Ecco il ministro che non giurerà con gli altri!

PIER CARLO PADOAN-tuttacronaca

Non ci sono i tempi tecnici per il rientro di Pier Carlo Padoan, da Sideny dove stava partecipando al G20. Chi è Padoan? Un tecnico, un professore, un uomo con una visione economica ben determinata. Il suo credo è nella patrimoniale, mentre sostiene da sempre che la ripresa si può avere solo con la diminuzione delle tasse sul lavoro. Padoan però non è un uomo nuovo essendo stato dal 1998 al 2001 consulente economico per i premier Massimo D’Alema e Giuliano Amato. Ma è anche un fervente sostenitore dell’aumento delle tasse come ha dichiarato in più di un’occasione: “Può essere pericoloso procedere con aggiustamenti fiscali di grande rilevanza solo attraverso tagli alla spesa, in alcuni casi occorrono anche aumenti delle imposte. Non si può fare tutto solo riducendo la spesa, si deve fare in qualche modo anche aumentando le imposte”. Non parlategli poi di uscire dall’Euro, perché vi risponderebbe che “costerebbe più che difenderlo” e che, se accadesse, l’Italia tornerebbe agli anni ’70 con un effetto recessivo e inflazionistico molto forte”.

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“Zitta coi giudici, niente nomi”, così Amato alla vedova di un socialista

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Giuliano Amato, neo giudice costituzionale, eletto da Giorgio Napolitano, nel lontano  21 settembre 1990 chiama la vedova di Barsacchi – moglie del senatore socialista, Paolo Barsacchi, già sottosegretario, morto quattro anni prima – e si trattiene al telefono con lei per 11 minuti e 49 secondi.

La questione è delle più delicate e perciò il Dottor Sottile entra in campo. Barsacchi, infatti è deceduto e non può difendersi, ma è accusato dai vecchi compagni di partito di essere l’uomo a cui finì la tangente di 270 milioni di lire per la costruzione della nuova pretura di Viareggio. La vedova del senatore, Anna Maria Gemignani, non vuole che il nome del marito sia infangato e finisca nel fascicolo dei magistrati. E minaccia di fare nomi e cognomi.

I giudici chiamati a condannare i responsabili di quella tangente, si chiedono come mai “nessuno di questi eminenti uomini politici come Giuliano Vassalli (all’epoca ministro della giustizia) e Amato stesso, si siano sentiti in dovere di verificare tra i documenti della segreteria del partito per quali strade da Viareggio arrivarono a Roma finanziamenti ricollegabili alla tangente della pretura di Viareggio”. Lo scrivono nelle motivazioni della sentenza che condannerà i boss della Versilia del Psi e scagionano loro stessi la figura del senatore Barsacchi.

Come si legge poi su Il Fatto Quotidiano:

Amato cerca la sua interlocutrice, poi è lei che lo richiama, registra e consegna il nastro, di cui il Fatto Quotidiano è in possesso, ai magistrati. Che acquisiscono la telefonata come prova, un’intercettazione indiretta, ma inserita nel fascicolo processuale. “Anna Maria, scusami, ma stavo curandomi la discopatia, ma vedo che questa situazione qui si è arroventata”. Dall’altra parte la vedova tace. Poi dice solo: “Ti ascolto”. Amato, con voce imbarazzata come lo sarà per il resto della telefonata, va dritto al problema: “La mia impressione è che qui rischiamo di andare incontro a una frittata generale per avventatezze, per linee difensive che lasciano aperti un sacco di problemi dal tuo punto di vista”. La frittata alla quale Amato fa riferimento è appunto un coinvolgimento – come dirà esplicitamente – di altre persone nel processo. “Troverei giusto che tu direttamente o indirettamente entrassi in quel maledetto processo e dicessi che quello che dicono di tuo marito non è vero. Punto. Non è vero. Ma senza andare a fare un’operazione che va a fare quello non è lui, ma è Caio, quello non è lui ma è Sempronio. Hai capito che intendo dire? Tu dici che tuo marito in questa storia non c’entra. Questo è legittimo. Ma a… a… a… a Viareggio hanno creato questo clima vergognoso, è una reciproca caccia alle streghe, io troverei molto bello che tu da questa storia ti tirassi fuori”.

