Altre minorenni erano nel “giro” delle baby squillo

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Tanti altri nomi spuntano nell’inchiesta delle baby squillo dei Parioli. Ci sarebbero altre ragazze che erano pronte a entrare nel giro della prostituzione. La rivelazione ha aggravato la posizione di Mirko Ieni, uno dei cinque arrestati dell’inchiesta. E’ emerso così che l’ex barista della Luiss, in veste di improvvisato manager dell’hard, non avrebbe solo affittato l’appartamento ai Parioli per facilitare gli incontri tra i clienti e le due ragazzine che incassavano seicento euro al giorno, ma avrebbe anche cercato di mettere in piedi un mercato selezionato della prostituzione con escort italiane, giovani, meglio se baby.

«Una volta», ha raccontato, «io e la mia amica abbiamo incontrato altre due ragazze che gestiva Ieni. Noi sapevamo quello che facevano e loro di noi». «Ma voglio ribadirlo- ha aggiunto poi l’adolescente – mia madre non sapeva nulla della prostituzione. Pensava che spacciassi. Per un periodo le ho dato cento euro al giorno, ma solo perché era in difficoltà economica. E quando mi spronava a muovermi, come risulta dalle intercettazioni, lo faceva per mandarmi a scuola e non ai Parioli».
«Mi piaceva l’idea di fare tanti soldi e farli in modo rapido e senza faticare troppo», ha sostenuto Agnese davanti al gip Maddalena Cipriani. «Ho visto che la mia amica si poteva permettere tutto. Acquistava vestiti di marca e cellulari di ultima generazione: volevo farlo anche io». «Ai clienti che mi chiedevano l’età dicevo di avere 18, 19 anni. A conoscere la verità credo fosse solo Mirko Ieni. Lui dovrebbe averlo intuito». Con l’incidente probatorio delle due ragazze (Angela, la più grande 16 anni, è stata sentita due giorni prima) si avvia alla chiusura il primo filone di inchiesta sul giro delle baby squillo. Il procuratore aggiunto Maria Monteleone e il sostituto Cristiana Macchiusi potrebbero chiedere il giudizio immediato per i cinque arrestati e per i primi clienti identificati. L’unico indagato che potrebbe uscire di scena è Patrizio Plos. Angela lo ha detto chiaramente: «Lui non era un cliente. Abbiamo avuto una storia. E non ne voglio parlare». E il passaggio di uno spinello e di una dose di coca non erano il pagamento.

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L’incidente probatorio delle baby squillo del Parioli: “Credo Ieni sapesse”

Baby-Squillo-tuttacronacaSono state sentite nell’ambito dell’incidente probatorio, oggi, le due minorenni coinvolte in un giro di prostituzione minorile nel quartiere Parioli, a Roma. Una di loro, rispondendo alle domande del procuratore aggiunto, Maria Monteleone, ha sostenuto: “Credo che Mirko Ieni sapesse che ero minorenne e si serviva di questo per aumentare il numero dei clienti potenzialmente interessati. Guadagnavo molti soldi, anche 5-600 euro al giorno, di cui una piccola parte la giravo a Ieni per l’affitto della stanza”. E ancora, ha spiegato che il suo sfruttatore sarebbe stato, quindi, a conoscenza della giovanissima età e che la conoscenza con lui sarebbe avvenuta tramite un annuncio pubblicato su internet. La ragazza ha aggiunto di aver “iniziato perché aveva voglia di fare molti soldi, per non farmi mancare nulla”. La ragazzina ha ricostruito la vicenda spiegando che un giorno è “andata su Google e ho scritto ‘fare soldi facili’ e poi ho risposto a un annuncio“. Da lì, tramite chat, è arrivato il contatto con il caporalmaggiore dell’esercito Nunzio Pizzacalla e poi con Mirko Ieni. “So che Pizzacalla è venuto due volte a Roma per incontrarmi ma mi sono rifiutata. Ieni invece, sapeva tutto di me anche se alla fine mi ero creata un giro di clienti miei e a lui davo pochi soldi”. La giovane ha spiegato che nel giro di prostituzione dei Parioli non c’erano altre minorenni tranne la sua amica di 16 anni che verrà sentita mercoledì con le stesse tutele davanti al gip Maddalena Cipriani. Anche la madre di quest’ultima, arrestata il 28 ottobre, sarà sentita mercoledì. Repubblica inoltre scrive:

 

L’appartamento di viale Parioli per le baby squillo sarebbe stato messo a disposizione da Ieni, cui è contestata anche la cessione di stupefacenti alle due minorenni, nonché la pubblicizzazione dei servizi offerti, sul sito web bakecaincontri.com. Al commercialista Riccardo Sbarra si contesta, invece, non solo di aver avuto rapporti con le due ragazzine, ma anche di aver detenuto e ceduto materiale pedopornografico. Invece Michael Mario De Quattro deve rispondere di estorsione per aver fatto un video e aver cercato di ricavarci i soldi. Il caporalmaggiore Nunzio Pizzacalla avrebbe indotto le due minori a prostituirsi, procacciando clienti, mantenendo la contabilità ed impartendo disposizioni sulle tariffe.

