Polemica su “Lady Mafia” è un inno alla criminalità o il nuovo Diabolik?

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E’ scoppiata la polemica su “Lady Mafia”, il primo fumetto, uscito in edicolom con protagonista una donna killer che uccide senza pietà per arrivare a scalare la gerarchia criminale e diventare la boss più temuta sul territorio. Si chiama Veronica De Donato, è una ragazza del sud cresciuta al nord a cui i clan hanno sterminato la famiglia e il suo unico obiettivo è quello di tornare a Foggia e vendicarsi. E’ uscito ieri in edicola e già la critica lo ha accolto a suoni di fanfara definendolo “il Diabolik in gonnella”, ma le associazioni che da sempre lottano contro la criminalità organizzata come l’associazione Libera per il  coordinamento per la cultura della legalità, ha trovato scandalosa l’uscita di un fumetto che inneggi alla mafia, con una protagonista che mira solo a diventare la più potente e rispettata boss della Puglia in uan regione appunto in cui il problema della criminalità è da sempre una piaga sociale contro la quale lottare ogni giorno. Il fumetto è stato boccaito anche dalla Commissione parlamentare antimafia. “Si sfrutta il “fascino” della mafia per un’attività commerciale che di educativo non ha nulla” attacca Libera. “Invitiamo la casa editrice a sospendere la pubblicazione: nel paese di Lea Garofalo e di tante donne che hanno scelto, a prezzo della vita, il coraggio della denuncia, Lady Mafia rappresenta un insulto alle vittime”. “È offensiva verso tutti coloro che non hanno cercato vendetta ma giustizia attraverso lo Stato” insiste Davide Mattiello della Commissione antimafia. “Un giudizio dato senza aver letto il fumetto, in base al titolo” si difende il creatore Pietro Favorito, proprietario della casa editrice Cuore Noir che pubblica la serie. “Ho riflettuto prima di sceglierlo, ma rappresenta una dichiarazione d’intenti: Lady Mafia incarna il male, e dà ribrezzo a chi si avvicina perché fa vedere a quale degenerazione si può arrivare quando la legge non garantisce la giustizia. Anche Diabolik, quando uscì, fu molto contrastato. Ma io nella storia denuncio brutalità come lo stalking, la violenza sulle donne, l’omofobia “

Voi che ne pensate?

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Blitz dei carabinieri e uno dei latitanti si suicida!

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Avevano scoperto, nelle campagne di Lentini, il covo dove Calogero Mignacca, 41 anni, e il fratello Vincenzino, 45 anni, si nascondevano e avevano progettato il blitz. I carabinieri del Gis questa mattina sono andati preparati, ma la sorpresa c’è stata quando il più anziano dei due latitanti si è suicidato davanti alle forze dell’ordine puntandosi la pistola alla tempia e facendo fuoco.  I due avevano sulle spalle sentenze definitive per omicidi, rapine ed estorsioni e dovevano scontare l’ergastolo.

Come in un film è arrivata anche la frase di Angelino Alfano, che si è complimentato con il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Leonardo Gallitelli, per l’intervento dei Gis che ha portato all’individuazione di due latitanti inseriti nell’elenco dei più “pericolosi”. “Si tratta di un altro grande successo della squadra Stato – ha affermato il ministro Alfano – che punta al controllo, in termini di sicurezza, del territorio, intensificando la lotta al crimine organizzato. Ma in questa occasione, se esprimo soddisfazione per l’arresto di uno dei due latitanti – ha concluso Alfano – provo profondo dispiacere per il gesto di disperazione compiuto dall’altro che si è tolto la vita”.

Bombe a Napoli contro i famigliari di un boss

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Avvertimenti, bombe per contro il palazzo dei famigliari del boss Pasquale Pesce in piena notte. Torna così la paura a Pianura, Napoli, dove i clan stanno alzando il tiro. Questa notte sono scoppiate infatti due ordigni rudimentali caricati con oggetti metallici i cui danni sono stati limitati ma che gli inquirenti non hanno dubbi a definire un segnale forte della guerra tra clan che torna. E così ieri sera, intorno alle 20.30, forse in risposta, in via Colantonio Di Fiore le pistole sono tornate a sparare e hanno mirato alle verande di un noto pregiudicato.

