Roberto Gianfalla, questo è il nome dell’italiano che ieri è stato linciato in Madagascar con l’accusa di essere responsabile insieme ad altre due persone, di nazionalità francese, di traffico d’organi. Era partito dal capoluogo siciliano anni fa e lì della famigli Gianfalla non ci sarebbe più nessun parente stretto. Il padre è morto e la sorella e il fratello di Roberto abitano in Francia. Gianfalla separato dalla moglie con due figli lo ricordano così:
«A Palermo viveva come un vagabondo. Abitava in una casa diroccata in un vicolo qui vicino. Era un ragazzo buono ma a volte perdeva il controllo. Noi lo abbiamo aiutato parecchie volte. Gli abbiamo comprato, cibo e vestiti e anche un fornellino a gas per cucinare. Era disoccupato e una volta gli trovai un lavoro in una pizzeria, vicino al mercato della Vucciria. Ma dopo un mese mollò perché diceva che era un mestiere troppo faticoso».
«Anche il padre di Roberto abitò in Francia. Con Gianfalla ci scambiavamo messaggi su Facebook e le ultime volte che ho avuto sue notizie mi disse che sarebbe andato in Madagascar».