Avrebbe sfruttato la prostituzione anche di maggiorenni e indotto una delle baby squillo a produrre foto e video in pose sexy per procacciare clienti. Il verbale di una testimonianza resa da una lucciola con diversi anni di esperienza è stato depositato oggi e riscontrerebbe una serie delle ipotesi prospettate dagli inquirenti rispetto al ruolo svolto dai diversi soggetti della vicenda. De Quattro deve rispondere anche della tentata estorsione, per aver cercato di farsi dare 1.500 euro dalla più grande delle due minorenni, dopo aver videoregistrato un incontro “hot” a sua insaputa, dietro la minaccia di diffondere il filmato. Altri tre clienti sono indagati per i rapporti sessuali che avrebbero avuto con le giovanissime escort. Un quarto anche per aver ceduto cocaina alla ragazzina in cambio delle prestazioni.

Scoperto un nuovo giro di prostituzione: c’è anche una minorenne

giro-prostituzione-tuttacronacaE’ stato scoperto a Roma un nuovo giro di prostituzione che vedrebbe coinvolta almeno una ragazzina tra i 15 e i 16 anni. A finire in manette un 55enne, Glauco Guidotti, che fingeva di essere un manager di modelle e, secondo l’accusa, induceva le ragazze a prostituirsi con la promessa di assicurare loro l’accesso al mondo dello spettacolo e della moda. La denuncia di questo giro di prostituzione è partita dalla madre della minorenne che si era accorta che la figlia, improvvisamente, aveva un’eccessiva disponibilità di denaro e difficoltà nei rapporti familiari. Il caso ricorda da vicino quello delle baby squillo del Parioli: anche in quel caso fu la madre di una teenager a far partire l’inchiesta. Ancora, hanno in comune che la ragazzina, o le ragazzine, incontravano i clienti nei quartieri bene di Roma. I contatti avvenivano grazie a un annuncio sul sito Bakecaincontri.

Le tre lettere di Mirko Ieni, lo sfruttatore delle baby squillo dei Parioli

baby-squillo-tuttacronacaMirko Ieni, lo sfruttatore delle baby squillo dei Parioli, scrive dal carcere di Regina Coeli. Si tratta di tre missive nelle quali racconta la sua versione dei fatti e che l’uomo ha indirizzato ai suoi parenti e al ministro della Giustizia Cancellieri, alla quale chiede le stesse attenzioni riservate al caso Ligresti, ritendosi vittima di un’ingiustizia sociale:  “Ancora mi pento e non potevo immaginare tutto questo, che fossero minorenni e così spregiudicate” scrive a caratteri maiuscoli Ieni, riempiendo tre pagine di fogli protocollo.  “Se questa è la punizione per un mio atteggiamento morale asuperficiale, dettato dall’ingenuità, allora preferisco morire di fame”, scrive accorato al Ministro.

“Non è grave prostituirsi”, così la baby squillo

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«Secondo me non è un fatto grave che io e la mia amica ci prostituissimo insieme. Anche se può sembrare strano io la penso così», questo è stato uno dei passaggi chiave della testimonianza resa davanti ai pm di Roma della baby squillo più piccola che poi avrebbe anche ribadito che Mirko Ieni non aveva mai obbligato nessuno. Sempre la baby prostituta dei Parioli ha poi confessato che dopo il primo rapporto sessuale a pagamento si è messa a piangere: «Ho provato – dice la ragazzina – questo incontro. Scandalizzata mi sono messa a piangere…tutte queste cose così….ma che sto a fà eh?». La prima volta era avvenuta infatti con un uomo di 35/40 anni che aveva risposto a uno degli annunci sui siti dedicati a questi incontri:  «Ci è venuto a prendere – dice la minore – questo signore che aveva 35 anni…così..sui 40 anni, non mi ricordo e ci ha portati a casa sua, una persona molto tranquilla, assolutamente». Le due ragazze erano insieme nell’appartamento con il cliente, «perché inizialmente facevamo insieme, perché io c’avevo paura. Cioè insomma non ero abituata. Inizialmente ci pagava e poi cominciammo a fà un po’ così, lei cominciava con un po’ di preliminari e poi io vedevo un po’ come andava fatto l’incontro e piano piano ho imparato pure io».

2 euro e mezzo per il sesso nei bagni della scuola! Questo il post di una 14enne

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Una ragazzina di 14 anni di Como che frequenta un’Istituto professionale ha inviato alcuni messaggi su Facebook per cercare di uscire probabilmente dalla sua emarginazione e dal suo momento di difficoltà. Sul post inviato ai suoi compagni di classe la 14enne scriveva: “Offro sesso a 2,5 euro nei bagni della scuola“. Naturalmente in breve tempo gli stessi compagni di scuola hanno creato una pagina Facebook in cui poi la ragazza è stata umiliata e schernita. Il caso è arrivato all’attenzione dei dirigenti dell’istituto, che hanno confermato il fatto, ma spiegato che i rapporti non sono mai stati consumati. La scuola si è attivata con assemblee, colloqui e uno sportello psicologico. Convocata, la ragazzina, ha spiegato di essere stata costretta a prostituirsi dalla famiglia, ma si pensa piuttosto che cercasse di attirare l’attenzione attraverso l’emulazione di casi come quello delle baby squillo dei Parioli. La ragazzina rimarrà a casa una settimana e la scuola ha chiesto alla polizia postale di chiudere la pagina Facebook incriminata.

