Un’alunna di prima dell’istituto comprensivo Ilaria Alpi, in via Salerno a Milano, durante la ricreazione ha spruzzato dello spray urticante in aula. I suoi compagni di classe, poco distanti da lei, hanno cominciato ad avvertire bruciori a labbra, gola e occhi e alcuni di loro faticavano a respirare. Allertati i socccorsi, davanti all’istituto sono arrivate quattro ambulanze del 118 e un’auto medica che hanno accompagnato dieci ragazzi in ospedale per accertamenti: le loro condizioni non sembrano comunque preoccupanti. Da scuola fanno sapere che “Ancora non si capisce se voleva essere uno scherzo pericoloso o se è successo per sbaglio”.
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Spray urticante in aula: manda all’ospedale 10 compagni
Pubblicato da tdy22 in giugno 4, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/06/04/spray-urticante-in-aula-manda-in-ospedale-10-compagni/
La strage di Genova è dovuta anche all’uscita di Ponente insabbiata?
Cosa è successo al porto di Genova? Era una normale manovra di uscita dal porto, un’operazione che si compie migliaia di volte l’anno… una nave che si allontana dall’uscita di Ponente perché al momento non è utilizzabile dalle grandi navi essendo insabbiata e si avvicina a quella di Levante in retromarcia, quando arriva nell’avamporto, assistita da due rimorchiatori, ed è qui che l’imbarcazione inizia quella che in gergo si chiama la cosìdetta evoluzione, una virata di 180 gradi per mettere la prua verso sinistra, in posizione di uscita. Ma qualcosa non va per il verso giusto e la Jolly Nero impazzisce, non è più controllabile , invece di rallentare, per poi ripartire con i “motori avanti”, la portacontainer continua inesorabilmente a indietreggiare fino a schiantarsi con la parte sinistra della poppa contro la torre dei piloti e colpendo anche gli edifici di fianco sbriciolandoli. Di solito nei porti ci si muove a bassissime velocità (di norma sono 3 nodi pari a 6 km orari), ma si deve anche contare l’inerzia che è un fattore ingovernabile e pericolosissimo in mare se non controllato. La nave, lunga 240 metri e larga 30, è diventata una vera e propria “bomba” che si è abbattuta sul molo. Inutile dire che i rimorchiatori su una nave di queste dimensioni certo non possono far nulla in caso di un’avaria, non hanno la potenza necessaria per contrastare la forza di una portacontainer. Il resto è stata una maledizione o una sfortuna… la nave ha colpito la parte della banchina nella quale vi erano più persone in quel momento.
Quanto all’ipotesi di un errore umano sembra molto improbabile. Genova è il primo porto d’Italia ha piani di sicurezza di livello e non ha mai messo in luce alcun problema di traffico in entrata o in uscita. Riflettiamo anche su un altro aspetto. Che se in mare aperto tra l’equipaggio si utilizza una turnazione, nell’entrata e nell’uscita dal porto, l’equipaggio invece è tutto impiegato per le manovre in atto. Ciò non toglie però le responsabilità alla flotta. Sono già indagati, infatti, sia il comandante della nave sia il pilota del porto. Ma che compiti ha quest’ultimo? “Il pilota sale a bordo della nave prima della partenza e scende appena la nave ha raggiunto la distanza di sicurezza dal porto – spiega Nicolò Carnimeo, docente di diritto della navigazione all’Università di Bari – Materialmente è l’equipaggio che manovra la nave e il comandante a dare gli ordini”. Il pilota,in definitiva affianca il capitano e lo consiglia per le manovre. “Da quanto ho capito finora – conclude il professore – è stata una strana manovra. Un pilota la fa 5 volte al giorno. Ma verosimilmente tutto è stato causato da un guasto meccanico. Dopotutto la Messina è una compagnia di primo livello, con equipaggi preparati e comandanti esperti”. Come mai allora, avendo effettuato un controllo preventivo a bordo nessuno si è accorto del guasto meccanico? Era un guasto non riscontrabile ai controlli di routine o il controllo è stato fatto approssimativamente?
Pubblicato da tdy22 in Maggio 8, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/05/08/la-strage-di-genova-e-dovuta-anche-alluscita-di-ponente-insabbiata/
La maledizione e i misteri delle navi Jolly di Ignazio Messina.
Quello di ieri sera è l’ennesimo incidente accorso a una nave Jolly della flotta Messina.
