Grana per Parolisi: indagato per le notti in caserma. E non è solo

salvatore-parolisi-tuttacronacaE’ il Corriere della Sera a rendere noto che alla caserma Clementi di Ascoli Piceno, la magistratura ha raccolto testimonianze delle vittime che avrebbero ricevuto inviti espliciti a fare sesso. Al momento, ci sono dodici indagati  fra cui lo stesso Parolisi ch esi sarebbe intrattenuto con le allieve a  “bere” dopo la mezzanotte…

Emerge lo spaccato di un mondo militare pruriginoso, dove il rigore della disciplina di caserma vacilla sull’incontro dei due sessi. Da una parte i soldati che addestrano e comandano, dall’altra le allieve che ascoltano e obbediscono. In mezzo, qualche tentazione. Il soldato Enza, per esempio, l’ha raccontata così al comandante della Clementi chiamato dalla procura a una relazione informativa: «Un giorno il caporal maggiore mi si è rivolto chiedendomi cosa gli potevo dare per sapere la mia destinazione. Dissi “nulla, aspetto altri due giorni e lo saprò”». E l’altro, sempre secondo l’allieva: «Devi offrire te stessa a me e poi agli altri istruttori. Mi devi dire se sei vergine o meno, perché se lo sei devo prendere delle precauzioni, altrimenti devo prenderne altre, ad esempio frustini…». Ma non scherzava? «Forse ma a me non piaceva». Di giorno in mensa , di sera negli uffici del plotone.

La procura ha stilato l’elenco:

«Il caporal maggiore dopo il contrappello riceveva alcune allieve con cui si intratteneva per bere e scambiarsi effusioni… G.M. dopo la mezzanotte contattava via sms l’allieva Simona invitandola a raggiungerlo in ufficio per chiacchierare e avere un rapporto sessuale… ». E avanti così, tratteggiando la caserma di Ascoli come qualcosa di boccaccesco. Naturalmente la stragrande maggioranza delle allieve non partecipava agli incontri proibiti, molte ne ignoravano pure l’esistenza, altre li rifiutavano. Come Monica: «Il sottufficiale si è avvicinato a me e mi ha abbassato leggermente la cerniera della giacca della tuta. Io mi sono allontanata riordinando l’uniforme — ha messo a verbale — Vedendomi infastidita mi ha detto che l’aveva fatto perché faceva molto caldo». Nonostante la mimetica, un argomento forte era il décolléte di Gaia. «Lui era entrato nella camerata e diceva di essere intervenuto per un problema tecnico — ha raccontato — Poi ha iniziato a dire che avrebbe preferito entrare nelle diverse camerette a trovare le volontarie in biancheria intima invece che in uniforme, infine mi ha espresso apprezzamenti sulla mia scollatura… ».

Ma non è tutto:

Poi c’è il capitolo «violenza contro inferiore, minacce e ingiurie», dove a farla da padrone è sempre il caporale G. M., rispetto al quale, in questo caso, sfigurerebbe anche il duro sergente Hartman di Full Metal Jacket, quello che chiamava l’allievo «palla di lardo». Ecco il suo vellutato sistema di addestramento: «Vi faccio sputare sangue, mi sembrate delle pecore, lo sapete cosa fa il pastore con le pecore… mi fate schifo… Tu sei una casalinga non idonea alla vita militare, hai i prosciutti al posto delle gambe, chiatta, balena… Siete delle galline, delle pappe molli, siete tutte z…», e avanti così, edulcorando e rimanendo alle espressioni più gentili.

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Nel Messinese la giornata inizia con una scossa di terremoto

terremoto-sicilia-tuttacronacaL’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha registrato, alle ore 7.13, una scossa di terremoto di magnitudo 3 sulle coste nordorientali della Sicilia, in provincia di Messina. Secondo i rilevamenti dell’Ingv, il sisma ha avuto ipocentro a 10,6 km di profondità ed epicentro in prossimità dei comuni di Falcone, Oliveri e Patti. Non si hanno segnalazioni di danni a persone o cose.

Scossa di terremoto tra Palermo e Trapani

terremoto-sicilia-tuttacronacaL’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha registrato un terremoto di magnitudo 3.3 alle 7.44 nel Tirreno meridionale, al largo delle province di Palermo e Trapani. Il sisma è stato localizzato in mare ad una profondità di 9,5 chilometri. La protezione civile non ha segnalato danni. Un’altra scossa in mare, di magnitudo 2.7, è stata registrata nel Messinese, tra i Golfi di Patti e Milazzo.