Baby squillo, altre minori coinvolte al sud

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Che Paese sta diventando l’Italia? Disoccupazione alle stelle, Pil in caduta libera e l’unico mercato che non conosce la crisi sembra essere quello della criminalità e della prostituzione. Tutti coloro che erano rimasti sorpresi dalle due baby squillo di Roma per l’atteggiamento e le frasi che erano uscite dai verbali, ora dovranno di nuovo stupirsi per la dimensione del fenomeno. Sembrerebbe che quello delle due baby squillo dei Parioli non sia un caso isolato, ma un giro più largo che si sta ricostruendo ora dopo ora grazie ai tabulati telefonici e dai pc degli indagati. Altre minorenni si troverebbero nel Sud d’Italia e quasi tutte avevano a che fare con Riccardo Sbarra, l’uomo finito in carcere il 28 ottobre insieme con gli altri indagati. Ad arrestare il commercialista nella sua abitazione sono stati i carabinieri del Nucleo investigativo di via In Selci, e lui, non appena ha visto i militari, ha lanciato dalla finestra i computer per tentare di distruggere eventuali prove a suo carico. In realtà l’hard disk qualche elemento utile alle indagini lo avrebbe conservato e ora gli esperti dell’Arma stanno scaricando le informazioni che sembrano aggravare la posizione dell’indagato. Davanti al gip che lo ha interrogato subito dopo l’arresto, i suoi avvocati Augusto Mazzeo e Piergiorgio Micalizzi hanno preferito non farlo rispondere. La posizione processuale è sembrata subito parecchio compromessa: tanti gli sms tra Sbarra e le due ragazzine, tante le proposte oscene, seguite da incontri e da denaro sborsato per la prestazione.

Come racconta Il Messaggero:

L’uomo chiedeva sempre di più, cercava incontri a tre. Agnese e Angela erano state a casa sua, spesso insieme. Lo racconta la più grande nel verbale di interrogatorio davanti al pm. «Sono stata da lui un paio di volte – dice – Sapevo che si chiamava Riccardo Sbarra perché l’ho incontrato anche in discoteca durante l’estate. Riccardo ha incontrato una volta anche Agnese. C’ero pure io con lei, è venuta con me a casa sua. Sapeva che io dovevo andare per avere un rapporto sessuale con lui, e siccome lei aveva bisogno di soldi, io le ho detto che poteva averlo pure lei. Eravamo presenti entrambe. In quell’occasione ci ha dato 150 euro complessive». La stessa circostanza viene confermata dall’altra ragazzina.

È sempre Angela, poi, a parlare di Sbarra in toni sprezzanti. Pm: «Lo hai visto in discoteca, ma perché lui lavora lì?. E lei: «E che ne so, è un cretino. Sta ancora lì a ballare, a fare il pischello in discoteca…». Pm: «Perché invece è grande?». Angela replica: «C’avrà trentacinque anni, trenta anni…ce li avrà».
Il gip respinge la richiesta di domiciliari avanzata dai legali e, nel farlo, sottolinea che la reiterazione del reato esiste perché esistono nei confronti di Sbarra «condotte dello stesso tipo di quelle descritte nell’imputazione». Condotte riferibili ad altre minori che l’uomo definiva nei suoi messaggi «lolitine». Rischia quindi di allargarsi ulteriormente il fronte delle indagini. Gli accertamenti puntano ora all’individuazione di queste nuove baby squillo, ma anche di tutti quei clienti che avrebbero avuto rapporti con Angela e Agnese. La loro posizione diventa sempre più delicata dopo che il Tribunale del riesame ha confermato per il commercialista solo il reato previsto dai rapporti sessuali con una minorenne, facendogli decadere l’induzione alla prostituzione e la pedopornografia. E questo potrebbe voler dire che anche gli altri clienti rischiano il carcere.

I clienti delle baby prostitute negano… ma gli sms restano

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Chi sono i clienti delle baby prostitute? Si è già scritto a lungo su questi uomini spesso sposati, disposti anche a far andare le ragazze presso le loro abitazioni, ma nessuno ancora aveva provato a contattarli. C’è chi compone quei numeri, la maggior parte degli indagati naturalmente risulta irraggiungibile, ma c’è invece anche chi risponde e nega. Franco, nome di fantasia, professionista, sposato che quando il cronista si presenta  e gli fa notare che i suoi sms provano i suoi contatti con le minorenni, si dimostra seccato  e archivia la questione con un «Io non vado con le minorenni». Poi esprime il suo fastidio: «E se avesse risposto mia moglie?». Dalle intercettazioni emerge che Franco si era accordato con Marco Ienni: «Chiamalo, 400 euro, voi due insieme», scrive Ienni in un messaggio a una delle due adolescenti. La cronista allora insiste, rigettando le rimostranze del cliente: «Normalmente chi ha una moglie, non dovrebbe andare a prostitute, pur se maggiorenni. E se lo fa se ne assume il rischio…». «E chi l’ha detto ? – rintuzza Franco -. Io ho due ragazze fisse… Ma sono maggiorenni. Queste due non le conosco, non le ho mai viste. Può darsi che abbia telefonato perché c’era il numero sul sito, ma di certo non ci sono andato a letto». Un altro cliente, come si legge su Leggo, in un articolo a firma di Angela Camuso:

Un altro cliente, lo chiameremo Sandro, dice di essere un impiegato, casca dalle nuvole: «Mai incontrate quelle ragazzine». Eppure ci sono i messaggi in cui lei chiede l’appuntamento, quindi scrive il prezzo, 300 euro, per un incontro da lì a 15 minuti… Sandro: «E chi li ha 300 euro? Non lo so, forse ci siamo accordati ma poi non se ne è fatto nulla, perché la ragazza voleva venire a casa mia. Ma io a casa mia non faccio venire sconosciuti…».
Dagli atti emerge che le ragazzine spesso si prestavano a servizi “a domicilio”. Un altro cliente, che chiameremo Mario, è interessato a vedere le due minorenni insieme ma precisa: «Io ho una Smart … Tutte e due, rischiamo di non far niente…». «Veniamo noi da te…» , dice allora una baby squillo. E lui dà l’indirizzo di un quartiere della estrema periferia Sud. Il prezzo pattuito: 400 euro per le due ragazze insieme.

