Si è tolto la vita Gabriele Scalfarotto, presidente di AGedO e padre di Ivan

gabriele-scalfarotto-tuttacronaca-agedoAveva sempre mostrato di essere un combattente Gabriele Scalfarotto, padre dell’onorevole del Pd Ivan Scalfarotto, fondatore dell’AGEDO (Associazione genitori, parenti e amici di omosessuali) e, in precedenza, presidente provinciale dell’AVIS. L’uomo, come riporta il Mattino di Foggia, si è tolto la vita nella sua abitazione, tra Zapponeta e Manfredonia, in Puglia. Non si conoscono le ragioni del gesto, anche se sembra che soffrisse di crisi depressive. Sul letto, accanto al suo corpo, è stato rinvenuto un biglietto con un messaggio ai figli. Stando alle prime notizie sembra che si sia tolto la vita sparandosi un colpo di pistola alla testa nella sua villa tra Zapponeta e Mandredonia.

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Quist, l’applicazione americana per gay e lesbo, sceglie Capezzone

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Quist, un’applicazione per smartphone che vuole costruire una vera e propria community per gli omosessuali, raccogliendo anche gli eventi e le notizie legate al mondo LGBT e ai suoi protagonisti, ha scelto per la propria homepage di mettere come esempio del “coming out” italiano daniele Capezzone, attuale portavoce del Pdl ed ex radicale, che secondo Quist, sarebbe il primo membro dichiaratamente bisessuale del Parlamento italiano e il secondo a ricoprire un incarico pubblico. La scelta sorprende perchè Quist ha scelto Daniele Capezzone, ma non ha neppure pensato a Paola Concia (attivista per i diritti LGBT e membro della Camera dei deputati), Nichi Vendola  (Presidente nazionale di Sinistra Ecologia Libertà e attuale presidente della Regione Puglia) o Ivan Scalfarotto ( politico e attivista italiano, impegnato per i diritti LGBT e vicepresidente del Partito Democratico). Quist ha scelto Daniele Capezzone che fra l’altro il 12 febbraio 2010 è stato condannato, in via definitiva dalla Corte Suprema di Cassazione per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Come si può leggere su Wikipedia infatti la Suprema Corte ha respinto il ricorso di Capezzone per una vicenda risalente al novembre 2002, quando ricopriva la carica di segretario dei Radicali Italiani. Attraverso una dichiarazione stampa, questi si era rivolto a Carlo La Speranza, Pubblico ministero nel processo sull’omicidio della studentessa romana Marta Russo, parlando di «comportamenti letteralmente teppistici di alcuni magistrati»

Fra l’altro Capezzone solo in un occasione, sempre seguendo la biografia di Wikipedia, avrebbe affermato, nel 2006,  in un’intervista ad Eva 3000 ripresa dal Corriere della Sera, di essere bisessuale. Lo stesso politico, in una successiva intervista a Libero, ha definito «una tempesta in un bicchier d’acqua», aggiungendo che «le mie relazioni sono affar mio». Tale posizione è stata ribadita nel 2010 in un’ulteriore polemica sulla sua presunta bisessualità, in cui ha riaffermato che questi argomenti «sono questioni private». Quindi perché Quist non sceglie un vero attivista italiano dei diritti LGBT, ma preferisce avere in homepage un politico che fa riferimento a una sua presunta bisessualità come “una questione privata”?

Mussolini creò la prima comunità gay?

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Sicuramente non era nelle intenzioni del Duce creare la prima comunità gay, ma fu quello che avvenne quando Mussolini decretò il confino degli omosessuali alle isole Tremiti.

A riportare alla memoria di quanto successe nell’isola durante il fascismo è stato il libro “La città e l’isola”, scritto da Gianfranco Goretti e Tommaso Giartosi, due ricercatori e attivisti, compagni anche nella vita.  La storia racconta che sull’isola finirono in particolari omosessuali di Catania, spedinti al confino fin dal 1938 dal locale prefetto che voleva bonificare al città dall’immoralità. A differenza di altre isole però, l’isola di San Domino nell’acipelago delle Tremiti ospitò esclusivamente omosessuali. Il fascismo non scrisse mai leggi contro gli omosessuali, anche perché avrebbe significato ammetterne la presenza che invece veniva ben celata. Sull’isola, però, quegli omosessuali scoprirono un effetto involontario di quella politica, perché a parte le condizioni scomode dell’alloggio e il coprifuoco alle otto di sera,  godevano di libertà impensabili altrove nel paese, potevano anche vestirsi in abiti femminili e nessuno diceva niente, tanto che alcuni rimasero dispiaciuti quando, alla fine della guerra, furono trasferiti ai domiciliari alle loro residenze, dove propabilmente se la passavano peggio.

Quindi sembra proprio che involontariamente Mussolini creò una comunità gay in Italia!

Le coppie gay sono equiparate a quelle etero… ma solo per i parlamentari!

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Le coppie gay hanno nuovi traguardi raggiunti in Italia, ma solo se deputati. Infatti l’Ufficio di presidenza della Camera ha accolto una richiesta di Ivan Scalfarotto che chiedeva l’assistenza sanitaria per i conviventi dello stesso sesso. Ma gli altri gay d’Italia a cui tale “privilegio” non è concesso?  Sempre leggi ad personam? Non sarebbe meglio estendere a tutti questo tipo di diritti invece che riservarlo solo ai parlamentari? Se poi non può essere esteso perché concederlo a uno solo? In un governo di servizio ai cittadini si continua a pensare solo ai propri interessi? Semmai dopo fatta una legge si poteva applicare anche in Parlamento, ma non è possibile continuare a perseverare con diritti concessi ai parlamentari di cui non possono godere i cittadini.