 

Pane e camorra, la denuncia dei verdi e di Unipan

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Denuncia inquietante da parte dei Verdi, con il coordinatore Francesco Emilio Borrelli, e del presidente Unipan, ovvero l’Unione panificatori Campani, Mimmo Filosa che hanno fatto emergere la difficile situazione dell’alimentare nel territorio napoletano:

“La camorra dall’inizio della crisi economica ha messo nuovamente e prepotentemente le mani sul mercato alimentare del napoletano e casertano. In particolare stanno proliferando forni abusivi di pane ovunque. Solo tra Napoli e provincia ce ne sono oramai oltre 1500 ed il numero è in crescita – continuano Borrelli e Filosa – Forni in condizioni igienico-sanitarie pericolosissime, che realizzano un prodotto anche tossico: usano gusci di nocciole trattati con agenti chimici e quindi nocivi, se non legni trattati con vernici e solventi tossici. Il problema più grave e che oltre alla filiera totalmente illegale che parte dal forno abusivo e arriva alla vendita illegale per strada spesso ancora nei cofani delle macchine o con bancarelle improvvisate il pane della camorra è arrivato nei supermercati e nei salumieri legali. D’altronde i clan hanno capito che in un momento economicamente drammatico come quello attuale i cittadini possono rinunciare a tutto ma non al cibo. Per questo invochiamo un intervento drastico da parte dello Stato con la istituzione di un tavolo permanente in Prefettura tra Asl, comuni e forze dell’ordine e l’ applicazione della legge regionale sulla tracciabilità del pane”.

Nei prossimi giorni sarà presentato un dossier sui nuovi forni abusivi curato da Verdi e Unipan per mostrare la grave situazione nel Napoletano.

“Cosa nostra” sui set cinematografici, registi in fuga dalla Sicilia

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Persone che non sono in grado di far nulla, che rallentano il lavoro dei professionisti e che fanno innalzare il costo delle produzioni, ma se qualcuno come quell'”attrezzista venuto da Roma” prova a dire che quei collaboratori non sono graditi sul set in quanto incapaci di svolgere il lavoro ecco che a Palermo il furgone degli attrezzi viene svaligiato. “Loro” sono quelli che decidono dove far mangiare la troupe, dove alloggiarla e che acqua si deve bere sul set. “Loro” decidono le comparse, “Loro” decidono dove affittare i mezzi, o si fa come vogliono “Loro” o si rischia!

Nonostante un anno fa abbia fatto scalpore la clamorosa estorsione alla casa cinematografica Magnolia, quarantuno esponenti del clan della Noce sono stati arrestati, la mafia non ha smesso di allungare la sua ombra sul mondo del cinema mentre il numero delle produzioni in Sicilia è in calo: se in Piemonte la Film commission ha finanziato 51 opere, l’Isola l’anno scorso si è fermata a 10.

“Le produzioni cinematografiche hanno ormai abbandonato la Sicilia a causa di attività illecite perpetrate da alcune famiglie mafiose”, denuncia in una lettera un direttore di produzione di Cinisi, Vincenzo Cusumano, che ha scritto al presidente della Regione Rosario Crocetta. La sua lettera è stata firmata da una decina di artisti, da Leo Gullotta a Tony Sperandeo, da Luigi Burruano a Ernesto Maria Ponte. “Chiunque arrivi in Sicilia deve scendere a compromessi  –  denuncia Cusumano che ha lavorato tra gli altri con registi come Marco Tullio Giordana, Ricky Tognazzi e Renato Di Maria  –  tutti lo sanno e nessuno ne parla, mentre la nostra regione rischia di uscire definitivamente dai circuiti cinematografici”.

Come riporta La Repubblica:

“Questo è un grido di dolore e di allarme”, dice Leo Gullotta. I dati non sono confortanti: se nel 2008 in 257 hanno presentato domanda di finanziamento alla Film commission siciliana, nel 2012 le istanze sono state 190. Colpa  –  dicono attori e produttori  –  sia della disorganizzazione che della malavita. “La mafia  –  racconta un addetto ai lavori  –  impone comparse e operai, ma anche le ditte dalla quali rifornirsi per acquistare i materiali che servono ad allestire i set. In cambio assicura il quieto vivere per tutta la durata delle riprese”. Uno scenario drammatico svelato dall’inchiesta che un anno fa ha portato all’arresto di 41 affiliati al clan della Noce che avevano imposto il pizzo anche ai produttori di Magnolia fiction, che nel 2010 stavano girando a Palermo la serie televisiva “Il segreto dell’acqua”, con Riccardo Scamarcio nelle vesti di un vicequestore. In manette sono finiti pure i figli di Enzo Castagna, Tommaso e Gaetano, da trent’anni procacciatore di comparse a Palermo. I due fratelli erano diventati “capogruppo di set”.