Intanto però arriva anche un’altra sconvolgente verità che è quella delle due protagoniste, in particolare della maggiore delle due che nei verbali ha ammesso che tutto sarebbe iniziato come «un gioco», da una ricerca su Google su come come guadagnare denaro. Ogni giorno, dai 100 ai 400 0 500 euro. Ma «non era un bel gioco andare con gli adulti».

Così sarebbero finite nel giro di prostituzione minorile ai Parioli le due ragazzine romane dei Parioli,secondo quanto si legge nelle 155 pagine di verbali dell’interrogatorio della più grande delle due giovani, 15enne all’epoca dei fatti e indagata con l’accusa di aver indotto l’amica quattordicenne a seguirla. La stessa che sembra voler difendere il suo sfruttatore, cercando di rivendicare come la scelta fosse stata autonoma: «Mimmi (Mirko Ieni, uno degli sfruttatori arrestati. ndr) non lo sapeva che noi eravamo minorenni. Noi gli dicevamo che avevamo 19 anni. Ma non è sfruttamento. Se lo abbiamo fatto non è lui che ci ha costretto, è stata una nostra idea. Lo ripeto e lo ripeterò altre 350 volte se necessario. Non mi ha costretto», ha spiegato la ragazzina. Molti conoscevano l’età delle due ragazzine, tra i clienti, ha chiarito.

 Dalle pagine dell’interrogatorio, secondo quanto riportato dalla Stampa, c’è un mix di false sicurezze, debolezze: «Non sono una vittima», ripete la ragazza, che rivendica al tempo stesso di non essere responsabile di quanto fatto anche dall’amica: «Di sicuro non è colpa mia», ha chiarito. Ma la giovane, si legge sul quotidiano piemontese, è anche capace di non crollare: «Non voglio dire chi mi ha fatto usare la cocaina la prima volta. Dai dettagli dei verbali, emerge però com’è nato tutto: «Volevo essere indipendente e così ho digitato “guadagnare soldi”. Ho mandato una mail. Non ho capito all’inizio di cosa si trattava», ha chiarito la ragazza di fronte al procuratore aggiunto Maria Monteleone. Con pazienza quest’ultima è riuscita a farsi spiegare quanto avveniva nella casa affittata da Ieni. Ma non solo, dato che, come hanno ricostruito gli inquirenti, altri clienti preferivano incontrare le due ragazzine a casa, in macchina o in posti dove speravano di non essere riconosciuti.  Si legge sulla Stampa:

«La ragazzina ammette quello che succedeva in via Parioli 190, in un hotel e a casa di un cliente in piazza Fiume. All’inizio è reticente. «Con la mia amica usciamo insieme, facciamo tutto». Andate in qualche posto particolare? «Corso Trieste, piazza Caprera, Piazza Euclide, viale Parioli. Nei bar». Ma alla domanda specifica su viale Parioli Vanessa risponde: «A casa di un amico, Mimmi». Nega di conoscere il suo vero nome – che poi invece dimostrerà di conoscere – e spiega che gli danno «10 euro quando ci dà la casa» che definisce «scialla, normale». E alla domanda se in quella casa vengono uomini, risponde: «Un paio di volte». Non vuole dire cosa faceva con quegli uomini «le sappiamo queste cose e mo non le devo dire esplicitamente».

L’uomo che fornì alla giovane il primo contatto fu il caporale Nunzio Pizzacalla, un altro degli arrestati. Lo stesso che rispose alla mail inviata dalla più grande delle due giovani. Sul Messaggero si chiariscono i dialoghi tra la ragazzina, il procuratore e la psicologa. Quest’ultima spiega: «Quello che non avevi capito, però è che anche lui ci voleva guadagnare dei soldi». «Sì, ma io non glieli ho mai dati», risponde. Il racconto risulta però spesso lacunoso, più volte – si spiega – tenta di mentire. Anche perché non sa che il pm Cristiana Macchiusi ha interrogato anche l’amica, definita come «quella che aveva più bisogno di soldi». Ha spiegato come l’allora 14enne fosse venuta con lei per vedere «come si faceva»: «A volte le cedevo anche degli uomini. A me i soldi non servivano, lei ne aveva più necessità».  Dal verbale si chiarisce come secondo la ragazza a tradirla sarebbe stato anche Michael De Quattro, l’uomo che si trova ai domiciliari per il tentativo di estorsione, oltre che per essere stato un loro cliente. Le aveva chiesto 1500 euro per non rivelare video compromettenti girati nella casa dei Parioli, quella affittata da Mirko Ieni. Quando le viene chiesto perché lei era in quella casa dice «Per il lavoro di incontrare le persone, per soldi». «Facevate sesso in cambio di soldi?», insiste a chiedere il procuratore. «Sì… Dai 100 ai 400 euro al giorno. Dipende dai giorni, da come andava…», ha ammesso la ragazza.

