Marino toglie il manifesto dei Marò per la Comunità di Sant’Egidio

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Sembra che la divisa indossata dai Marò sia un problema per il sindaco Marino che al manifesto che ricordava alla Capitale che  Massimiliano Latorre e Salvatore Girone continuavano a stare in India – costretti da una detenzione ingiusta e dagli errori di un governo debole – abbia preferito sostituire la comunità di Sant’Egidio. Quel manifesto, voluto dalla giunta Alemanno, era appeso accanto a quello di Sakineh, la donna iraniana condannata a morire mediante lapidazione per adulterio e quello di Julija Thimoshenko, la ex primo ministro della Ucraina in carcere per una complessa e oscura vicenda di ruberie e schieramenti pro e contro Russia.

L’episodio dà un’idea di come sia spaccata l’Italia e degli errori che fa una parte della sinistra, che, per pure ragioni di pregiudizio ideologico, allestisce la tendopoli per i Cobas e poi abbandona alla destra la tutela dei due marinai.

“Il manifesto dei due marò in Campidoglio – secondo quanto si è appreso – è stato tolto il 2 ottobre scorso”.

Questa l’agenzia che spiega la rimozione del manifesto. Si è appreso poi che il manifesto è stato tolto:

“in occasione di un evento interreligioso promosso dalla Comunità di Sant’Egidio“.

Naturalmente tolti anche i manifesti  di Sakineh e  di Julia Thimoshenko.

Conclude l’Ansa:

“Tutti e tre i manifesti non sono ancora stati ricollocati sulla facciata di Palazzo Senatorio”.

Il Giornale naturalmente rilancia la notizia:

“Lo sfregio di Marino ai marò: via lo striscione dal Campidoglio. L’amministrazione comunale rimuove la gigantografia dalla facciata del Campidoglio, ma si rifiuta di dare spiegazioni”.

L’ufficio stampa del Comune di Roma, si limita a dire:

“per ora non c’è intenzione di replicare”.

  

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Neppure fosse la testa della Medusa… Dove andrà Sallusti?

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Che Angelino Alfano non nutrisse simpatia per Alessandro Sallusti, direttore del Giornale e compagno del falco Daniela Santanché, era sotto gli occhi di tutti, ma forse l’editoriale che ha definito “mafiosetto” il Ministro degli Interni, ha fatto definitivamente saltare le corde, già tese, all’interno del Pdl – Forza Italia. Per la ricompattazione sempre proprio che il prezzo richiesto da Alfano sia la testa di Sallusti (neppure fosse quella della Medusa!) anche in virtù, forse, di quella lite furibonda del direttore de Il Giornale con Fabrizio Cicchitto a Ballarò. Il Fatto quotidiano scrive:

Sallusti alla guida del Giornale è ormai privo di controllo. Di lì la decisione: giro di seggiole e poltrone nelle testate di famiglia.

E il Fatto quotidiano ribadisce lo schema già circolato:

“l’attuale direttore di Panorama Giorgio Mulè prenderebbe il posto di Sallusti al Giornale. Sallusti a sua volta emigrerebbe alla direzione di Tgcom24 . A Panorama potrebbe andare Mario Sechi che avrebbe (sempre secondo le voci che corrono) trovato come magnifico sponsor addirittura il direttore del Foglio, Giuliano Ferrara”.

Dietro questo giro di poltrone anche la Santanchè:

“E, soprattutto, non darla del tutto vinta ad Alfano che, come si ricorderà, aveva chiesto la testa di Sallusti a Berlusconi (senza nessun incarico di “salva – guardia”) dopo un editoriale del direttore sul Giornale (titolo: “Eversivo è alzare le tasse, liberale è non farlo”), classificato poche ore dopo dal segretario del Pdl come “metodo Boffo” nei suoi confronti e in quelli degli altri ministri “colombe” pidiellini”.

Ma il cambio di direzioni nei giornali di casa Berlusconi, dove il leader del Pdl ricorda che “i soldi sono i miei”, potrebbe arrivare dopo il consiglio nazionale del Pdl:

“La notizia del valzer di seggiole e poltrone potrebbe essere data dopo il consiglio nazionale del Pdl, previsto tra un paio di settimane (salvo contrordini), proprio perché la valutazione degli equilibri che ne usciranno consentirà di rendere più “morbidi” gli avvicendamenti. A restare saldo solo Maurizio Belpietro a Libero”.