Le scosse di terremoto che infuriano al Centrosud: i geologi spiegano perchè

terremoto-italia-tuttacronacaI terremoti si stanno accanendo sul Centrosud della nostra Penisola. Non solo lo sciame sismico a Gubbio, ora anche quello che ha coinvolto il Matese, con la scossa più forte che ha raggiunto magnitudo 4.9. Sono i geologi a spiegare il perchè di questi fenomeni: gli Appennini si stanno, letteralmente, “allargando”. Un movimento sotterraneo che si sente anche dall’altra parte dell’Adriatico: domenica notte c’è stata una scossa di terremoto anche in Bosnia Erzegovina. Si legge nel Corriere della Sera:

Tre ore prima il bacino di Gubbio sussultava di nuovo segnando il 3.3 della scala Richter. «Tra i due fenomeni — nota Claudio Chiarabba, direttore del dipartimento terremoti all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia Ingv — non c’è legame anche se la causa in origine è sempre la stessa che ha avuto a che fare in passato con il terremoto dell’Irpinia e quello dell’Aquila». Si tratta dell’estensione di tutta la catena appenninica, una sorta di «allargamento» in direzione nord-est/ovest, con la parte verso l’Adriatico che si inabissa sotto i Balcani. La notte scorsa anche in Bosnia Erzegovina, nelle vicinanze delle città di Zenica e Kakanjsi, si è verificato un terremoto di magnitudo 4.6 che ha provocato danni alle abitazioni ed è stato avvertito distintamente anche a Sarajevo.

La condanna di Parolisi: “Gravi gli indizi consistenti”

parolisi-tuttacronacaIl 30 settembre Salvatore Parolisi veniva condannato, in secondo grado, a 30 anni di reclusione per l’omicidio della moglie, Melania Rea, scomparsa il 18 aprile 2011. Ieri sono state rese note le motivazioni e la Corte d’assise d’appello dell’Aquila che così spiega la sentenza: “Gravi sono gli indizi consistenti, cioè resistenti alle obiezioni e quindi attendibili e convincenti”. I difensori dell’ex caporalmaggiore hanno annunciato che ricorreranno in Cassazione. Secondo la Corte, inoltre, il risalto mediatico della vicenda potrebbe “avere inevitabilmente influito sulla genuinità dei ricordi delle persone informate sui fatti”, ricordi “inconsapevolmente contaminati dalle notizie e dalle immagini ripetutamente diffuse dai mass media”. Tuttavia, “ciò che nella specie conforta l’attendibilità delle dichiarazioni testimoniali è il riscontrarsi reciproco dei riferimenti anche tra persone che non hanno avuto modo di confrontare le rispettive percezioni, perché non facenti parte dello stesso gruppo di amici o dello stesso nucleo familiare”. La Corte fa inoltre notare che “tutte le persone presenti hanno avuto modo di vedersi e ricordare di essersi viste reciprocamente, ma nessuno ha visto Parolisi e la figlia nei pressi delle altalene e ciò conduce alla logica conclusione che non ci fossero, e che l’imputato abbia sul punto, già solo per la concludenza di siffatti riferimenti testimoniali, evidentemente mentito”. Melania, continuano le motivazioni, “non può essere scomparsa dal luogo e nell’orario indicati dal Parolisi”, mentre Salvatore “non è rimasto con la figlia nella zona delle altalene dopo l’asserito allontanamento e fino ai primi tentativi di chiamata all’utenza cellulare della moglie”.

Il 28enne suicida a Padova: si scava nel passato

suicidio-padova-tuttacronacaIeri la drammatica notizia: R.L., 28enne residente a Padova, dopo un pomeriggio trascorso a girovagare in zona, mentre sulla cittadella delle scienze l’oscurità s’infittiva, è salito all’ottavo piano del palazzo della facoltà di Chimica, in via Marzolo, e si è gettato nel vuoto. Il motivo del gesto è sconosciuto e il ragazzo non ha lasciato biglietti. Il suo corpo è stato trovato attorno alle 18.30, in una pozza di sangue. Una ragazza che era stata nelle aule studio l’ha visto e ha lanciato l’allarme. Inutile l’intervento del 118: per quel neolaureato in farmacia non hanno potuto fare nulla. La tessera sanitaria ha permesso di identificarlo e contattare in tarda serata la famiglia, che però non ha fornito spiegazioni sul gesto estremo. Nei prossimi giorni verranno esaminati il cellulare e il computer del ragazzo, alla ricerca di una traccia utile a capire. Cosa si cerca, lo spiega il Corriere del Veneto:

“a scavare nel passato del ragazzo suicida, si torna all’estate di tre anni fa, quando era stato protagonista di un episodio di cronaca nera. Era il 12 agosto 2010 quando R.L. venne trovato, attorno alle 4.30 del mattino, riverso nel giardino vicino a Pediatria, dentro l’ospedale di Padova. Aveva una vertebra e il bacino rotti, il volto tumefatto e diversi problemi ai polmoni e ai reni. Lui non ne aveva mai voluto parlare, né alla famiglia né tantomeno ai carabinieri, che all’epoca stavano indagando su quello che sembrava un pestaggio in piena regola. Ma chi lo avesse picchiato, e perché poi lo avesse abbandonato nel giardinetto interno all’ospedale, è sempre rimasto un mistero. Tre anni fa, prima che il caso finisse nel dimenticatoio, l’Arma in mancanza di testimoni aveva tentato di ricostruire la serata del giovane, allora 24enne, che la sera prima era uscito di casa in bicicletta dicendo che sarebbe tornato per cena, senza poi dare sue notizie fino al ritrovamento da parte di una guardia giurata. Non si era mai arrivati ad una soluzione anche perché lui non aveva voluto dire alcunché sull’intera vicenda. Che ora ritorna come un boomerang dalle ombre del passato.”

La condanna di Dell’Utri: arrivano le motivazioni della Corte di appello

marcello-dellutri-tuttacronacaI giudici della terza sezione penale della Corte di appello di Palermo hanno presentato le motivazioni della sentenza con cui l’ex senatore del Pdl Marcello Dell’Utri è stato condannato, il 25 marzo scorso, a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. I giudici affermano che ci fu un patto tra la mafia e Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri ne è stato il “mediatore contrattuale”. E in tale contesto, tra il 1974 e il 1992, “non si è mai sottratto al ruolo di intermediario tra gli interessi dei protagonisti”, e “ha mantenuto sempre vivi i rapporti con i mafiosi di riferimento”. La Corte ha collocato la stipula di tale partto tra il 16 e il 29 maggio del 1974 quando, si legge nelle 477 pagine della motivazione, “è stato acclarato definitivamente che Dell’Utri ha partecipato a un incontro organizzato da lui stesso e (dal mafioso palermitano Gaetano) Cinà a Milano, presso il suo ufficio. Tale incontro, al quale erano presenti Dell’Utri, Gaetano Cinà, Stefano Bontade, Mimmo Teresi, Francesco Di Carlo e Silvio Berlusconi, aveva preceduto l’assunzione di Vittorio Mangano presso Villa Casati ad Arcore, così come riferito da Francesco Di Carlo e de relato da Antonino Galliano, e aveva siglato il patto di protezione con Berlusconi”. Secondo i magistrati palermitani, quella riunione “ha costituito la genesi del rapporto sinallagmatico che ha legato l’imprenditore Berluconi e Cosa nostra con la mediazione costante e attiva dell’imputato” Dell’Utri. Ancora si legge: “In virtù di tale patto i contraenti (Cosa nostra da una parte e Silvio Berlusconi dall’altra) e il mediatore contrattuale (Marcello Dell’Utri), legati tra loro da rapporti personali, hanno conseguito un risultato concreto e tangibile, costituito dalla garanzia della protezione personale dell’imprenditore mediante l’esborso di somme di denaro che quest’ultimo ha versato a Cosa nostra tramite Marcello Dell’Utri che, mediando i termini dell’accordo, ha consentito che l’associazione mafiosa rafforzasse e consolidasse il proprio potere sul territorio mediante l’ingresso nelle proprie casse di ingenti somme di denaro”. Sempre secondo la Corte è l’incontro del 1974 che “segna l’inizio del patto che legherà Berlusconi, Dell’Utri e Cosa nostra fino al 1992. È da questo incontro che l’imprenditore milanese, abbandonando qualsia proposito (da cui non è parso, ivero, mai sfiorato) di farsi proteggere dai rimedi istituzionali, è rientrato sotto l’ombrello della protezione mafiosa assumendo Vittorio Mangano ad Arcore e non sottraendosi mai all’obbligo di versare ingenti somme di denaro alla mafia, quale corrispettivo della protezione”. Mangano divenne così lo stalliere di Arcore “non tanto per la nota passione per i cavalli” ma “per garantire un presidio mafioso nella villa dell’imprenditore milanese”. La Corte non ritiene inoltre credibile Dell’Ultri quando ammette di aver indicato Mangano a Berlusconi come persona da assumere sostenendo però di non essergli amico, anzi di averne paura. Nella motivazione si legge: “La continuità della frequentazione, l’avere pranzato in diverse occasioni con lui, sono circostanze che hanno consentito di escludere che i rapporti svoltisi in un arco temporale che ha coperto quasi un ventennio nel corso del quale il Mangano è stato arrestato e prosciolto e poi nuovamente arrestato e poi ancora prosciolto, possano essere stati determinati da paura”. La Corte ha ricostruito nelle motivazioni anche i pagamenti sollecitati dai mafiosi a Berlusconi “quale prezzo per la protezione”, e che secondo i giudici iniziarono subito dopo l’incontro del 1974, con la richiesta di 100 milioni di lire formulata da Cinà, ed esaudita.

