Il cinema è in grado di plasmare le menti dei giovani, siano o meno americani, e proprio per questo Barack Obama tenta di responsabilizzare Hollywood sui film definiti “violenti”. Il presidente si è recato sulla collina che svetta su Los Angeles ed ha parlato davanti a duemila tra dipendenti e ospiti di DreamWorks Animation, dispensando parole di apprezzamento per il ruolo che il settore svolge per l’economia del Paese. L’industria cinematografica si è sempre dimostrata alleata di Obama e proprio forte di questa simpatia non ha esitato a lanciare il suo monito educativo. “L’intrattenimento è una delle punte di diamante della nostra economia”, ha detto, ma anche: “Pensate a lungo e in modo severo al messaggio che i film violenti possono trasmettere ai nostri figli”, facendo in particolare riferimento, all’uso delle armi. La crociata contro le armi lo vede da sempre impegnato in prima linea e per questo vuole avere al suo fianco il cinema: per la capacità del mezzo d’influenzare gli spettatori: “L’intrattenimento fa parte della diplomazia americana, si può andare ovunque nel mondo e troveremo un bambino che veste la maglietta del cartone Madagascar”, ha detto, spiegando che però “dobbiamo sempre fare in modo che nessuno possa glorificare la violenza” e sottolineando la “grande responsabilità” che leader e star del settore cinematografico hanno nei confronti del pubblico. “Non dobbiamo dimenticare – ha proseguito Obama – che le storie che voi raccontate hanno una grande rilevanza, formano in qualche modo le prospettive dei nostri figli e le loro vite”. Ma come spiega La Stampa, “la trasferta di Obama non è stata esente da polemiche specie da parte dei conservatori i quali hanno criticato il presidente per aver scelto gli studios di DreamWorks perché di proprietà di Jeffrey Katzenberg, uno dei principali donatori della sua campagna elettorale. Critiche a cui ha risposto in modo netto il vice portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest: «DreamWorks è un’azienda di successo che sta creando un sacco di posti di lavoro qui in California. E il fatto che Katzenberg abbia appoggiato le politiche del presidente non ha avuto alcuna incidenza sulla nostra decisione». L’azienda dal gennaio 2008 ha addirittura aumentato del 50% il numero dei suoi impiegati, anche se occorre dire che la spinta economica è comune a tutto il settore dell’intrattenimento che, ad esempio, solo dalla fine della crisi ha creato 9.500 posti di lavoro.”
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Dopo il cinema sta morendo la fiction!
La fiction italiana è in crisi, lo dice il rapporto della Fondazione Rosselli. Lo sappiamo tutti, lo vediamo ogni sera in tv, ma ora arrivano i dati allarmanti. Nel 2011, in Italia, si sono investiti 270 milioni – tra produzione e acquisto – e le stime del 2012 sono ancora peggiori con 255 milioni. Se pensiamo che in Francia sono stati 536 milioni e in Inghilterra 740, c’è veramente da preoccuparsi. Ma la crisi profonda del settore non si ferma qui. La produzione si è ridotta di un terzo in cinque anni e il fatturato delle imprese ha segnato un -24%. Ma il vero problema è nelle importazioni che sono aumentate del 67% e le esportazioni calate del 58%. I numeri di per se potrebbero non interessare a chi non è un “addetto ai lavori”, ma dovrebbero invece scuotere tutti gli italiani. La televisione e la fiction in particolare (certo non la proposta offerta indiscriminatamente da tutti i canali negli ultimi anni) dovrebbero essere un patrimonio culturale per tutti. Attraverso una buon prodotto televisivo si potrebbero toccare temi sociali e sensibilizzare i cittadini verso la conoscenza di altre culture. Si potrebbero veicolare messaggi di integrazione e di dialogo tra diverse esperienze e civiltà. Invece lasciamo nell’oblio una grande possibilità di arricchimento, senza pensare neppure ai posti di lavoro che progressivamente perdiamo. L’indotto di una fiction televisiva è enorme, ma sembra che le istituzioni siano lontane in questo momento… forse pensano all’intrattenimento solo come lavaggio del cervello e non come una scelta culturale. E allora l’industria televisiva si deve far carico anche della lacuna istituzionale e lo fa con l’unico dato positivo che sembra emergere da un rapporto “disastroso”. Il dato è quello di un progressivo rientro in Italia della produzione.
Quando si capirà che il cinema e la tv sono un’industria che può veramente risollevare le sorti dell’Italia al pari della Fiat o del siderurgico e che a differenza di molte altre industrie è anche una ricchezza culturale ed ecosostenibile? In Italia abbiamo veramente i “set a cielo aperto” e li lasciamo all’oblio.
Pubblicato da tdy22 in aprile 23, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/04/23/dopo-il-cinema-sta-morendo-la-fiction/
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