SCANDALO SU SCANDALO AL VATICANO…

 

…COSA SI CELA ANCORA DIETRO QUELLE MURA?

keith-obrien

Dopo Mahony, le dimissioni arrivano da Keith O’Brien, arcivescovo di Edimburgo accusato di ”comportamenti inappropriati”.  Ad accusare il conclavista – che non ha celebrato la messa nella cattedrale di St.Mary a Edimburgo – erano stati tre sacerdoti e un ex religioso. Nonostante le dimissioni, non si pregiudica per ora la sua partecipazione al Conclave. Ieri aveva annunciato di partire per Roma, anche se la Bbc anticipa che adesso potrebbe decidere di rinunciare.

I “COMPORTAMENTI INAPPROPRIATI” – Il cardinale – il chierico inglese più anziano – aveva contestato le critiche ricevute, mentre il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, aveva spiegato come “il Papa fosse informato del problema”. E come la questione fosse nelle sue mani. Poi la decisione delle dimissioni. O’Brien, che andrà in pensione il prossimo mese, è stato in passato un dichiarato oppositore dei diritti degli omosessuali. In tempi recenti aveva ritenuto i gay “immorali” e sostenuto come il matrimonio omosessuale sarebbe “dannoso per il benessere fisico, mentale e spirituale il benessere delle persone coinvolte “. Ma quali sono le denunce nei suoi confronti? Il Guardian parla di  ”comportamenti inappropriati”, nel 1980. Secondo quanto ha spiegato The Observer era stato un seminarista di 20 anni del College St Andrew, dove O’Brien era “direttore spirituale” a spiegare i suoi “approcci inappropriati”, avvenuti dopo la preghiera della sera. Fatti che risalgono a più di 30 anni fa. Il seminarista ha spiegato come non avesse denunciato prima la questione per timore di conseguenze negative, ma ha sottolineato come si fosse ammalato di depressione a causa dei comportamenti di O’Brien. Che fu poi promosso a vescovo. ”Sapevo che avrebbe avuto molto potere su di me”: una paura tale che ha spinto il prelato a lasciare il sacerdozio.

O’BRIEN  SI DIFENDE – Ma non è stato l’unico a denunciare i “comportamenti” inadeguati di O’Brien. Altri tre accusatori – come si legge sul Guardian – avrebbero raccontato tutto a monsignor Antonio Mennini, nunzio apostolico in Gran Bretagna. Un caso portato alla luce soltanto una settimana prima delle dimissioni improvvise di Benedetto XVI. Ma non si conoscono altri dettagli, dato che le loro testimonianze sono rimaste anonime. Prima delle dimissioni, il cardinale accusato non aveva voluto commentare, ma aveva affidato la sua difesa a Peter Kearney, portavoce della Chiesa cattolica scozzese. “Il cardinale O’Brien ha contestato queste ricostruzioni e ha dato mandato ai suoi legali di occuparsi della questione”. Ma in attesa non aveva celebrato, come al solito, la messa domenicale a Edimburgo.

Scandali e ancora scandali. Un Conclave minacciato sia dall’interno ( con i cardinali schierati gli uni contro gli altri) sia dall’esterno ( con scandali che si sommano ad altri scandali). Già i cattolici degli Stati Uniti avevano consegnato una petizione al Cardinale Roger Mahony, l’ex arcivescovo di Los Angeles, chiedendogli di non andare a Roma. Mahony, come dimostrerebbero anche diversi documenti pubblicati dalla stessa arcidiocesi di Los Angeles, è accusato di aver protetto e cercato di nascondere gli abusi sessuali commessi da decine di sacerdoti nei confronti di minori. Anche il cardinale  Timothy Dolan, arcivescovo di New York al centro del toto-nomine sul successore di Benedetto XVI, è rimasto coinvolto nelle indagini sugli abusi sessuali ai danni di minori, che sarebbero stati commessi da parte di alcuni sacerdoti nell’arcidiocesi di Milwaukee. Senza dimenticare come il pontefice abbia ricevuto questa mattina i tre cardinali (Julian Herranz, Josef Tomko e Salvatore De Giorgi) che hanno indagato sul caso Vatileaks, la questione della fuga di documenti riservati della Santa Sede conclusa con la grazia data dal Papa al maggiordomo Paolo Gabriele. E l’indagine segreta della commissione “ad hoc”, con la relazione top-secret e le polemiche per la presunta ”lobby gay” influente in Vaticano.

