Il nuovo ministro alla Sviluppo economico, con delega alle Comunicazioni, Federica Guidi, lunedì sera era a cena ad Arcore assieme al padre Guidalberto, salutata così da Berlusconi: “Federica, prima o poi questa tessera di Forza Italia dovrai fartela…”. La sua nomina, sussurrano quelli vicini al leader di FI, è stata “Un capolavoro di Verdini”. Scrive l’Huffington Post:
Perché Federica è una berlusconiana vera, imprenditrice tosta. Più volte Berlusconi l’ha corteggiata come volto nuovo da lanciare. E più volte l’ha coinvolta nell’attività che considera più importante degli organigrammi di partito: coinvolgere imprenditori, fare fund raising, tenere i contatti con quel mondo refrattario nei confronti della politica politicante. Ecco perché una delle prime telefonate di congratulazioni alla neo ministra è arrivata proprio dal Cavaliere. Che ai suoi ha consegnato una battuta che la dice lunga: “Abbiamo un ministro pur stando all’opposizione”. Significa che è in buone mani non solo lo Sviluppo del paese, ma la tutela di Mediaset, il dossier più importante per Berlusconi. È una delega su cui Berlusconi vuole stare sempre al governo. Al sicuro con Passera, ai tempi di Monti, grazie anche alla supervisione dell’allora sottosegretario alla presidenza Catricalà. Poi al sicuro con Catricalà, ai tempi del Letta uno. Ora in mani sicurissime, quelle di Federica Guidi. E chissà se il prestigioso incarico non fosse già nell’aria lunedì sera. Fonti informate assicurano che l’oggetto della cena era il coinvolgimento di Federica in Forza Italia. E che la trattativa si è composta nelle ultime ore. Comunque: meglio di così non poteva andare.
E meglio di così non poteva andare neanche sull’altra casella, la Giustizia. Il Cavaliere si sente tutelato da Orlando, uomo di sinistra, ma garantista, equilibrato, certo non espressione del partito dei giudici e della Procura di Milano. Uno che fu attaccato dai “manettari” dopo un’intervista al Foglio, ai tempi in cui si occupava di giustizia nel Pd di Veltroni, quello della “nuova stagione” e del dialogo col Cavaliere sulle riforme. Raccontano ad Arcore che anche sulla Giustizia la trattativa è stata assai complessa, molto più di quanto è uscito sui giornali. E che Orlando è stato tutt’altro che imposto dal Colle, cui non dispiacevano anche altri nomi tra cui, secondo i berlusconiani, lo stesso Gratteri, il magistrato che Enrico Letta aveva inserito nella task force contro la criminalità. Chissà. Sia come sia, di tutti i nomi, quello finale è il meno ostile, visto dalle parti di Arcore. Non certo come “Federica” ma buono per non incrinare il confronto con Renzi sulle riforme e sulla legislatura costituente…
Flavio Zanonato non fa più parte dell’esecutivo e al suo posto, alla guida del Ministero per lo Sviluppo Economico Matteo Renzi ha chiamato la 44enne modenese Federica Guidi. Figlia di Guidalberto Guidi, per dieci anni n.2 di Confindustria, il nuovo ministro è nella direzione di Confindustria. Altri dettagli su di lei si possono scoprire leggendo il suo curriculum pubblicato sul sito del Ministero delle finanze:
Federica Guidi è nata a Modena il 19 maggio 1969 ed è residente a Montale di Castelnuovo Rangone (MO).
Ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Modena e MBA Master in Business Administration presso la Profingest di Bologna.
Tra le sue esperienze professionali è stata Analista Finanziario per due anni al Rolo Finance, Vice Presidente della Federazione Emilia Romagna (Confindustria) dal 2002 al 2005, Presidente dei Giovani Industriali della Federazione Emilia Romagna dal 2002 al 2005, Vice Presidente dei Giovani Industriali della Confindustria di Roma dal 2002 al 2008, Presidente Giovani Imprenditori della Confindustria in Viale dell’Astronomia 30 a Roma dal 2008 al 2011, Vice Presidente della Confindustria di Roma dal 2008 al 2011 e Membro del Consiglio Direttivo della Confindustria di Roma.
Attualmente ricopre la carica di Vice Presidente della DUCATI Energia S.p.A. di Bologna e Consigliere di Amministrazione del Gruppo DUCATI Energia S.p.A. di Bologna.
Tra le cariche associative si annoverano la carica di membro della Giunta della Confindustria di Roma e membro del Gruppo Italiano – The Trilateral Commission (MI) – ed automaticamente inserita nella Membership Internazionale
In occasione della sua nomina a presidente dei giovani di Confindustria, il Corriere della Sera le dedicò un breve ritratto:
CHI È – Federica Guidi, modenese, 39 anni, laureata in Giurisprudenza, è una figlia d’arte (suo padre è Guidalberto, per dieci anni storico vice in Confindustria): a detta di molti, grande lavoratrice, ha iniziato la gavetta nel 1996 nell’azienda di famiglia, la Ducati Energia. «Una carriera tutta dal basso», ha raccontato. Insomma, il suo essere “figlia di” non le ha concesso corsie preferenziali al punto che in azienda ha fatto perfino le fotocopie. Ed è arrivata allo scalino più alto: amministratore delegato. Dal 2005 Federica ha ricoperto anche la carica di vicepresidente con delega per l’economia e la finanza d’impresa nel gruppo dei Giovani imprenditori di Confindustria. Single all’anagrafe, vive ancora con i genitori tra Bologna e Modena: si dice che faccia poca vita mondana, e che abbia un vero debole per i cani. Ed anche per la corsa: dopo il caffè, la mattina, si concede mezz’ora al tapis roulant.
Nei mesi scorsi è stata menzionata fra i “volti nuovi”, sponsorizzati da Berlusconi, che avrebbero dovuto rinnovare Forza Italia. Altri articoli la danno più vicina a Luca Cordero di Montezemolo.
Emma Bonino esce dall’esecutivo e a occupare la carica di ministro degli Esteri arriva la deputata romana del Pd Federica Mogherini. Il neoministro, eletto per la prima volta alle politiche del 2008 e rieletto alle politiche 2013, è fra i più assidui alla Camera, dal marzo 2013 ha totalizzato il 98,20% delle presenze. Laureata a La Sapienza in Scienze Politiche con una tesi di filosofia politica sul rapporto tra religione e politica nell’Islam, si è iscritta nel 1996 alla Sinistra giovanile per entrare nel 2001 nel Consiglio Nazionale dei Ds, successivamente nella Direzione Nazionale e nel Comitato Politico. Due anni dopo ha iniziato a lavorare al Dipartimento Esteri dei Ds. In particolar modo la Mogherini ha seguito i dossier relativi all’Iraq, l’Afghanistan e il processo di pace in Medio Oriente. Ha tenuto le relazioni con il Partito Socialista Europeo, l’Internazionale Socialista, ed i partiti che ne fanno parte. Ha curato in particolare i rapporti con i Democratici americani. Ancora, la Mogherini ha fatto parte dell’esecutivo Pd dalla sua nascita all’aprile 2008 e quindi da febbraio a novembre dell’anno successivo. Il 24 febbraio del 2009, inoltre, è stata nominata Responsabile nazionale Pari Opportunità nella nuova segreteria dall’allora Segretario del Pd Franceschini. Matteo Renzi, il 9 novembre dello scorso anno, l’ha nominata membro della segreteria nazionale del Partito Democratico, con il ruolo di responsabile per l’Europa. Ha un blog, BlogMog, dove scrive: “E poi, BellaCiao è la più bella ninna nanna del mondo”.
Dopo ore di attesa Matteo Renzi ha reso nota la nuova lista dei ministri, riconfermando alcuni già presenti nel governo Letta. Il rinnovamento, quindi, è riuscito solo parzialmente e qualche dubbio può suscitare, come ad esempio la conferma di Angelino Alfano a ministro degli Interni nonostante lo stesso Renzi, che oggi ha sciolto la riserva, l’avesse criticato in merito alla vicenda Kazaka. Nei giorni scorsi si era anche parlato del fatto che era possibile una riconferma di Andrea Orlando al Ministero dell’Ambiente. Oggi si è scoperto che non c’è stata la riconferma ma un cambio di poltrona: il ministro del Pd va infatti a sostituire Anna Maria Cancellieri alla Giustizia. E la cosa fa riflettere. Appena qualche giorno fa, il Fatto Quotidiano parlava infatti proprio dei motivi per non confermare il ministro a causa di alcuni fatti “che hanno generato una profonda delusione nel suo operato”. La lista comprendeva cinque punti di cui il primo:
1) L’articolo 4 del decreto legge “Destinazione Italia”, già approvato alla Camera dei Deputati e in attesa di conversione al Senato, prevede, con l’aiuto economico dello Stato italiano, la bonifica di siti contaminati senza una sanzione per le aziende che hanno inquinato. Giusto spegnere i fuochi, sbagliato non punire i piromani.