La Regione sa che il racket strozza le produzioni e ha varato un protocollo di legalità, intitolandolo a Carlo Alberto Dalla Chiesa: “Chi riceve soldi dalla Film commission si impegna a rendere trasparente ogni subappalto  –  dice l’assessore al Turismo Michela Stancheris  –  pena la revoca del finanziamento”. Per Antonio Piazza, regista di “Salvo” applaudito a Cannes, bisogna scegliere con cura i collaboratori sul territorio: “Nel nostro caso  –  racconta dal Brasile dove sta per uscire il film  –  pur avendo girato in una borgata, l’Arenella, non abbiamo avuto alcuna difficoltà. Ma sono tante le produzioni che hanno paura di venire in Sicilia”. Il regista Giuseppe Tornatore al festival di Taormina aveva già lanciato l’allarme denunciando che la Regione ha perso il treno del cinema: “Le poche produzioni che arrivano nell’Isola stanno qui alcune settimane e vanno via. Perché spesso sono costrette a pagare il pizzo”.

La Film commission, che ha sei dipendenti, serve solo da salvadanaio e peraltro ormai è in grado di distribuire solo spiccioli: se nel 2008 per i finanziamenti c’erano 5 milioni, nel 2012 non sono arrivati a 2. “La Film commission è inutile se non concede servizi  –  denuncia Cusumano  –  le poche produzioni che arrivano in Sicilia non la contattano nemmeno e sono costrette ad affidarsi al territorio con il grosso rischio di illegalità che conosciamo”. Il presidente della Film commission, Pietro Di Miceli, promette il rilancio: “Rendiamola una struttura operativa”.

Arrestato a Dubai, l’ex deputato condannato per mafia

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L’ex deputato Amedeo Matacena, difeso da Franco Coppi (difensore di Silvio Berlusconi per il processo Mediaset) e dall’ex Guardasigilli Alfredo Biondi era stato condannato in via definitiva a giugno scorso. La pena inflittagli era di  a 5 anni e 4 mesi, più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, per concorso esterno in associazione mafiosa. L’ex deputato infatti, secondo quanto accertato dai giudici, favorì la cosca Rosmini. Subito dopo la sentenza si rese irreperibile. Non era rintracciabile né a Roma, né a Reggio Calabria e neppure a Montecarlo dove ha la residenza. Perché poi un politico italiano dovrebbe avere la residenza a Montecarlo? Sicuramente non è l’unico caso, ma almeno pretendere che chi sta al Parlamento o al Governo abbia la residenza in Italia, a meno che non si tratti di un deputato che sia eletto dagli italiani all’estero sembrerebbe il minimo da richiedere.

Dopo la grande fuga… ora è stato arrestato a Dubai!

Dirottato l’aereo del boss mafioso causa maltempo

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E’ stato dirottato, a causa del maltempo, su un’altra regione, anche il volo proveniente dalla Spagna, che sarebbe dovuto atterrare nella Capitale, con a bordo il boss Vincenzo Triassi, ritenuto legato al clan agrigentino dei Cuntrera-Caruana. Triassi, è stato estradato in relazione a un ordine di cattura del 26 luglio scorso nell’ambito dell’inchiesta della procura di Roma sfociata in oltre 50 arresti per traffico di stupefacenti, usura ed estorsioni compiuti per diversi anni sul litorale romano con l’aggravante di tipo mafioso.

Le vacanze del boss: arrestato mentre era in ferie con la compagna

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Michele Di Nardo, 34 anni, ritenuto l’attuale capo del clan camorristico dei Mallardo, ricercato dal 2012 in tutta Europa, è stato catturato dai carabinieri, mentre era seduto in un bar a Palinuro, in provincia di Salerno.  Di Nardo, in vacanza con la sua compagna, era inserito nella lista dei latitanti pericolosi ed era ricercato dalle forze dell’ordine per due ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse nell’aprile 2012 e nello scorso luglio per associazione di tipo mafioso ed estorsione.

La mafia a tavola e cibo in mano ai clan, Legambiente lancia l’allarme.

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Il nostro cibo sta subendo un attacco? Legambiente lancia l’allarme in occasione di “festambiente”, a Rispescia, Grosseto. Sarebbero circa 11 i reati al giorno che si consumano e oltre 3.000 denunce o arresti. Basta vedere il valore dei beni sequestrati che supera i 672 milioni di euro  per un giro d’affari gestito da 27 clan criminali. A tavola, “è seduto il gotha delle mafie: dai Gambino ai Casalesi, a Matteo Messina Denaro”. D’altra parte numerosi libri sono stati scritti sul fenomeno e molti articoli hanno da tempo riportato la notizia. Quello che spaventa è che il fenomeno non si argina, anno dopo anno arriva una nuova denuncia, ma il giro di affari continua.

