Paura in Val Padana, lo dice la Nasa e scatta il panico, ma…

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Foto della Pianura Padana scattata dalla Nasa il 2005

C’erano già stati i risultati del progetto Upupa  (Ultrafine Particles in Urban Piacenza Area) del Laboratorio Energia e ambiente Piacenza  centro di ricerche del Politecnico di Milano – presentati il 22 gennaio e incentrati sul particolato delle polveri sottili a evidenziare come le polveri ultrafini peggiorano ulteriormente la salute della pianura padana, ma oggi la notizia ritorna d’attualità dopo che alcuni media hanno riproposto una vecchia foto del 17 marzo 2005 ripresa dallo spettroradiometro Modis a bordo del satellite Terra che mostra  la pianura padana in inverno coperta da una cappa di particolato. L’immagine scattata dalla Nasa non è direttamente collegata alla ricerca ma mostra la cappa che esiste su questa parte di territorio italiano.

Secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’Agenzia comunitaria, la Pianura Padana sarebbe la zona più inquinata d’Europa. Con una presenza di polveri sottili così fuori controllo che, lo scorso dicembre, è riuscita a fare da volano a un inedito accordo tra governo, regioni e provincie autonome del bacino padano per riuscire a contrastarne, su vasta scala, la presenza nell’aria. Si è previsto anche il monitoraggio e azioni condivise tra Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Trento e Bolzano con i ministeri dell’Ambiente, dello Sviluppo economico, dei Trasporti, delle Politiche agricole e della Salute per arginare il fenomeno.

Ora scatta l’allarme dopo che i ricercatori hanno pubblicato i loro studi, resi possibili dopo una lunga campagna di campionamento dell’aria. Tale ricerca non è stata condotta solo con le postazioni fisse in diverse luoghi di città e provincia, ma abbinata anche a rilevamenti in movimento – effettuati con sofisticati macchinari che i ricercatori portavano in uno zainetto – fatti lungo i percorsi cittadini. Confrontando l’esposizione umana alle polveri ultrafini, a seconda del mezzo di trasporto (piedi, bici, autobus e macchina) utilizzato. Dati che ora, nel clima già di ripensamento urbano del territorio, potrebbero rivelarsi una valida chiave di partenza.

«Grazie alle nanotecnologia», spiega Michele Giugliano, direttore delle ricerche e docente d’inquinamento atmosferico del Politecnico di Milano, «ora abbiamo a disposizione dei dati anche sulle componenti nanoparticellari delle polveri e sulla loro concentrazione nei vari ambienti». Quantità, infatti, che cambia parecchio non solo a seconda del contesto, ma anche da una stagione all’altra. Come, per esempio, in inverno. «Si tratta», prosegue Giugliano, «della stagione peggiore, non solo per il traffico, le emissioni industriali e l’inquinamento ulteriore prodotto dai sistemi di riscaldamento, ma anche perché le polveri ultrafini non sono immesse da nessuna fonte esterna ma si trasformano nell’atmosfera. Ad esempio, con la condensa» . Tutte condizioni che creano un ambiente perfetto per il moltiplicarsi delle polveri ultrafini. Per cui, visto la dimensione, si fa più evidente la loro connessione con le patologie polmonari e cardiovascolari. «Queste particelle piccolissime», osserva il professore, «potrebbero, ad esempio, riuscire a bypassare anche il sistema di protezione degli alveoli, avendo più possibilità di penetrare rispetto a quelle sottili»..

Paura quindi per gli abitanti della Pianura Padana dopo che alcuni media hanno associato la foto della Nasa ai valori elevati delle nanoparticelle. Tuttavia la foto risale al 2005 e non ritrae la condizione delle ultime ore. Certo la situazione dell’inquinamento in quella particolare area italiana è sicuramente da tenere sotto controllo anche perché le  nanoparticelle sono una forma di inquinamento molto fine, più piccolo delle polveri sottili. Esse fanno male alla salute proprio per la loro dimensione. Sono composte da solfato, nitrato di ammonio e tracce di metalli. Monitoraggio, ma non panico!

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