C’è del marcio nelle Università italiane da sempre terra di conquista e di segnalazione, ma questa volta non si tratta di un singolo docente o di una facoltà, ma di una “rete criminale dei professoroni” come l’ha definita Antonio Massari sul Fatto quotidiano.
35 gli indagati e 5 “saggi” del Governo Letta, al servizio dei cittadini. Chi dovrebbe riscrivere la Costituzione, stando alle intercettazioni della Guardia di Finanza, riscriveva invece gli esiti dei concorsi. Pressioni e minacce erano all’ordine del giorno, come le suppliche e la richiesta di favori. Da nord a sud, da Trento a Bari, passando per la Capitale e arrivando a Benevento questa sembra essere la mappa dell’Italia corrotta nella più alta istituzione culturale. E se all’estero l’Università diventa luogo di ricerca, di interazione tra diverse generazioni, con gli studenti che portano nuova linfa a chi ha l’esperienza poi per indirizzare le potenzialità verso un risultato, in Italia sembrerebbe essere solo divenuto un covo di scambio favori se non anche “peggio”.
“Lo scenario disegnato dall’inchiesta “do ut des”, condotta dal pm barese Renato Nitti in collaborazione con la Guardia di finanza, supera le peggiori fantasie: tradimenti, scambi, pressioni. La preoccupazione del sistema – secondo gli investigatori – non è garantire un futuro alla ricerca scientifica ma reclutare “burattini” che, nei futuri concorsi, asseconderanno gli interessi dei baroni”.
Le intercettazioni poi evidenziano il coinvolgimento di Giorgio Lombardi, professore di Diritto pubblico comparato all’Università di Torino morto nel 2010, che lascia un “testamento orale”, scrive Massari:
“L’inchiesta riguarda gli esami di prima e seconda fascia nei rami di Diritto costituzionale, pubblico comparato, canonico ed ecclesiastico: l’esito finale – è l’accusa – non ha avuto nulla a che vedere con il merito. Gli inquirenti parlano di una “rete criminale”, che coinvolge alcuni tra i docenti più autorevoli, e mira a far prevalere la logica del “favore” su quella del “merito” e della “giustizia””.
Tra i denunciati anche i saggi Augusto Barbera, Giuseppe De Vergottini, Beniamino Caravita di Toritto, Carmela Salazar e Lorenza Violini. Loro e altri 35 indagati avrebbero aggirato, secondo le accuse, la riforma Gelmini per l’ottenimento di commissioni imparziali:
“La riforma Gelmini, con il sorteggio dei commissari, doveva eliminare le “raccomandazioni” ma il “sistema” si attrezza immediatamente per neutralizzarla: orienta la formazione della rosa, affinché siano sorteggiati commissari “arrendevoli”. Quella rosa, secondo l’accusa, non s’è trasformata nella “libera elezione” di “giudici” che devono valutare il candidato “più meritevole”. E per chi non s’adeguava c’erano minacce e intimidazioni”.