Cerimonia laica e religiosa oggi a Cardano al Campo, dove la giornata è stata dichiarata lutto cittadino, per i funerali del sindaco Laura Prati. Tra i presenti, vari sindaci di altri paesi e città, soprattutto lombardi, accompagnati dai rispettivi gonfaloni. Tra le autorità cittadine anche Costantino Iametti, il vicesindaco che il giorno della sparatoria era rimasto a sua volta ferito. Il 78enne ha affidato le sue parole alla presidente del Consiglio comunale, Elena Mazzucchelli: “Sono troppo emozionato e non riesco a parlare, ma ho scritto qualcosa per Laura”. Iametti ha chiesto che il suo “lavoro venga portato avanti da tutta la nazione”. E ai due giovani figli ha detto: “Quando guarderete al cielo la stella che brilla di più è la vostra mamma”.
Intervenuto anche il ministro Orlando, che a sua volta si è rivolto ai figli della donna: “Vostra mamma è caduta sul lavoro, perchè la politica è bella quando è un lavoro”. Il ministro dell’Ambiente ha parlato di una donna “che ha messo la sua vita a servizio dello Stato democratico”. Orlando ha portato il cordoglio del Governo ma anche quello personale del premier Enrico Letta. “Sbaglia chi vi dirà che i politici sono tutti uguali – ha detto – e che la politica non serve a nulla. Chi ve lo dice, vuole che tutto resti uguale”. In casi come questo, con un sindaco ucciso e pianto da tutta la sua comunità, ha aggiunto Orlando, “il cordoglio deve essere più forte” anche perchè dall’attuale “grave crisi usciamo solo stringendoci alle tante Laure” che ci sono in Italia. Al termine della funzione laica, tutti si sono uniti per un ultimo saluto, intonando “O bella ciao”.
“Chi ha rubato i fiori del presidente Napolitano?”: avvolto dall’abbraccio delle nipoti, Dario Fo cerca di alleggerire con una battuta il dolore dei suoi cari prima della tumulazione della sua Franca, la cui salma è stata posta nel famedio del cimitero monumentale, al fianco della tomba di Enzo Jannacci, con il quale era amica fin dal 1963, quando si erano conosciuti al Derby, il locale milanese di cabaret dove allora passava il meglio della creatività irriverente meneghina. Tra Enzo Jannacci, Dario Fo e Franca Rame è nato allora un legame artistico, umano, cameratesco, amicale leale, solido e divertente come raramente succede nel mondo dello spettacolo e che non è mai terminato. La notizia della morte dell’amico, Franca l’ha appresa quando si trovava, con il marito, a Gubbio, all’università di Alcatraz, dove stavano tenendo un corso di teatro. “Sono disperata, disperata”, aveva detto tra le lacrime. Era stato proprio Dario Fo a tenere a battesimo, nel dicembre 1964, il disco di esordio di Jannacci, La Milano di Enzo Jannacci. Una collaborazione che continua e, nel 1968 arrivò anche Vengo anch’io. Da allora Enzo, Dario e Franca hanno continuato a mescolare allegre serate in famiglia e lavoro. Raccontava Franca: “E c’era anche la Pupa, la moglie di Enzo. Eravamo e siamo davvero amici fraterni, mi pare di conoscerlo da sempre. Quante cene e quante feste noi quattro insieme. E quanti lavori. Un giorno me li vedo arrivare a casa, Dario e Enzo, e mi dicono ‘senti che bella canzone che abbiamo creato’. E si mettono a cantare ‘o mio buon padre non bere quel vino / o mio buon padre / non bere quel vino che l’è avvelenà…..’. Era Donna lombarda, un celebre canto popolare lombardo. ‘Ladri’ ho detto. Erano due burloni mascalzoni”. E ancora un ultimo, struggente, ricordo. “Un anno fa era venuto a trovarci a Cesenatico. La mattina non mi riconosceva, per i sedativi che prendeva. Poi ci è tornato quest’estate e faceva l’impossibile per far vedere che stava bene. Continuava a ridere, faceva i bagni e sapevamo tutti che aveva le metastasi e che non stava bene. Ma aveva questa forza, la forza di continuare a ridere, anche se soffriva, perché soffriva. Era medico e sapeva tutto”.
