan ha quindi invitato gli attivisti che occupano il parco a “capire ciò che sta succedendo, capire chi stanno servendo con le loro azioni, perché le proteste a piazza Taksim e nel parco Gezi – dal suo punto di vista – sono state pianificate sistematicamente per coprire altre azioni. Con il pretesto del parco si sta giocando ad un gioco più grande”. Questa mattina, dopo che centinaia di agenti in tenuta anti-sommossa hanno investito piazza Taksim, con blindati, cannoni ad acqua e lacrimogeni, i manifestanti hanno optato per ritirarsi verso Gezi Park, alcuni lanciando sassi e qualche bottiglia incendiaria verso la polizia. Ci sono stati feriti e arresti.

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Laura Boldrini: basta con i segreti di Stato

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Il presidente della Camera Laura Boldrini ha scelto il palco milanese di Piazza Duomo oggi, nel giorno della celebrazione della Liberazione per lanciare il suo appello: “Mi unisco a chi chiede l’abrogazione completa e definitiva del segreto di Stato per i reati di strage del terrorismo, perché in un paese civile verità e giustizia non si possono né barattare né calpestare”. A Milano, ha ricordato che “tante stragi non hanno trovato risposta e in troppi casi le istituzioni non hanno saputo dare risposte e certezze su esecutori e mandanti”. Il presidente, che ritiene che i tanti, troppi, casi di violenze che si sono registrati nel nostro Paese  siano segni del fascismo, ha fatto notare come tutto ciò sia “un fallimento” che va contro l’ideale di trasparenza totale che da molto tempo si richiede.  “Anche dopo la resistenza – ha affermato – in molti hanno continuato a morire per la nostra libertà. L’Italia è stata ripetutamente colpita dalla violenza politica, dagli attacchi della mafia e dalla barbarie del terrorismo”. Ha parlato del fascismo come “ferita dolorosa, ancora aperta” puntando il dito contro le istituzioni che “non hanno saputo dare una parola di certezza sugli esecutori” delle stragi. Il suo monito è stato anon considerare “i valori sanciti dalla Costituzione acquisiti una volta per tutte” perchè essi “sono continuamente minacciati da gruppi neofascisti che, purtroppo, pullulano sui siti internet. Questo, in un Paese civile, non è tollerabile”. L’appello poi è stato diretto agli adulti, invitati ad instaurare un dialogo con i giovani affinchè non diventino “preda di questa sottocultura”. “La democrazia ha bisogno costantemente di essere difesa”.

Grillo e la morte del 25 aprile

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Beppe Grillo, nel giorno della Liberazione, posta nel suo blog una foto in cui si vedono appaiati il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e Berlusconi, impegnati in un colloquio. Da qui parte il suo lungo commento, intitolato “Il 25 aprile è morto”, dove scaglia un altro strale contro i partiti e la situazione in cui vessa la politica  italiana.