Un ministro della Giustizia, com’è stato nominato ora, che già una volta ha chiuso un occhio su chi inquina? Ma non è stato l’unico fatto che ha generato polemiche o, quantomeno, perplessità. Questi gli altri ricordati dal quotidiano:
2) Nonostante gli sforzi, Andrea Orlando ha perso in Europa un braccio di ferro decisivo con la Germania. La Merkel ha ottenuto il rinvio di 3 anni del tetto che prevedeva la limitazione dal 2020 a 95 grammi per km delle emissioni di Co2 immesse nell’atmosfera dalle auto di nuova immatricolazione. Un provvedimento atteso dai polmoni dei cittadini della Pianura Padana (l’area più inquinata d’Europa) e auspicato dalla stessa Fiat che questi target, per ragioni strutturali, li può raggiungere più facilmente rispetto ai concorrenti tedeschi.
3) Assieme al Ministro Flavio Zanonato è il responsabile del fallimento dell’industria verde in Italia, quella che produce energia pulita attraverso le rinnovabili. Per esempio, la potenza installata dell’industria eolica nel 2013 è crollata del 65% rispetto all’anno prima (fonte Anev).
4) Ha perso l’occasione ‘storica’ di impegnare le Regioni del Nord su più incisivi provvedimenti sulla qualità dell’aria. Il piano della Regione Lombardia ne è un esempio: l’esenzione del bollo per chi compra un’auto nuova è poco efficace per il raggiungimento degli ambiziosi target prefissati. Il Ministro avrebbe potuto mettere sul tavolo della trattativa con le Regioni del Nord la ricezione della direttiva Eurovignetteche prevede un sistema di tassazione progressiva degli automezzi per ridurre smog e traffico. Solo tassando i camion, infatti, le grandi industrie sceglierebbero di far viaggiare le merci che producono sulle rotaie dei treni.
5) Andrea Orlando non ha prodotto nulla di nuovo, eppure qualche idea gli era stata suggerita. Perché, per esempio non ha promosso la rimozione dell’amianto dagli immobili con la possibilità di impiantare, al loro posto, pannelli fotovoltaici detraendo del 50% i costi sostenuti? Sostituire il vecchio con il nuovo. Appunto…
A quanto pare il rottamatore vuole dare una nuova opportunità… e per il nostro stesso bene non resta che augurare ad Orlando buon lavoro!
Ne avevamo parlato nei giorni scorsi: il Conte Pietro Marzotto aveva spedito una lettera alla sua associazione veneta della Federazione nanzionale dei Cavalieri del Lavoro, un’organizzazione privata che rappresenta tutti gli insigniti, sollecitando i dirigenti a revocare il cavalierato “per indegnità” a Silvio Berlusconi, dopo la decadenza del leader di Fi dal Senato a seguito della condanna passata in giudicato. Il Fatto quotidiano scrive che il conte di è autosospeso in segno di protesta e al quotidiano dice: “Credo di non avere fatto niente di eccezionale. L’associazione ha uno statuto, un codice etico e sono chiarissimi. Basta applicarli. Se perfino noi Cavalieri non rispettiamo le regole che ci siamo dati che esempio diamo, che credibilità ci resta?” Sicuramente al governo ci sono le grandi questioni ma a margine si trovano anche i temi minori e tra questi c’è sicuramente anche la questione del titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana. Silvio Berlusconi lo è ancora perché finora nessun politico competente dopo la sentenza di condanna, il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato in primis, si è occupato della questione. Forse, come sottolinea Libero, se il ministro lo avesse fatto magari sarebbe sfuggito agli strali di una parte del Pd e della Governatrice del Friuli Debora Serrracchiani che proprio ieri, mercoledì 22 gennaio, ha chiesto le sue dimissioni per come ha gestito la questione Electrolux. “Nella gestione della crisi ha dimostrato di non avere l’equilibrio necessario per ricoprire il suo delicato incarico”, ha detto la Serracchiani. Chissà se i suoi colleghi di partito sarebbero stati più clementi se il ministro avesse prontamente rimosso il titolo di Cav a Berlusconi.
La presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serrachiani commenta la dichiarazione resa al Gazzettino dal ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato, secondo cui “i problemi e le difficoltà del gruppo svedese riguardano solo lo stabilimento di Porcia e non quello di Susegana”. Dice la Serracchiani: “Nella gestione della crisi Electrolux il ministro Zanonato ha dimostrato di non avere l’equilibrio necessario per ricoprire il suo delicato incarico: dovrebbe dimettersi”. E rileva: “Come presidente di Regione devo esprimere un vivissimo rammarico per la condotta tenuta dal ministro Zanonato, che ha preferito saltare tutti i livelli di mediazione, inclusi quelli istituzionali, credendo di risolvere la crisi buttando a mare lo stabilimento di Porcia. Per noi è inaccettabile il metodo e soprattutto il merito”. E conclude: “Ricordo che il 26 novembre in prefettura a Trieste, alla mia presenza, il ministro Zanonato ha assicurato ai lavoratori di Electrolux che sarebbe andato in visita a Porcia: siccome lo stanno ancora aspettando, ci vada lui ora a dirgli che solo loro devono chiudere”. Zanonato non ha fatto attendere a lungo per la risposta: “La mia nota a Zaia dice il contrario di quanto ha inteso la Serracchiani. Mi concentro su Porcia, le polemiche sono dannose”, il tweet di replica di Zanonato.
Il governo ha disposto il blocco del canone Rai a 113,5 euro per il 2014 ma in Viale Mazzini non ci stanno e vogliono aumentare la tassa e per questo hanno deciso di portare il ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, davanti al Tar. Il decreto del governo non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, scrive Repubblica:
“La Gasparri stabilisce che il servizio pubblico ha diritto a recuperare l’inflazione «programmata » e a ricevere il carburante necessario al suo «sviluppo tecnologico ». Per 7 anni, questo meccanismo ha garantito alla Rai un canone più alto. Stavolta, per il 2014, l’imposta sarebbe arrivata a 115 euro (uno e mezzo in più dell’anno prima). Invece, il 20 dicembre, Zanonato annuncia via Twitter il blocco della gabella e l’impegno a recuperare risorse semmai «dalla lotta agli evasori». La decisione del governo ha un impatto immediato sui conti della televisione di Stato, che perde 21 milioni di euro. L’unica speranza — per Viale Mazzini, ovvio — è che il Tar accolga ora il ricorso e azzeri il decreto Zanonato, riaprendo i giochi”.
I vertici della Rai però non sono pronti a cedere, scrive ancora Repubblica:
“Il 20 dicembre, al blocco del canone per il 2014, il direttore generale Gubitosi parla di «fuoco amico» del governo sulle reti di Stato. Espressione parecchio dura. E gli attuali consiglieri di amministrazione sono — quasi tutti — “incavolati” e pronti a vendere cara la pelle”.
E’ stato un esempio e dopo la morte divenne un mito… ora nel 2014 Enrico Berlinguer, diventerà un francobollo! Ad annunciarlo è stato con un twitter Flavio Zanonato, ministro dello Sviluppo Economico, che posta anche una foto del leader comunista, segretario generale del Pci dal 1972 fino alla morte nel 1984. Il francobollo sarà emesso per ricordare proprio per ricordare il trentennale della morte.
Il piano per Alitalia si farà, ma non con Air France. La compagnia francese infatti non è convinta e soprattutto non ha sicurezze per investire in Italia, nonostante Letta continui a confermare che la stabilità politica è necessaria anche per infondere fiducia negli investitori esteri… quale migliore occasione? Alitalia poteva davvero rappresentare un esempio in tal senso, ma invece Air France si defila e resta solo il piano delle poste. Ritornano quindi di triste attualità anche gli esuberi che si stima possano essere circa 1000. Cosa ha fatto allontanare Air France? Prima di tutto le banche, non è infatti chiaro se parteciperanno o escuteranno i debiti. L’ad Gabriele Del Torchio e il nuovo partner Poste stanno definendo un loro piano industriale: saranno davvero solo 1000 gli esuberi?