Come riporta la Stampa, ci sono alcuni passaggi in cui la ragazza si mostra inflessibile: la cocaina e il nome dell’uomo che voleva portare lei e l’amica in barca a Ponza. «No, non voglio rispondere alla domanda su chi per primo mi ha dato la cocaina», ha spiegato, mentre le viene chiesto dello spaccio. Come avevano ricostruito gli inquirenti erano lo stesso Ieni e Marco Galuzzo (l’ultimo ad essere finito nel carcere di Regina Coeli, ndr) a procurare la droga alle ragazze. Tra i luoghi, invece, chiarisce come la vicenda non fosse legata soltanto alla casa dei Parioli: «Individua anche il quartiere periferico di San Basilio e piazza Fiume dove, all’inizio, ha raccontato, andavano a casa dei clienti che ci prendevano con la macchina o con il taxi». E la stessa indagine si allarga sul possibile coinvolgimento di altre cinque ragazzine, sempre a San Basilio.

 

Spuntano altre minorenni nell’indagine dei Parioli!!!

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Ci sarebbero altre ragazze minorenni oltre alle due già individuate nel giro di prostituzione  a Roma, questa almeno sarebbe la pista che starebbero seguendo in queste ore gli investigatori che indagano sulla vicenda. A quanto si è appreso, potrebbe trattarsi di amiche o conoscenti delle due ragazzine già al centro delle indagini. Sono circa 20-30 i clienti finora coinvolti: tutti facoltosi o agiati.

Baby squillo: quant’è diffuso il fenomeno? Parlano i giovani

baby-squillo-tuttacronacaSono stati 3mila i ragazzi delle medie e delle superiori che hanno partecipato a un sondaggio realizzato dal portale Skuola.net che ha portato alla luce quanto sia diffuso il fenomeno delle baby squillo. Tra i giovani, il 15% ha denunciato casi di prostituzione nel loro istituto e, di questi, circa il 30% ha avuto rapporti sessuali con loro. Tra ques’ultimi, il 25% vorrebbe avere altri rapporti. Gli intervistati, quindi, ritengono che i media non stiano ingigantendo il fenomeno: per circa 1 studente su 4, le studentesse che si prostituiscono a scuola sono davvero così tante come dicono tv, giornali e web. Tra gli oltre 500 studenti che hanno dichiarato la presenza di baby-squillo nella propria scuola, il 60% afferma che non si tratta di casi isolati: più di una studentessa chiede soldi, ricariche e capi di abbigliamento in cambio del proprio corpo. Tra i 3mila giovani contattati, il 46% ritiene o che non esista nel suo istituto oppure di non esserne lui a conoscenza,  mentre il 40% circa del campione afferma con certezza che nella propria scuola queste cose non accadono. Ma là dove si è a conoscenza della presenza del fenomeno, un 10% non disdegnerebbe un rapporto sessuale con una baby squillo.

Squarciato il velo sulla prostituzione minorile? Baby squillo alcova al Pigneto

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Vittime di un’organizzazione che voleva solo sfruttarle, renderle schiave e zittirle con i soldi in tasca. Ora i presunti sfruttatori delle ragazzine di 14 e 15 anni sono in carcere ma seguitano a negare le loro responsabilità. La madre della ragazzina di 14 anni si difende e dichiara solo un difficile rapporto con la figlia: «Ho due figli, il loro padre è stato completamente assente dopo la separazione. Non ci ha aiutato in nessun modo. Io ho avuto difficoltà nella gestione dei ragazzi, specie con Andrea (il nome è di fantasia)». Perché il fratello di Agnese, 14 anni, ha dei problemi sin dalla nascita. «Agnese, sin dal IV ginnasio ha cominciato ad avere atteggiamenti aggressivi. Anche per lei avevo chiesto supporto alla Asl Roma B. Agnese si vergognava della nostra condizione economica e diceva di odiare il fratello perché attribuiva a lui l’origine di tutti i nostri problemi economici». E ancora: «Agnese voleva uscire anche durante la settimana non solo il sabato. Avevamo spesso degli alterchi, ho chiamato due volte i carabinieri». Poi la mamma finita in manette ha raccontato al gip come non volesse che sua figlia frequentasse la compagna più grande, quella che secondo la procura l’avrebbe coinvolta nel giro di prostituzione: «Non volevo Angela (il nome è di fantasia) in casa mia, perché è ineducata vestiva in modo non adeguato alla sua età. È sguaiata». Eppure la mamma dell’altra ragazzina, la donna che ha fatto partire l’inchiesta dopo avere trovato i soldi nella borsa di sua figlia e ricevuto lettere anonime, aveva capito che qualcosa non andava. Ai carabinieri ha consegnato 40 pagine di messaggi telefonici e corrispondenza Whatsapp di Angela. E quelle conversazioni lasciano pochi margini ai dubbi. «La mamma di Angela – ha detto a verbale la donna – venne un giorno da me e disse che le ragazze facevano cose strane. Venne d’estate, pensavo si riferisse ai tatuaggi oppure la fatto che bevessero. Agnese mi rassicurò sul fatto che non facevano nulla di strano, mi disse che aveva trovato un lavoretto in un bar. Quando tornava a casa con delle nuove scarpe mi diceva che gliele avevano regalate le amiche perché loro potevano permettersele». Poi replica all’accusa più terribile. Quella di avere preso soldi dalla figlia e di averla indotta a prostituirsi: «Non ho preso soldi da mia figlia. Nulla sapevo di appuntamenti. Non ho saputo gestire questa situazione. Non ho denunciato perché non sapevo con chi aveva a che fare mia figlia e avevo paura per lei. Non sapevo chi dovevo denunciare». Poi conclude: «Bene, sono contenta che è successa questa cosa: la volevo fermare in tutti i modi. La donna fornisce anche il nome dello psicologo della Asl che segue il figlio più piccolo e al quale si era rivolta.

