
Dopo che è arrivata la decisione di sospendere l’Imu di giugno per poi ricalibrare l’imposta entro il 31 agosto, Vincenzo Visco ha deciso di rilasciare un’intervista in cui dare la propria ricetta:
“È un rinvio, non potevano fare diversamente in tre settimane. La cosa importante è che questo tempo fino al 31 agosto serva a mettere a punto una riforma come si deve, e non sia l’ennesimo escamotage per perdere tempo”, Riforma che Visco, due volte ministro delle Finanze sotto le presidenze Ciampi e Prodi, ha già in testa.
Ma da dove iniziare?
“Tanto per cominciare, non dall’Imu. Congelare l’aumento dell’Iva e abbassare l’Irpef. Sono queste le priorità, altro che Imu. È incredibile il tempo e le energie che vengono spesi per discutere di abolizione e sospensione. Tutti i principali osservatori internazionali ci dicono che bisogna guardare altrove”
Ma allora perchè continuare a premere sull’Imu?
“È un tema popolare, sposta voti, e la politica si accoda”.
Ecco lo stralcio dell’intervista rilasciata da Visco:
Ammesso che dall’Imu si debba partire, quali sono le misure che ha in testa per riformare la tassazione immobiliare? Lei, sulle pagine del Sole 24 Ore, ha parlato di un’imposta che se abolita, avvantaggerebbe “i cedi medi affluenti”. Perché, ha spiegato “il 20% dei contribuenti si aggiudicherebbe il 50% degli sgravi complessivi”. Come renderla più equa allora?
“Il punto principale è rivedere i valori catastali su cui si calcola l’imposta. Oggi esistono grandi disparità tra comuni e comuni e diversi quartieri all’interno dello stesso comune. Cifre che non sempre sono associate al reale valore di mercato degli immobili. Accade ad esempio che vengano penalizzati di più i proprietari di case in periferia rispetto a chi risiede nei centri storici”.
Si parla da tempo di riforma del catasto. Eppure si è fatto poco o nulla
“Perché si è puntato alla perfezione, ma la perfezione richiede tempi molto lunghi. Io ho proposto una soluzione alternativa. Quella di prendere i dati di cui dispone l’agenzia del Territorio sui valori di mercato degli immobili e utilizzare quelle come base per calcolare l’imposta. Così si potrebbe rivalutare le rendite in modo efficacie, eventualmente riducendo i nuovi valori del 5-10%”.
Rendite più “giuste” consentirebbero di abbattere il peso dell’imposta?
“Si raddoppierebbe la base imponibile. In questo modo l’aliquota di riferimento potrebbe essere ridotta sotto il 2 per mille” (attualmente, al netto delle modifiche che possono apportare i singoli comuni, è intorno al 4)
Quali altre misure ha in mente, per rimodulare l’imu?
“Si può ipotizzare di rendere la detrazione, che oggi è fissa a 200 euro, variabile a seconda dei comuni. Proprio perchè ad esempio – nelle grandi città – i valori catastali sono molto più alti. Ed è più difficile che fasce medio-basse possano essere avvantaggiate da questa agevolazione. Si può poi valutare la possibilità di dedurre dall’imponibile i mutui ipotecari e considerare prima casa anche l’abitazione di un proprietario che vive a sua volta in affitto”.
L’Imu sta diventando l’interruttore di questo esecutivo. Ieri Brunetta ha detto che se non si trova una soluzione per abolirla interamente il governo salta.
“Mi sembra che le armi del Pdl siano parecchio spuntate. Brunetta o chi per lui dovrebbero capire una cosa molto semplice. Che in Parlamento non c’è una sola maggioranza. Nel giro di qualche mese se questo governo non dovesse funzionare o venisse messo alle strette, mi pare evidente che non si andrebbe immediatamente al voto”.
Sta dicendo che tornerebbe in campo il cosiddetto “Governo del cambiamento” di Bersani?
“Se cadesse questo governo per prima si dimetterebbe il capo dello Stato. Quindi ci sarebbe un nuovo presidente della Repubblica, a quel punto vedremmo che governo si potrebbe fare”.
Un esecutivo Pd-M5s? Qualcuno ci ha provato, senza successo, qualche mese fa
“Forse perché non ci si è creduto fino in fondo. Diciamo che non bisogna confondere le prospettive di vita di questo governo con la durata della legislatura, è evidente che se questa maggioranza non funziona se ne deve trovare un’altra”.
Archiviata l’esperienza Monti, nel Paese si fa sempre più nutrito il fronte bipartisan che chiede un allentamento dell’austerità.
“Qualsiasi dibattito su crescita e austerità è paralizzato dal voto tedesco in settembre. Certo vedo la Germania restare sempre più sola. Persino l’Olanda sembra averla abbandonata. Si sta consolidando la consapevolezza che l’austerity va allentata. Si è capito che nessuna economia può vivere con questa camicia di forza addosso”
Vede coagularsi un solido fronte anti-tedesco, magari attorno l’asse Roma-Parigi?
“Sì, anche se non molto solido fino ad ora. Mi auguro che Letta ci lavori. Bisogna soprattutto impedire che la Francia dialoghi da sola con Berlino. Ma anche la stessa Germania dovrebbe stare in guardia. Non so se si ricorda cosa ha detto l’ex ministro degli Esteri Fischer, in un’intervista lo scorso luglio. Il Paese deve stare attento o rischia con i suoi comportamenti di affondare l’Europa: sarebbe la terza volta in cento anni”.
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