Sono 25 anni che le navi dell’armatore Ignazio Messina sono tristemente note nelle cronache italiane e spesso si è parlato che su queste navi si potesse anche effettuare un traffico illegale di rifiuti radioattivi, ma le prove non sono mai emersi. E’ uno sei tanti misteri di Stato. In particolare i traffici illegali legati alla criminalità organizzata girerebbero intorno alla Jolly Rosso e alla Jolly Amaranto.
E’ il lontano 1987 quando la Jolly Rubino cade vittima si uno dei primi attacchi dei pirati dell’era moderna. Era la notte tra il 2 e il 3 settembre e ad assaltare la nave sono i Guardiani della rivoluzione iraniani. Alcuni membri dell’equipaggio rimangono feriti, interviene la Marina militare. Un piccolo incidente se confrontato con quello che invece accade sulla stessa nave il 10 settembre del 2002. Mentre l’imbarcazione procede verso il Sudafrica,sulla rotta Durban-Mombasa, scoppia un incendio a bordo e l’equipaggio viene soccorso attraverso l’impiego di un eleicottero… cosa c’era a bordo? La portacontiner era piena di merce pericolosa: vernici, redine, additivi, gomma… e naufraga in uno dei parchi naturali più importanti al mondo, un vero e proprio paradiso terrestre: il Greater St Lucia Wetland Park. Il disastro ambientale è ingente e la compagia sborsa 7 milioni di dollari per le operazioni di contenimento dei materiali e recupero del carburante.
Ma il caso più famoso resta quello della Jolly Rosso, la nave dei veleni. La Rosso si arenò alle Formiciche, ad Amantea, Cosenza, il 14 dicembre 1990, e l’equipaggio fu recuperato grazie all’intervento di due elicotteri della Guardia Costiera. Si aprono tre inchieste (successivamente tutte archiviate) per scoprire l’effettivo contenuto della motonave. La prima dal sostituto procuratore di Domenico Fiordalisi, nel 1992, che ne ordinò la demolizione. Poi, nel 1999, la richiesta d’archiviazione del sostituto procuratore di Reggio Calabria Albero Cisterna e infine nel 2009 quella del sostituto procuratore di Paola Francesco Greco. Pur non avendo elementi sufficienti sulla compagnia Messina, tutti esprimono nei loro documenti molti e pesanti dubbi sul carico effettivo, sul ruolo di alcuni personaggi che hanno ruotato intorno alla vicenda, sulla ditta olandese prima assoldata per il recupero, poi pagata e allontanata, sulla falla misteriosa e sui rifiuti trasportati in gran fretta dalle stive della nave a due discariche nei pressi del comune calabrese. E infine, su chi ha potuto interrare migliaia di metri cubi di rifiuti tossici e radioattivi nel fiume Olivo, proprio dove la nave spiaggiò. Ma le indagini rimangono aperte. A questo caso, e in generale al traffico di rifiuti tossici dall’Italia ai Paesi africani, oltre che alle presunte pratiche d’interramento e affondamento di navi zeppe di materiali speciali e radioattivi, è stato collegato l’omicidio della giornalista Ilaria Alpi e del suo operatore Miran Hrovatin il 20 marzo del 1994 a Mogadiscio.
E’ il 2002 quando la nave portacontainer Jolly Verde, un “bestione” di circa 30 mila tonnellate e lunga quasi 200 metri speronò Ponte Libia, abbattendo una gru pacheco alta oltre 40 metri. Fortunatamente l’incidente avvenne di notte, se fosse accaduto di giorno sarebbe stata una strage.
Arriviamo così all’aprile 2009. La Jolly Smeraldo viene attaccata dai pirati al largo di Mogadiscio. Attraverso due manovre, la nave riesce comunque a sventare l’assalto e riprendere la sua rotta.
La Jolly Amaranto, altra nave dal carico composito, si è invece arenata all’imbocco del porto di Alessandria d’Egitto il 13 dicembre 2010. Prima dello strano incidente l’imbarcazione era rimasta in balia delle onde per tre giorni e tre notti a una trentina di miglia dall’approdo, a causa di un’avaria ai motori. Alla fine due rimorchiatori sono riusciti ad agganciarla e l’hanno trainata fino all’ingresso del porto: nonostante l’estrema cautela della manovra una delle due pilotine è entrata in avaria e la Amaranto ha iniziato a imbarcare acqua, inclinandosi da un lato e affondando. Tutti salvi i 21 membri dell’equipaggio.
Ma non finisce qui la sventura, maledizione, mistero e segreto della flotta Messina. E’ l’11 agosto 2011 e la Jolly Grigio è protagonista, a Ischia, di una drammatica collisione che portò all’inabissamento del peschereccio “Giovanni Padre”. Uno scontro che causò la morte di Vincenzo e Alfonso Guida, i due marinai di Ercolano che erano rimasti intrappolati all’interno dell’imbarcazione.