Di giro di poltrone, dopo la riunione di Sallusti e Berlusconi ad Arcore del 14 ottobre, parla anche Libero quotidiano, che riporta le indiscrezioni di Lettera43:

“In altre parole: nel progetto del Cavaliere, Sallusti dovrebbe lasciare il Giornale e diventare direttore di Tgcom24, la rete all news di casa Mediaset. Alfano ha avuto la sua testa, per usare un’espressione utilizzata dallo stesso Sallusti nell’ultimo editoriale. Ad accompagnarlo a Villa San Martino dovrebbe essere Daniela Santanchè ed il passaggio è esemplare: ad essere messa in un angolo, almeno per il momento, sarebbe la linea-dura dei falchi del Pdl rappresentata mediaticamente proprio dalla testata di via Negri”.

Se Sallusti e Mulè saranno spostati, l’ingresso a Panorama sarà per Mario Sechi;:

“al settimanale di casa Mondadori andrebbe invece Mario Sechi, già vice ai tempi della direzione Belpietro prima delle avventure giornalistiche a Libero e Il Tempo e quella politica (breve e sfortunata) con Mario Monti in Scelta civica”.

 

Quei servizi sociali che vanno e vengono… Le ipotesi de Il Giornale

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L’affidamento ai servizi sociali richiesto da Silvio Berlusconi potrebbe avere delle incognite lo si apprende, da Il Giornale che afferma:

L’affidamento ai servizi sociali può essere rifiutato se il condannato non dimostra di poter essere recuperato alla società, e di voler risarcire il danno compiuto violando la legge. Il problema è che Berlusconi ritiene di non avere alcun bisogno di essere rieducato, perché sostiene di non avere commesso alcun reato. E il suo dialogo con gli assistenti sociali, che i giudici invieranno a parlare con lui, rischia di diventare un surreale dialogo tra sordi.

La legge sull’ordinamento penitenziario non prevede che per ottenere l’affidamento sia necessario confessare. Ma per capire cosa si aspettino gli assistenti sociali da Berlusconi è sufficiente leggere quanto ieri sera ha dichiarato a Ballarò il capo dell’Ufficio esecuzione penale esterna – ovvero Uepe – di Roma, che si occupa di vagliare le richieste di affidamento presentate nella capitale. In realtà a esaminare la pratica Berlusconi sarà l’Uepe di Milano, la città dove la domanda verrà presentata, ma la linea è unica: «Il soggetto – ha spiegato Antonella Di Spena – deve in qualche modo far prevedere che c’è una voglia di reinserirsi nel migliore dei modi nella società», e per questo andrà valutato anche «l’atteggiamento nei confronti del reato», «l’attività riparativa, la volontà di riparare a quest’azione».

Se non è una richiesta di confessione poco ci manca. Se gli assistenti sociali dovessero dare parere negativo, il tribunale di Sorveglianza avrebbe gioco facile nel respingere la richiesta. A quel punto Berlusconi dovrebbe scontare l’anno di carcere che gli è stato inflitto per frode fiscale agli arresti domiciliari.

Nessuna intimidazione: Alfano e i diversamente berlusconiani vs Sallusti

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Alfano non ha gradito l’articolo di Sallusti e apre una guerra contro il Direttore de Il Giornale. Dalle stesse pagine del quotidiano di Sallusti si legge:

Nell’editoriale Eversivo è alzare le tasse, liberale è non farlo, Sallusti ha fatto presente ad Alfano, che ieri sera si era detto “diversamente berlusconiano” rispetto a chi in Forza Italia ha “ha posizioni estremistiche”, che attribuire ai falchi poteri sul Cavaliere, che “ha sempre deciso di testa propria”,  è “un modo di esorcizzare il fallimento” dell’alleanza con il Pd. A Quagliariello, invece, il direttore del Giornale ha ricodato che non c’è nulla di eversivo “nel non volere rendersi complici di uno scellerato aumento di tasse”. “Io credo che ‘eversiva’ sia stata la decisione di Letta e del Pd di alzare le tasse e non onorare i patti di maggioranza”, ha continuato Sallusti ribattendo a chi lamentava la mancanza di collegialità nelle decisioni che spetta sempre al leader farlo dopo averne parlato a lungo coi vertici del partito.  “Del resto – ha concluso il direttore – la decisione di Berlusconi è perfettamente in linea con quella di dimettersi, liberamente presa in precedenza, da tutti i parlamentari. Cosa immaginavano? Di uscire dal Parlamento e restare al governo a mettere su tasse?”

Alfano risponde e precisa 

“È bene dire subito al direttore de Il Giornale, per il riguardo che abbiamo per la testata che dirige e una volta letto il suo articolo di fondo di oggi, che noi non abbiamo paura”. La lettera inviata da ALfano a Il Giornale è firmata anche dai ministri dimissionari del Pdl, Nunzia De Girolamo, Beatrice Lorenzin, Maurizio Lupi e Gaetano Quagliariello.