Una focacceria contro la mafia che dilaga a Roma

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Ne parla il New York Times (forse argomento scomodo da trattare per i giornali italiani?) di uno dei simboli che ha Roma è nato per la lotta alla mafia e per arginare il “controllo” del territorio. , L’Antica Focacceria San Francesco, aperta nel 2012, rappresenta un simbolo contro il dilagare sempre più allarmante di Cosa Nostra nella capitale. Alcuni mesi fa era stato Giorgio Santacroce, presidente della Corte d’Appello romana, a denunciare come “le organizzazioni criminali mafiose avessero acquisito, anche a prezzi fuori mercato, immobili, società ed esercizi commerciali nei quali impiegano risorse economiche di provenienza delittuosa”.

L’ l’Antica Focacceria San Francesco, di proprietà dell’imprenditore Vincenzo Conticello, è nota proprio per il suo proprietario che nel 2006 divenne protagonista delle cronache locali e nazionali per essersi rifiutato di pagare il pizzo e denunciando i propri estorsori, affermando che a Palermo più del 75% dei negozi pagavano per non incorrere in ritorsioni. Conticello ora è costretto a vivere sotto scorta.  

Fu anche vittima di numerose intimidazioni: le macchine dei suoi clienti venivano danneggiate, la merce rubata, ma Conticello non si è arreso. Le sue continue segnalazioni alla polizia hanno dato avvio all’indagine che ha permesso, quattro mesi e mezzo più tardi, di arrestare il boss che gestiva le attività di estorsione a Palermo. Più tardi denunciò di aver subito richieste di pizzo anche a Roma.

Lui si rifiuta categoricamente di pagare le organizzazioni criminali e coraggiosamente acquista il caffè e i suoi prodotti soltanto da imprenditori antimafia, ovvero altri colleghi che si sono rifiutati di piegarsi alla mafia. “E’ possibile acquistare i prodotti di Libera Terra  – afferma – anche nel centro di Roma, alla ‘Bottega dei Sapori e dei Saperi della Legalità’, un negozio dedicato alla memoria di Pio La Torre, il parlamentare siciliano ucciso dalla mafia nel 1982″.

Pasta, marmellate, vino, olio: tutti i prodotti venduti sono stati coltivati ​​sui terreni confiscati alle mafie in tutta Italia, dalla Sicilia al Piemonte. ”So che molti preferiscono pagare il pizzo”, ha spiegato Conticello al Nyt, sottolineando come, accettando, si diventi “schiavi della criminalità”: “Rifiutarsi di pagare il pizzo dovrebbe essere un gesto normale”, incalza.

Speriamo che diventi davvero un esempio oltre che un simbolo per altri imprenditori che vogliano denunciare i propri estorsori, anche se, in un paese su cui giace l’ombra di probabile accordo Stato- mafia, e di un governo che non mette, in tempo di crisi, tra le sue priorità la lotta alle organizzazioni criminali, che potrebbero far recuperare risorse, sembra davvero utopico sperare in un ravvedimento, ma i miracoli possono sempre accadere! 

La nostra istruzione è corrotta? Ombre all’Università di Messina

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Dopo il caso del diplomificio ora arriva un’altra storia di corruzione all’interno del nostro sistema educativo.

La direzione investigativa antimafia di Catania ha eseguito ordinanze cautelare nei confronti di sei persone indagate nell’ambito di un’inchiesta su esami “facili” all’università di Messina. Sembrerebbe che ci fosse una vera e propria organizzazione che influenzava le prove di ammissione alle facoltà a numero chiuso e agli esami universitari. Il vertice del gruppo probabilmente era in mano a un calabrese che potrebbe aver avuto legami con gli esponenti della ‘ndrangheta locale.

Gli arrestati nell’operazione ”Campus” della Dia a Messina sono: Antonio Domenico Montagnese, 50 anni, che era stato indagato nell’ambito dell’operazione denominata ”Panta Rei” condotta nel contesto delle indagini svolte sull’omicidio del prof. Matteo Bottari, Marcello Caratozzolo, di 47, docente di Statistica e matematica nell’ateneo messinese, Santo Rando Galati, detto Dino, 57 anni, ex consigliere provinciale a Messina, accusati di di associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso finalizzata alla corruzione, al traffico illecito di influenze, al millantato credito, al voto di scambio e ad altri delitti con la pubblica amministrazione; Salvatore D’Arrigo, 59 anni, accusato di tentata estorsione continuata ed aggravata dal metodo mafioso.