Naturalmente sono a rischio anche i circa 2mila contratti a termine. Tutto ora ruota intorno alla capacità di Alitalia di reagire alla crisi, aumentando il fatturato in tempi rapidi… cioè quello che già si era auspicato con il precedente salvataggio. Come spiega Il Messaggero:
Proprio a questo scopo la compagnia ha lanciato ieri un serie di proposte commerciale per attirare nuovi viaggiatori, le famiglie in particolare, con biglietti a prezzi ridotti che partono da 99 euro.
Air France-Klm passerà dal 25% all’11% come riporta il quotidiano francese Les Echos. Sull’altro versante, quello europeo, aperto da British che ha puntato il dito contro Alitalia parlando di un vero e proprio aiuto di Stato e di fatto catalizzando gli occhi dell’Europa sull’operazione di Poste Italiane nella sottoscrizione delle quote, ora l’Italia si giustifica parlando di “passo transitorio” come ribadito dallo stesso Fassina.
La compagnia di bandiera italiana incassa i 130 milioni di euro da banche e soci, ma secondo il quotidiano francese il valore di Alitalia si aggirerebbe intorno ai 30 milioni di euro. Forse è sottostimato dai francesi, ma la stessa assemblea dei soci aveva stimato il valore della compagnia intorno ai 50 milioni. Proprio per questo motivo l’Air France avrebbe fatto il decisivo passo indietro e decidere di non sborsazre la quota di 75% dell’aumento di capitale e di fatto andando in minoranza passando all’11%. Uno scenario, questo, che per i francesi non comporterebbe grandi cambiamenti. Allo scadere del vincolo di ‘lock up’ (il 28 ottobre), il gruppo franco-olandese perderà il proprio diritto di veto e non potrà più opporsi all’ingresso di un investitore straniero, ma a Parigi – scrive Les Echos – restano persuasi che tutti gli operatori esteri potenzialmente interessati (Aeroflot, Etihad, Lufthansa o Air China) abbiano gettato la spugna. Una fonte di Air France, però, non conferma e non fa commenti.
E’ stato deliberato all’unanimità dall’assemblea dei soci di Alitalia l’aumento di capitale di 300 milioni di euro, da offrire in opzione ai soci in proporzione alla quota di capitale posseduta. A partire da domani, 16 ottobre, soci avranno 30 giorni di tempo per sottoscrivere le azioni di nuova emissione. Ma i consiglieri di amministrazione hanno già manifestato l’intenzione di rassengare le loro irrevocabili dimissioni dalla carica, questo in previsione del possibile mutamento degli assetti proprietari. Le dimissioni avranno effetto dalla data dell’assemblea, che sarà convocata subito dopo l’esecuzione dell’aumento di capitale. Massimo Sarmi, amministratore delegato di Poste Italiane, si recherà nel frattempo a Parigi per incontrare i vertici di Air France. L’intenzione è contrattare con i francesi le modalità dell’eventuale ingresso di Poste nel capitale della compagnia aerea italiana.
L’Alitalia Day è arrivato! Oggi consiglio di amministrazione e l’assemblea della linea aerea sono chiamati ad approvare l’operazione di salvataggio da 500 milioni di cui 300 milioni di aumento di capitale. Un’operazione che come noto prevede l’intervento delle Poste Italiane, controllate dal ministero dell’Economia. Oltre alle polemiche che ha suscitato questa scelta sulla sua opportunità in termini di politica economica, ora si levano anche serie proteste internazionali che ragionano in termini di diritto e concorrenza. “Ci aspettiamo che la Commissione europea intervenga per sospendere questo aiuto manifestamente illegale”, commenta la Iag, holding che controlla British Airways, Iberia e Vueling, commenta con l’Ansa gli ultimi sviluppi su Alitalia, sottolineando di essere “stati sempre contrari agli aiuti di Stato”.
Tornando all’operazione comunque in via di approvazione, il dubbio resta intorno alle intenzioni di Air France-Klm, che pure venerdì scorso ha approvato l’impianto dell’operazione. Il socio industriale di maggioranza tra i privati (25%) dovrebbe sborsare intorno a 75 milioni: non sta attraversando un periodo di salute ottimale e già a febbraio ne ha messi quasi 40 per il prestito ponte arrivato dai soci e ben presto rivelatosi insufficiente. Una fonte vicina alla compagnia ha dichiarato al quotidiano economico francese Les Echos: “Non è un piano definitivo bisogna ancora trovare un’intesa su una ristrutturazione del debito e una revisione del piano industriale”. Malgrado le pressioni del ministro dei trasporti italiano, Maurizio Lupi, che ha invitato Air France-Klm a sottoscrivere la sua quota, Les Echos sottolinea che il gruppo franco-olandese ha intenzione di utilizzare il termine di un mese previsto dagli accordi per aderire al piano o diluire la propria quota all’11%.
“Abbiamo approvato il piano, che va nella giusta direzione, ma rimane insufficiente”, hanno fatto sapere, ricordando che una ristrutturazione del debito (di oltre un miliardo di euro) rimane un requisito indispensabile per qualsiasi impegno definitivo. Lupi aveva già risposto alle reticenze francesi senza mezzi termini: “Alitalia non sarà la Cenerentola di Air France”, ha detto ricordando che in caso di mancata sottoscrizione dell’aumento “verrà meno ogni vincolo per la ricerca di nuovi partner”. Proprio sui partner si è espresso il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, stamane a Radio1Rai: “Ci vuole un alleato, ma non credo che i francesi facciano al caso nostro”, ha sentenziato. Secondo Bonanni “loro vogliono solo il loro hub, tant’è che hanno detto che loro aderirebbero” all’aumento di capitale “alla sola condizione che Alitalia non apra nuove tratte internazionali e non acquisti nuovi veicoli. Anzi: hanno fatto di tutto perchè noi fossimo bloccati nell’acquisizione di nuove tratte che rappresentano le occasioni più remunerative per un’azienda Con loro noi andremmo in ulteriore default; meglio allearsi con i tedeschi oppure con altre compagnie di altre realtà regionali”. Tra i possibili partner, Lufthansa ha messo in chiaro di non essere interessata.
Il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Maurizio Lupi, aveva dichiarato che lo Stato Italiano “non ha messo soldi, neanche un euro dei soldi dei cittadini” per il salvataggio dell’Alitalia. Stando al Codacons, però, la verità è ben diversa. Meglio, “è vero esattamente il contrario”. L’associazione spiega infatti che “Saranno proprio gli utenti, attraverso la società controllata al 100% dal Tesoro, Poste Italiane, a ripianare i debiti della compagnia aerea. L’intera operazione Alitalia avrà effetti diretti sulla tasche dei cittadini italiani, e il ministro Lupi lo sa bene. Questo perchè lo sforzo economico di Poste andrà inevitabilmente ad intaccare i servizi universali gestiti dall’azienda, a tutto danno degli utenti, specie le fasce più deboli, che indirettamente si troveranno a pagare il prezzo dell’operazione”. Il Codacons, al riguardo, presenterà domani alla Ue un esposto urgente secondo il quale Poste Italiane “E’ una società per azioni che nel caso di Alitalia acquista titoli azionari, ma l’assetto proprietario di Poste vede la partecipazione totalitaria del ministero dell’Economia, e l’attività di controllo contabile sono affidate a una società di revisione e soggette al controllo della Corte dei Conti sulla gestione del bilancio e del patrimonio”. Così stando le cose, afferma ancora l’associazione, non solo vengono smentite le dichiarazioni di Lupi, ma si configura un aiuto statale che è l’intera collettività a pagare.
E’ Flavio Zanonato, ministro per lo Sviluppo Economico, partecipando alla Repubblica delle Idee ha affermato oggi: “Il ragionamento di Renzi è: cosa mi conviene politicamente? Essere contro, e quindi lo dico. Dice le stesse cose di Grillo”.
Critiche alla presa di posizione renziana arrivano un po’ da ovunque: anche il ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi punta il dito contro l’ex rottamatore: “Renzi si atteggia già da vincitore del congresso, e non a caso parla al nostro elettorato, non siamo stupidi”.
Anche Emma Bonino si scaglia contro il sindaco di Firenze. “Se Matteo Renzi – dice il ministro degli esteri – è il nuovo che avanza, fatemi il favore di ridarmi l’antico”. E aggiunge: “Legga bene il messaggio di Napolitano, prima di rottamarlo”, ha aggiunto.