Il vicepremier ha poi aggiunto: “Se pensa di intimidire noi e il libero confronto dentro il nostro movimento politico, si sbaglia di grosso. Se intende impaurirci con il paragone a Gianfranco Fini, sappia che non avrà case a Montecarlo su cui costruire campagne. Se il ‘metodo Boffo’ ha forse funzionato con qualcuno, non funzionerà con noi che eravamo accanto a Berlusconi quando il direttore de Il Giornale lavorava nella redazione che divulgò la notizia dell’informazione di garanzia al nostro presidente, durante il G7 di Napolil, nel 1994”.

Ma Sallusti non attende un attimo e all’Ansa dichiara “Sono allibito, neppure io ho paura. Ho già pagato con la detenzione squallide minacce alla libertà di espressione. Punto”.

I presunti guai con la giustizia di Matteo Renzi e l’articolo de Il Giornale

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Oggi “Il Giornale” ha redatto un articolo che vorrebbe gettare ombre sul sindaco di Firenze, nel quale si parla di “conti in sospeso” che avrebbe Matteo Renzi con a giustizia. Questo è l’articolo:

Condannato per atti compiuti nell’esercizio delle funzioni di pubblico amministratore. Ebbene sì, anche Matteo Renzi ha qualche problemuccio con la giustizia. È una condanna di primo grado, non definitiva, appellabile.

È vecchia di due anni, ma la magistratura contabile non avverte particolare urgenza di procedere nell’esame del ricorso. Facile dimenticarsi di questa macchia. Eppure la condanna rimane, ovviamente affatto sbandierata dall’apparato comunicativo dell’aspirante segretario del Partito democratico.

La vicenda risale a quando il giovane Matteo era presidente della provincia di Firenze, prima di diventare sindaco del capoluogo. La carriera renziana è lunga, la sua militanza politica nelle file del Movimento giovanile della Democrazia cristiana risale addirittura agli anni del liceo, prima ancora che Silvio Berlusconi scendesse in campo nel 1994. Il secondo passo fu diventare portaborse di Lapo Pistelli, quindi promotore dei Comitati Prodi a Firenze; passò poi alla testa del coordinamento cittadino della Margherita e, infine, alla segreteria provinciale. Aveva 29 anni Renzi quando si insediò a Palazzo Medici Riccardi. Era il 2004 e il curriculum da aspirante membro della Casta lo proiettò giovane sulla sua prima poltrona di prestigio.

La condanna di primo grado giunge nel 2011. La emette la Corte dei conti della Toscana. L’accusa è di danno erariale per l’inquadramento contrattuale di alcuni dipendenti assunti a tempo determinato: tradotto in lingua corrente, significa assunzioni clientelari. Alcuni membri dello staff del presidente sarebbero stati inquadrati in una categoria superiore a quella dovuta, con relativi stipendi gonfiati.

La procura della Corte contabile aveva contestato alla giunta Renzi un danno erariale di 2.155.000 di euro, ridotto dai giudici di primo grado a un risarcimento di 50mila euro. Di questa somma, circa 14mila sono stati posti a carico del rottamatore e 1.000 al suo vice di allora, Andrea Barducci, oggi promosso presidente della Provincia medesima. Il resto è stato addebitato a ex assessori e funzionari dell’ente locale. Le persone condannate sono 21; nove dei 30 indagati sono stati archiviati.

Renzi contestò pesantemente il lavoro della procura contabile: «Una ricostruzione fantasiosa e originale». E adesso invece ci viene a ripetere che le sentenze vanno rispettate, non si discutono, si accettano in silenzio, si applicano punto e basta.

Fin quando una sentenza non è definitiva lo stato di diritto consente ogni tipo legale di opposizione. L’articolo poi continua:

I giornali locali sono stati ben lieti di ospitare la propaganda renziana: la Provincia ha risparmiato, i dirigenti sono stati dimezzati, il personale è sceso, la colpa è di un dirigente che ha sbagliato l’inquadramento delle segretarie. Operazione scaricabarile, secondo lo stile del rottamatore. Nessuno tuttavia gli ha sentito dire: accetto la sentenza, la giustizia faccia il suo corso, auspico tempi brevi per il processo di appello. Del quale, a due anni dal verdetto di primo grado, si è persa ogni traccia.

Ma la Corte dei conti ha dovuto occuparsi anche delle spese di rappresentanza del giovane presidente della provincia di Firenze. Le ha denunciate un dipendente di Palazzo Medici Riccardi che ha il dente avvelenato con Renzi. Il suo mandato è costato ai contribuenti fiorentini 600mila euro in cinque anni tra viaggi, ristoranti, regali, ospitalità: una visita negli Stati Uniti nei giorni in cui Obama fu eletto presidente è costata 70mila euro.