Altre due persone indagate sono state sottoposte all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Montagnese è anche accusato di usura, e tentativo di estorsione continuata ed aggravata dal metodo mafioso insieme agli altri tre arrestati. Montagnese e D’Arrigo sono stati portati in carcere gli altri due sono stati posti ai domiciliari.

”Se tu ti vuoi prendere gli esami senza fare un cazzo.. e..senza problemi, allora bisogna andare praticamente a minacciare…non c’e’ niente da fare è così…è questo il sistema… quello si caca di sotto è tutto la il discorso…bisogna andare a minacciare…bisogna andare a minacciare e saperlo fare…perche’ se no, sei fottuto”. E’ uno dei dialoghi intercettati della Dia di Antonio Montagnese. ”E poi c’è il metodo Caratozzolo…. – continua Montagnese – Caratozzolo và.. dice: ‘questo e’ un amico..un..cosa..vediamo che possiamo fare.. parapì..parapù”.

”Il consistente e variegato tessuto relazionale nel quale l’organizzazione criminale ha potuto progettare i propri ambiti di operativita’ – dicono gli investigatori – è connotato da autorevoli nomi di docenti, che il sodalizio ha ritenuto a disposizione per attuare una vera e propria modalità di azione attraverso i seguenti metodi: ‘avvicinamento’ dei docenti; corruzione anche mediante piccole regalie in grado di ‘ammorbidire’ l’atteggiamento di quei docenti più esigenti ma parimenti sensibili alla ‘premura’; minaccia dei docenti, conseguendo l’effetto di una vera e propria intimidazione in grado di garantire il risultato finale del superamento dell’esame, qualora le condizioni (i rapporti con il docente interessato, ovvero la scarsa preparazione del candidato) non consentissero di procedere mediante un piu’ cauto ‘avvicinamento’ e suggerissero un’azione decisa e risolutoria”.

Aggiornamento 21 luglio 2013

Riportiamo il commento dell’avvocato Decimo Lo Presti, che ci ha contattati oggi.

Egregio signor direttore, ho assistito il cav. Santo Galati Rando detto Dino nell’ambito dell’operazione c.d “campus”, in seno alla quale il mio assistito ha dovuto rispondere di una ipotesi di associazione per delinquere finalizzata al compimento di vari reati fine. L’avere tale ipotesi accusatoria non superato il vaglio del Tribunale della libertà’ depone certamente nel senso della natura ‘garibaldina’ di tale contestazione. Sono certo che a fronte del clamore suscitato dall’operarazione de qua, si vorrà riconoscere analogo spazio mediatico alla notizia del l’annullamento del capo di incolpazione, di cui all’art. 416 c.p. Analogamente non ci si può’ esimere dal considerare quanto avventate ed inopportune siano state le manifestazioni di “plauso” che a vario titolo autorevoli esponenti delle istituzioni, financo il signor Ministro della repubblica, hanno ritenuto di manifestare a fronte di un’attività’ gravemente ed infondatamente invasiva della libertà’ di un nostro concittadino.
Tali considerazioni dovrebbero indurre tutti noi a riflettere sulla opportunità’ di meglio regolamentare lo svolgimento dell’attività giudiziaria, che proprio perché espressione di un potere dello stato può essere gravemente invasiva in prospetto a diritti del singolo, quali la libertà personale e la dignità umana, in prospetto ai quali dovrebbero certamente effettuare valutazioni di opportunità’ più’ approfondite alla luce dei valori in gioco.

Avv. Decimo Lo Presti

Ritirato il “palazzo di Jabba” di Star Wars

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La Lego, storica azienda danese di giocattoli, ha deciso di ritirare dalla produzione il “Palazzo di Jabba”, dopo le proteste sollevate dalla comunità islamica austriaca che riteneva offensivo il prodotto. La polemica era nata a gennaio, dopo che un padre austriaco di fede islamica aveva scoperto come sua sorella avesse regalato il prodotto al figlio. Il gioco, rivolto a bambini di età compresa tra i 9 e i 14 anni, era stato così accusato di essere anti-islamico. Il personaggio protagonita del giocattolo, “Jabba the Hutt” viveva nella sua tana intergalattica, una cupola orientale dotata di razzi e mitragliatrici molto simile a una moschea. E si mostrava anche la Principessa Leia in catene, come sua schiava personale.