Dopo la nomina di Flavio Zanonato a ministro dello Sviluppo Economico, il 28 aprile di quest’anno Ivo Rossi è diventato sindaco facente funzioni della città veneta di Padova. Un centro che da anni conosce e fa i conti con il problema dell’immigrazione, con aggressioni ad anziani in pieno centro, con i cimiteri dove visitatori vengono aggrediti e il Comune si è visto costretto a interrompere l’erogazione d’acqua perchè veniva utilizzata per lavare i panni o farsi una doccia, con gli agenti aggrediti da accattoni-falsi invalidi che lanciano le loro stampelle. In questo contesto il sindaco Rossi si è trovato a rispondere alle domande postegli da Il Gazzettino. Lui, uomo del Pd, non è d’accordo con l’indulto. I relativamente pochi episodi di violenza che si sono verificati nella sua città “hanno incrinato la fiducia dei cittadini, la loro sensibilità, e l’insicurezza anche se solo ‘percepita’ alla fine ha gli stessi effetti di quella reale”. Quindi cosa bidognerebbe fare? “Non bisogna smettere di fare quello che stiamo facendo, vigilare, controllare, presidiare il territorio, investigare. La sicurezza pubblica non è esattamente affare mio, ma coinvolge tutta la città, e questa sì mi deve stare a cuore. E in questi giorni c’è una preoccupazione in più…”. Che sarebbe? “Tanta fatica per fermare i responsabili, e poi, tra un po’, ce li vedremo tornare tutti liberi. Vede, da cittadino so benissimo che le condizioni di vita nei nostri carceri sono disumane, non degne di un Paese civile. Eppure, da amministratore, so anche che gli indulti rimettono sulla strada criminali, soprattutto spacciatori, che non sanno fare altro che tornare a delinquere. E non va bene, nè ovviamente per la sicurezza nè tantomeno per il ‘morale’ delle forze dell’ordine: pensi lei come ci si potrebbe sentire se tutti i nostri sforzi risultassero inutili, e gli ex arrestati ci facessero ‘ciao’ per strada…”. Il primo cittadino mira quindi a un “maggiore coordinamento tra tutte le forze in campo” al fine di “creare una polizia ‘di prossimità’, sempre più presente nel territorio”. Ma il problema, per quanti sforzi si possano fare, è che “gli strumenti normativi a disposizione sono scarsi. Ad esempio, gli accattoni che si vedono continuamente in giro sono praticamente tutti “regolari”, grazie alle sanatorie del passato: possiamo sanzionarli, ma basta. E nonostante ogni nostra azione ‘scoraggiante’, continuano ad arrivare anche nomadi, a volte solo in transito, certe altre con intenzioni più ‘stanziali'”.
Si è detto che il governo ha scelto un socio per Alitalia che abbia anche un know how e che Poste, oltre a 75 milioni di euro, possono garantire la condivisione di infrastrutture logistiche, informatiche e di controllo attraverso la compagnia aerea controllata Air Mistral. Il problema è che della flotta, nelle mani di Poste al 100% dal 2005, l’anno scorso si era annunciata la vendita a causa di continui risultati economici negativi, con bilanci sono in perdita continua negli ultimi anni. Come sottolinea Giornalettismo: “Poco sembra aver insegnato la ‘lezione’ del passato ‘salvataggio dei patrioti del Cai’, voluto dal governo Berlusconi. Quello che per i contribuenti è costato circa 5 miliardi di euro, secondo le stime di Sergio Rizzo. Più del gettito Imu. E che non è certo riuscito ad aggiustare i conti della compagnia di bandiera italiana, considerati i debiti che ammontano a circa 1 miliardo e 300 milioni di euro”. Mistral è stata nel 1981 dall’attore Carlo Pedersoli, meglio noto come Bud Spencer, diventando operativa nel 1984. In seguito passata in mano al gruppo olandese Tnt, nel 2002 finì in mano a Poste Italiane quando ancora erano amministrate da Corrado Passera. Costo: 9 milioni di euro. Della flotta fanno parte 8 velivoli, tra cui 4 Boeing. I mezzi sono adibiti al trasporto pacchi e lettere di notte, mentre, durante il giorno, trasportano passeggeri verso mete e luoghi di culto. Per quel che riguarda le perdite, come ricorda anche Il Fatto, nel 2010 si registrava un -1.5, passato a -2.2 l’anno successivo mentre nel 2012 ha fatto registrare una perdita netta di 8,2, tanto che l’ad Massimo Sarmi chiese una ricapitalizzazione di 3 milioni di euro. E annunciò la volontà di venderla. Ma per Mistral Air sono passati anche altri nomi. Dal luglio 2008 all’agosto 2010 ne fu presidente il berlusconiano Antonio Martuscello, ex dirigente di Publitalia e ora commissario Agcom. Praticamente con l’offrire Poste come socio per ricapitalizzare Alitalia con 75 mln di euro e studiando “strategie” e “sinergie” tra le due compagnie di volo, Sarmi tenterebbe di ricadere sotto la bandiera italiana con un obiettivo che potrebbe essere quello, nota Giornalettismo, “di puntare su viaggi a lungo raggio, in particolare verso le capitali e le grandi città d’Oriente, soprattutto se ci sarà una collaborazione crescente con Air France Klm, il gruppo franco olandese che detiene già il 25% di Alitalia e che era in corsa per salire al 50%.” Per quel che riguarda la compagnia d’Oltralpe, al momento resta in stand-by, per capire quali saranno le mosse definitive, aspettando anche il consiglio d’amministrazione del gruppo. Dopo aver già fatto capire di non essere intenzionata a farsi carico dei debiti di Alitalia, dovrà decidere se ricapitalizzare o tirarsene fuori.
Riguardo la situazione dell’Alitalia, Enrico Enrico Letta, dopo aver vagliato diverse possibilità, si è concentrato sull’opportunità di un socio che abbia anche un know how specifico per quel che riguarda Alitalia. Come spiega Ansa le Poste, attraverso la compagnia aerea controllata Air Mistral, possono garantire la condivisione di infrastrutture logistiche, informatiche e di controllo. E questo per il governo rappresenta un punto cruciale per avviare quella discontinuità che ad un certo punto Letta decide di imporre con un obiettivo sicuramente ambizioso: quello di non far vivacchiare Alitalia ancora un po’ e poi svenderla ma rilanciarla facendo fare a ciascun attore, anche gli attuali azionisti, la sua parte per bene e fino in fondo. La morale è che ora Alitalia potrà contare sull’innesto di capitali freschi: un totale di 300 milioni, di cui 75 provenienti dalle Poste, 150 da privati, e con altre formule comprese le obbligazioni azionarie. Da parte sua governo scende in campo da garante per dare fiducia agli azionisti, dopo il fallimento del progetto Fenice, e rendere Alitalia nuovamente competitiva e pronta ad affrontare qualsiasi trattativa decidendo da sola il suo destino in una cornice che rafforzi il progetto, punta di diamante del programma dell’Esecutivo, del ‘fare sistema’.
In mattinata, ai microfoni di Sky Tg 24, Corrado Passera, sul tema Alitalia, ha detto: “Non erano prevedibili cinque anni di recessione così forte che ha toccato fortemente i ricavi dell’azienda: l’impegno dei dipendenti e dei soci privati era servito per superare il fallimento della vecchia Alitalia, che grazie all’intervento della nuova Alitalia aveva permesso di salvare 30.000 posti di lavoro e rendere meno oneroso per le casse pubbliche le conseguenze di quel fallimento che va addebitato alla gestione precedente”. E ha aggiunto: “Non so se Alitalia è salva, bisogna vedere se si porta fino in fondo questo aumento di capitale che in gran parte mi sembra che i soci privati siano disposti a coprire. Certamente è un lavoro che da molti anni si sta facendo”.
Da parte sua Carlo De Benedetti, a margine dell’Internet Festival di Pisa, non ha risparmiato un attacco a queste dichiarazioni: “Sconvolgenti ma non sorprendenti le dichiarazioni di Passera sulla vicenda Alitalia. Certo c’è stata la crisi da noi come altrove ma la combinazione tra il marketing elettorale di Berlusconi e il marketing politico di Passera si è dimostrata disastrosa per tutti meno che per loro”. Ha quindi precisato: “più di 5 miliardi del denaro dei contribuenti è stato bruciato sull’altare delle ambizioni personali”, e proseguito: “Tutto ciò ha portato al risultato economico-finanziario-strategico che oggi vediamo. Con il fallimento della politica “liberale” di Berlusconi e per la inconcludente esperienza politica di Passera, questa sì, giudicata da tutti un’irrecuperabile delusione”.
Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha invece spiegato di essere “sempre molto perplesso di fronte agli interventi della mano pubblica in una società privata. Certo, se è un cerotto per tamponare una situazione di emergenza, passi; però bisognerà una volta per tutte fare una riflessione seria per avere un piano di medio-lungo termine”. Squinzi ha anche sottolineato la complessità della situazione, aggiungendo che “Forse l’Italia è diventata un paese troppo piccolo per permettersi una grande compagnia di bandiera, bisognerà fare una riflessione forte da questo punto di vista”.
Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupo, a Radio anch’io Rai, ha invece spiegato la mossa del governo, spiegando che è intervenuto affinché i privati facessero la loro parte nel risanamento e rifinanziamento e per un “fortissimo piano industriale all’insegna della discontinuità”, perché Alitalia era in condizioni “disastrose”. Ha quindi precisato che “Poste Italiane certamente può essere non un aiuto da parte del pubblico, ma l’individuazione di un’azienda sana come partner industriale in un settore che è sempre di più complementare”.
Ad appoggiare le scelte del Governo Letto i segretari della Uil e della Cisl. Luigi Angeletti ha spiegato che l’intervento dello Stato per Alitalia a questo punto, al di là delle ideologie, è necessario, visto che la compagnia è “sull’orlo del fallimento” e “il capitalismo italiano non riesce a mantenere certe dimensioni aziendali”. Un fallimento di Alitalia “avrebbe comportato una piccola catastrofe economica per il Paese, che non possiamo permetterci. Per questo l’intervento del governo è necessario, non è una scelta politica. Quindi per il segretario Uil, ad un certo punto è meglio parlare di un intervento dello Stato in modo meno ideologico”. Da parte sua Raffaele Bonanni ha detto che l’ingresso di Poste in Alitalia ”è una buona cosa, Alitalia ha bisogno di un po’ di giorni per prendere fiato e vedere un po’ cosa costruire per utilizzare un’energia davvero potentissima”. ”Il nostro bacino utenti – ha detto – è il quinto del mondo, quindi molto appetibile. Ed è un peccato distruggerlo insieme ad un’azienda che oggi è in difficoltà per varie ragioni. Bisogna poi costruire una joint venture con altre realtà”.
Quello che è certo è che c’è da augurarsi che, una volta risanata, la compagnia di bandiera abbia ali forti per ricominciare a volare e tenersi in quota, senza “atterraggi d’emergenza” tra un’altra manciata d’anni. Solo cinque anni fa Crozza cantava:
Forse si risolverà la questione Alitalia con una cordata di società pubbliche che dovrebbero ricapitalizzare il vettore aereo. Nel gruppo dei “salvatori” farebbero parte Poste, Ferrovie, Fintecna, ma anche altri soggetti. L’accordo ci sarebbe ora è questione di dettagli. Chi salverà l’Alitalia? Forse ancora una volta gli italiani.
Alitalia avrà carburante solo fino al 12 ottobre. “Non possiamo certo tenerla in vita noi”, dice l’ad di Eni Paolo Scaroni. Ieri sera il flop della riunione a Palazzo Chigi e i tempi sembrano essere sempre più strette e le strade ormai obbligate. Air France è ormai una delle poche soluzioni, magari con un pacchetto di minoranza italiano: di fatto non abbiamo più una compagnia di bandiera con tutti i disagi che tale decisione può comportare. Sul tavolo naturalmente anche i licenziamenti che sono al momento la vera spina nel fianco che si sta cercando di contenere. Oggi ci sarà una nuova riunione e si spera in una soluzione meno drastica di quella che si prospetta all’orizzonte come preannunciano le parole di Scaroni: “Non possiamo rinnovare il fido a una società che non dà sicurezza. Abbiamo già un’esposizione importante, ma se la società non riscuote nemmeno la fiducia dei suoi azionisti, non possiamo tenerla in vita noi con il carburante”.
Non si trova l’accordo tra Alitalia e Governo e la compagnia di bandiera tricolore vola in Francia, nel migliore dei casi. La riunione, durata circa due ore, ha visto la partecipazione, tra gli altri, dell’a.d. Gabriele Del Torchio, del presidente, Roberto Colaninno, dell’a.d. Unicredit, Federico Ghizzoni, del d.g. di Intesa Sanpaolo, Gaetano Micciché, del ministro dello Sviluppo, Flavio Zanonato, e di quello dei Trasporti, Maurizio Lupi. A Palazzo Chigi oggi c’era anche Mauro Moretti delle Ferrovie dello Stato che sarebbe potuto entrare in Alitalia. Ma l’ipotesi salta e l’unica certezza resta il rifiuto categorico della Cassa Depositi e Prestiti. In tarda serata poi si arriva alla dichiarazione ufficiale, l’Italia non avrà più una compagnia di bandiera e si accompagnerà Alitalia a integrarsi ad Air France. La situazione di Alitalia, per la quale non è stato trovato un accordo per il rifinanziamento a Palazzo Chigi, è ”seria, grave e tesissima”. Lo indicano fonti vicine al dossier e riportate dall’Ansa. Bancarotta o Alitalia… cala la notte sulla bandiera tricolore.
Il primo ottobre è scattato l’aumento dell’Iva, passata dal 21 al 22% e così ieri un giornalista del Fatto Quotidiano voleva porre una domanda al ministro Flavio Zanonato che però ha risposto strappandogli lo smartphone dalla mani. Solo dopo qualche secondo gliel’ha restituito e, alla richiesta di spiegazioni, ha risposto dicendo che è un maleducato. La scena è stata ripresa in un video subito caricato online.
I conti in rosso volano in alto per Alitalia: 294 milioni di debito in solo 6 mesi. In peggioramento rispetto ai 201 milioni dello stesso periodo del 2012. Intanto il Governo non si affida solo a Air France ma cerca altre strade. E’ lo stesso ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, che al termine dell’incontro con il suo omologo francese Frederic Cuvillier, afferma “nessuna preclusione”. La sua affermazione è in linea con quanto affermato questa mattina da Flavio Zanonato che aveva affermato: “”Non è detto che solo i francesi possano immettere capitale. Stiamo lavorando a una soluzione ponte con il coinvolgimento di alcune banche. Oggi l’azienda deve essere difesa finanziariamente, in modo che possa attuare tutto il piano di ristrutturazione del management e tornare con la capacità di fare alleanze da una posizione di forza”, e poi aveva aggiunto “In questa fase bisogna evitare che Alitalia sia preda di acquirenti che possano avere interessi strategici diversi da quelli del nostro Paese. Mi preoccupa l’ipotesi che una compagnia sposti tutto l’asse del trasporto aereo centrale in Francia, con l’Italia marginalizzata”.
Il ministro Lupi ha quindi ripreso e rilanciato quanto già confermato da Zanonato e ha spiegato che “non c’è alcuna preclusione da parte del governo italiano” a un aumento della quota di Air France-Klm in Alitalia, ma a condizione che si riconosca il “ruolo strategico” del mercato e del vettore italiano e che ci sia “la salvaguardia dei livelli occupazionali e dello sviluppo”.
‘Vigileremo sul progetto industriale dell’azienda, con chiunque lo si farà”, ha aggiunto Lupi, ribadendo l’intenzione del governo di preservare”gli scali italiani” e l’ex compagnia di bandiera, per evitarne la marginalizzazione. “Vogliamo che sia ribadito da un piano industriale e dagli investimenti relativi” che Alitalia “non sia considerata una compagnia regionale”, ma mantenga la sua posizione su scala internazionale.
In ogni caso, ha poi sottolineato, “siamo in presenza di aziende private e quindi giustamente i governi non entrano nelle trattative tra le due aziende”, ma allo stesso tempo il suo ministero e quello francese hanno “rivendicato e condiviso che il ruolo che i governi devono assumere è il ruolo di controllo della strategicità di questo settore di fronte alla nuova apertura di scenario del mercato dei trasporti”, su cui si affacciano nuovi attori di spicco.
Intanto in serata dopo due consigli di amministrazione arriva una minuscola ricapitalizzazione da 100 milioni di euro, che darà solo una lieve boccata d’ossigeno alla compagnia di bandiera. Servivano almeno tra i 300 e 400 milioni per soddisfare le necessità finanziarie e di liquidità della società. Il consiglio ha previsto un’assemblea per il prossimo 14 ottobre per varare l’operazione.