La Provincia aveva dato a Renzi una carta di credito con un plafond di 10mila euro mensili. I magistrati contabili sono andati a caccia dei giustificativi, ricevute e scontrini. Quando mancavano, il capo di gabinetto autorizzava ugualmente gli esborsi: «Spese regolarmente eseguite in base alle disposizioni contenute nel disciplinare delle attività di rappresentanza istituzionale». Renzi ha fatto felici le migliori cucine di Firenze: 1.300 euro alla pasticceria Ciapetti, 1.855 euro alla Taverna Bronzino, 1.050 euro da Lino e 1.213 al Cibreo.

Sotto inchiesta sono finiti anche i 4,5 milioni che la provincia ha elargito alla Florence Multimedia, società che svolge attività di comunicazione e informazione per la provincia. La domanda, come amava ripetere Antonio Lubrano quando si occupava dei diritti dei consumatori e degli sprechi della pubblica amministrazione, sorge spontanea: ma non bastano gli organici dell’ufficio stampa?

Premesso che, nel caso di Renzi, siamo solo in presenza di un giudizio di  primo grado e non di una sentenza definitiva, gravissime appaiono le accuse de “Il Giornale” che addebita a Renzi la compartecipazione ad “assunzioni clientelari” ancora tutte da verificare prima della sentenza definitiva. Ferme rimanendo le valutazioni che vorrà fare il giudice della Corte dei Conti si tratterebbe per Renzi di aver apposto delle firme di convalida su scelte fatte nell’ambito degli specifici uffici del Comune. Questo nulla può togliere alla responsabilità generale e propria del sindaco, ma occorre verificare, prima di esporlo, con tanta facilità, a giudizi mediatici, se ci sia stata la volontà di Renzi di  partecipare a un illecito con conseguente danno erariale.  Non si tratta del fatto che Renzi abbia – motu propriu – gonfiato gli stipendi”, ma soltanto di verificare se le nomine fossero avvenute in modo ineccepibile. Lo stipendio più elevato in questi casi è solo una conseguenza della nomina  che a giudizio concluso eventualmente con condanna del Comune, andranno risarcite allo Stato. Ma quello che è necessario distinguere è che non siamo di fronte a condanne penali per frode fiscale, ma a eventuali danni erariali che possono essere estinti rifondendo il quantum ed eventualmente con una sanzione pecuniaria accessoria.

Per quanto riguarda poi le inchieste promosse per l’attività di Renzi come presidente della provincia di Firenze è gravissimo gettare fango addosso a qualcuno che non è neppure rinviato a giudizio.

Scandalo in Sardegna. La Regione paga 136mila euro a una società della Santanché.

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La cifra certo non è da capogiro, ma va a gravare sul bilancio nettamente in rosso della Regione Sardegna. Quei 136mila euro di soldi pubblici alla società “Visibilia srl” di Daniela Santanchè, per sette inserti “interamente dedicati alla Sardegna” che saranno pubblicati su Il Giornale, diretto dal compagno della parlamentare Pdl e di proprietà di Paolo Berlusconi, stanno dando scandalo. La delibera è stata approvata  l’8 agosto scorso, nell’ultima riunione preferiale della giunta sarda, ma non è sfuggita a Luca De Carolis de Il Fatto Quotidiano che ha scritto:

“Soldi pubblici che andranno “a favore della Società Visibilia srl”, come recita il documento. Ovvero, alla concessionaria di pubblicità “responsabile del progetto editoriale”, che ha come amministratore unico e proprietaria la Santanchè, compagna del direttore del Giornale, Alessandro Sallusti. Sempre nei pensieri di Cappellacci. Già l’estate scorsa, il governatore aveva destinato 141mila euro e 200 euro (Iva inclusa, quella volta) alla Visibilia per 6 inserti. Ovviamente, sul quotidiano di Sallusti. […] Quest’anno gli inserti saranno sette, di 4 pagine ciascuno. Informa la delibera:

“Il progetto editoriale è dedicato alle azioni che hanno connotato l’attività istituzionale della Regione nei diversi settori strategici. Nell’ambito degli inserti saranno sviluppati i temi del turismo, dell’ambiente, dei trasporti, dell’economia, della sanità, dell’innovazione tecnologica, dell’agricoltura e della zona franca”.

Interessante l’ultima voce, relativa al progetto di rendere la Sardegna “un paradiso fiscale, una sorata di Montecarlo estesa”, come afferma il sito http://www.zonafrancasardegna.com. Un’idea pressoché irrealizzabile, norme alla mano. Ma Cappellacci la sta cavalcando, in vista della Regionali del prossimo anno. Quindi, quattro pagine a tema con i soldini regionali. Ma quando usciranno i sette inserti? La delibera non riporta date. Il portavoce del governatore, Alessandro Serra, afferma: “Saranno in edicola tra settembre e ottobre”. Incerta la data, sicure le polemiche”.