Insomma Amato, oggi giudice della Corte costituzionale, all’epoca notabile del partito più corrotto d’Italia, il Psi, non dice vai e racconta la verità. Ma vai e non fare nomi. Tirati fuori. Non dire quello che sai, poi accerteranno i giudici. Difendi l’onore di tuo marito con un “lui non c’entra”. Diciamo che sarebbe stato poco, e il tribunale non si sarebbe accontentato, ovvio. Ma questo l’attuale giudice Amato le dice di fare: non raccontare tutto quello che conosce, come vorrebbe la legge sotto giuramento, ma esprimere una verità parziale.

Ancora più interessante il passaggio in cui – e ci arriviamo tra poco – Amato ammette di sapere più o meno chi sono i responsabili di un’azione illegale, ma invita a chiamarsi fuori. E quando verrà lui stesso trascinato a testimoniare non aggiungerà niente. Alla fine, come titolò all’epoca dei fatti la Nazione: Pretura d’oro, colpa dei morti. Insomma. Colpa di Barsacchi, che la moglie cerca in ogni modo di difendere e alla fine, nonostante i consigli di Amato, ci riuscirà.

La moglie di Barsacchi al telefono dice una cosa sola all’onorevole Amato, e lo fa tirando un grosso respiro per non sfogarsi ulteriormente: “Giuliano, io voglio soltanto che chi sa la verità la dica”. E Amato replica: “Ma vattelapesca chi la sa e qual è. Tu hai capito chi ha fatto qualcosa?”. “Io”, risponde lei all’illustre interlocutore, “penso che tu l’abbia capito anche te”. E Amato: “Ma per qualcuno forse dei locali sì, ma io non lo so, non lo so. Ma vedi, noi ci muoviamo su cose diverse. Questo non è un processo contro Paolo, ma contro altri”.

Il 13 dicembre del 1990 i responsabili della tangente verranno condannati. Tra loro Walter De Ninno, due anni e mezzo per ricettazione nei confronti di un imprenditore di Pisa. È l’inizio di Tangentopoli. E della fine del Partito socialista.

“Sono stati loro a venire da me, non io da loro”, Riina su Stato-mafia

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Per la prima volta Totò Riina avrebbe fatto chiaro riferimento alla  trattativa Stato-mafia. La rivelazione è arrivata Qualche settimana fa, mentre stava per essere trasferito dalla sua cella alla saletta delle videoconferenze. durante il trasferimento avrebbe detto agli agenti  “Sono stati loro a venire da me, non io da loro”, questa frase sarebbe un riferimento al dialogo segreto che nel giugno del 1992 venne avviato da alcuni ufficiali del Ros con l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, in merito alla trattativa Stato-mafia. L’altra frase che è stata inserita  in una relazione di servizio stilata da alcuni agenti del Gom, il gruppo speciale della polizia penitenziaria che si occupa della gestione dei detenuti eccellenti sarebbe stata “Mi hanno fatto arrestare Provenzano e Ciancimino”, in questo modo Riina sembrerebbe confermare le parole di Massimo Ciancimino, che ha descritto gli incontri riservati del padre Vito con l’ex comandante del Ros Mario Mori. Questa mattina, la relazione è stata depositata al processo per la trattativa, che si svolge nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo. Al momento i magistrati hanno deciso di non interrogare Riina, ma hanno preferito avere la conferma ascoltando gli agenti che hanno stilato la relazione, i quali hanno confermato il contenuto.

Ingroia svela la trattativa Stato-mafia.

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Una lunga confessione quella dell’ex pubblico ministero Antonio Ingroia a Der Spiegel sulla trattativa Stato-mafia. Secondo Ingroia gli accordi, intercorsi negli anni ’90, hanno cambiato il volto delle organizzazioni criminali che da organismi violenti sono poi stati trasformati in vere e proprie lobby affaristiche. E’ dispiaciuto Ingroia di non poter più essere il pm nel procedimento che vedrà sfilare sul banco degli imputati personaggi del calibro di Riina, Provenzano e Bagarella, ma anche politici come l’ex ministro degli Interni Nicola Mancino?

”Quando indagavano ho capito che la procura non potrà mai arrivare alla completa verità sui colloqui tra governo e mafia. Ci sono forze politiche che lo vogliono impedire. Anche per questo ho scelto di candidarmi per il Parlamento”, così afferma l’ex magistrato senza troppi giri di parole.