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Un Conclave che si tinge di mistero!

Roger M. Mahony

Morale, giustizia terrena e giustizia divina… Può partecipare a un Conclave anche ci si è macchiato di un reato tremendo come la pedofilia? In California la domanda se la pongono in tanti, mentre i Cardinali sono già con la valigia in mano pronti a imbarcarsi sul primo aereo per Roma.

E della partita, fino ad un clamoroso contrordine, dovrebbe essere compreso anche Roger M. Mahony, 76 anni, arcivescovo emerito di Los Angeles che il 31 gennaio scorso era stato “sospeso da ogni incarico” dal suo successore, monsignor José H. Gomez come annunciava il Los Angeles Times a tutta pagina.

I file che l’attuale pastore della diocesi californiana aveva dovuto esaminare e che hanno costituito l’oggetto di un procedimento durato 5 anni presso la Corte di giustizia di Los Angeles (giudice Emilie Elias) non lasciano dubbi. La Chiesa, guidata da Mahony (dal 1985 al 2011) aveva combattuto per anni per mantenere segrete le denunce di abusi, in particolare nei confronti di un prete poi fuggito in Messico, Nicolas Aguilar Riveira (accusato di molestie su 29 minori nel corso di 9 anni di permanenza in diocesi).

Una decisione sofferta quella dell’arcivescovo Gomez che l’ha spiegata con una lettera ai fedeli e al clero: “Non ci sono scuse per spiegare quanto è successo, dobbiamo riconoscere un terribile fallimento” (oltre ad un’indennità di risarcimento alle vittime di oltre 600 mila dollari).

Al destino del cardinale Mahony (che dovrà presentarsi in tribunale il 23 febbraio e che finora non ha mai ammesso le proprie responsabilità,anzi si è lamentato pubblicamente dell’umiliazione subita) si associava quello del vescovo ausiliare Thomas Curry, vicario per il clero, già dimessosi da Santa Barbara (tra i due tutta una serie di strategie per “evitare interferenze della polizia”): per loro veniva mantenuta la facoltà di celebrare, ma non di tenere omelie, né parlare in pubblico. Un provvedimento “con effetto immediato”, che non aveva precedenti oltreoceano, anche per il fatto che si trattava di un vescovo che sanzionava due confratelli nell’episcopato di cui uno pure cardinale.

Solo il Papa avrebbe potuto compiere di più e procedere con la riduzione allo stato laicale o almeno rimuoverli (come accaduto lo scorso anno al vescovo australiano Morris, per “motivi di ortodossia”).

Ma ai rappresentanti delle associazioni delle vittime dei pedofili andava bene anche così, come aveva dichiarato all’indomani David Clohessy della SNAP “un piccolo gesto nella giusta direzione”.

Ora, con un Conclave imminente e inatteso, le cose si complicano e monta la protesta: non è questo che si attende oltreoceano da Santa Romana Chiesa, ma nessuno in terra americana può far nulla, anche se al cardinale Dolan, presidente della Conferenza episcopale, sono giunte richieste di attivarsi presso il Vaticano.

Si chiede in altre parole un ultimo gesto coraggioso da parte del pontefice che tanto ha fatto per far guarire la Chiesa da questa piaga: la revoca della porpora e di fatto l’impossibilità ad entrare in Conclave per eleggere il successore.

 

Un  precedente già c’è, conclusosi però in direzione contraria alle attese: nel 2005 una manifestazione in piazza San Pietro aveva chiesto che fosse impedito l’accesso al cardinale Bernard Law dimessosi da Boston sempre per aver coperto abusi, ma il cardinale partecipò normalmente al Conclave che elesse Benedetto XVI.

 

E in Irlanda c’è già chi si pone l’interrogativo per il cardinale Séan Brady, già dimessosi da presidente della Conferenza episcopale, ma anche lui finora nella rosa degli elettori. Se sono tanti i temi in gioco per un futuro Papa, questione la pedofilia di certo non è ancora archiviata.

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