Ci sarebbero responsabilità e imperdonabili “superficialità” che unite alle negligenze commesse dai medici dell’ospedale di Orbetello avrebbero portato alla morte di Valentina Col, 17enne romana. Questo è quanto hanno scritto gli ispettori del Ministero della Salute al termine dell’indagine sul decesso della ragazza di Montesacro, avvenuto il 25 agosto. Al momento sarebbero coinvolti 9 medici e un radiologo e la famiglia ha già affermato di voler costituirsi parte civile: «I medici che hanno commesso questi errori gravissimi devono pagare», dice la mamma della ragazza, Francesca. «Quando abbiamo letto la relazione siamo rimasti sconvolti per la disumanità di queste persone. Non si tratta più neanche di errori medici ma di un vero e proprio abbandono di una ragazza di 17 anni».
L’indagine del Ministero mette sotto accusa l’ospedale di Orbetello, una struttura che secondo gli ispettori non sarebbe stata in grado di accogliere pazienti di giovane età. «Nell’ospedale – scrivono – era in atto una riorganizzazione, ma l’esperienza clinica della struttura era decisamente limitata alla cura di anziani e di malati cronici, con l’eccezione dei periodi estivi in cui le tipologie di pazienti cambiano notevolmente». Per questo «si sollevano interrogativi sulla competenza degli operatori dell’ospedale in merito alla presa in carico di pazienti giovani». Il rapporto finale del Ministero della Salute dice anche che i medici che avevano in cura Valentina non avrebbero rispettato il protocollo standard: «L’organizzazione del reparto di medicina generale prevede dei briefing mattutini sui singoli casi e l’assegnazione a ogni paziente di un medico tutor. Nonostante queste prescrizioni, l’indagine ha rilevato l’assenza di qualunque annotazione sulla cartella clinica di Valentina da parte del medico tutor. Ancora: la prima riunione coordinata dal medico del reparto in cui Valentina era ricoverata si è tenuta solo il 24 agosto, ovvero alla vigilia del decesso». In particolare, scrivono ancora gli ispettori, non è stata compilata «la prescritta scheda di valutazione del rischio tromboembolico, così come stabilito dalle procedure indicate dalla Regione Toscana. Se quella scheda fosse stata compilata, a Valentina sarebbe stata somministrata l’apposita profilassi tromboembolica». E forse si sarebbe salvata.
Come scrive Il Messaggero:
L’ispezione del ministero ha rilevato gravi incongruenze nella compilazione della scheda clinica, definita «routinaria e superficiale». L’indagine ha anche rilevato che non c’è stato ascolto e condivisione nei confronti della paziente, un passaggio importante non solo ai fini dell’umanizzazione della cura, ma definito «fatto grave» in quanto si era in presenza di una paziente giovane, spaventata e giustamente ansiosa. Nella parte finale del rapporto gli ispettori denunciano poi il «mancato coinvolgimento delle competenze pediatriche presenti all’interno dell’ospedale» e un percorso diagnostico «non appropriato» dal momento che non sarebbero stati fatti gli esami e le cure generalmente prescritte per casi simili.