Ci sono voluti anni tra polemiche e proroghe prima di dare l’avvio al SISTRI. Il primo ottobre parte anche se le aziende che trattano rifiuti pericolosi pongono davanti nuove difficoltà e timori che il sistema non funzioni ancora. Sono quindi Assosoftware e Confindustria SI(Servizi innovativi e Tecnologici) a chiedere al Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando una sospensione delle sanzioni “per errori di tipo formale”, finchè non sarà testato il funzionamento del SISTRI, giudicato “un progetto non coerente con la realtà, con scelte tecnologiche e di apparecchiature non standard, con gravi carenze di coordinamento tra la componente normativa e la realizzazione informatica”.
Nella lettera si sottolinea che “i problemi strutturali del Sistri ripetutamente evidenziati dalle Software House e dalle imprese dal 2010 e ancora non risolti” sono: “interoperabilità mai collaudata, impossibilità di effettuare verifiche e simulazioni complete in un ambiente idoneo di test, mancanza di una adeguata formazione degli operatori, data la mole di manualistica e documentazione solo recentemente disponibile; dispositivi usb e black box non funzionanti e/o non consegnati”.
“Urge un periodo di sperimentazione – afferma Bonfiglio Mariotti – senza applicazioni di sanzioni per gli errori di tipo formale, per consentire a tutti gli operatori coinvolti di lavorare in tranquillità prevedendo verifica sul campo e un percorso di incisive semplificazioni dell’attuale sistema”. Da parte sua, Mariotti chiede “una nuova sostenibilità del Sistri” passando dal “monitoraggio dei mezzi di trasporto” e “dalla gestione dei documenti” ad una più semplice “tracciabilità dei rifiuti” basata sulla gestione di una banca dati alimentata dalle imprese secondo un tracciato standard e condiviso”.
In questo senso si muove la proposta formulata nell’ambito di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici da Assosoftware con un proprio progetto. “L’obiettivo – dice Lucarelli – non è bloccare un processo di potenziale innovazione ma trasformare il Sistri in una vera opportunità di digitalizzazione del Paese con importanti ricadute in termini di sicurezza dei territori e contrasto dell’illegalità, qualità della vita per i cittadini, semplificazione, contenimento dei costi e miglioramento dell’operatività delle stesse imprese”.
La Camera ha approvato, con 427 sì e 167 no, la richiesta di fiducia del governo Letta sul dl Fare, un omnibus di 114 articoli (inizialmente 84) con misure in vari settori su cui il governo punta a rilanciare l’economia: dalle semplificazioni allo smaltimento dell’arretrato della giustizia civile, dalle infrastrutture al sostegno alle Pmi, passando per singole norme microsettoriali. Il premier Letta ha dichiarato: “Il voto di fiducia alla Camera è un segnale molto importante”. Secondo il Presidente del Consiglio, le risorse pubbliche vengono spesso utilizzate con “faciloneria”, “senza verificare il rapporto tra le stesse e gli utilizzi, che non possono essere sballati o approvati solo perchè c’è qualche lobby che vince alle due del mattino di fronte ad una Commissione stanca”. Letta ha poi fatto un paragone tra gli evasori fiscali e gli atleti dopati: “E’ facile vincere usando il doping come ha fatto chi ha vinto, truccando, il Giro d’Italia e il Tour de France”. E ancora: “Gli italiani che hanno portato i soldi all’estero devono sapere che il clima è cambiato e che conviene anche a loro riportare i soldi in Italia perchè la situazione internazionale non consente più di avere le coperture che hanno avuto finora”. Il governo promette “una lotta senza quartiere per recuperare le risorse ovunque esse siano, in Svizzera o nei paradisi fiscali. Lo faremo e lo faremo con forza e determinazione”. “Se ci si chiede perchè l’Italia è un Paese poco competitivo, rispondo perchè l’economia in nero è così quantitativamente importante. Distorce la concorrenza e crea inefficienza”. “Nel nostro paese le tasse sono troppo alte perchè non tutti le pagano”. Letta ha ribadito “l’impegno a usare tutti i soldi che verranno dalla lotta all’evasione per abbassare la pressione fiscale”. Dopo la fiducia alla Camera, il decreto sarà ora cambiato dal Senato, per cancellare l’erronea eliminazione del tetto agli stipendi dei manager. Per quel che riguarda le norme, esse comprendo:
Semplificazioni: verranno sperimentate «zone a burocrazia zero» per le imprese; in più indennizzo in caso di ritardo da parte delle PA nel concludere la pratica. Abolito il certificato di sana e robusta costituzione per i lavoratori. Edilizia: gli interventi di ristrutturazione edilizie con modifiche della sagoma non sono più soggetti a permesso di costruire: per loro basta la procedura semplificata (Scia). Appalti: stop responsabilità solidale dell’appaltatore per i versamenti Iva del sub-appaltatore: rimane quella per i versamenti delle ritenute sui redditi dei dipendenti. Lavoro: modifiche alle semplificazioni in questo settore, per evitare che incidano sulla sicurezza: precisate le competenze che dovrà avere l’Incaricato per la sicurezza, che sostituirà il Documento di valutazione del rischio (il Duvri); specificati gli elementi da tener conto nella valutazione del rischio. Giustizia: misure per smaltire l’arretrato civile. La Camera ha eliminato l’obbligo della proposta conciliativa del giudice e ha modificato la mediazione obbligatoria: questa si considera avverata se il primo incontro si conclude senza accordo. Infrastrutture: 2 mld in 5 anni per opere immediatamente cantierabili. Finanziate tre opere in Piemonte per 170 milioni, la terza corsia della A4 in Friuli, la «telesina» e la Termoli-San Vittore in Campania, l’eliminazione dei passaggi a livello sulla linea ferroviaria adriatica. Incentivi fiscali per le opere sopra i 200 milioni euro (finora era 500) Scuola: Per la messa in sicurezza delle scuole arrivano 150 milioni in più per il 2014, da ripartire tra le Regioni. Agenda Digitale: implementata la ‘governancè sia della Cabina di Regia che dell’Agenzia. Domicilio digitale: la casella di posta elettronica certificata (Pec) è assegnata di diritto ad ogni cittadino ed è poi attivabile in via telematica dall’interessato; Wi-Fi: gli esercizi commerciali che lo offrono gratis, non dovranno più identificare il cliente che si connette. Cinema: prorogato al 2014 il credito di imposta. Pmi: ampliata platea delle imprese che possono accedere al Fondo di Garanzia: anche i professionisti e le imprese sociali. Finanziamento di 2,5 mld a favore di micro, piccole e medie imprese per rinnovo macchinari (fino a 2 mln per azienda). Appalti PA: le imprese che ottengono un appalto da una PA, sia con bando che con contratto, potranno avere un anticipo del 10% delle somme dovute. Fondi Ue: norme per accelerare il loro utilizzo. Le risorse ancora da spendere ammontano a 30 mld. Se gli EE.LL non agiscono interviene il Governo nominando un Commissario. Ricerca: il Miur sosterrà una serie di interventi di sostegno e sviluppo della ricerca fondamentale industriale, con un contributo alla spesa. Fine del blocco del Turn Over nelle Università e negli Enti di Ricerca. Università: da 2014 30.000 borse di studio da circa 5.000 euro per gli studenti italiani meritevoli, per favorirne la mobilità negli Atenei lontani da casa. Spending review: diventa permanente, con un Comitato interministeriale con un Commissario con poteri ispettivi, compreso l’invio della Gdf. Federalismo fiscale: accelerato il passaggio di beni demaniali agli EELL: l’introito in caso di vendita andrà per il 25% allo Stato per abbattere il debito. Fisco: Equitalia non potrà sequestrare il macchinario o il bene mobile se l’azienda o il professionista dimostra che esso è «strumentale» alla propria attività. L’unica casa di abitazione non può essere pignorata. Per le partite Iva comunicazioni telematiche semplificate. Disoccupati ed esodati che non hanno più il datore di lavoro a fare da sostituto di imposta, avranno comunque i crediti fiscali entro l’anno rivolgendosi al Caf. Tobin Tax: proroga all’ 1 settembre 2013 la decorrenza e al 16 ottobre 2013 il termine di versamento. Sindaci-deputati salvano scranno: i sindaci delle città fino a 15.000 abitanti eletti in Parlamento salvano entrambi gli scranni fino alle prossime amministrative (2015). Corsia preferenziale per i farmaci innovativi per avere tempi rapidi per la loro autorizzazione. Medici: slitta all’agosto 2014 l’obbligo del personale sanitario di avere una assicurazione Rc. Multe: sconto del 30% sul quelle pagate entro 5 giorni. Debiti Pa: Per Puglia e Piemonte, Emilia e Lazio altri 280 milioni per saldare i proprie debiti sanitari. Tv Locali-Banda Larga: evitato il taglio di 19 milioni nel 2013 alle Tv locali, ma a danno dei Fondi per la Banda Larga. Croce rossa italiana: arrivano 150 milioni di anticipazioni di liquidità per il 2014 da parte del Tesoro. Poste: per le spa pubbliche non quotate non vale il taglio del 50% delle spese sulle auto previsto dalla spending review. Rifiuti: divieto di importazione in Campania di rifiuti speciali e di rifiuti urbani pericolosi da smaltire.