Poi continua accettuando l’attenzione sull’importanza storica di questo processo:

“Questo non si è mai verificato prima d’ora nella storia del nostro paese. Inoltre viene dibattuto in un’aula di un tribunale ciò che è sempre stato smentito o taciuto, la trattativa tra criminalità organizzata e stato”.

Ma si riuscirà a far emergere qualche nuova verità?

“Ovviamente ho grande fiducia nella pubblica accusa, un team di colleghi molto competenti. Ma senza l’appoggio dell’intero paese, senza un’opinione pubblica che desidera conoscere la verità, appoggiandoli, loro potranno fare poco”.

E poi continua:

“Ci sono movimenti, per insabbiare le cose. Io spero che il processo vengano condotto in modo ragionevole e con la necessaria attenzione. L’atmosfera è molto tesa, ma ciò non deve impedire che il procedimento si svolga in modo prudente”.

E sulle intercettazioni tra il Capo dello Stato Napolitano e Mancino, Ingroia rimarca di non esser stato contento della loro distruzione, ma di rispettare la decisione:

“Quei colloqui non avevano una rilevanza penale. Politicamente forse sì, ma come pubblico ministero questo non mi interessava”.

Ma cosa contenevano quelle intercettazioni? L’ex Pm di Palermo risponde con una risata e afferma di aver mentalmente cancellato il loro contenuto.

La rivelazione di Ingroia invece avviene sul suo mentore e maestro Paolo Borsellino:  

”Dai testimoni oculari si è scoperto che Borsellino ne fosse a conoscenza (della trattativa Stato-mafia, ndr). Il magistrato ucciso il 19 luglio del 1992 aveva saputo di contatti tra i carabinieri e il sindaco di Palermo Ciancimino, uomo di collegamento dei corleonesi. Questa circostanza è stata sempre negata, ma alcuni pentiti hanno affermato che la mafia ha deciso di uccidere Paolo Borsellino proprio perché rappresentava un ostacolo a questo accordo. Spero che questo diventi chiaro ad alcuni”.

Ma chi ebbe l’idea della trattativa? Secondo l’ex magistrato non ci sono dubbi: Bernardo Provenzano.

“L’ho interrogato alcuni mesi fa. Non sta bene, ma ha sempre capito ciò che gli veniva comunicato, ascoltando in modo attento e concentrato”.

Secondo Ingroia però ormai è troppo tardi perché si possa davvero svelare la verità sulla trattativa tra mafia e stato:

“Temo che ormai quel treno sia definitivamente partito”.

Ecco i 176 testimoni che i pm dell’inchiesta Stato-mafia hanno convocato

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Il primo nome eccellente è il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano tra coloro che saranno ascoltati in veste di testimoni dai pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi nel processo per la trattativa Stato-mafia.

Verrà poi chiamato il procuratore generale della Cassazione, Gianfranco Ciani: “In ordine alle richieste provenienti dall’imputato Nicola Mancino aventi ad oggetto l’andamento delle indagini sulla cosiddetta trattativa,  l’eventuale  avocazione delle stesse e/o il coordinamento investigativo delle Procure interessate”.

I pm vogliono ricostruire il contesto in cui maturarono le telefonate fra Nicola Mancino e il consigliere giuridico del Quirinale Loris D’Ambrosio, che sono finite agli atti del processo per la trattativa perché l’ex ministro dell’Interno era intercettato dai magistrati di Palermo.

Mancino si lamentava per “il mancato coordinamento” delle indagini sulla trattativa.

Chi venne convocato dal procuratore generale della Cassazione dopo una lettera del segretario generale della Presidenza della Repubblica? Piero Grasso, l’allora procuratore nazionale antimafia, oggi presidente del Senato.

Nella lista testi depositata in cancelleria si legge: “Il dottor Grasso dovrà riferire in ordine alle richieste provenienti dall’odierno imputato Nicola Mancino aventi ad oggetto l’andamento delle indagini sulla trattativa,  l’eventuale  avocazione delle stesse e/o il coordinamento investigativo delle Procure interessate”.

Nella lista dei testimoni ci sono 30 pentiti, ma anche ex ministri come Giovanni Conso, Claudio Martelli, Vincenzo Scotti e Giuliano Amato. La Procura di Palermo cita anche l’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

Amato nega e attacca il governo: sono dei fuoricorso!

