
Era il 5 maggio quando il neo premier Letta aveva fatto la sua apparizione a Che tempo che fa e, dopo aver toccato vari temi, aveva dichiarato “mi prendo l’impegno: io mi dimetto se facciamo altri tagli alla scuola, alla ricerca e alla cultura”. Forse la scarsa memoria italiana, forse il clima estivo che fa pensare ad altro, forse ancora lo spauracchio Iva e Imu, fatto sta che la parola non è stata mantenuta e sembra nessuno ne sia rimasto colpito. Almeno questa era l’impressione che si aveva fino ad oggi. Ma nelle ultime ore il clima si è fatto rovente: a Cinè – Le giornate professionali di cinema, in corso a Riccione, le associazioni del settore cinematografico, tra cui Anica, Agis, Anec, Anem, Apt e Centoautori, hanno annunciato lo stato di agitazione permanente contro i tagli al tax credit. A infiammare ulteriormente gli animi è intervenuto Veronesi che ha proposto di bloccare tutto “con uno sciopero a oltranza, devono capire che la nostra risposta sarà dura. Si può fare creando una cassa comune in cui i più ricchi mettono dei soldi, e chi perde il lavoro può attingere là, per sei/sette mesi, un anno, quanto serve. Per bloccare una cosa del genere basta fermarsi”. Il regista ha poi aggiunto: “Qui non si parla di artisti che vogliono fare i film, ma delle migliaia di precari, di lavoratori del mondo del cinema. Quello dei tagli è un passo veramente sbagliato di un governo nuovo che sta mettendo il piede in una fossa. Io non sono per chiedere incontri o mediare. Loro non ci sono venuti incontro mai, ci hanno sempre detto di sì come ai cretini, ora la reazione dev’essere forte, solo così se ne accorgeranno”. Ma le associazioni di settore non lo seguono su tutta la linea, essendo ancora aperte al dialogo pur tenendo pronto un calendario d’iniziative bellicose come il presidio nelle sedi del Ministero della cultura e la possibilità, che qualcuno accarezza, di non mandare i film italiani ai grandi festival autunnali di Venezia e Roma. Tutto questo per riportare il tax credit, dimezzato dal governo nel 2014, almeno ai 90 milioni di euro iniziali per poi riuscire a stabilizzarlo nel tempo. Anche il presidente dell’Anica Riccardo Tozzi è intervenuto al riguardo: “Tutto il cinema è unito nella battaglia per il tax credit, dagli autori alle film Commission e se non otterremo quello che chiediamo prenderemo tutte le iniziative per bloccare il cinema italiano. Ci troviamo di nuovo nella situazione di lottare contro i tagli, e stavolta è particolarmente sbalorditivo, visto che c’è un presidente del Consiglio che si era impegnato a dimettersi se ci fossero stati tagli alla cultura. Eppure questo è il più drammatico taglio al nostro settore degli ultimi anni”. Ma trova anche una giustificazione per questo atteggiamento, dichiarandosi convinto che “Letta sia in buona fede, c’è stato un malinteso. Al governo non hanno capito che questa decisione rischia di avere effetti micidiali, così rischia di essere falcidiato soprattutto il nostro cinema d’autore, resterebbero solo opere prime e commedie blockbuster”. Stando a Tozzi, quindi, il governo non si sarebbe reso conto che l’introduzione del tax credit rappresentava la soluzione contro la riduzione costante del Fondo Unico per lo spettacolo, che oggi, aggiunge il presidente dall’Anec Lionello Cerri, “è di 478 milioni di euro complessivi, di cui solo 71 milioni per cinema, nei quali sono inclusi anche i 30 che vanno al Festival di Venezia a Cinecittà luce e alla Scuola nazionale di Cinema. Il cinema non pubblico lavora su 40 milioni di euro, di cui 20 per la produzione cinematografica”. Ma nella discussione è intervenuto anche il cugino del premier, l’ad di Medusa Giampaolo Letta: “Non vi farò fare il titolo Letta contro Letta le premesse per un ascolto da parte del governo sono delle migliori, ma a maggior ragione dobbiamo far sentire la nostra voce. Iniziative, come quelle fatte nel 2010 al festival di Roma erano state efficaci. I soldi ci sono o c’erano, basta poco”.
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