Berlusconi non ha osservato il principio di “leale collaborazione”

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Sono state pubblicate oggi, dalla Corte Costituzionale, le motivazioni della sentenza sul legittimo impedimento, emessa lo scorso 19 giugno, con cui era stato respinto il ricorso presentato dai legali di Berlusconi contro il mancato riconoscimento del legittimo impedimento del’ex premier a comparire nell’udienza del processo Mediaset del primo marzo 2010 in quanto impegnato a presiedere un Consiglio dei ministri. La Consulta ha spiegato che, da parte dell’allora Premier, non è stato osservato il principio di “leale collaborazione” con il tribunale di Milano mentre l’autorità giudiziaria ha esercitato il proprio potere “senza ledere prerogative costituzionali dell’organo di governo, che restano tutelate in ordine sia all’attività sia all’organizzazione”. Tale principio è “bidirezionale”: in quanto tale, il giudice deve tener conto degli impegni del premier ma quest’ultimo deve dare adeguato spazio nella sua agenda al processo che lo riguarda. La Corte osserva quindi che, da un lato, il giudice “deve definire il calendario delle udienze ‘tenendo conto degli impegni del Presidente del Consiglio dei ministri riconducibili ad attribuzioni coessenziali alla funzione di governo e in concreto assolutamente indifferibili’; dall’altro lato, il presidente del Consiglio dei ministri deve programmare i propri impegni ‘tenendo conto, nel rispetto della funzione giurisdizionale, dell’interesse alla speditezza del processo che lo riguarda e riservando a tale scopo spazio adeguato nella propria agenda’”. In astratto, il dover presiedere una riunione del Cdm può sì rappresentare un legittimo impedimento, ma lo stesso è convocato dal premier in persona e questo “segna una netta differenza rispetto ai casi in cui la possibilità di rinviare l’impegno sfugga interamente alla programmazione dell’imputato (come avviene, per i componenti delle assemblee elettive)”. La Corte Costituzionale sottolinea inoltre che il Regolamento del Consiglio dei ministri “prevede espressamente l’ipotesi di assenza o impedimento temporaneo del presidente del Consiglio dei ministri”, attribuendo le relative funzioni al vicepresidente del Consiglio o, in mancanza, ministro più anziano. Un’ipotesi, osserva la Consulta, “che, nella XVI legislatura, si è verificata in oltre il dieci per cento delle riunioni”.

La Santanchè prevede: dopo la sentenza Unipol, l’esercito di Silvio insorgerà!

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Oggi è stato il giorno della sentenza Unipol, un anno per Silvio Berlusconi e questa sera Saniela Santnchè, ospite a Otto e Mezzo con Marco Travaglio, ha tenuto a ribadire la posizione sua e del partito di cui fa parte. L’accusa è per la magistratura politicizzata, perchè “il problema non e’ la tenuta del governo, il problema sono gli otto milioni di persone che hanno votato Silvio Berlusconi e che reagiranno”. Ha poi aggiunto: “Sappiamo che il popolo italiano è sostanzialmente moderato, quindi non andrà di certo a spaccare le vetrine per questo, ma probabilmente, se una cosa del genere dovesse realmente accadere, credo potrebbe rifiutarsi di rispondere allo stato, ad esempio non pagando le tasse”. C’è da chiedersi se davvero l’esercito di Silvio sia davvero così moderato, considerato che ieri il suo ispiratore, Diego Volpe Pasini, è arrivato ad affermare che “Esiste il diritto alla sberla o a tirare un calcio nel c**o”.

