In occasione del 50° anniversario della tragedia del Vajont, il Premier Letta si è recato nel Bellunese, in visita ai luoghi della memoria, come il cimitero monumentale di Fortogna, vicino a Longarone, dove si trovano le lapidi delle 1910 vittime della tragedia. “Dobbiamo cambiare la filosofia dell’emergenza. Non è possibile che nel nostro Paese ci siano emergenze in cui i cittadini siano di serie A e di serie B a seconda del peso politico dei territori. I nostri cittadini sono tutti di serie A.” E visto che abbiamo il dovere di guardare alla Storia per imparare, ha aggiunto: “Nella legge di stabilità ci sarà una norma che stanzierà quei 50 milioni di euro che sono frutto della vendita degli aerei di Stato per la Protezione civile. E’ questo uno degli aspetti sui quali dobbiamo spingere”. Enrico Letta ha anche citato il Presidente Napolitano, che il 9 ottobre aveva ricordato come il Vajont non fu una classica fatalità, ma la conseguenza di drammatiche colpe umane, di cui non vanno taciute le responsabilità, aggiungendo che “è così che le Istituzioni si devono comportare oggi 50 anni dopo il Vajont. Perchè delle contraddizioni devono farsi carico”. E ancora: ”E’ importante celebrare i 50 anni del Vajont soprattutto per le importanti contraddizioni che questa storia ci ha consegnato: Mancanza dello Stato, mancanze pesanti del nostro sistema e, Oggi, una nuova attenzione rispetto al territorio e alla sicurezza dei cittadini”. Ma le parole del Premier ricalcano anche quelle di Franco Gabrielli: “Bisogna lavorare – ha aggiunto – perche’ il tema del dissesto idrogeologico trovi risposte, perchè le trovi la montagna, perchè le trovi il nostro territorio reso meno fragile con regole giuste ed un uso del suolo diverso rispetto al passato”. Rispondendo ai cronisti sulle istanze di autogoverno provenienti dai territori in montagna, il premier ha detto che “il tema dell’autogoverno e della specificità della montagna lo considero essenziale, ed è una delle questioni dell’agenda”.
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Il Premier ricorda la tragedia del Vajont: mai più cittadini di serie A e B
Pubblicato da tdy22 in ottobre 12, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/10/12/il-premier-ricorda-la-tragedia-del-vajont-mai-piu-cittadini-di-serie-a-e-b/
Disastro del Vajont, nel 50° anniversario della tragedia, il video inedito
Erano le 22.39 del 9 ottobre 1963 quando un’onda dell’altezza di 300 metri, provocata da una frana del monte Toc precipitata nel bacino idrico della diga del Vajont, spazzò via il paese di Longarone, nel Bellunese. In occasione del 50° anniversario di quella strage Massimo Da Vià ha postato in Facebook un filmato ancora inedito di quei giorni. A far le riprese il padre Zoilo, residente in un paese poco distante. Nel gilmato si possono osservare le prime ore del giorno successivo all’esondazione, il 10 ottobre, quando all’alba giunsero i soccorsi. Quello che appare è una landa desolata, una vallata ricoperta di fango su cui si aggirano le prime squadre di soccorso che scavano in cerca di sopravvissuti. Tra di loro, come fantasmi, scivolano i superstiti, spersi in quella terra che era la loro ma non riescono più a riconoscere, immersi nel dolore della perdita. Da Vià ha scritto il seguente commento al video: “La mattina presto di un 10 ottobre di 50 anni fa mio padre prese una cinepresa super8 dal negozio e, in lambretta con un suo amico, da Domegge, raggiunsero Longarone. Nella notte era successo qualcosa, c’era stato un grande tuono e rumore di sirene ed elicotteri… forse le prime immagini, o tra le prime o chissenefrega… Vorremmo fossero le ultime”.
Pubblicato da tdy22 in ottobre 9, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/10/09/disastro-del-vajont-nel-50-anniversario-della-tragedia-il-video-inedito/
Giorgio Napolitano: il disastro del Vajont “conseguenza di precise colpe umane”
50 anni fa un’enorme frana sul monte Toc, sopra Longarone, nel Bellunese, precipitata nell’invaso artificiale della diga del Vajont fece fuoriuscire un’ondata d’acqua che, riversandosi a valle, spazzò via case e spezzò la vita a 1910 persone. Alcuni giorni fa Francesca Chiarelli, figlia di un noto notaio del paese distrutto quella tragica notte, ricordava la battaglia del padre per far conoscere la verità che lui conosceva: sarebbe stata la stessa SADE, all’epoca proprietaria della diga, a provocare la frana, non avendo previsto quello che sarebbe accaduto. Oggi, nel giorno dell’anniversario della tragedia che già all’epoca era stata prevista dai geologi perchè la zona era ritenuta inadatta alla costruzione, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha diffuso un messaggio per ricordare come il disastro non fu una fatalità, ma un errore umano. Tra chi parlava di questo rischio, anche la giornalista Tina Merlin.