Erano migliaia, oggi, le persone in piazza, uomini e soprattutto donne, e tanti giovani, soprattutto quelli di movimento, arrivati con un camioncino. Il corteo, partito dal Piccolo di via Rovello, dove era stata allestita la camera ardente, è giunto allo Strehler accompagnato da lunghi applausi ed è stato accolto dai gonfaloni delle istituzioni e da tanti fiori sotto una gigantografia di Franca Rame, posta sul palco. Tra gli altri, hanno dato il loro ultimo saluto all’attrice il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, la moglie Cinzia Sasso, l’ex attivista della sinistra extraparlamentare Oreste Scalzone, lo scrittore Stefano Benni e il leader del Movimento Cinque Stelle Beppe Grillo (che ha salutato il premio Nobel e ha portato con sé una rosa rossa). A salutarla anche Inge Feltrinelli, vestita di rosa, uno dei colori preferiti da Franca Rame. “Era la più elegante la più vistosa. Era coraggiosa, solare, una delle poche donne speciali di questo periodo”. Anche l’addio al Piccolo Teatro era un desiderio di Franca Rame. “E’ normale, doveroso ed era un suo desiderio. Me l’ha detto Dario quando sono andato a trovarlo”, ha spiegato il direttore Sergio Escobar. E le donne intervenute oggi hanno accolto il suo apello: le voleva vestite di rosso e non le sarebbe dispiaciuto che le cantassero “O bella ciao”. E così è stato, in un momento di commozione che ha abbracciato tutta la folla presente.
Anche il sindaco Pisapia, aprendo la cerimonia, le ha inviato un messaggio: “Franca sei stata e sei proprio brava: anche oggi hai riempito la piazza. E tutto attorno a te c’e’ la volonta’ perchè le tue e nostre speranze diventino realtà, un mondo per cui continueremo a batterci e sappiamo che tu ci accompagnerai.” “Quanti cortei, quanta indignazione, quanta voglia di combattere contro le ingiustizie: questa è la Franca che piangiamo e che rimpiangeremo”, ha aggiunto. Poi ha conlcuso: “Sei stata una donna coraggiosa, forte e libera: guardereno la tua forza per essere anche noi piu’ forti, al tuo coraggio per non avere piu’ paura, all tua liberta’ per difendere quella di tutti noi”.Anche il figlio ha preso la parola, commosso: “Se si sono estinti i dinosauri, si estingueranno anche questi qua, queste persone che non hanno amore né rispetto per l’umanità. Vorrei che andaste a casa con un po’ di fiducia, perché, come diceva mia madre, Dio c’è ed è comunista. E io aggiungo che è anche femmina”. Jacopo Fo ha ringraziato tutti: “Quella di ieri è stata un’esperienza pazzesca, quanti compagni, quante compagne abbiamo visto. Tutti mi hanno detto che mia madre ha fatto qualcosa per gli altri”. Ha aggiunto anche un suo ricordo personale: “A 16 anni mi disse che dovevo fare un fumetto sul manicomio criminale di Aversa, un luogo dove venivano fatte cose orribili. Lei, da parlamentare, riuscì a far chiudere quell’orrore. Ora quando sento i compagni delusi che dicono che non abbiamo combinato nulla in questi 40 anni io dico: ‘Non è vero’. Oggi abbiamo dei problemi enormi, ma 40 anni fa era peggio e noi abbiamo lottato per questo”. E’ tornato anche sulle polemiche legate al servizio del Tg2: “Qualche imbecille ha parlato della bellezza di mia madre”, ha detto, ricordando la vicenda dello stupro di cui la madre fu vittima negli anni ’60. “Che cazzata”, ha proseguito, “mia madre rompeva i coglioni e per loro era intollerabile che ci fosse una donna, una bella donna, che si opponeva a questo orrore”.