Unipol. Berlusconi decisivo: voleva danneggiare Fassino

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Nella vicenda dell’intercettazione Fassino-Consorte, quella della fatidica domanda “abbiamo una banca?”, il ruolo di Berlusconi fu decisivo: “Senza l’apporto in termini di concorso morale di Berlusconi, non si sarebbe realizzata la pubblicazione”. E ancora: “La qualità di capo della parte politica avversa a quella di Fassino, rende necessario il suo benestare alla pubblicazione della famosa telefonata”. E’ quanto si legge nelle motivazioni della condanna dell’ex premier a un anno di reclusione. Stando alle motivazioni, infatti, Berlusconi, la sera della vigilia di Natale del 2005, ad Arcore, ascoltò “attraverso il computer, senza alcun addormentamento”, la registrazione audio della telefonata, poi pubblicata sulle pagine del “Giornale”. Non viene quindi accettata la versione secondo la quale il leader del Pdl aveva gli occhi chiusi nel momento in cui si ascoltava la telefonata stessa. “Deve ritenersi – scrivono i giudici – che Berlusconi abbia ricevuto quella sera a casa sua, ad Arcore, la visita di Favata e Petessi (coloro i quali gli portarono materialmente il nastro registrato), insieme col fratello, essendo ben consapevole del motivo per cui si svolgeva quella visita, in parte destinata a fargli sentire la famosa telefonata, nella chiara prospettiva della sua pubblicazione, di peculiare interesse in quel periodo pre-elettorale, tenuto conto della già sottolineata portata politica di quella conversazione”. In quanto “pubblico ufficiale” e considerata la “lesività della condotta nei confronti della Pubblica amministrazione”, i giudici non hanno ritenuto di concedere le attenuanti generiche. Oltre a questo, “va considerato il periodo in cui venne effettuata la pubblicazione, a 4 mesi dalle elezioni e nel pieno delle vacanze natalizie, periodo di scarsa affluenza di notizie politiche più importanti: l’interesse politico delle intercettazioni era pertanto evidente così come la volontà di darvi risalto”. “Il ruolo precipuo del premier – proseguono i giudici – era collegato certamente alla strenua richiesta di Raffaelli di incontrarlo per potergli presentare personalmente il suo progetto e ottenere l’appoggio, atteso che, secondo quanto lui stesso ha affermato, non avrebbe ceduto la chiavetta se non in quella occasione. Inoltre la sua qualità di capo della parte politica avversa a quella di Fassino, rende logicamente necessario il suo benestare alla pubblicazione della famosa telefonata, non potendosi ritenere che, senza il suo assenso, quella telefonata, che era stata per altro a casa sua, fosse poi pubblicata, a prescindere dalle espressioni di soddisfazione riferite da Favata a Petessi all’epoca dei fatti”.

 La replica dei legali di Berlusconi, Ghedini e Longo, è stata secca: “Le motivazioni della sentenza dimostrano ancora una volta la impossibilità di celebrare dei processi a Silvio Berlusconi a Milano. Tale decisione appare ancor più straordinaria visto che a un incensurato si negano non solo le attenuanti generiche ma anche la sospensione condizionale, confermando vieppiù il pregiudizio”. Secondo gli avvocati “il Presidente Berlusconi viene condannato per concorso morale e quindi non già per aver posto in essere qualche condotta specifica ma per aver rafforzato il proposito del fratello Paolo proprietario ed editore del Giornale. Mai nessuno ha potuto prospettare alcunché in proposito e anzi colui che ha consegnato l’intercettazione ha affermato che il Presidente Berlusconi non l’ha mai ascoltata. Parimenti Paolo Berlusconi ha ripetutamente ribadito che Silvio Berlusconi mai se n’era interessato. E’ una sentenza dunque basata sull’incredibile principio del ‘cui prodest’, che non potrà che essere riformata nei gradi successivi”.

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