Sicure le polemiche, per l’appunto. Infatti la decisione non è passata sotto silenzio, anche per la scelta della tempistica di promuovere il turismo alla fine dell’estate:

“Mario Bruno (Pd), vicepresidente del Consiglio regionale, ha dato notizia della decisione su Facebook. E punge: “Quale ricaduta dovrebbe portare la pubblicazione sul Giornale di questi inserti di propaganda, quali effetti concreti sul turismo o sul lavoro? E perché proprio sul giornale della famiglia Berlusconi?”. Il portavoce di Cappellacci replica: “La nostra campagna ‘Sardegna è tutta un’altra storia’ è stata pubblicata su l’Espresso, La Repubblica, Il Sole 24 Ore, persino su Tiscali (di proprietà dell’ex sfidante di Cappellacci, il Pd Renato Soru, ndr). Si polemizza solo perché questa volta lavoriamo con il Giornale: questo è un atteggiamento bifronte”.

Obiezione: ma pubblicare un inserto sul turismo dopo l’estate non è un controsenso? “Noi vogliamo ampliare la stagione turistica della Sardegna”. Certo è che sulle spese per la “pubblicità istituzionale” Cappellacci proprio non si tira indietro. L’estate scorsa stanziò senza bando 796mila euro, versati a trenta tra emittenti e società, tra cui appunto la Visibilia della Santanchè”.

“IRRESPONSABILI!”, il grido dal Quirinale

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“Parole irresponsanbili”. Giorgio Napolitano non parla ufficialmente ma lascia trapelare tutta la sua rabbia per le parole di Sandro Bondi che, parlando in difesa di Silvio Berlusconi aveva evocato, tra le altre cose, il rischio di una guerra civile.

Giorgio Napolitano è appena rientrato a Roma dalla Val Pusteria, e a quanto si apprende, nonostante le sollecitazioni del Pdl, non ha in programma alcun incontro.

Una dichiarazione quella del presidente della Repubblica che non ferma Bondi che replica. “Non mi farò chiudere la bocca da nessuno, neppure da un comunicato del Quirinale. E non accetto di essere indicato come un irresponsabile. I veri irresponsabili sono quelli che hanno fatto precipitare la situazione fino a questo punto”.

Gli italiani ritroveranno il governo al ritorno dalle vacanze?

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E’ agosto e molti italiani si concedono sabbia, città d’arte e viaggi all’estero, anche se quest’anno la morsa della crisi ha dissuaso molti cittadini dalle spese folli delle ferie… ma in questo sabato di solleone molti si sono concessi un tuffo refrigerante almeno nella piscina del quartiere. Chi è al lavoro? I vertici del Pdl, la politica italiana e i media pronti a pubblicare qualsiasi dichiarazione che possa chiarire quanto sta affondando l’esecutivo Letta. Il governo è al giro di boa? Dalle ultime indiscrezioni pubblicate un’ora fa da Il Giornale, la barca del governo imbarca acqua minuto dopo minuto. Un’emorragia procurata da una falla che si è aperta dopo che la Cassazione si è posta come un iceberg su cui si sta schiantando e dilaniando la politica italiana. Il senso di responsabilità invocato da Letta e dal presidente Napolitano sembra essersi sciolto come neve al sole e ora restano solo le sferzanti parole che ustionano e inceneriscono come un incendio in piena estate.

E non è certo “Il Giornale” a buttare acqua sul fuoco parlando già di crisi profonda e di avvicendamento al timone tra Silvio e sua figlia Marina:

“il termometro dell’aria che tira a Palazzo Grazioli. «Elezioni al più presto – è il ragionamento fatto in alcune delle riunioni della giornata – e, se necessario, con Marina in prima linea». Già, perché sarebbe proprio la figlia primogenita – come più volte ipotizzato, anche in questi ultimi giorni – a raccogliere il testimone nel caso il Cavaliere fosse incandidabile. Per due ragioni: perché è l’unica di cui davvero si fida fino in fondo e perché questo consentirebbe di mantenere sulla scheda elettorale la dicitura «Berlusconi presidente». Sempre che l’ex premier riesca a vincere la sua riluttanza a «buttare Marina nella mischia», con il rischio se non la certezza che «la procura di Milano inizierebbe ad occuparsi a tempo pieno anche di lei». L’argomento è oggetto di un lungo pranzo a via del Plebiscito cui partecipano tra gli altri Gianni Letta, Angelino Alfano, Denis Verdini, Renato Brunetta, Daniela Santanché, Marina e il secondogenito Piersilvio. E per tutta la giornata proseguono i gabinetti di guerra, con i figli di seconde nozze Eleonora e Luigi che anche loro arrivano a Palazzo Grazioli.
Chi ha occasione di vedere Berlusconi lo racconta piuttosto reattivo, decisamente più tonico di giovedì sera. Certamente nell’incontro con i deputati e i senatori è lui il più lucido di tutti, con alcuni ministri che arrivano a commuoversi e altri che non fanno che parlare al passato quasi si trattasse di un commiato”.