Nel giorno in cui si vota la fiducia al decreto legge ” del fare”, Beppe Grillo spiega nel suo blog che: “Bisogna ripulire l’Italia come fece Ercole con le stalle di Augia, enormi depositi di letame spazzati via da due fiumi deviati dall’eroe”. Il leader del M5S prosegue: “E’ una fatica immane, ma per salvarsi, o almeno limitare i danni, bisogna risanare il Paese, vanno sradicati inciuci, connivenze, diritti acquisiti, rendite di posizione, burocrazia”, prosegue il leader del M5S, definendo poi il governo Letta “inesistente”. Immediata la reazione, su Twitter, della portavoce del Pdl alla Camera, Mara Carfagna: “Grillo istiga all’odio e alla violenza. Basta con questo patetico fascismo 2.0”.
Nel frattempo, in aula, prosegue l’iter parlamentare del dl così come l’ostruzionismo portato avanti dalle opposizioni. M5S, Sel e Lega hanno infatti presentato 251 ordini del giorno, di fronte ai pochi depositati da singoli deputati della maggioranda. Il timore è che la discussione e il voto, che avverranno dopo la fiducia, richiedano molte ore, il che lascia presagire alla Camera una seduta fiume. Il governo ha messo martedì la fiducia alla Camera sulla conversione in legge del decreto, che contiene provvedimenti per rilanciare l’economia. L’esecutivo vuole in questo modo evitare la discussione degli 800 emendamenti presentati, che impedirebbe l’approvazione prima delle ferie anche di altre leggi, in particolare quella sull’omofobia. La strategia potrebbe essere vanificata, però, dall’ostruzionismo annunciato e sicuramente messo in pratica da parte di M5S, Lega e Fdi.
Votazione sulla fiducia domani, 24 lulio, sul decreto “del fare”. Oggi il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, ha spiegato: “Abbiamo un calendario molto complicato: 6 decreti, le leggi europee, il disegno di legge di riforma costituzionale, le leggi sui partiti e l’omofobia, votare su 800 emendamenti non permette di rispettare tempi”. Come spiega Il Fatto, Franceschini ha riassunto in aula la situazione che si era venuta a creare dopo, appunto, la presentazione di 800 emendamenti al decreto legge: su richiesta dell’esecutivo di “scendere a un numero ragionevole” Sel e Lega “avevano detto sì”, la maggioranza aveva accettato di ridurre a 10 gli emendamenti mentre una trattativa con il M5S era saltata e i parlamentari “grillini” avevano deciso di tenere tutti le modifiche presentate, cioè oltre 400. “Se il tema è costruire un percorso che consente all’aula di esprimersi in tempi ragionevoli sui singoli emendamenti è un conto, se invece il tema è l’accoglimento di un certo numero di emendamenti la cosa cambia”, ha spiegato il ministro. Rispetto alla trattativa sugli emendamenti tra M5S e governo, i pentastellati si erano dichiarati disponibili a ritirare gran parte degli emendamenti, riducendoli a 8. Ma il governo avrebbe risposto di poterne accogliere la metà, cioè quattro.
Nel frattempo M5S, Lega e Fdi non hanno accettato la diretta televisiva sulle dichiarazioni di voto finali: questo lascia intendere l’intenzione di praticare l’ostruzionismo, avvalendosi degli strumenti regolamentari che concedono tempi larghi di intervento ai deputati sui decreti legge. Un no dell’M5S è arrivato anche per la possibilità che le commissioni Affari costituzionali e Ue possano esaminare la legge sul finanziamento ai partiti e la legge comunitaria. A conseguenza di ciò, saranno solo le commissioni che esaminano decreti legge a riunirsi.Il capogruppo Pd Roberto Speranza, ha spiegato che tale ostruzionismo “Rischia di rallentare provvedimenti decisivi, di cui il Paese ha bisogno”. Sono i pentastellati che spiegano: “Alla fine avevamo presentato otto-nove punti qualificanti di modifica al decreto ‘del Fare’. Punti che avrebbero migliorato un testo pressoché impresentabile. Al governo, però, evidentemente non interessa affatto licenziare norme utili al Paese”. Quindi gli eletti M5S elencano: “Estendere la riduzione del Cip 6 anche agli inceneritori, togliere la scandalosa deregulation sulle sagome degli edifici demoliti e ricostruiti, favorire il pagamento degli stagisti del ministero della Giustizia, aprire un fondo di sostegno alle Pmi in cui poter versare le eccedenze degli stipendi dei parlamentari, rendere più aperta e democratica la gestione della Cassa depositi e prestiti, rivedere la Tobin Tax per colpire il day trading, ricalibrare l’Iva sui servizi portuali, vincolare infine gli incentivi per i nuovi macchinari al mantenimento dei livelli occupazionali e delle strutture produttive sul territorio nazionale”. Con queste misure, se fossero state introdotte, concludono i deputati del Movimento, il decreto sarebbe stato “almeno presentabile: al ministro Franceschini abbiamo lasciato intendere che non ci interessa la mera contabilità degli emendamenti presentati o approvati. E tantomeno le pantomime mediatiche su sterili battaglie, tipiche di una certa opposizione. A noi interessano le modifiche concrete e puntiamo sempre a portare a casa i risultati”.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica firmata dall’ex presidente della Camera Fausto Bertinotti e pubblicata sul Corriere della Sera con cui il politico spiega il suo punto di vista, ossia che il governo in carica “non è l’unica soluzione possibile” e il Capo dello Stato non può “congelare d’autorità” questa soluzione, “perchè altrimenti la democrazia sarebbe sospesa”. “Lei non può. Lei non può congelare d’autorità una delle possibili soluzioni al problema del governo del Paese, quella in atto, come se fosse l’unica possibile, come se fosse prescritta da una volontà superiore o come se fosse oggettivata dalla realtà storica. Lei non può, perchè altrimenti la democrazia sarebbe sospesa”, afferma Bertinotti, secondo il quale Napolitano “non può trasformare una sua, e di altri, previsione sui processi economici in un impedimento alla libera dialettica democratica”. E Bertinotti insiste: “C’è nella realtà politico-istituzionale del Paese una schizofrenia pericolosa: da un lato si cantano le lodi della Costituzione repubblicana, dall’altro, essa viene divorata ogni giorno dalla Costituzione materiale”, e quando il Capo dello Stato chiede al Parlamento di “sostenere il governo perchè la sua caduta porterebbe a danni irreparabili, contribuisce alla costruzione dell’edificio oligarchico promosso da questa costituzione materiale. Il capitalismo finanziario globale non può essere imposto come naturale, nè la messa in discussione del suo paradigma può essere impedito in democrazia. O le rivoluzioni democratiche possono essere possibili solo altrove?”.
Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, scrive in Twitter: “Non faremo passi indietro sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Il ddl che abbiamo presentato è una buona riforma. Perché bloccarlo?”. Oggi alla Camera prende il via il voto degli emendamenti al testo. Daniela Dantanchè, del Pdl, ribadisce: “Non facciamo scherzi sul finanziamento pubblico ai partiti, punto qualificante del programma elettorale del Pdl. Ognuno cammini con le proprie gambe. In questo momento di profonda crisi economica, considerando come tirano la cinghia gli italiani, essi non capirebbero se noi non facessimo come loro”. Matteo Orfini, esponente Pd, dichiara invece: “Nei momento di difficoltà di governo ci si grillizza e si utilizza l’argomento del finanziamento pubblico contro un indistinto partitismo”. Spiega quindi: “Su questo punto stiamo facendo una discussione di merito che parte dal ddl e nessuno sta cercando di rallentare. Il problema che abbiamo posto è solo quello di garantire al fianco all’abolizione del finanziamento anche la democrazia interna e la trasparenza dei partiti”.