“La memoria – scrive Napolitano – del disastro che il 9 ottobre 1963 sconvolse l’area del Vajont suscita sempre una profonda emozione per l’immane tragedia che segnò le popolazioni con inconsolabili lutti e dure sofferenze. Il ricordo delle quasi duemila vittime e della devastazione di un territorio stravolto nel suo assetto naturale e sociale induce, a cinquant’anni di distanza, a ribadire che quell’evento non fu una tragica, inevitabile fatalità, ma drammatica conseguenza di precise colpe umane, che vanno denunciate e di cui non possono sottacersi le responsabilità”. E riprende: “È con questo spirito che il Parlamento italiano ha scelto la data del 9 ottobre quale ‘Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall’incuria dell’uomo, riaffermando così che è dovere fondamentale delle istituzioni pubbliche operare, con l’attivo coinvolgimento della comunità scientifica e degli operatori privati, per la tutela, la cura e la valorizzazione del territorio, cui va affiancata una costante e puntuale azione di vigilanza e di controllo”. E ancora: “Nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario del disastro, desidero rendere omaggio alla memoria di quanti hanno perso la vita, alla tenacia di coloro che ne hanno mantenuto fermo il ricordo e che si sono impegnati nella ricostruzione delle comunità così terribilmente ferite e rinnovare, a nome dell’intera nazione, sentimenti di partecipe vicinanza a chi ancora soffre”, scrive ancora il capo dello Stato. “Desidero, inoltre, esprimere – conclude – profonda riconoscenza a quanti, in condizioni di grave rischio personale, si sono prodigati, con abnegazione, nell’assicurare tempestivi soccorsi ed assistenza, valido esempio per coloro che, nelle circostanze più dolorose, rappresentano tuttora un’insostituibile risorsa di solidarietà per il paese”.
Pubblicato da tdy22 in ottobre 9, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/10/09/giorgio-napolitano-il-disastro-del-vajont-conseguenza-di-precise-colpe-umane/
Tragedia del Vajont: oggi le celebrazioni per il 50° anniversario
Era il 9 ottobre del 1963 quando, alle 22.39, la vita degli abitanti della zona in cui sorgeva la diga del Vajont cambiò per sempre. Almeno per chi sopravvisse. L’onda, che raggiunse i 300 metri d’altezza, travolse 1910 vite umane, distruggendo quello che incontrava lungo il suo percorso e devastando il paese di Longarone. Tutto per una frana staccatasi dal monte Toc, di fronte ad Erto e Casso, e precipitata nel bacino artificiale creato dalla diga del Vajont, che provocò l’onda che scavalcò la diga e travolse il paese sottostante. Oggi, proprio nel paese Bellunese più colpito, si terranno le celebrazioni per il 50° anniversario. All’evento parteciperà anche Pietro Grasso, che, come ha spiegato ieri, porterà le scuse dello Stato. “Il Vajont fu una strage che si poteva e si doveva evitare. Non è stata evitata perché sulla moralità, sul valore della vita, sulla legalità, è prevalsa la logica senza cuore degli ‘affari sono affari”’. Grasso deporrà una corona nel cimitero monumentale di Fortogna. Alle 9.45 il presidente del Senato parteciperà alla commemorazione civile al Palazzetto dello Sport di Longarone. ”Siamo soddisfatti che il presidente del Senato – ha detto il sindaco di Longarone Roberto Padrin, lanciando il monito che ‘altri Vajont si potrebbero verificare in Italia a causa delle speculazioni’ – abbia voluto essere presente in un momento così importante dedicato al ricordo, alla memoria e al silenzio”.