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Uomo d’altri tempi Amato che non riesce a comprendere un mondo in evoluzione.

“Sono giorni di grande amarezza per me credo non solo per me” rompe così il silenzio con un intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere. Fu Eugenio Scalfari che negli anni ’80 coniò  il soprannome (oggi si direbbe nickname) Dott. Sottile con un doppio riferimento: sia per il suo  acume politico sia per la gracilità fisica.  Ora il Dott. Sottile di nuovo prova a spiegare: “Considero che quel che mi è accaduto abbia profili di immoralità. In particolare da parte di diffamatori di professione, che hanno contribuito ad alimentare con ripetute falsità il clima che c’è stato in alcuni ambiti nei miei confronti” E guardando al futuro aggiunge: “Rischiamo di avvitarci in questa forma di purificazione attraverso lo zainetto sulle spalle, appagandoci di portare davvero la cuoca di Lenin in Parlamento, mettiamola così: siamo passati dal governo dei professori al Parlamento dei fuoricorso”. Parole di un uomo che si sente messo da parte, seppur con una pensione di 31mila euro al mese (di cui una parte va in beneficenza, ma la somma è comunque ingente).

E poi minaccia chi in queste settimane lo ha diffamato. L’ironico Dottor Sottile, scaglia l’ennesima pietra: “L’unica ragione per cui sono contento della loro esistenza è che, in un periodo di magra professionale, il reddito di mia figlia già ha cominciato a trarre profitto da questi incorreggibili propalatori di falsi”.

E così se la prende con il suo acerrimo nemico, il leader del M5S: “Il signor Grillo – spiega – che mi definisce sul suo blog tesoriere di Craxi mente sapendo di mentire: usa il termine che possa farmi apparire il più spregevole possibile. Io non ho mai avuto a che fare con le finanze del Psi”.

Purtroppo gli anni passano e Amato spera di dissipare i dubbi nelle memorie dei cittadini… ma internet è impietosa perfino Wikipedia dice: “Fu deputato del PSI dal 1983 al 1994 al fianco di Bettino Craxi, del quale fu prima antagonista e poi consigliere economico e politico fino a diventare sottosegretario alla Presidenza del consiglio nei due governi Craxi I e Craxi II”. Senza citare il Fatto Quotidiano che parla di Amato come “uomo di craxiana memoria”, o lettera43.it, o la Repubblica  che nel lontano 8 febbraio ’97 riporta una frase di Craxi che inveiva contro Amato dal suo rifugio ad Hammamet:  “tu lo sapevi benissimo, caro Giuliano, avevi le mani in pasta come me, pagavi le tue campagne elettorali con i soldi del cassiere di Via del Corso e raccoglievi fondi anche per conto tuo”. E queste non sono letture solo a mezzo di Twitter diffamatori, ma della stampa accreditata che riporta notizie da fonti certe.  

Ma come fa un vice anche se non ha agito personalmente a non sapere?

Finisce nel sangue la contestazione di Pisa ad Amato e Profumo

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E’ finita nel sangue la contestazione che si è svolta questa mattina contro il ministro  Francesco Profumo e sul possibile coinvolgimento di  Giuliano Amato come premier di un governissimo. Un centinaio di giovani studenti appartenenti ai collettivi autonomi universitari si sono ritrovati all’esterno della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa per protestare contro la linea del ministro per le politiche sull’istruzione.

I contestatori hanno scandito slogan contro il Governo e hanno tentato di entrare nella struttura in cui si svolge il convegno con Amato e Profumo. C’è stato quindi l’intervento della polizia che ha cercato di sedare i tafferugli… alla fine c’è stato chi è rimasto ferito anche se non gravemente. Ancora una volta la mancanza di dialogo, espressa da una parte con l’indifferenza e dall’altra con la violenza, ha portato solo a coluttazioni sterili.

Contestato Fassina. In Pole Amato, l’inventore del prelievo forzoso.

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Napolitano bis non piace e non sono solo i militanti di M5S a gridare. I contestatori sono gli iscritti al Pd, la base di centro-sinistra che l’altra sera aveva preso di mira Franceschini in un ristorante al centro di Roma, e che oggi contesta Fassina.