“Nella nomina a presidente del Consiglio di un membro del Bilderberg il 25 aprile è morto,
nella grassa risata del piduista Berlusconi in Parlamento il 25 aprile è morto,
nella distruzione dei nastri delle conversazioni tra Mancino e Napolitano il 25 aprile è morto,
nella dittatura dei partiti il 25 aprile è morto,
nell’informazione corrotta il 25 aprile è morto,
nel tradimento della Costituzione il 25 aprile è morto,
nell’inciucio tra il pdl e il pdmenoelle il 25 aprile è morto,
nella rielezione di Napolitano e il passaggio di fatto a una Repubblica presidenziale il 25 aprile è morto,
nell’abbraccio tra Bersani e Alfano il 25 aprile è morto,
nella mancata elezione di Rodotà il 25 aprile è morto,
nella resurrezione di Amato, il tesoriere di Bottino Craxi, il 25 aprile è morto,
nei disoccupati, nelle fabbriche che chiudono, nei tagli alla Scuola e alla Sanità il 25 aprile è morto,
nei riti ruffiani e falsi che oggi si celebrano in suo nome il 25 aprile è morto,
nel grande saccheggio impunito del Monte dei Paschi di Siena il 25 aprile è morto,
nel debito pubblico colossale dovuto agli sprechi e ai privilegi dei politici il 25 aprile è morto,
nei piduisti che infestano il Parlamento e la nazione il 25 aprile è morto,
nelle ingerenze straniere il 25 aprile è morto,
nella perdita della nostra sovranità monetaria, politica, territoriale il 25 aprile è morto,
nella mancata elezione di Rodotà il 25 aprile è morto,
nella Repubblica nelle mani di Berlusconi, 77 anni, e Napolitano, 88 anni, il 25 aprile è morto,
nei processi mai celebrati allo “statista” Berlusconi il 25 aprile è morto,
nella trattativa Stato – mafia i cui responsabili non sono stati giudicati dopo vent’anni il 25 aprile è morto,
nel milione e mezzo di giovani emigrati in questi anni per mancanza di lavoro il 25 aprile è morto,
nell’indifferenza di troppi italiani che avranno presto un brusco risveglio il 25 aprile è morto.
Oggi evitiamo di parlarne, di celebrarlo, restiamo in silenzio con il rispetto dovuto ai defunti.
Se i partigiani tornassero tra noi si metterebbero a piangere.”

Resistenza… dalle piazze al Quirinale

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“Siamo in giornate di un tempo di crisi ed è venendo in un posto come questo, in generale tutti i luoghi in cui è cominciata la resistenza, che abbiamo molto da imparare sul modo di affrontare i momenti cruciali: coraggio, fermezza e senso dell’unità che furono decisivi per vincere la battaglia della resistenza”. Le parole del rieletto presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,  lanciano un ponte tra uno dei periodi più importanti della Storia italiana e l’attuale “situazione di crisi politica” in cui ristagna il Paese. Sembra però che “il nemico” sia da cercarsi là dove si annidia il potere, una guerra fatta di tattiche con l’unico obbiettivo di racimolare quanto più potere possibile salvo poi la virata alle larghe intese, per spalleggiarsi tra loro per difendere i propri interessi. Il “senso di unità” di cui parla il presidente è forse nell’aut-aut del PdL: o i ministri che indico io oppure al voto il prima possibile? Il Cavaliere poi, imbonitore delle folle, ha affermato a Tgcom24: “Letta? Poco importa chi guiderà questo governo, importante che ci siano un governo e un Parlamento per approvare provvedimenti urgenti; sono molto preoccupato ma, essendo ottimista di natura, continuo ad essere fiducioso e a combattere”… nessuna parola del “ricatto” alla base. Del resto anche il Sel ribadisce la sua posizione al termine della consultazione tenuta stamattina: “Abbiamo spiegato le ragioni della nostra opposizione a quello che si preannuncia essere un governo di larghe intese”, spiega Nichi Vendola mentre sottolinea che esse ”sono la risposta sbagliata al fatto epocale della richiesta di cambiamento”. L’unità, infine, sembra diventata un’utopia anche tra le fila democratiche: il deputato Pd Francesco Boccia lancia una risposta “tra le righe” a Laura Puppato che stamattina aveva affermato di non sentirsela di votare la fiducia davanti determinate presenze PdL nell’esecutivo Letta. “Nessuna minaccia ai colleghi ma ci sono delle regole che vanno rispettate ed e’ chiaro che chi non dovesse votare la fiducia al governo sarebbe fuori dal partito”.