Aggiornamento ore 11:22
Grasso ha deposto una corona d’alloro in memoria, accanto a lui il presidente della Regione Veneto Luca Zaia. Il presidente del Senato ha detto: “Ricordare quanto accaduto significa essere consapevoli che nessun interesse, nessuna convenienza, nessuna scorciatoia può concedersi di incidere ‘sulla pelle viva’ di una popolazione”. E continua: “Dove 50 anni fa tutto era fango e ghiaia, oggi c’è la più grande zona industriale della provincia di Belluno e il quarto polo fieristico del Veneto. È enorme la mia ammirazione verso le popolazioni di questa valle per la forza e la determinazione che hanno dimostrato, per la pazienza e la perseveranza con le quali hanno saputo rinascere dal fango”. E ha concluso: “Il Vajont è anche la storia di uno straordinario esempio di solidarietà e virtù civiche, da molti considerato alla base della nascita del sistema della protezione civile. E’ la storia di tutti quelli che accorsero con tempestività: Alpini, Vigili del Fuoco, Forze dell’ordine, volontari da tutta l’Italia. Persone che, con abnegazione, generosità e impegno hanno offerto la propria opera nel momento del dolore e dell’orrore. Persone che, in qualche modo ancora oggi portano il segno di quell’esperienza”.
Pubblicato da tdy22 in ottobre 9, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/10/09/tragedia-del-vajont-oggi-le-celebrazioni-per-il-50-anniversario/
Denuncia shock: il disastro del Vajont dovuto a una frana pilotata
Era il 1963 e nell’ufficio di Longarone (Belluno) dell’allora notaio Isidoro Chiarelli si trovavano, per firmare un atto relativo all’acquisto di un terreno, i dirigenti della SADE, Società Adriatica Di Elettricità, proprietaria della diga del Vajont e l’Enel. Tra quelle quattro mura, le parole che il notaio udì furono più o meno queste: “Facciamolo il 9 ottobre, verso le 9-10 di sera, saranno tutti davanti alla tivù e non ci disturberanno, non se ne accorgeranno nemmeno. Avvisare la popolazione? Per carità. Non creiamo allarmismi. Abbiamo fatto le prove a Nove, le onde saranno alte al massimo 30 metri, non accadrà niente e comunque per quei quattro montanari in giro per i boschi non è il caso di preoccuparsi troppo”. Dopo di che, un avvertimento: “Lei ha un segreto professionale da rispettare, altrimenti se ne pentirà”. Sono passati 50 anni, l’onda raggiunse 300 metri d’altezza e travolse 1910 vite umane, distruggendo quello che incontrava lungo il suo percorso e devastando il paese di Longarone. Una strage che si pensava causata da una frana staccatasi dal monte Toc, di fronte ad Erto e Casso, e precipitata nel bacino artificiale creato dalla diga del Vajont, provocando un’onda che scavalcò la diga e travolse il paese sottostante.
Ora, come spiega il Gazzettino, la figlia del notaio scomparso nel 2004, Francesca, racconta una verità che, all’epoca, aggiunge la sorella Silvia, docente universitaria a Padova, “costò alla famiglia l’isolamento dalla Belluno che conta. Ma nostro padre, anche se per quasi due anni non lavorò più, schivato da tutti, non smise mai di farsi testimone di quelle parole. Per questo ebbe molti problemi, pressioni e minacce. Il suo grande cruccio fu quello di non essere mai creduto, nemmeno nella sua veste ‘certificante’ di notaio”. L’onda, in quella tragica notte del 9 ottobre, arrivò alle 22.39, appena 39 minuti più tardi rispetto l’orario indicato dai dirigenti SADE. “La sera del disastro programmato mio padre ci fece stare pronti. Eravamo vestiti di tutto punto, pronti a scappare”. In paese, la maggior parte della popolozione era a casa, guardava la partita in televisione. Secondo la SADE, questa sarebbe stata la loro garanzia di tranquillità per eseguire la manovra di far scendere quella frana che pesava come un macigno sul valore dell’opera, destinata ad essere venduta all’Enel. Stando agli studi effettuati a Nove, l’onda doveva avere un’altezza di una trentina di metri: non avrebbe mai potuto provocare simili danni. Francesce di tutto questo ne parla ora, quasi 50 anni dopo, perchè “Mio padre ci provò in tutti i modi, ma non ebbe ascolto. Parlarne oggi, in cui l’attenzione mediatica è forte, per l’imminente cinquantesimo, non può che rendere onore al coraggio di nostro padre. E poi basta parlare di disgrazia: nostro padre lo chiamava eccidio”.
Pubblicato da tdy22 in settembre 29, 2013
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