Sandro Bondi, uno dei più miti del Pdl stavolta attacca duro: o la grazia per Berlusconi o la guerra civile. In una nota Bondi scrive:

“O la politica è capace di trovare delle soluzioni capaci di ripristinare un normale equilibrio fra i poteri dello Stato e nello stesso tempo rendere possibile l’agibilità politica del leader del maggior partito italiano oppure l’Italia rischia davvero una forma di guerra civile dagli esiti imprevedibili per tutti”.

In un clima di tensione, polemica e violenza verbale si consumerà l’ultimo tuffo di un Paese allo sbando? Gli italiani ritroveranno il governo al ritorno dalle vacanze?

La solidarietà del Milan dopo la condanna a Berlusconi

b-giornalepuntoit-tuttacronacaLa home page de ilgiornale.it, versione online del quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi, si è vestita a lutto dopo la sentenza della Cassazione sul processo Mediaset: una scritta in stampatello, nero su bianco, appena sotto la testata: “CONDANNATO”. Da parte sua il Milan, attraverso il sito, ha espresso sostegno al presidente. In una breve nota si legge: “Sono ventisette anni che la vita dei Milanisti è tutta da vivere e da raccontare. Grazie e solo grazie a Silvio Berlusconi-. Oggi come sempre, oggi più che mai: i Milanisti sono al fianco del presidente Berlusconi. Quante volte è stato lui a dare la carica alla creatura che ama di più. Questa volta, se serve, saranno il Milan e i Milanisti a ricambiare. Oggi quindi non solo grazie Presidente ma soprattutto, forza Presidente!”.

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Nuovi guai per D&G: Peter Fonda ha sporto denuncia!

d&g-fonda-causa-tuttacronacaDopo le polemiche dei giorni precedenti tra gli stilisti e il Comune di Milano, nuovi guai all’orizzonte per Dolce & Gabbana. Peter Fonda ha sporto denuncia presso la Corte Superiore della California contro la griffe.  L’attore americano chiede un risarcimento di 6 milioni di dollari e la cessione dei proventi della vendita di una linea di magliette prodotta dal marchio italiano ispirate a Easy Rider, il film cult del 1969 interpretato da Dennis Hopper, Jack Nicholson e lo stesso Peter Fonda. Nella denuncia l’attore ha preso di mira anche la Nordstorm, la società di distribuzione dei capi d’abbigliamento che, assieme a D&G, dovrebbe quindi versare la cifra.

Ma nel capoluogo lombardo la querelle, intanto, prosegue. Gli stilisti hanno ripercorso la vicenda giudiziaria in un’intervista al Corriere della Sera. In primo grado, sono stati condannati in primo grado per omessa dichiarazione al fine di evadere le imposte. Ora loro ripetono:  “Per l’infedele dichiarazione dei redditi nel penale siamo stati assolti perché il fatto non sussiste. Lo stesso giudizio del gup per l’omessa dichiarazione: il fatto non sussiste”. Quindi l’annuncio: “Se la condanna a 400 milioni di multa sarà confermata, chiudiamo. Non saremmo in grado di resistere”. Ma gli stilisti spiegano anche di essere estranei alla vicenda che vede la vendita di un loro marchio a un prezzo di mercato guardato con sospetto dalla finanza e ribadiscono che tutto è stato fatto in modo legale. Dolce ritorna sullo scambio di fuoco con l’assessore. “Magari io non avrei scritto “fate schifo” scegliendo parole diverse. Ognuno ha il suo temperamento. Ma sulla decisione di chiudere per indignazione, pagando regolarmente i dipendenti, sia chiaro, siamo stati d’accordo. Non ne potevamo più”. Ancora una volta, ribadiscono un concetto a loro caro: a differenza di altri, non hanno residenze fittizie all’estero ma da sempre vivono nel nostro Paese, inoltre “Abbiamo due imbarcazioni, ormeggiate in porti italiani e battono bandiera italiana”.