La Lego non aveva acconsentito al ritiro del gioco perché riteneva di aver immesso sul mercato solo la riproduzione del palazzo del film, quindi nessuna allusione all’Islam.

Poi, la società costruttrice del gioco ha cambiato idea: a partire dal 2014, il prodotto verrà ritirato. La decisione è arrivata dopo un incontro a Monaco di Baviera tra i leader della comunità turca e alcuni dirigenti della Lego.

Conte apre le porte all’Inter?

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Alla vigilia della partita con l’Inter, Antonio Conte non si preclude alcun futuro e lascia aperte le strade anche per altre squadre italiane.

«Sono l’allenatore della Juve e il suo primo tifoso – ha detto il tecnico bianconero nella conferenza stampa di stamane a Vinovo – ma sono soprattutto un professionista, ma il giorno in cui dovessi lavorare per l’Inter, come per il Milan o la Roma o la Lazio ne diventerei allo stesso modo il primo tifoso e farei di tutto per vincere. Forse qualcuno questo non l’ha capito, oppure fa gioco insistere sul mio tifo per la Juve per rendermi ancora più odioso agli altri. Ma deve essere chiaro che io sono un professionista»

La bibita killer!

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Le bibite  zuccherate a base di soda, le bevande sportive o energy drink e i succhi di frutta dolci sono responsabili ogni anno nel mondo della morte di 180.000 persone, 500 al giorno. A stimarlo è una ricerca presenta dall’Harvard School of Public Health di Boston alla conferenza annuale dell’American Heart Association dedicata alla nutrizione e alle malattie metaboliche. “Questa tipologia di prodotti consumati in tutto il mondo contribuiscono all’eccesso di peso, una delle cause dell’aumento del rischio di sviluppare patologie croniche come il diabete, le malattie cardiovascolari e alcuni tipi di cancro”, spiegano i ricercatori della Harvard School of Public Health di Boston.

Lo studio, esaminando precedenti ricerche, ha collegato l’assunzione di bevande zuccherate a 133.000 decessi per diabete, 44.000 per malattie cardiovascolari e 6.000 per le neoplasie. Il 78% di queste morti sono avvenute in Paesi dove la popolazione ha redditi medio-bassi, piuttosto che in quelli più ricchi. “La nostra ricerca – avvertono gli scienziati – mostra che negli Stati Uniti, circa 25.000 decessi nel 2010 sono collegati a questo tipo di bevande zuccherate”. L’American Heart Association raccomanda di consumare non più di 450 calorie a settimana provenienti dalle bevande zuccherate, sulla base però di una dieta di 2.000 calorie.

I ricercatori hanno calcolato i quantitativi di zucchero e dolcificanti assunti dalla popolazione mondiale grazie alle bibite. Raggruppando i risultati per età e sesso, ma anche effetti sull’obesità e il diabete, e decessi correlati. Ebbene su nove regioni del pianeta nel 2010 la zona America Latina-Caraibi ha registrato il maggior numero di morti per diabete (38.000) legato proprio al consumo di bevande zuccherate. Mentre l’Asia ha il maggior numero di decessi per patologie cardiovascolari (11.000). Tra i 15 Paesi più popolosi del mondo, il Messico ha il più alto consumo pro-capite di bevande zuccherate e il tasso più alto di decessi: 318 morti per milione di adulti legate all’assunzione di bevande dolci. Mentre il Giappone, uno dei Paesi con il più basso consumo pro-capite di bevande zuccherate del mondo, ha anche fatto registrare il più basso tasso di mortalità associato con il consumo di queste bibite: circa 10 decessi per milione di adulti.

Un problema quello delle bevande zuccherate che risulta dannoso soprattutto per i bambini. Fra i ragazzini che le consumano, le bibite di questo tipo sono la prima causa di un apporto calorico troppo alto. A dirlo uno studio della University of North Carolina di Chapel Hill pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine. Inoltre, il consumo di bibite come la soda dolcificata, i drink alla frutta e gli energy drink, e’ associato anche con un piu’ alto consumo di cibi poco sani. Gli scienziati hanno esaminato i dati provenienti dal 2003-2010 What We Eat in America e daiNational Health and Nutrition Examination Surveys: i ricercatori hanno esaminato campioni provenienti da 10.955 bambini fra i 2 e gli 8 anni. Le bibite zuccherate sono le principali cause del maggior apporto calorico fra i bambini di 1-5 anni e quelli fra 6 e 11 anni.
Negli Stati Uniti il consumo di bevande zuccherate è molto diffusa. E’ recente l’ultima notizia nel braccio di ferro fra autorità e produttori sul consumo di questi prodotti. Pochi giorni fa è stato infatti bloccato a poche ore dalla sua entrata in vigore, lo stop alla vendita di bibite ad alto contenuto zuccherino in contenitori più grandi di 16 once (poco meno di mezzo litro) nella città di New York. A deciderlo è stato il giudice della corte suprema a Manhattan Milton Tingling  Junior, che ha revocato il divieto voluto dal sindaco della città Michael Bloomberg. Il primo cittadino ha annunciato che presenterà ricorso.