 Sulla pagina Facebook dell’ex segretario Pd i commenti sono stati accusatori. Uno per tutti è stato quello di Canio Muscillo:  “La tua colpa è di avere distrutto il centro sinistra, di avere inciuciato con Berlusconi, di essertene fregato degli italiani che stanno male, di non aver rinunciato ai tuoi privilegi, di fare parte della casta, la mia è di esserti amico su Facebook”,

La sinistra che rinnega la sua classe politica e si scontra con i rampanti renziani che invece Amato come Premier lo voterebbero subito. Quell’Amato tesoriere di Craxi. Quel Giuliano inventore del prelievo forzoso che non ci penserà due volte a rimettere le mani sui conti correnti degli italiani per prelevare i soldi della Cassa Integrazione, del rimborso pubblico ai partiti e per gli esodati.

Alla faccia di tutti gli italiani che chiedono un Presidente “meno politico”!

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Alla faccia di tutti gli italiani che chiedono un Presidente “meno politico”… Scordiamocelo! Sembra che B & B abbiano invece deciso per una personalità politica che possa far uscire le istituzioni dallo stallo in cui si sono messe. Un uomo politico (che faccia parte quindi di quell'”enclave” di potere e di privilegi) che faccia da tramite fra due forze del Paese che hanno smesso di essere in dialogo fra loro. I nomi più quotati sono sempre gli stessi Giuliano Amato, Franco Marini, Massimo D’Alema anche se, poi, nei prossimi giorni sarà stilata una vera e propria rosa di nomi. Gli unici “outsider” previsti al momento sono Emma Bonino e Giuseppe di Rita, quest’ultimo presidente del Censis. Quindi un “uomo” o forse una donna (perché sembra che vogliano anche puntare su una figura femminile) che comunque faccia parte dell’apparato. Sembrano accantonate le proposte del M5S che aveva lanciato il nome di Gino strada o comunque di una personalità che uscisse fuori dall’ambito politico.

Aspen. Ecco i nomi di chi guida l’internazionalizzazione italiana!

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Cos’è l’Aspen?

Come si legge dal loro sito sono “un’associazione privata, indipendente, internazionale, apartitica e senza fini di lucro caratterizzata dall’approfondimento, la discussione, lo scambio di conoscenze, informazioni e valori”.

Che missione ha l’Aspen e come realizza i suoi obiettivi?

Sempre secondo il sito la sua missione è “l’internazionalizzazione della leadership imprenditoriale, politica e culturale del Paese attraverso un libero confronto tra idee e provenienze diverse per identificare e promuovere valori, conoscenze e interessi comuni”. Ma ciò che già desta preoccupazione è la modalità con cui si realizzano gli obiettivi  perché si parla di  “confronto e dibattito ‘a porte chiuse’, per  favorire le relazioni interpersonali e consentire un effettivo aggiornamento dei temi in discussione. Attorno al tavolo Aspen discutono leader del mondo industriale, economico, finanziario, politico, sociale e culturale in condizioni di assoluta riservatezza e di libertà espressiva”.

Che una associazione privata abbia dibattiti riservati non c’è nulla di male… il problema si pone quando si parla di leader del mondo industriale, economico, finanziario, politico, sociale e culturale con la possibilità di influire a livello internazionale che si riuniscono sotto una specie di setta che determina poi le linee guida.

Ma chi fa parte dell’Aspen?

Sono 226 nominativi e le sorprese non mancano!  Da Romano Prodi, a Massimo D’Alema, da Giuliano Amato a Giorgio Napolitano. Ma anche diversi saggi come ex presidente della camera Luciano Violante, la mente economica della Lega Giancarlo Giorgetti e il ministro “montiano” delle politiche comunitarie Enzo Moavero Milanesi.

Nell’area della cultura troviamo: Umberto Eco, Claudio Magris e poi i registi come Carlo Lizzani e Cristina Comencini.

Tra i prelati:  monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione (uno dei dicasteri più importanti), Giovanni Giudici, vescovo di Pavia e membro della Commissione episcopale per i problemi sociali e del lavoro all’interno della Cei e Vincenzo Paglia, vescovo di Terni e presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo.

Ma come si finanzia l’Aspen? Con almeno una 20 di società partecipate dallo stato tra cui Rai, Eni, Enel, Finmeccanica, Fincantieri, Sea, Cassa depositi e prestiti, Acea, Poste Italiane, Sace, Simest.

