
In prima posizione c’è la Francia. E poi Olanda, Spagna, Germania, Italia e anche alcune organizzazioni inglesi, impegnati su un fronte comune: far cambiare a Google le regole sulla privacy, a cui il gigante californiano aveva messo mano qualche mese fa. Secondo i garanti europei che coordinano la manovra, Google avrebbe fallito nel dichiarare apertamente quanti e quali dati acquisisce sui propri utenti, e per quanto li mantiene. Lo scorso anno Google ha unificato 60 procedure di policy in un unico documento globale. L’azienda detiene il 95% del mercato dei motori di ricerca in Europa, e secondo alcuni esperti di privacy, la capacità di acquisire e combinare e analizzare i dati degli utenti rappresenta una disponibilità chiave nel portafoglio di Mountain View.
Proprio sulla base della posizione comune europea, il garante per la privacy italiano ha aperto una sua istruttoria nei confronti di Google inc, per verificare il rispetto della disciplina sulla protezione dei dati personali e, in particolare, la conformità dei trattamenti effettuati dalla società di Mountain View ai principi di pertinenza, necessità e non eccedenza dei dati trattati nonchè agli obblighi riguardanti l’informativa agli utenti e l’acquisizione del loro consenso.
“Google non può raccogliere e trattare i dati personali dei cittadini europei senza tenere conto del fatto che nell’Unione europea vigono norme precise a tutela dei diritti fondamentali dei cittadini dell’Ue”, spiega il presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali Antonello Soro. “L’azione congiunta dei Garanti europei mira a riaffermare questo principio e a far sì che questi diritti vengano garantiti. Il Garante italiano – continua – è da tempo impegnato sul fronte internazionale proprio per operare affinchè la privacy dei cittadini europei venga rispettata, non solo dalle imprese dell’Ue, ma anche da parte dei big della Rete e da tutte le società che operano nel settore delle comunicazioni elettroniche, ovunque esse siano stabilite. Vogliamo impedire che esistano zone franche in materia di diritti fondamentali”.
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