Ma anche Mirko Ieni, uno degli uomini che guadagnava vendendo le due adolescenti, si è difeso: «Io mi prostituisco – a detto Ieni davanti al gip – le cose partivano da Nunzio (Nunzio Pizzacalla, l’altro presunto complice  finito anche lui in manette, ndr), io forse davo una mano. Io mi prostituivo, non ho mai dato la droga alle ragazze». Poi ha tentato di ricostruire: «Le ragazze le ho conosciute in un ambiente notturno, loro facevano tardi la notte. Non sapevo la loro età. La più grande mi aveva detto che si era iscritta all’università. Anch’io mi prostituivo, c’era una complicità amichevole fra tutti quanti. Non ho mai avuto rapporti sessuali con loro, gli lasciavo casa mia perché mi fidavo. Gli lasciavo anche le chiavi. Stavano sempre in giro con il taxi, non ho mai forzato nessuno. Non ho mai minacciato nessuno. Se c’era il discorso da fare insieme prendevo qualcosa. Ma non sapevo che era minore. Eravamo complici, amici, ma non sapevo che erano minorenni. Mettevo gli annunci e rispondevo a ipotetici clienti. Ma era nata una bella amicizia fra noi e non ho mai chiesto una foto alle ragazze, nulla so del materiale pedo-pornografico. Non mi sarei mai permesso».

Ieni non ha potuto smentire però quegli sms riportati nell’ordinanza, in quelle occasioni diceva con chiarezza di volere sfruttare le ragazzine guadagnando fino a 600 euro al giorno: «Se non le sfrutto ora non le sfrutto più».

In una conversazione intercettata dagli investigatori, uno degli arrestati parla con una donna ancora da identificare. I due parlano di case da trovare per poterci fare andare le ragazze, e non solo le minorenni. La sconosciuta dice: «Ci sta pure l’amichetta mia che ha le case, ha uno dell’agenzia che ha un sacco di appartamenti al centro buone per lavorare però non so…». Per gli investigatori è chiaro che la donna sta parlando di cifre da pagare per un appartamento. Dice, «Ho il numero del Pigneto», la cifra è di 40 euro. Alla fine, si legge nell’ordinanza, si capisce che l’uomo concorda l’affitto dell’appartamento. I due si mettono d’accordo sul prezzo. L’uomo ha fretta di avere la casa a disposizione, ne ha bisogno subito. Poi l’uomo si mette d’accordo con le studentesse, dice che passerà a prenderle lui, probabilmente all’uscita da scuola. Le minorenni erano finite in un giro troppo più grande di loro, «volevamo uscirne», hanno detto agli inquirenti, «all’inizio era un gioco, ma poi volevamo starne fuori, però ormai era difficile».

Intanto vengono diffusi i dati sulla prostituzione minorile in Italia: secondo un’indagine qualitativa di Save the Children, nel 2010 il fenomeno dello sfruttamento sessuale dei minori è rimasto nel complesso stabile rispetto all’anno precedente, ma per quanto riguarda i circuiti indoor si è invece registrato un incremento. Secondo le stime, in Italia la baby squillo ha quasi sempre un «volto» straniero: molte minorenni rumene e nigeriane, di età prevalente tra 16 e 18 anni, meno spesso tra 14 e 16 anni. Il sommerso, però, riguarda soprattutto la prostituzione al chiuso (indoor) che rimane sconosciuta e incommensurabile. Come il caso delle baby prostitute romane. Secondo le testimonianze le ragazzine vengono sfruttate sia in appartamenti privati che in locali pubblici, come night club, e centri massaggi. La collocazione al chiuso, tuttavia, rende invisibili anche le persone e le loro condizioni, riducendo le possibilità di intervento degli operatori, di accesso ai servizi e di opportunità di aiuto. Rispetto all’età, l’indagine ha confermato che la maggior parte delle ragazze vittime di sfruttamento sessuale ha un’età compresa tra i 16 e i 18 anni. Tuttavia, in Calabria, nelle Marche e Abruzzo, in Veneto, Campania e Lazio è stata riportata anche la presenza di ragazze tra i 14 e i 16 anni. E proprio in questi casi, difficilmente si prostituiscono in strada. Quasi nessuna, tra l’altro, si dichiara minore, soprattutto durante i primi incontri con gli operatori sociali, probabilmente per paura e in seguito agli ordini ricevuti dagli sfruttatori.

I clienti delle prostitute le aspettavano all’uscita da scuola

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Le compagne di classe delle baby-prostitute avrebbero raccontato che i clienti sarebbero venuti a prendere le ragazze all’uscita da scuola, in uno dei licei classici più prestigiosi della Capitale. Il Corriere della Sera ricostruisce così:

“La fila di microcar arriva fino in fondo alla strada. Ci sono anche quelle in divieto di sosta. A bordo ragazzine che parlano al telefonino e aspettano le amiche all’uscita da scuola. «Ti ricordi? È quella che girava sempre con le minigonne e le magliette scollate…». Il passaparola va avanti da due giorni. E non accenna a fermarsi nemmeno davanti al portone del liceo classico a due passi dal centro, uno degli istituti della Roma bene, qualche mese fa già finito in un’altra indagine. Allora fu bullismo, oggi prostituzione. Le ex compagne di scuola delle due baby squillo nell’occhio del ciclone si ricordano bene di loro. «Appariscenti, si vedeva che amavano mettersi in mostra: vestiti firmati, molto sexy, insomma si notavano», racconta un’alunna del ginnasio. Lei, come le amiche che fanno capannello alla fine delle lezioni, indossa jeans, maglietta e scarpe da ginnastica. «Ecco, erano l’esatto contrario», tiene a sottolineare. «Con noi parlavano poco, era chiaro che avevano dei segreti. Amiche? Beh, forse fino a un certo punto. Poi le cose sono cambiate. Il loro giro era un altro e l’avevamo capito: avevano i soldi, altro che paghette settimanali, e poi le venivano a prendere dei ragazzi molto più grandi». Forse erano clienti.
A 14 anni «un trentenne è un vecchio, qualcuno anche con la barba. Era chiaro che frequentassero gente diversa. Ma fino a questo punto proprio non potevamo immaginarlo — dice un’altra fuggendo via —. Una non la vediamo da un anno, ci hanno detto che ha mollato gli studi. L’altra invece l’hanno iscritta in un’altra scuola, qui vicino. Ma anche lì non è che si veda spesso».
[…] «Sempre truccate, un po’ eccessivo per stare sui banchi. E poi i tatuaggi, il modo di parlare già da grandi, così diverso da noi. Fumavano, questo sì, sempre con la sigaretta in mano. Certo, poverette, per quanto grave quello che è successo non è giusto che siano finite in questo casino».

Ora l’indagine si amplia e si teme che il fenomeno, sviluppatosi tramite internet e WhatsApp, potrebbe essere esteso ad altre regioni italiane e riguardare altre ragazze, anche minorenni come le due baby squillo dei Parioli.

  

Sms shock delle baby prostitute “E’ un brutto panzone ciccione, levagli due piotte”

babysquillo-tuttacronaca-parioliUna madre aveva fatto scattare l’inchiesta a maggio dopo aver scoperto che la figlia si prostituiva e tirava cocaina. I militari mettono sotto controllo i cellulari della 14enne e di un’amica che ha compiuto ieri 16 anni arrivando a scoprire chi frequentano. Tre uomini conosciuti su Facebook: Nuzio Pizzacalla, un militare dell’esercito, Mirko Ieni, giovane disoccupato, e Riccardo Sbarra, un commercialista. Le liceali sanno quello che fanno, mandano foto e video intimi che i loro amici postano in rete. Nonostate i tre non facciano parte di un’organizzazione, secondo le accuse ognuno di loro sfruttava le minorenni procurando i clienti. Mirko Ienni trova un monolocale in affitto ai Parioli. Secondo quanto è emerso dall’inchiesta le ragazze con i soldi guadagnati compravano droga e vestiti. Come ricostruisce il Messaggero,  il quarto uomo finito in carcere è un commerciante di 29 anni, Mario Michael De Quattro, il giovane aveva filmato i suoi incontri con una delle ragazze e pretendeva 1.500 euro per non postare tutto sui siti. Intanto l’indagine prosegue, ci sono altri cinque indagati che giurano che non sapevano di avere rapporti sessuali con due minori, ma per gli inquirenti “scambiare una quattordicenne per una ventenne è inverosimile”. Eppure è quanto il commercialista dichiara, ripetendo che non era a conoscenza che le due ragazzine del Parioli fossero minorenni. Anche la madre di una delle due ragazzine è finita in manette: la barista incitava la figlia ad andare con gli uomini e prendeva una parte dei soldi così guadagnati dalla figlia. Le minorenni avevano caricato le loro foto osè sul sito di annunci Bakeka Incontri e anche su Facebook si lasciavano andare a commenti più espliciti sul sesso e sul tipo di vita che conducevano. Da quanto emerso, le forze dell’ordine hanno intercettato delle comunicazioni tra le due ragazzine e gli uomini. “Mimmi ne abbiamo fatto uno solo”, digita una delle minorenni. “Vi ha dato 300 euro, ok, ci vediamo domani”, risponde Mirko Ieni e aggiunge “Questo vi vuole offrire una vacanza a Cannes di cinque giorni, ho chiesto mille euro al giorno, lui cinquecento, trovate voi una via di mezzo”. E ancora: “Stellina quello con lo Smart di ieri vuole lo stesso trattamento, vieni da me”. Nello scambio di messaggi, le due contrattavano il pagamento: “400” risposta: “sono troppi”. Non solo, venivano indirizzate sui costi della prestazione: “Questo è un brutto panzone ciccione, levagli due piotte”. Poi i rimproveri per i ritardi rispetto agli appuntamenti procacciati: “Ti devi sbrigare, ti fai venire a prendere e vieni qua, altrimenti con me hai chiuso. Micia io ci lavoro con questa roba, siete poco precise: adesso devi farti questo, ha staccato dal lavoro, ci porta duecentocinquanta euro, di cui una piotta e mezza è mia perché la casa la sto pagando io, vieni, te lo fai e te ne vai”. Ma c’è anche dell’altro, Nunzio Pizzicalla ad esempio chiedeva “un po’ di foto sexy, anche con il seno di fuori” e ordina di fargli sapere, a ogni incontro, tempi e soldi della prestazione. Se poi una ragazzina non riusciva a rispettare tutti gli appuntamenti: “Non so se per te è un gioco, ma oggi ti dovevi fare una persona, ti ha chiamata, ma tu stavi dormendo”. Ieni, durante una conversazione telefonica, si è anche vantato della sua “attività”: “Mi fanno guadagnare seicento euro al giorno”.

Ancora mistero sulla morte del ristoratore. Parla il fratello.