Ma fino a che punto possiamo parlare di associazione privata e dove invece, date anche le personalità di indiscutibile “fama accademica ed eccellenza professionale” (requisiti essenziali come si legge sul sito per diventare soci), si tratta più di una lobby in cui è possibile intrattenere rapporti privilegiati? Essendo gli incontri segreti e riservati nessuno lo può sapere!!! Perchè pensar male?

2 funerali eccellenti: Antonio Manganelli e Pietro Mennea

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A Santa Maria degli Angeli è il giorno dei funerali di Antonio Manganelli. Il feretro del capo della Polizia, portato in spalla dagli agenti, è stato fatto entrare nella basilica romana sulle note della marcia funebre dopo il saluto del picchetto d’onore. Il rito funebre è presieduto dal Cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma.

Presenti il presidente del Consiglio Mario Monti, il leader del Pd Pierluigi Bersani e il governatore della Lombardia Roberto Maroni. Tra le altre personalità politiche che continuano ad arrivare alla basilica romana per la messa che sarà presieduta dal cardinale Agostino Vallini, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il capogruppo Pdl alla Camera Renato Brunetta, l’ex premier Giuliano Amato.

pietro mennea- feretro-funerale

Mentre è stato un «Arrivederci a festeggiare la tua vittoria al traguardo del cielo» per Mennea. Questo cartello e un lungo applauso hanno accolto nella basilica romana di Santa Sabina il feretro del velocista, poco prima della cerimonia funebre, cominciata alle 10 e officiata da padre Antonio Truda.

Nell’antica basilica, per l’ultimo saluto all’olimpionico scomparso giovedì’ a 60 anni, si sono ancora uniti ai famigliari tanti altri campioni dello sport, amici, autorità e molta gente comune.

Chi al Quirinale?

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Potrebbe essere nei primi giorni di maggio o al massimo a metà mese che si svolgerà la seduta in cui sarà deciso il nuovo Presidente della Repubblica. Già i primi nomi si sono fatti, ma nella confusione che si è generata subito dopo il voto, sembra che tutti abbiano timore di parlare apertamente delle proprie preferenze. Silvio Berlusconi di certo si auspica un Presidente super partes o, meglio, dell’area di centrodestra. Quasi una vendetta dopo 7 anni di contrasto con Napolitano. In campagna elettorale Berlusconi aveva detto di avere già un nome in mente… forse il suo? Ora si fa strada anche un’altra ipotesi, alquanto fantascientifica, Gianni Letta. Anche se molti parlano  di una proposta a Monti o a Draghi che comunque non sembrano interessati, c’è anche chi parla di un possibile Capo dello Stato scelto tra i movimenti politici minori o di un Presidente donna.

Di certo, Pier Luigi Bersani & compagni non potranno contare sull’appoggio di Beppe Grillo per votare il candidato del Colle. Dopo aver proposto Dario Fo, il comico genovese ha infatti avanzato l’idea (impraticabile) di fare una sorta di primarieon line per scegliere il prossimo inquilino del Colle. Enrico Letta ha invece sottolineato che a chi ha vinto la Camera va “l’onere di fare le prime proposte da fare al capo dello Stato”. E, come spiega Alessandra Sardoni sul Foglio, i nomi che si fanno avanti in uno scenario tanto complicato gravitano (ancora una volta) in area centro-centrosinistra. Nomi che godono di un ampio favore internazionale, che possono vantare amicizie importanti in Europa e ai tavoli dei poteri forti, nomi che da decenni manovrano come burattinai le politiche del Belpaese. La rosa di nomi che piace agli euro tecnocrati è presto fatta: si va da Giuliano Amato a Romano Prodi. Niente di nuovo. Un usato per nulla sicuro. “Sono stati tutti presidenti del Consiglio – spiega la Sardoni – hanno avuto incarichi di peso in Europa, sono stati punti di riferimento per almeno una generazione di grand commis. Sono stati invitati almeno una volta alle riunioni della Trilateral Commission e del Bilderberg”. Qualche democratico, poi, si azzarda a fare il nome di Anna Finocchiaro, mentre il Professore aveva ventilato Emma Bonino. Due nomi in rosa per dare maggior respiro alla competizione.

Se Bersani riuscirà mai a formare il governo, non potrà pretendere di “mettere le mani” anche sul Colle. A quel punto dovrà scegliere se “cedere” terreno a favore del centrodestra oppure accettare i diktat dei Cinque Stelle.

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