Il disegno di legge varato il 31 maggio prevede l’abrogazione per gradi dell’attuale sistema di rimborsi elettorali ai partiti. Il contributo pubblico dovrebbe ridursi al 60% nel primo esercizio successivo a quello dell’entrata in vigore della legge, al 50% nel secondo esercizio e al 40% nel terzo esercizio, per poi cessare del tutto. A regime – nel 2017, se la legge fosse approvata dal Parlamento entro quest’anno senza modifiche sostanziali – gli unici canali di finanziamento dei partiti diventerebbero le erogazioni volontarie con detrazioni dall’imposta lorda del 52% per gli importi fra i 50 e i 5.000 euro e del 26% per tutti gli altri fino a un massimo di 20.000 euro e la destinazione volontaria del 2 per mille. La contribuzione volontaria partirebbe dalla dichiarazione dei redditi 2015 relativa all’anno precedente.
Dopo la moratoria sui temi definiti “etici”, come l’omofobia, proposta dal Popolo della Libertà, prende la parola Dario Franceschini, ministro per i Rapporti con il Parlamento: “Una legge che contrasti l’omofobia non c’entra nulla con i temi etici – ha detto – riguarda il codice penale”. Il politico ha quindi ribadito: “L’introduzione di norme efficaci, che da troppo tempo attendono un’approvazione, è urgente e non più rinviabile”.
Maurizio Lupi, Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Maurizio Sacconi hanno proposto “una moratoria legislativa sui temi etici”. Il Pd risponde con una bocciatura: “Ci sono tutte le condizioni per una rapida e unanime approvazione del testo che introduce finalmente nel nostro Paese il reato di omofobia”, hanno spiegato in una nota Walter Verini, capogruppo Pd in Commissione Giustizia della Camera e Ivan Scalfarotto, relatore del provvedimento. Il Pdl pone in primo piano la questione della moratoria perchè: “Nel momento in cui l’ Italia affronta una straordinaria depressione civile, economica e sociale combinata con una persistente fragilità politico-istituzionale, appare necessario evitare l’introduzione di elementi divisivi nel senso comune del popolo con particolare riferimento ai principi della tradizione, dalla vita alla famiglia naturale, alla libertà educativa”, sottolineano. “La stessa stabilità politica ne trarrà vantaggio perché il formarsi di maggioranze variabili su principi fondamentali mette a rischio quella coesione che costituisce presupposto per le rilevanti decisioni che dovranno essere assunte in relazione alla grande crisi dell’economia e del lavoro”, concludono. E’ invece Sacconi che lancia un appello al premier: “Il presidente Letta dovrebbe guidare la sua maggioranza sui temi dell’economia e del lavoro in modo da ottenere il massimo comun denominatore in funzione della crescita. Se, al contrario, se ne fa guidare, viene autorizzato solo al minimo comun denominatore, come è accaduto sin qui per gli interventi di semplificazione della regolazione del lavoro”, dice Sacconi che aggiunge: “Così come Letta non si illuda di consolidare la sua maggioranza lasciando in pasto al libero gioco parlamentare i temi etici. Si produrrebbero maggioranze variabili che indebolirebbero quella che lo sostiene e soprattutto ne verrebbe divisa la società italiana”. Il parere non viene condiviso dal deputato del Pdl Stefania Prestigiacomo, schierata con la parte del suo partito che non vuole mollare sulle leggi eticamente sensibili. “Mi ritrovo nei ragionamenti e nelle argomentazioni addotte da Bondi e da Galan: confrontarsi su temi etici e di libertà soprattutto in una fase complicata come quella che stiamo attraversando rientra fra i compiti che la politica non può evitare. Se non è la politica ad occuparsene saranno la cronaca ed il legislatore. Una classe dirigente matura e consapevole deve essere in grado di fare il salto di qualità”. La risposta degli esponenti del Pd è stata però rapida. “Ci sono tutte le condizioni per una rapida e unanime approvazione del testo che introduce finalmente nel nostro Paese il reato di omofobia. Il lavoro svolto in Commissione Giustizia è stato molto approfondito e costruttivo. Siamo davvero all’ultimo miglio e la Commissione potrà licenziare un testo di grande civiltà che tiene conto di tutte le sensibilità”, si legge in una nota di Verini e Ivan Scalfarotto. “Non crediamo, quindi – prosegue la nota – che siano necessarie moratorie di alcun genere: siamo alla fine e non all’inizio del percorso. Il provvedimento è già calendarizzato in aula per il prossimo 26 luglio, prima la stessa aula approverà il ‘decreto del fare’ e riteniamo che questo traguardo di civiltà possa e debba essere obiettivo condiviso da tutti”.
Il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, ha rassicurato sull’aumento delle imposte: “Penso che all’inizio dell’autunno sarà possibile annunciare che non ci sarà un punto di Iva in più e non ci sarà l’Imu sulla prima casa”. L’ex sindaco di Padova ha quindi spiegato che il governo sta lavorando per “stabilizzare” le misure prese prima dell’estate.
E’ il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, ad Ancona, ad aver annunciato che con il “decreto del fare” il cdm di domani approverà i tagli alle bollette elettriche a cittadini e imprese di oltre 500 milioni di euro l’anno, riducendo oneri impropri e rendite.
Sembra che anche il governo Letta che ha ereditato il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri) incompiuto lo voglia al momento lasciare tale. E’ dal 2010 che si prova a farlo entrare in vigore, ma avviene sempre uno slittamento. L’ultimo era stato quello su cui era intervenuto il decreto ministeriale di Clini che aveva spostato la data dal 30 giugno 2013 al 1 ottobre 2013. Era stato l’ottavo rinvio. Ora è Flavio Zanonato, l’attuale ministro allo Sviluppo Economico, che ha già parlato di un Sistri che va semplificato “per far sì che non rappresenti un ostacolo ingiustificato all’attività imprenditoriale”. Altri anni saranno quindi spesi per semplificarlo senza adottare, anche se imperfetto un sistema che potrebbe “spazzare” via una buona fetta della mafia che opera nel settore dei rifiuti.
Che cosa è il Sistri? Non è altro che l’informatizzazione dell’intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani per la Regione Campania e per metterlo in atto basta dotarsi di due apparecchiature elettroniche: quello da montare sui mezzi adibiti al trasporto dei rifiuti per tracciarne i movimenti, e un software per la documentazione di accompagnamento. Nel nostro paese invece si va avanti a moduli in forma cartacea (Mud) che non assicurano davvero che lo smaltimento venga effettuato in modo corretto e i tempi con cui esso avviene. Era il 2009 quando fu istituito il Sistri su iniziativa del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, e a tutt’oggi, non vi è stato un giorno, in cui il sistema è stato reso operativo. A chi non interessa che esso venga attuato?
Il reddito è in flessione ininterrotta dal 2008 e, a causa della crisi, ogni famiglia ha registrato in media una riduzione del proprio potere d’acquisto di oltre 3.400 euro. La dimensione della crisi è tale che, per tornare alle dinamiche di crescita precedenti, bisognerebbe aspettare il 2036. Questo è quanto emerso dall’assemblea di Confindustria… forse l’allarmismo è eccessivo, ma i dati non sono favorevoli.
«Agire tempestivamente. Lo si è iniziato a fare con la sospensione dell’Imu, ma bisogna ora proseguire con un’organica revisione della tassazione degli immobili». Lo afferma il presidente Confcommercio Carlo Sangalli. Revisione per dare «solide fondamenta alla finanza comunale» ma che prenda atto «dell’insostenibilità dell’attuale carico sugli immobili strumentali delle imprese, compresi negozi e alberghi, per i quali va consentita la deducibilità del reddito d’impresa e anche dell’Irap».
E l’Iva? “La decisione non è stata presa, la volontà c’è ma non so se saremo in grado di farlo”
Questa è la notizia che oggi ha iniziato a rimbalzare in rete, portando sconforto e indignazione… Intanto i consumi decrescono ancora, mai così male dall’inizio della nostra Repubblica. Un vortice che non riesce ad arrestarsi e il patto con l’Europa da rispettare… ma siamo sicuri che ci convenga ancora restare in Europa? Potrebbe davvero andre peggio di così?
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