Crisi per Cosa nostra… arriva la speding review mafiosa!

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Aria di crisi anche per Cosa nostra. I primi tagli sono scattati sugli stipendi mensili corrisposti ai familiari dei mafiosi detenuti. Ed è subito scoppiata la protesta: sono le donne a chiedere conto dell’ultima spending review del crimine, che non colpisce gli stipendi dei capimafia, ma quelli dei picciotti, ovvero i soldati delle cosche. Ecco l’ultimo racconto che emerge dal ventre di Cosa nostra palermitana: a raccoglierlo sono state le microspie della sezione criminalità organizzata della squadra mobile, che con la Procura antimafia ha condotto un’indagine sul clan della Noce, uno dei quartieri del centro città. Questa mattina, sei persone sono finite in manette: fra loro c’è l’ultimo capomafia nominato sul campo, è Renzo Lo Nigro, 41 anni. Era entrato in carica a ottobre, all’indomani di un altro blitz della polizia, che aveva decapitato il clan della Noce, con 41 arresti. Ma Cosa nostra è come un’azienda, ha una fortissima capacità di ricambio del management. Così, Lo Nigro non aveva perso tempo, prendendo subito la gestione del racket fra i negozi del centro città. Per fortuna, il blitz di ottobre non è stato vano. Le indagini coordinate dai sostituti procuratori Francesco Del Bene, Lia Sava e Gianluca De Leo hanno davvero messo in ginocchio l’azienda Cosa nostra, ridando soprattutto fiducia ai commercianti palermitani. Qualcuno si è anche opposto alle nuove richieste di pizzo. Ecco perché poi Lo Nigro si è trovato a dover fare tagli sulla gestione dei fondi in cassa. Ed è scoppiata la protesta di alcune donne di mafia.
“Deve campare a me, deve campare a mio marito  –  diceva la moglie di un boss arrestato nell’ultimo blitz a un’amica, anche lei nelle stesse condizioni  –  deve campare i miei figli. Novembre, dicembre, gennaio, e poi non si è visto più nessuno. Non è giusto che abbandoni mio marito”. Non era solo un sfogo questo. La donna contava di fare arrivare le lamentele al nuovo vertice mafioso rappresentato da Renzo Lo Nigro.
Con Lo Nigro sono stati arrestati due suoi stretti collaboratori, Girolamo Albanese e Mario Di Cristina. Altri tre sono accusati di un traffico di droga: Vincenzo Cosenza, Alessandro Longo, Giorgio Stassi. Un quarto è ricercato. Cosa nostra ha ormai deciso di gestire direttamente il traffico di droga, non più delegando ai trafficanti di professione. Il nuovo business è la cocaina, che non è più la droga dei ricchi, ma ha un mercato di spaccio vario. I boss della Noce la vendevano a 55-60 euro a grammo.

Le fiamme della città della scienza arrivano fino a Santo Domingo!

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«Quelle fiamme le ho viste, anche se ero al telefono da Santo Domingo, dove mi trovo. E mi  hanno fatto davvero male». Il cantautore Edoardo Bennato rappresenta l’anima di Bagnoli, ex quartiere operaio dell’Italsider, che da anni sembra abbandonato ad un destino beffardo. Un amico gli ha descritto nottetempo lo scempio del rogo.
Città della Scienza rasa al suolo da chi non vuole il riscatto di Napoli?
«Ma stavolta il popolo deve ribellarsi, deve gridare la propria indignazione, ricostruire con le proprie mani».
Nelle sue canzoni la voglia di cambiare non manca…
«Combatto l’immobilismo, l’indifferenza. La cultura è l’unica arma, l’unica speranza».
Il brano ”Per noi” è stato interamente girato a Città della Scienza. Solo un caso?
«Nient’affatto. Quella location era fantastica, raccontava un’altra Napoli. Forse un’altra Italia. Il testo dice: “Per noi, volenti o nolenti, che anche in questo momento ci stiamo muovendo…“. Ecco, ora bisogna muoversi, dire di no a chi disegna sempre il solito destino».
Che differenza c’è tra la Bagnoli delle prime canzoni di Bennato e quella che ieri ha assistito al rogo?
«Quasi nessuna. Forse con l’Italsider c’era almeno il lavoro. Malsano, ma lavoro. Bagnoli resta una terra di nessuno».
Eppure sul web c’è già un video amatoriale con le fiamme ed una sua canzone: “Dint ’a sta città nun se salva nisciun”…
«Era una denuncia per scuotere le coscienze. Ci salveremo solo con la cultura».

