Salone del Libro di Torino 2013… è qui che si è svolta la “requisitoria” di Saviano contro il governo Letta che tra i suoi impegni programmatici non ha inserito la lotta alla mafia. ”Se è vero che l’economia criminale è la prima del paese, allora com’è possibile che quando questo governo è entrato in carica non abbia pronunciato la parola mafia?Eppure non si trattava di un problema secondario ma di un tema economico fondamentale”. Lo scrittore ha poi definito incredibile la scelta di affidare a Micciche’ un sottosegretariato.
Apre quindi una ferita che lacera l’Italia Roberto Saviano… la mafia controlla l’economia, il mondo del lavoro e la società. Le controlla con l’evasione, il crimine e il traffico di stupefacenti. Si fa largo nei quartieri e nel controllo dei territori con la politica del terrore e detta regole che “impoveriscono” i più e convogliano il denaro nelle mani di pochi… un governo di servizio non dovrebbe occuparsi di “questi luoghi comuni” che sono il male quotidiano di migliaia di cittadini che sono costretti ad aderire al crimine organizzato per non essere succubi di questo? In un’Italia in crisi ci possiamo ancora permettere il “lusso” della mafia? Perché di lusso si tratta… quel sommerso che diventa evasione, quei lavori sporchi che diventano “il business”, quelle regole che si sostituiscono alla legge… tutto questo ha un costo economico enorme. L’Italia si impoverisce e la mafia si arricchisce… Dove è il governo italiano a impedire che ciò accada? Sta pensando come ridistribuire la tassa sull’Imu invece di portare avanti la lotta alla mafia e recuperare i “soldi sporchi”? Si parla si rilancio dell’economia e si lasciano i territori in mano ai clan mafiosi che gestiscono gli appalti e controllano gli imprenditori?
Appartiene al suo sorriso
l’ansia dell’uomo che muore,
al suo sguardo confuso
chiede un po’ d’attenzione,
alle sue labbra di rosso corallo
un ingenuo abbandono,
vuol sentire sul petto
il suo respiro affannoso:
è un uomo che muore.
(Peppino Impastato)
Parlare di Peppino Impastato non è facile. Chiunque ci ha provato ha raccontato una “propria” verità che non è mai la Verità. Quella verità che è rimasta custodita nella vita strappata a Impastato.
I miei occhi giacciono
in fondo al mare
nel cuore delle alghe
e dei coralli.
(Peppino Impastato)
Un uomo che nasce dentro la mafia, la respira in casa dove il padre Luigi è inviato al confino durante il periodo fascista per attività mafiose. Dove lo zio e altri parenti erano mafiosi ed il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella,morto nel 1963 in un agguato. Mafia per Impastato è la vita quotidiana. Mafia è l’incubo a cui si sottrae quando, ancora ragazzo, decide di rompere con la sua famiglia… lui con quella gente non ha nulla da condividere, non sono sue quelle radici.
Oggi parlare di Impastato è cadere nell’ovvio. Ogni parola che si può dire è già stata spesa ampiamente intorno a questa figura. Un personaggio spesso assunto a simbolo, messo su un piedistallo e osannato, ma a cui ancora oggi, nessuno ha voluto dare veramente giustizia. Sono troppe le ombre sul delitto di mafia e a distanza di 35 anni i conti non tornano. Sono troppe le omissioni, sono troppe le incongruenze… le carte sparite, i testimoni scomparsi. Si continua a idolatrare una persona forse per continuare a sviare ancora una volta la verità? Impastato forse non ha bisogno di essere osannato, ma ha la necessità di poter vedere dissipare ogni dubbio intorno alla sua morte. La memoria non basta se la obnubiliamo di troppe parole e troppe sono state spese senza dare chiarimenti sul caso Impastato. Ogni volta che qualcuno ha tentato di spezzare la catena e andare a fondo è stato fermato o dalle minacce o dalle querele. Simbolo della lotta contro la mafia, ma forse nonostante sia fuggito sin da ragazzo c’è chi poco a poco si è rimpossessato di lui… un martire a cui viene negata la verità. E forse questa è ancora una volta l’ennesima vittoria mafiosa.
Quando mai la mafia ha avuto bisogno di “allestire una scena del crimine”? Il discredito non è il perno intorno a cui si muove la mafia… quando l’uomo d’onore disonora non c’è giudizio da dare, si leva di mezzo e basta… non si deve dimostrare che era un “terrorista”, la mafia non ha interesse a dire “lo abbiamo dovuto fare perché era pericoloso”, non ha bisogno di altre legittimazioni al di fuori del terrore, dell’ignoranza e della povertà. Il discredito di una persona si usa in politica, in amministrazione… nei poteri forti dello Stato, dove al colpo di pistola si sostituisce la macchina del fango. Nell’omicidio impastato si hanno entrambi gli elementi prima ti uccido e poi ti faccio apparire come un “nemico del popolo”.
Perchè quindi non iniziare a pensare che Impastato dava sicuramente molto fastidio alla mafia ma anche ad altri poteri? Un processo condotto con approssimazione, senza leggere la documentazione… Magistrati e carabinieri che lavorano alacremente per coprire un boss importante come Tano Badalamenti, il re della droga? Solo e unicamente per lui vengono inquinate le prove, sviate le investigazioni ed emesso un giudizio che non ha nessuna “pezza d’appoggio” per avere una validità? Solo per Tano Badalamenti viene fatto passare Impastato per un ragazzo “morto sul lavoro” mentre metteva bombe?
Poi i tempi cambiano per Tano Badalamenti ma non per i poteri forti! Così Badalamenti va in carcere e il caso Impastatorimane avvolto nella nebbia. Vogliamo seguitare a farne un santino o gli riusciremo a dare dignità facendo emergere quella verità che ancora è sepolta?
Dopo una lunga malattia è morta Agnese Borsellino, moglie del giudice Paolo, ucciso dalla mafia. Il fratello del giudice siciliano, Salvatore, tu Facebook scrive: “E’ morta Agnese. È andata a raggiungere Paolo. Adesso saprà la verità sulla sua morte”. Agnese Piraino Leto in Borsellino era figlia di Angelo Piraino Leto che fu magistrato e presidente del tribunale di Palermo. Si sposò con Paolo l’antivigilia di Natale del 1968 e da lui ha avuto tre figli: Lucia (1969), Manfredi (1972) e Fiammetta (1973).
Ma agli italiani chi racconterà la verità? Devono tutti morire per sperare di saperla? Forse sì, anche perché, si continua a voler insabbiare, si continua a distruggere intercettazioni, si dicono mezze verità che non si ha più voglia di ascoltare… ma gli italiani hanno ancora voglia di sapere oppure ormai sono rassegnati? La nostra rassegnazione è la prima arma su cui punta la mafia… non lasciamogliela usare!
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