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Dopo l’intervista rilasciata dal fratello di Alberto Boi, il ristoratore sardo trovato impiccato ad un albero nel giardino della sua villa, il mistero sulla morte dell’uomo s’infittisce. Una famiglia unita, senza segreti, dove si parlava e i problemi si risolvevano insieme. Sembra proprio che non ci fosse motivo, a parte la separazione dalla moglie, per cui Alberto Boi si potesse levare la vita. Nessuno poteva immaginare un gesto del genere e Olivio, il secondo dei quattro fratelli Boi e proprietario dello storico ristorante Mamutones non riesce proprio a farsi una ragione di questo gesto.

Alberto non aveva dato alcun segno di cedimento? Vi sembrava sereno?

“Prima di tutto, voglio scacciare ogni dubbio. Non si tratta di salute o di depressione. Negli ultimi giorni mio fratello era lo stesso di sempre, il solito gran lavoratore. Non si fermava mai. Anche questa mattina era uscito di casa per tagliare l’erba, controllare l’orto, i due cavalli e le due pecore che aveva in questo piccolo terreno. Per lui quest’aia rappresentava una fuga dalla quotidianità”. Dice Olivio.

Non c’era neanche un’ombra nella vita di Alberto? Il suo gesto non può essere collegato alla chiusura del ristorante di via Metastasio?

“No. Quell’episodio è il classico ago nel pagliaio. Gli affari andavano benissimo. Però, in effetti, c’era qualcosa che non stava andando per il verso giusto. Era nell’aria una separazione con la moglie. L’unico problema, al momento, era questo”.

 Suo fratello era una persona molto legata alla famiglia?

“Tanto. Era lui il primo a organizzare le riunioni con tutti i fratelli durante le festività ed era legatissimo ai suoi due figli. Hanno solo 8 e 10 anni. L’ultimo Natale lo abbiamo passato tutti insieme nel suo ristorante, il Gallura ai Parioli”.

I rapporti tra voi fratelli sono buoni.

I rapporti tra noi non erano buoni, ma ottimi. Siamo arrivati dalla Sardegna 41 anni fa e abbiamo cominciato come lavapiatti. Poi, piano piano, con la massima umiltà e senza mai un litigio, ognuno di noi è riuscito ad aprire il proprio ristorante. Non saremo gente di cultura, ma siamo dei gran lavoratori”.

Non si era mai confessato con qualcuno di voi?

“No, ripeto: il suo gesto è stato tanto tremendo quanto improvviso e imprevedibile. Tra noi non ci sono mai stati segreti. Se mi avesse detto come si sentiva, ci saremmo stretti intorno a lui. Siamo stati sempre una famiglia molto unita”.

Una separazione che forse non riusciva ad accettare o forse qualcosa di cui non aveva messo al corrente la famiglia, la morte di Boi è comunque un suicidio che lascia aperti molti interrogativi.

Ombre sul suicidio del ristoratore romano. Si è impiccato?

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Alberto Boi, 52 anni, a Roma era conosciuto in quanto proprietario di diversi ristoranti sardi tra cui anche il famoso “Gallura” si Parioli e “I due otri” di Corso Francia. Oggi il suo corpo è stato ritrovato appeso ad un albero e inizialmente si è pensato che potesse trattarsi di un suicidio anche perché l’uomo stava per separarsi dalla moglie. Poi i famigliari, sentiti dalla polizia del commissariato di Flaminio, hanno dichiarato che non avrebbe mai manifestato segnali di depressione e sono iniziati i primi dubbi sull’ipotesi del suicidio. Il corpo è stato rinvenuto da un suo amico all’interno del giardino della sua villa in via Bomarzo. Ora la polizia farà altre indagini prima di  archiviare il caso come suicidio, anche perchè la vittima non aveva problemi economici e non ha lasciato nessun biglietto per spiegare il suo gesto.

Notissimo proprietario romano di ristoranti a Roma, s’impicca.

ristorante-gallura-proprietario-impiccato-albero

Un noto ristoratore romano, proprietario di numerosi ristoranti tra cui il «Gallura» ai Parioli, «I due otri» in zona Corso Francia e il «Costa Rei» in centro storico, è stato trovato morto impiccato a un albero nella sua proprietà in zona Due Ponti-Flaminia Nuova.

Ambasciatore liberiano picchiato e rapinato ai Parioli!

ambasciatore, liberiano, tuttacronaca

Rapina nell’appartamento del principe liberiano ai Parioli: l’uomo è stato violentemente picchiato da due malviventi, il bottino è di migliaia di euro. Paura questo pomeriggio attorno alle 16, quando due uomini incappucciati e armati di pistola sono entrati nell’elegante palazzo di via Bruno Buozzi dove risiede l’ambasciatore liberiano Mohammed S.Sheriff, in casa con la moglie e due domestiche. Appena il diplomatico si è accorto dell’intrusione, ha affrontato i due banditi che però lo hanno preso a pugni nello stomaco. Quindi, hanno fatto razzia nell’appartamento: 2500 euro in contanti, gioielli e diamanti.

Poi sono fuggiti a bordo di uno scooter. A chiamare i soccorsi è stato lo stesso ambasciatore Sheriff che ha raccontato agli agenti del commissariato di Villa Glori intervenuti sul posto di aver sentito parlare i ladri in italiano. Sul caso stanno lavorando anche gli uomini della scientifica, che stanno effettuando i rilievi del caso. Da quanto è stato possibile ricostruire, i rapinatori sono entrati dall’ingresso principale utilizzando forse un doppione delle chiavi dell’appartamento.

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