25 aprile: celebrazioni… con stonatura

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Omaggi ai simboli della Resistenza e delle vittime della Seconda Guerra Mondiale in tutta Italia da parte delle massime cariche dello Stato oggi, in occasione delle celebrazioni del 25 aprile. I cortei si svolgeranno nelle principali città italiane con Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, che ha deposto una corona a Porta S. Paolo: “Abbiamo deciso di partire da qui come primo atto del 25 aprile perché quella fu soprattutto una rivolta di popolo”. Ma sembra che le vecchie contrapposizioni non siano destinate a morire: la scritta “Lode ai partigiani”, su un muro del quartiere San Lorenzo, è stata coperta nella notte. L’atto è stato rivendicato dal gruppo di estrema destra Milizia. Le vecchie rivalità, è noto, sono dure a morire, ed ecco che anche la rete fa senitre la sua voce: Letta è pisano? I livornesi insorgono! (Tra i tanti cinguettii anche “Di sicuro i 101 del Quirinale non erano livornesi”). Ma il presidente del Consiglio incaricato non si ferma, neanche per il 25 aprile: ha dato il via alle consultazioni per la formazione del governo. Ad aprire la giornata l’incontro con la delegazione di Sel con i capigruppo del Senato, Loredana De Petris, e della Camera, Gennaro Migliore. Se Sinistra Economia e Libertà dice no alle larghe intese (“sono la risposta sbagliata al fatto epocale della richiesta di cambiamento”), voci perplesse si levano anche dal Pd, con la Puppato che afferma che “Se ci fosse un governo di Letta con Alfano vice premier, alla Giustizia magari Brunetta, la Gelmini all’Istruzione, Schifani all’Interno allora davvero io ho un problema di coscienza… e non lo voto”. Del resto non è l’unica ad avere dubbi, anche Rosy Bindi dichiara che “fare un governissimo a guida Pd è un gravissimo errore politico” mentre da Verona il sindaco Tosi apre una possibilità alla fiducia ma dice no a ministri del Carroccio nel governo. Anche Lupi ha un atteggiamento costruttivo nei confronti del nuovo esecutivo, “Perché nasca il governo noi non poniamo condizioni che non siano quelle dettate da Napolitano nel suo intervento”, in primis “quella della responsabilità”.

 

Uno sguardo alle… empanadas con carne!

La ricetta puoi trovarla QUI!

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Gente di Abasto, Buenos Aires… Carlos Gardel!

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Carlos Gardel sulla scena di… Tango Bar di Jhon Reinhardt

Carlos Gardel sulla scena di… El Tango en Broadway di Louis Gasnier

Carlos Gardel sulla scena di… Esperame di Louis J. Gasnier

Uno sguardo a Buenos Aires… la ruota!

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Uno sguardo a Buenos Aires… Il mercato di Abasto!

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Uno sguardo a… ABASTO, Buenos Aires!

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Uno sguardo a… gli spaghetti con il tonno!

La ricetta puoi trovarla Qui!

spaghetti con il tonno-ricetta

La resistenza di Firenze sulla scena di… Il cielo dei Frazzi

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La resistenza a Firenze sulla scena di… Cronache di poveri amanti di Lizzani

La resistenza a Firenze sulla scena di… Paisà di Roberto Rossellini

Il quarto episodio è dedicato alla resistenza a Firenze.

Gente della resistenza e della costituzione… Teresa Mattei

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Uno sguardo a Firenza… Piazza della Signoria!

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Uno sguardo a Firenze… la Cattedrale!

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Uno sguardo a… FIRENZE!

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Uno sguardo a… il coniglio con i peperoni da slow food!

La ricetta puoi trovarla QUI!coniglio con pomodorini e olive taggiasche (17)

Gente delle Langhe… Carlo Petrini, slow food!

Collegno+Città_Slow+Food_Carlo+Petrini+si+racconta

Le Langhe nelle pagine di… Il mestiere di vivere di Cesare Pavese

mestiere di vivere -pavese

Le Langhe nelle pagine di… La luna e i falò di Cesare Pavese

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Le Langhe nelle pagine di… La casa sulla collina di Cesare Pavese

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Uno sguardo alle Langhe… immerse nei colori!

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