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Il suo Dario, invece, fedele a quanto dichiarato ieri, “Non sarà una commemorazione, ma un commiato”, non ripercorre la vita insieme, ma recita un testo che la moglie, per una volta da sola, e non a quattro mani come erano soliti fare, aveva scritto sulla creazione di Adamo ed Eva e la rinuncia al paradiso terrestre. Poi chiude con queste parole: “C’e’ una regola antica nel teatro: quando hai concluso non c’e’ bisogno che tu dica un’altra parola: saluta e pensa che quella gente che hai accontentato nel pensiero e nella parola ti sarà riconoscente. Ciaooo!”. Un “ciao” lunghissimo alla sua Franca, urlato con la gola chiusa dal pianto.
a quanto dichiarato il giorno prima, “Non sarà una commemorazione, ma un commiato”, Fo non ripercorre la vita insieme, ma recita un testo che la moglie aveva scritto sulla creazione di Adamo ed Eva e la rinuncia al paradiso terrestre. Poi chiude con queste parole: “C’e’ una regola antica nel teatro: quando hai concluso non c’e’ bisogno che tu dica un’altra parola: saluta e pensa che quella gente che hai accontentato nel pensiero e nella parola ti sarà riconoscente. Ciaooo!”. Un “ciao” lunghissimo alla sua Franca, urlato con la gola chiusa dal pianto.
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Un feretro che entra in Chiesa seguito dai pulcini del Genoa allenati dal nipote di Don Gallo, sopra, il suo cappello, la sua sciarpa rossa, la bandiera della pace.Erano in migliaia, tutti per lui, oggi, a Genova. La folla radunata per l’ultimo saluto al fondatore della comunità di San Benedetto al Porto, Don Andrea Gallo. E non poteva essere una cerimonia come tante altre, perchè lui ha parlato con un linguaggio nuovo, diverso. Si sono levate infatti proteste durante l’omelia del Cardinal Bagnasco, dentro e fuori la Chiesa del Carmine, durante il passaggio in cui il porporato ha detto: “Don Gallo bussò alla porta del cardinale Siri, che Andrea ha sempre considerato un padre e un benefattore”. Ma la storia è diversa: fu lo stesso Siri ad allontanare Don Gallo dalla Chiesa del Carmine e solo dopo il “prete di strada”, accolto dal parroco di San Benedetto, Don Federico Rebora, iniziò la sua opera per la Comunità. Ma era la gioranta in suo onore, e per ricordarlo, dall’esterno della chiesa si è levato il canto di Bella Ciao.
Non poteva mancare Don ciotti, fondatore di Libera, che ha preso la parola: “Per ricordare il nostro don Andrea, voglio qui ricordare le parole del Papa: ‘no ai cristiani da salotto’. Lo ha detto il papa, non io”. E ancora: “Lui era innamorato di Dio, saldava la Terra con il Cielo”. Don Ciotti ha sottolineato l’importanza dei simboli “in cui don Gallo credeva maggiormente: la Bibbia e la Costituzione”. Ma Don Ciotti ha parlato anche della morte di Carlo Giuliani. “Don Andrea ha pianto per lui. Così come si è indignato davanti alla base americana di Vicenza: ma cosa ce ne facciamo di quelle cose lì quando non abbiamo i soldi per i servizi sociali?”. E ha concluso: “Ciao Andrea, non siamo con te. E che la tua comunità continui la tua opera”.
Ma oggi Don Gallo è anche riuscito a compiere un ultimo miracolo. Bagnasco, presidente della Cei e arcivescovo di Genova, ha dato la comunione, tra gli altri a Regina, presidente del Mit, Movimento italiano transgender e all’ex parlamentare Vladimir Luxuria, che poco prima aveva preso la parola per una preghiera durante la quale aveva ringraziato Don Gallo “per averci aperto le porte della tua chiesa e del tuo cuore. Grazie di averci fatto sentire tutte, noi creature trasngender, figlie di Dio, volute da Dio, amate da Dio. Ci auguriamo che tanti seguano il tuo esempio”
*A day in the life of the Vixen, a blog about EVERYTHING & ANYTHING: Life advice, Sex, Motivation, Poetry, Inspiration, Love, Rants, Humour, Issues, Relationships & Communication*