D&G riaprono i negozi… e la Lega raccoglie firme contro Pisapia

dolce-gabbana-lega-tuttacronacaLa Lega approfitta della riapertura dei negozi Dolce&Gabbana, dopo tre giorni di serrata per “indignazione”, per avviare una raccolta firme a sostegno dei due stilisti e contro l’assessore Franco D’Alonso e il sindaco Giuliano Pisapia. Un gruppo di rappresentanti del Consiglio Comunale di Milano della Lega si è infatti riunito oggi davanti alla boutique di corso Venezia esponendo anche una bandiera della Lega e un cartello che recita: “Raccolta firme. Pisapia caccia D&G ma firma contratti con occupanti abusivi. La Lega dice no”. Il capogruppo al Consiglio comunale, Alessandro Morelli, ha spiegato: “Presentiamo una mozione per dire che se il sindaco si comporta così con le eccellenze del made in Italy allora faccia lo stesso con tutti quelli che hanno situazioni di illegalità, come gli occupanti abusivi”. Luca Lepore, consigliere comunale, mostrando un foglio con la stampa ‘D&G D’Alfonso e Gang’ aggiunge: “D’Alfonso dice che con questa storia Dolce e Gabbana si sono fatti pubblicità, allora noi la facciamo a D’Alfonso, ma la facciamo negativa”. Tra i primi firmatari una negoziante della zona Brera che fa anche parte del gruppo ‘Commercianti contro area C’: “I turisti stanno scappando, il centro è sfasciato ed è pieno di graffiti. Noi del comitato avremmo dovuto fare una serrata come l’hanno fatta D&G. Dobbiamo trovare un modo per far cadere il sindaco”. Per quello che riguarda i dipendenti, nessuno parla, anche perchè “non siamo autorizzati a parlare dell’azienda e siamo stati invitati a non fare commenti sulla vicenda”. A sbilanciarsi è invece il direttore del Martini Bar, Mirko Caria: “Io e l’intero staff avalliamo al 100% la decisione degli stilisti e sosteniamo la loro protesta contro il Comune”. A quanto si dice dietro le vetrine delle boutique di Dolce&Gabbana, i clienti oggi non hanno fatto tante domande sulla chiusura straordinaria, ma da quel che si sente dire sui marciapiedi, non tutti hanno digerito il comportamento dei due contendenti. Se le dichiarazioni di D’Alfonso sono state “l’ennesima sparata politica”, dicono alcuni clienti appena usciti dai negozi, la chiusura di tre giorni è stata “forse un’esagerazione”. Per quel che riguarda Pisapia, la polemica “è assolutamente terminata e finita”. Il sindaco ha proseguito “Loro questa mattina hanno riaperto i negozi e spero che adesso finiscano le polemiche e si guardi avanti nell’interesse della città, della moda, della collettività e del paese”. Il sindaco ha precisato inoltre di avere invitato, attraverso il direttore generale della maison, i due stilisti a Palazzo Marino “per parlarci e chiarirci, basta con le polemiche”. Gli stilisti non hanno ancora confermato la loro presenza all’incontro che dovrebbe aver luogo mercoledì. A chi gli ha chiesto perchè in un’intervista apparsa ieri su La Repubblica si fosse definito ‘indignato’ ha poi risposto: “chi dice che Milano fa schifo non può che fare indignare non solo il sindaco ma tutti i milanesi”. Sulla vicenda è entrato anche il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, che ha dichiarato: “Mettiamo a disposizione i nostri spazi. Mi sembra una follia, un’azione masochistica dire di no a chi rappresenta i marchi d’eccellenza, specie in un momento di crisi”. Ha poi concluso: “Spero che il Comune di Milano faccia un ravvedimento operoso”.

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Pisapia: Dolce e Gabbana dovrebbero chiedere scusa a Milano

pisapia_d&g-tuttacronacaContinua la tensione a Milano e anche il sindaco Pisapia, che ha tentato di mantenere i toni bassi per giorni, ora si è stancato. Dopo la serrata delle vetrine di Dolce e Gabbana e la loro “indignazione” contro la città di Milano, ha spiegato a Repubblica: ” Adesso basta, gli indignati siamo noi. La reazione di Dolce e Gabbana è decisamente sopra le righe, inaccettabile: dovrebbero chiedere scusa a Milano”. Per il Primo Cittadino, quello che manca sono i presupposti per una simile reazione: “Se la prendano con la Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate, i pubblici ministeri e la stampa. Da ultimo con la città di Milano”. Anche perché, ricorda Pisapia, “la frase infelice dell’assessore è stata chiarita immediatamente”. E poi, “se si sono sentiti offesi potevano prendersela con lui (D’Alfonso, ndr). Che c’entra “Milano fai schifo”? Per la moda facciamo tantissimo”.

