Roberto Saviano, nella sua rubrica sull’Espresso criticava la fiction italiana. L’articolo dal titolo ” Quanto buonismo nelle nostre fiction”, aveva lo scopo di paragonare la fiction made in Usa con quella dello Stivale e, secondo l’interpretazione di Saviano le fiction italiane non riuscirebbero a rappresentare la realtà, legate ad “acritiche agiografie di santi e padri della patria”. Il suo discorso prende spunto da un articolo pubblicato sull’ “Internazionale”, dove si citano due serie televisive statunitensi di grande impatto: “24” e “Homeland”. In entrambe al centro della storia c’è il governo americano e la lotta contro il terrorismo. Questa la riflessione di Saviano:
“Osservare queste due serie è utile perché mostra quanto sia determinante l’influenza delle agenzie governative statunitensi sui prodotti culturali, che dal 2001 in poi si concentrano sostanzialmente su questioni legate alla sicurezza nazionale. Ma come spesso accade l’osmosi è perfetta: se da un lato le piccole concessioni da parte degli autori portano alla possibilità di poter accedere a location altrimenti inaccessibili, dall’altro il riuscire a inventare nuovi scenari inediti per attentati e pericoli imminenti, mette in guardia gli apparati di sicurezza cui troppo spesso manca la fantasia per poter prevedere il futuro”.
Saviano sottolinea di non voler apprezzare la capacità dei governi di influenzare le serie tv, ma vorrebbe che ci fosse la capacità di criticare anche ciò che riesce ad appassionare il pubblico:
“Insomma, non tutto ciò che ci piace è ‘buono’ o eticamente corretto. Non deve per questo smettere di piacerci, ma spingerci a riflettere e a trovare gli strumenti per godere di un prodotto sapendo che è legato al contesto in cui nasce.”
Per lo scrittore anche Shakespeare riuscì a disegnare una politica dei suoi tempi senza risultare piegato alla volontà dei potenti. Oggi, le serie tv hanno la possibilità di arrivare a milioni di persone, rappresentando un contesto che può influenzare il pubblico e restare nella storia. Ma quest’ipotesi è legata solo alle serie straniere: per Saviano, è difficile che la fiction nostrana possa essere ricordata per il suo atteggiamento nei confronti della realtà:
“Ritratti buonisti, senza chiaroscuri e sfumature – che dovrebbero costituire il senso di ogni narrazione -immortalmente liquidati dalla geniale caricatura di ‘Padre Frediani’ che gli amanti di Boris, ricorderanno.”
All’articolo ha risposto con un Tweet Beppe Fiorello:
“Capisco la critica e le osservazioni sulla fiction italiana, ma come ho detto altre volte non accetto generalizzazioni. Personalmente ho raccontato storie importanti e talvolta scomode. Il manifesto allegato nel tweet precedente riguarda un tv Movie di circa sette anni fa. Raccontò la storia (insabbiata per vent’anni) di Graziella Campagna. Tutti sapevano nessuno parlava e proprio per questo la fiction venne censurata dall’allora Ministro della giustizia che disse: “Questa fiction turba la serenità dei magistrati”. Assurdo. Quella censura però non venne denunciata da nessuno. Soltanto io, il regista, la stessa Rai e De Cataldo (che non c’entrava nulla con il progetto) lottammo affinché quella scomoda verità andasse in onda. Furono oltre sette milioni i telespettatori che poterono constatare quanto accadde alle spalle di una famiglia che non c’entrava nulla con il sistema Mafia e perse atrocemente una figlia di diciassette anni. Come questa, ho anche raccontato L’Uomo Sbagliato, la vera storia di Daniele Baroni, dieci anni di carcere per un errore giudiziario. E senza risparmiare chi commise l’errore. Anche qui si sapeva ma non si parlava. Solo per dire che la Fiction italiana ha delle eccellenze, e mi piacerebbe però far notare che in America oltre alle due serie citate nell’articolo (24 e Homeland), ce ne sono (in maggioranza) di totale buonismo, violenza e inutilità sociale. Difendo il mio mestiere perché lo faccio con passione e verità, ma non nascondo che la nostra fiction ha realmente bisogno di trovare una strada nuova. Io ci sto lavorando”.