
Mamma Lucrezia non si dà pace: “Esigo le scuse del direttore di RaiUno, non per me ma per mio figlio. Cosa è diventata la Rai? Chi invita come esperti? A che titolo quella donna dice a mio figlio che la sua vita è indegna?”. È amareggiata mamma Lucrezia, dopo la puntata de La Vita in Diretta in cui, su invito di RaiUno, lei, il figlio Max e tutta la famiglia dovevano raccontare la loro storia incredibile. Max Tresoldi, infatti, si è risvegliato nel 2001 dopo 10 anni di stato vegetativo. Senza terapie invasive e senza aver visto mirabolanti “tunnel di luce” (come quelli raccontati nel segmento precedente della puntata). Solo perché la vita, a volte, può riservare delle sorprese incredibili.
Mamma Lucrezia contro mamma Rai. Dopo quel che è accaduto durante “La vita in diretta”, con l’intervento in studio di Alda D’Eusanio, ora la signora, mamma di Max, ragazzo appena uscito dal coma, esige le scuse per suo figlio. Queste le parole durissime della D’Eusanio, riportate questa mattina da un articolo indignato di Avvenire:
«Quella non è vita», spara in faccia a Max, che non ha avuto il tempo di srotolare il poster in cui aveva scritto di suo pugno “sono tanto felice”. «Tornare in vita senza poter più essere libero – ha proseguito imperterrita la D’Eusanio – e soffrire, e avere quello sguardo vuoto… mi dispiace, no!».
«Rivolgo un appello pubblico a mia madre – ha continuato ormai senza freni Alda D’Eusanio –, se dovesse accadermi quel che è accaduto a Max, non fare come sua mamma!». Ovvero non abbracciarmi, non baciarmi, non lavarmi, non girarmi nel letto, non darmi pranzo e cena… Perché solo questo ha fatto Ezia, insieme al marito Ernesto e a quel mare di amici di Max conosciuti all’oratorio o sui campi di calcio, non terapie invasive, non respiratori o cannule, non accanimenti. Ha curato e amato.
Come riporta l’Huffington Post: i conduttori Paola Perego e Franco Di Mare, visibilmente imbarazzati, hanno cercato di limitare i danni. Ma la D’Eusanio, implacabile, ha continuato: «Quando Dio chiama, l’uomo deve andare!». Alla fine mamma Lucrezia è riuscita a riconquistare il microfono per dire la sua: «Voglio dire a quella signora che io non ho riportato in vita mio figlio, mio figlio è sempre stato in vita. E la sua vita è bella così com’è».
Ora, come scrive Avvenire, la famiglia Tresoldi vuole delle scuse.
Finita la trasmissione, da Roma gli autori della trasmissione subito chiamano casa Tresoldi. Si sono accorti che la Rai ne esce male, chiedono scusa, cercano di uscirne in qualche modo. Le telefonate vanno avanti fino a notte, ma Ezia insiste con ferma dignità: «Esigo le scuse del direttore di RaiUno, non per me ma per mio figlio. Cos’è diventata la Rai? Chi invita come esperti? A che titolo quella donna dice a mio figlio che la sua vita è indegna?».
Questo è il vero problema. Dei venti minuti previsti sugli stati vegetativi, ben 16 (sul sito Rai si può rivedere la puntata e fare la “moviola”) sono stati dedicati a presunte «visioni del paradiso», addirittura «porte dell’aldilà», luci «che immettono in un’altra dimensione», con interrogativi “profondissimi” del tipo «forse sono viaggi ai confini della vita che ci attende oltre l’esistenza terrena?».
C’è chi in sei giorni di coma ha visto le farfalle, chi la nonna. Max no, non ha visto niente in dieci anni, perché lui vedeva noi, i medici, la città, la vita vera, ma non riusciva a comunicarcelo. Questo è il vero mistero, ma in studio non un neurologo, non un giornalista informato. Confondere due temi seri come stato vegetativo e vita dopo la morte ridicolizza entrambi, oltre a creare un pericoloso fraintendimento coma=morte cerebrale. Derive ancora più inaccettabili se ce le imbandisce mamma Rai, fino a prova contraria servizio pubblico di informazione.
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