QUESTE PAROLE ARRIVANO MENTRE E’ SEMPRE PIU’ CHIARO CHE IL ROGO E’ D’ORIGINE DOLOSA!!!

Agricoltori uccisi! doppio omicidio a nuoro e uno nel messinese

Loculi (NU): Giuseppe Ruiu e Pietro Scanu, di 50 anni, sono stati uccisi con alcuni colpi di fucile questa mattina, dopo le 7, nelle campagne del paese.

Montalbano (ME): E’ stato ucciso ieri sera, con un colpo di fucile sparato da distanza ravvicinata, il pastore Nicola Di Stefano, 23 anni. Era il figlioccio di un boss, Tindaro Calabrese.  1433030_8026589_i

5 mln! Confiscati a cosca mafiosa nel regginese

 

Tra i beni confiscati alla cosca dei Gioffre’ di Seminara (Reggio Calabria) ci sono aziende agricole, terreni e fabbricati!

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A Napoli si spara e si uccide. Un morto e un ferito a Ponticelli

Ucciso 20enne e ferito gravemente un 19enne. ponticelli-sillumina-di-meno-001

35 arresti per estorsioni a imprenditori a Torre del Greco.

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Cancellieri: “sul fronte dell’ndrangheta stiamo lavorando bene

”Se si scoprono le infiltrazioni significa che si lavora, che c’e’ qualcuno che lavora bene e che l’apparato funziona”. E riguardo Tizian aggiunge ‘L’ho incontrato mesi fa credo sarà contento degli arresti”

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Leggi articolo precedente.

Padre e figlia arrestati! Erano imprenditori collusi con una cosca mafiosa.

 

Giuseppe Crocè e la figlia Barbara, sono stati arrestati  per collusioni con la cosca Tegano.Gestivano un cartello per imporre la fornitura di beni e servizi a società “pulite”. BeFunky_ViewFinder_3d

‘Ndragheta: annullate 110 condanne per vizio di forma

BENVENUTI IN ITALIA!

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Bomba a casa del cognato… regolamento di conti per gli arresti di questa mattina

Arresti a Lametia Terme e a seguire bomba davanti la casa di un pentito. Un gesto dimostrativo, che ha procurato pochi danni, ma messo in allarme la famiglia Torcasio. Angelo Torcasio ex affiliato al clan Giampà è ora un collaboratore di giustizia.

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Arresti a Lamezia Terme, 4 esponenti della ‘ndrangheta locale

Affiliati alla cosca Giampà sarebbero anche autori di un duplice tentato omicidio avvenuto nel 2011.

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“Cosa nostra ha perso peso”, lo dice Pisanu

Piatti vuoti?

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I tedeschi chiedono l’istituzione del reato di mafia

Lo ha chiesto il presidente della polizia federale tedesca Joerg Ziercke motivando così la sua richiesta “l codice penale italiano comprende il reato di associazione mafiosa, e’ indispensabile che anche quello tedesco lo comprenda.La metà dei gruppi criminali identificati in Germania appartengono alla ‘ndrangheta. E’ il maggior gruppo criminale sin dagli anni ’80”.

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Infiltrazioni mafiose nella giunta si dimette il sindaco di Vallecrosia.

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La ‘ndragheta uccide un sorvegliato speciale: Domenico Rodà

E’ stato freddato con sette colpi di fucile mentre stava tornando a casa sulla sua ape.

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Regolamento di conti… agguato camorristico a Napoli

2 uomini versano in gravi condizioni e sono stati ricoverati al Cardarelli.

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7 arresti a Scampia, duro colpo alla faida

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Sequestri di Natale a cosche mafiose, 35 mln nel casertano

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Colpo alla mafia: 6 arresti nella cosca Schiavone, affiliata ai Casalesi

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