Se nel 2012, il gup Alessio Natale aveva assolto dall’accusa di favoreggiamento Aniello Puglisi, il comandante del Jolly Grigio, misure cautelari erano state disposte due marittimi arrestati, Mirko Sarnelli e Maurizio Santoro, accusati di omicidio colposo plurimo e di naufragio colposo. Entrambi – come aveva confermato l’ ammiraglio Domenico Picone, comandante della Capitaneria di porto di Napoli – era risultati positivi al narcotest.
Sono decisamente troppi gli incidenti a queste navi e troppi i misteri che ruotano intorno alla flotta Messina.
Pubblicato da tdy22 in Maggio 8, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/05/08/la-maledizione-e-i-misteri-delle-navi-jolly-di-ignazio-messina/
Il sancta sanctorum dei segreti di Stato al M5S? Possibile!
Forse è una bella favola, forse è un’utopia, forse è solo una leggenda metropolitana… Ma potremmo davvero mettere le mani sui “segreti di stato”? verrà il giorno in cui potremo dare una risposta a
Portella della Ginestra, alla bomba senza artificieri di Piazza Fontana, alla strage di Brescia, a quella della stazione di Bologna, alla strage dell’Italicus, all’omicidio di Aldo Moro, a quello di Mauro De Mauro, alla morte di Ilaria Alpi e di Mauro Rostagno. A Pier Paolo Pasolini massacrato di botte da mani oscure e all’aereo del presidente dell’Eni Enrico Mattei. E poi a un altro aereo, quello caduto su Ustica senza un perché. All’ombra di Stay Behind dietro la strage di Alcamo Marina, agli apparati, ai servizi e ai boss che confezionano il botto in via d’Amelio, all’agenda rossa di Paolo Borsellino e alla scomparsa di Emanuela Orlandi, alla strage degli innocenti in via dei Georgofili. E poi a quella di Brindisi, alla scomparsa troppo presto dalle pagine dei quotidiani. Dipanare il filo rosso delle stragi irrisolte di questo Paese fa quasi impressione. Fa impressione soprattutto perché i botti senza colpevoli che hanno insanguinato la storia italiana sono molto più diffusi di quelli che hanno poi trovato ricostruzioni credibili nelle aule di tribunale.
Uno dei problemi di questo Paese è che non c’è ad oggi una narrazione condivisa della Storia italiana. A ben pensarci di storie d’Italia ne esistono più di una: una ufficiale, una ufficiosa e presunta, ed un’altra – la più importante – fatta di dubbi, domande e oscuri interrogativi. Tutte questioni alle quali hanno provato a dare una risposta inchieste giornalistiche e storiche. Ma quando si tratta di trovare il bollo di autenticità in un’aula di giustizia quei dubbi rimangono fermi e cristallizzati. Solo per fare un esempio, ci sono voluti 50 anni esatti perché un giudice terzo mettesse nero su bianco che l’aereo di Enrico Mattei non era caduto per un incidente ma era stato sabotato.
Eppure in questo Paese un sancta sanctorum delle verità occultate potrebbe anche esserci. Sono gliarchivi dei servizi, che troppo spesso hanno giocato molteplici e controversi ruoli sullo sfondo delle stragi. La procura di Palermo, indagando sulla scomparsa del giornalista dell’Ora Mauro De Mauro, chiese ai servizi di produrre i fascicoli delle operazioni messe in atto dal Sid (l’allora servizio informativo della difesa) nel periodo della scomparsa del cronista. “Il Servizio informazioni della Difesa ha comunicato di non aver svolto alcuna indagine sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro” fecero sapere gli 007 su carta intestata del Ministero della Difesa. Eppure più di un testimone aveva raccontato di come l’allora capo del Sid Vito Miceli si fosse precipitato a Palermo nel novembre del 1970 per ordinare di insabbiare le indagini sulla scomparsa di De Mauro. Forse di quelle operazioni non esistono fascicoli o prove scritte. Forse non esistono più. O forse semplicemente non verranno mai fornite ad una procura.
Adesso però si parla di una possibile presidenza del Copasir al Movimento Cinque Stelle. Un’ipotesi che sembra atterrire alcuni commentatori di indubbia autorevolezza. “Ma come? I grillini a guardia della sicurezza della Repubblica?” Forse in questo modo scopriremo davvero il volto dell’Italia celato dai troppi segreti di stato!
Pubblicato da tdy22 in marzo 21, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/03/21/il-sancta-sanctorum-dei-segreti-di-stato-al-m5s-possibile/
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