 

Se questa è sinistra… Ivan Scalfarotto non ho votato Rodotà ecco il perchè!

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Ivan Scalfarotto, vicepresidente dell’Assemblea nazionale del Partito democratico e deputato al Parlamento, oggi ha scritto sul suo blog le motivazioni per cui secondo lui non era giusto votare Rodotà:

La persona che viene eletta, almeno nel nostro sistema costituzionale che deliberatamente non prevede l’elezione diretta da parte del popolo, non deve rappresentare solo se stessa ma una soluzione politica che assicuri stabilità ed equilibrio politico al paese per un periodo di sette (lunghissimi, sul piano istituzionale) anni“.

Cioè il Presidente della Repubblica visto che non è eletto diretto dal popolo deve essere un gioco di potere? Che assicuri stabilità ed equilibrio? Non che sia super partes e garantista?

“Veniamo dunque a Rodotà. Tolte dal campo le sue straordinarie qualità personali, cosa rappresenterebbe un voto per Rodotà? La risposta è che la scelta del professore avrebbe senso solo se, in termini politici, essa costituisse la legittimazione e lo “sdoganamento” del M5S nel quadro politico-istituzionale del paese. Se costituisse, in altri termini, l’accettazione da parte di M5S del sistema istituzionale della democrazia rappresentativa, disegnata intorno ai partiti, voluta dai nostri costituenti”.

Cioè se l’M5S venisse a dover reggere in piedi un governo con Bersani abbracciato ad Alfano? La democrazia rappresentativa svuotata del significato (cioè se non condivisa la scelta con il popolo) cosa rappresenta? Se stessa?   I nostri costituenti hanno solo parlato di democrazia rappresentativa espressa attraverso i partiti, non di una democrazia che rappresenti i partiti ignorando i cittadini.

“Il problema è che M5S non ha inteso proporre Rodotà a questo scopo. La scelta del candidato Rodotà non significa che il movimento di Grillo ha accettato la responsabilità che deriva dall’essere diventato un protagonista della nostra vita parlamentare. Rodotà è stato scelto solo per essere arrivato terzo alle “quirinarie” e per il fatto che Gabanelli e Strada hanno rinunciato. Non è un’idea che si vuole condividere, ma solo un’altra proposta “prendere-o-lasciare” che non risponde a un pensiero di costruzione di un sistema comune, ma impone al parlamento la combinazione, piuttosto casuale, dell’esito di una competizione online.”

Invece Marini è frutto di un lungo studio a tavolino tra Bersani e Berlusconi? Prodi è frutto di tanti compromessi delle diverse correnti del Pd? Il risultato è noto… ci sono parlamentari che ancora hanno rispetto per il popolo e non li votano.

Inoltre, una volta per tutte, la sinistra la smette di scrivere in modo burocratese e incomprensibile e si avvicina al popolo spiegando le proprie idee in modo semplice ed esaustivo e non coprendosi dietro grandi paroloni solo per mascherare i privilegi acquisiti?

Discriminazione di privilegi per i deputati gay!

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Se un deputato ha un convivente di sesso diverso, può estendere anche a questo la sua copertura sanitaria da parlamentare. Ma se il deputato è dello stesso sesso, la cosa non è scontata. Bisogna fare domanda, ci vuole un’istruttoria dell’ufficio di presidenza, e la risposta può arrivare anche dopo 5 anni, alla fine della legislatura. A denunciare il paradosso (e l’umiliazione relativa) è un candidato del Pd dichiaratamente gay, Ivan Scalfarotto, 47 anni. Al momento di fare le pratiche per l’assicurazione sanitaria da parlamentare (obbligatoria per legge), Scalfarotto ha indicato come convivente ‘more uxorio’ il suo compagno Federico. Per il regolamento della Camera, la copertura sanitaria si estende anche ai conviventi, previo il pagamento di un contributo.
I deputati che convivono estendono regolarmente la loro assicurazione anche a compagni o compagne.
“Il regolamento non indica ‘convivente di sesso diverso’, quindi avrebbe dovuto essere estesa automaticamente a Federico – racconta Scalfarotto, che in questa legislatura ha già presentato una legge sul matrimonio omosessuale -. Invece, all’ufficio di presidenza mi hanno detto ‘fai una domanda per questo e la valuteremo’. Io mi sono sentito umiliato come parlamentare e come cittadino. Alla fine ho dovuto presentare la domanda, anche se non ero d’accordo”.
L’istanza dovrà ora essere valutata dal vicepresidente della Camera Roberto Giachetti (Pd). Scalfarotto spera che la sua domanda non faccia la fine di quella di Anna Paola Concia, deputata Pd omosessuale della passata legislatura, che aveva fatto richiesta di copertura per la sua compagna Ricarda.
“Purtroppo mi sono trovata di fronte un muro del centrodestra e di Buttiglione – spiega l’ex deputata -. Per cinque anni non mi hanno mai dato risposta, perchè sapevano che se mi avessero detto di no, io avrei fatto un ricorso interno, chiedendo che la copertura venisse tolta a tutti i conviventi dei parlamentari. Visto che in Italia le coppie di fatto non sono riconosciute fuori dal parlamento, non si vede perchè debbano essere riconosciute dentro. Ero l’unica su 945 parlamentari a non avere questo beneficio ( forse sarebbe meglio chiamarlo privilegio). Solo all’ultimo giorno della legislatura, quando ormai non potevo più fare ricorso, mi hanno detto di no”.

Ma se iniziassimo a levarla a tutti e a far risparmiare gli italiani?

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