Continuano le polemiche a Milano: Dolce e Gabbana riconsegneranno l’Ambrogino

dolce-gabbana-protesta-milano-tuttacronacaNon si placa l’ira di Dolce e Gabbana dopo le parole, riportate da alcuni quotidiani, dell’assessore al Commercio Franco D’Alfonso secondo cui il Comune non avrebbe concesso spazi a evasori come loro. Ora non solo Stefano Gabbana si dice disposto a riconsegnare l’Ambrogino d’oro ricevuto nel 2009, “Per quanto riguarda l’Ambrogino d’oro – si legge in Twitter – ci è stato richiesto indietro in quanto ‘presunti evasori’. E a tempo debito lo ridaremo volentieri”, ma gli stilisti hanno anche acquistato, su alcuni quotidiani, una pubblicità. In questi spazi spiegano le ragioni che li hanno portati a chiudere le loro attività a Milano come protesta contro il Comune. Nello spazio, inoltre, è riportato un testo in cui i loro avvocati presentano la loro versione sulle richieste del fisco e sulla condanna di primo grado a un anno e otto mesi che “ovviamente – sottolineano – sarà impugnata”. Gabbana ha inoltre postato in Twitter una foto della pagina accompagnandola con la didascalia: “La verità”.

“Chiuso per indignazione”: D&G abbassano le serrande a Milano

D&G-serrata-tuttacronacaContinua lo scontro tra il Comune di Milano e gli stilisti Dolce e Gabbana, iniziato con le dichiarazioni dell’assessore al Commercio Franco D’Alfonso (“Qualora stilisti come Dolce e Gabbana dovessero avanzare richieste per spazi comunali il Comune dovrebbe chiudere le porte, la moda è un’eccellenza nel mondo ma non abbiamo bisogno di farci rappresentare da evasori fiscali”) e proseguito con un tweet di Stefano Gabbana (“Fate schifo”). L’assessore ha poi spiegato: “Era una frase estrapolata da una conversazione informale riguardante argomenti generali, che non esprimeva l’opinione dell’Amministrazione. La presunzione di innocenza vale per tutti”. Il sindaco Pisapia è quindi intervenuto a sua volta: “La battuta dell’assessore D’Alfonso è stata improvvida, ma la reazione di Stefano Gabbana è stata ingenerosa”. “Milano è la capitale della moda, un settore che sosteniamo con piena convinzione e massimo impegno”. Oggi i due stilisti hanno risposto con la pratica: chiuse le boutique milanesi. “Chiuso per indignazione”, con tanto di traduzione in inglese, è la scritta che appare in vetrina su grossi cartelli. Sotto, l’articolo con le dichiarazioni incriminate.

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Stefano Gabbana attacca il comune di Milano con un tweet

gabbana-milano-tuttacronacaSu un articolo del quotidiano Il Giornale, si legge una dichiarazione dell’assessore comunale alle Attività produttive Franco D’Alfonso: “Qualora stilisti come Dolce e Gabbana dovessero avanzare richieste per spazi comunali, il Comune dovrebbe chiudere le porte, la moda è un’eccellenza nel mondo ma non abbiamo bisogno di farci rappresentare da evasori fiscali“. Stefano Gabbana ha risposto via Twitter, inveendo contro il Comune di Milano e allegando una foto del giornale che ritrae l’articolo incriminato. Lo stilista ha cinguettato: “Comune di Milano Fate schifo!!!”

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La Boldrini va a “Chi l’ha visto”… polemica su Il Giornale

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Laura Boldrini è andata ospite a  ‘Chi l’ha visto’, e per circa 15 minuti ha parlato di alcuni temi sociali e poi della presentazione del suo libro. Ciò ha scatenato le ire de “Il Giornale”, ma la notizia viene ripresa anche da Dagospia:

Laura Boldrini ha varcato una frontiera della tele-politica: un parlamentare, presidente della Camera, negli studi di Chi l’ha visto? non si era ancora visto.

Più di un’intervista o della solita ospitata marchettosa, un’ode all’umanità e alla bontà dellapresidente Boldrini, protettrice dei deboli e consolatrice dei derelitti, con promozione del suo libro incorporata, come da migliore tradizione del servizio pubblico (al politico influente). Un quarto d’ora di (auto)celebrazione, o di beatificazione, per un ricongiungimento favorito dalla Boldrini, ma nel 2008, non oggi.

Quel che è di oggi, piuttosto, è il libro della Boldrini, appena pubblicato, che racconta quella vicenda, «un libro bellissimo» specifica una palpitante Sciarelli (ma non è self marketing della presidente Boldrini, perché «i proventi del libro andranno al campo rifugiati di Da Daab»).

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