A novembre il Comitato centrale del Partito Comunista aveva annunciato la decisione che la politica del figlio unico sarebbe stata allentata e corretta per promuovere “uno sviluppo equilibrato a lungo termine della popolazione in Cina”. E ora il passo storico è stato compiuto: le coppie potranno avere due figli. La decisione presa dalla Corte Suprema cinese rivoluziona dopo 30 anni la ‘politica del figlio unico’ adottata per tenere sotto controllo il paese più popoloso del mondo. Attualmente, la legge vieta alle coppie di avere più di un bambino. La ‘politica del figlio unico’ fu introdotta in Cina pochi anni dalla morte di Mao Tse-tung, da Deng Xiao Ping nel 1979.
Tutti gli articoli con tag figlio unico
La rivoluzione cinese: stop al controllo delle nascite. Si potranno avere 2 figli
Pubblicato da tdy22 in dicembre 28, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/12/28/la-rivoluzione-cinese-stop-al-controllo-delle-nascite-si-potranno-avere-2-figli/
Verso una Cina nuova? Basta con il figlio unico e i campi di lavoro
La Cina è in fase di accelerazione per quel che riguarda la trasformazione della propria società e ora si cerca un rapporto più armonioso con il resto del mondo. Lo si capisce da due annunci giunti da Pechino e che parlano dell’attenuazione del controllo delle nascite imposto con la legge del figlio unico e la fine dei campi di lavoro. Tali decisioni dimostrano una nuova attenzione rivolta alla società e non al mercato, senza dimenticare che rappresentano un notevole passo avanti rispetto alle sollecitazioni internazionali sul piano del rispetto dei diritti umani. Del resto, il presidente della Repubblica popolare e segretario generale del Partito comunista cinese, Xi Jinping aveva annunciato, si era già espresso al riguardo al Plenum del Comitato centrale. Come spiega Repubblica:
Il Partito Comunista cinese ha annunciato l’abbandono di quella forma di controllo delle nascite che da decenni obbliga la famiglie cinesi ad avere un solo un figlio. La misura, annunciata oggi, è stata approvata nell’ambito delle ampie e radicali riforme varate dalla riunione del Comitato centrale del Partito che si è svolta dall’8 al 12 novembre a Pechino. Secondo quanto annunciato, in realtà, la politica del figlio unico non verrà abbandonata del tutto ma allentata e corretta per promuovere “uno sviluppo equilibrato a lungo termine della popolazione in Cina”. Questo attraverso un ammorbimento della legge del figlio unico, in base al quale sarà consentito alle coppie di avere due bambini se uno dei due genitori è figlio unico. L’aggiustamento riguarda il fatto che prima solo se entrambi i genitori erano figli unici, la coppia poteva avere due figli. Considerato che la legge che vieta di avere più di un figlio è entrata in vigore nel 1979 come drastica misura per il controllo delle nascite teso a contrastare il fortissimo incremento demografico del Paese, vi sono moltissime possibilità che nelle giovani coppie cinesi vi sia almeno uno dei due che sia figlio unico. A questo si aggiunga l’allarme lanciato all’inizio dell’anno da alcuni funzionari sul progressivo invecchiamento della popolazione e sul calo della popolazione in età da lavoro, dopo tre decenni di tumultuosa crescita economica.
Ma il cambiamento non riguarda solo la legge sul figlio unico ma anche l’abolizione del sistema di “rieducazione attraverso il lavoro” nell’ambito “dell’impegno per migliorare la situazione dei diritti umani e il sistema giudiziario”. Stando a quanto riporta la Nuova Cina, tale misura sarà accompagnata anche dalla “graduale” riduzione dei crimini soggetti alla pena di morte. Verranno inoltre migliorate le leggi in materia di correzione e punizione, nel senso di aiutare i detenuti a tornare alla società, e le leggi che regolano il sistema carcerario e “il Paese lavorerà per vietare confessioni estorte attraverso la tortura e gli abusi fisici”. I tribunali dovranno essere più severi nel non ammettere “prove ottenute illegalmente” mentre alle forze di polizia viene richiesto di adottare sistemi più trasparenti sia nelle indagini che nelle perquisizioni e sequestri. Ma c’è anche un impegno a tutelare e migliorare il sistema di difesa legale dei cittadini: “Gli avvocati giocheranno un ruolo importante nella protezione dei diritti legali e degli interessi dei privati cittadini e delle società nel rispetto della legge”. Avvocati, si legge ancora, i cui diritti di praticare saranno protetti.
Pubblicato da tdy22 in novembre 15, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/11/15/verso-una-cina-nuova-basta-con-il-figlio-unico-e-i-campi-di-lavoro/
Non ha i soldi per pagare il parto: muoiono madre e bimbo
E’ stata l’organizzazione China Aid a raccontare la drammatica storia della 28enne Cao Xingjuan. Lo scorso 5 ottobre la donna, residente nella provincia cinese dello Jiangsu, si era recata all’ospedale per partorire. Ma l’ospedale, per prestarle assistenza, ha richiesto il pagamento dell’intera somma prevista, cifra di cui la famiglia, al momento, non disponeva. In mancanza dei soldi, però, la struttura si è rifiutata sia di farla partorire che di curarla. A quel punto i familiari si sono attivati per raccogliere la cifra e in tre ore, anche grazie all’aiuto di parenti e amici, hanno raggiunto l’importo richiesto. Ma ormai la donna vessava in condizioni critiche e a nulla è valso il tentativo dei medici di sottoporla a un cesareo d’urgenza: sia la madre che il piccolo sono morti. L’ospedale ha tentato di mettere a tacere la faccenda, offrendo un risarcimento di 2.500 euro che la famiglia ha rifiutato. I parenti, al contrario, hanno organizzato una manifestazione di protesta, a cui hanno preso parte anche amici e conoscenti, dinanzi all’ospedale. La polizia è intervenuta, picchiando alcuni dei manifestanti e minacciando di sequestrare il cadavere della donna, in modo da impedire i funerali. Per evitarlo, la manifestazione sarebbe dovuta cessare subito.
Pubblicato da tdy22 in ottobre 19, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/10/19/non-ha-i-soldi-per-pagare-il-parto-muoiono-madre-e-bimbo/
La coppia che vende la figlia e con il ricavato si compra un iPhone
In Cina il traffico di donne e bambini è un fenomeno molto diffuso, sia a causa della politica restrittiva del figlio unico chee dello squilibrio demografico tra i sessi, ma che dire se una coppia decide di dare al miglior offerente la propria figlia per comprare un iPhone? E’ Quotidien de la libération a riportare la notizia della vendita, avvenuta su Internet: i giovani chiedevano un corrispettivo in denaro di circa 30.000 yuan (3.600 euro) in cambio della piccola, ma resta da chiarire il prezzo finale. Ottenuti i soldi la coppia, che poi è stata arrestata con l’accusa di traffico di esseri umani, si è dedicata allo shopping acquistando un iPhone, scarpe di lusso e altri oggetti. La giustificazione della loro scelta? In questo modo avrebbero garantito un futuro migliore alla figlia. Non solo però: la coppia aveva già una figlia.
Pubblicato da tdy22 in ottobre 18, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/10/18/la-coppia-che-vende-la-figlia-e-con-il-ricavato-si-compra-un-iphone/
La legge sul figlio unico in Cina:necessità o cultura del terrore?
Il dibattito è sempre al centro di polemiche. Il tema sulla legge del figlio unico in Cina ha sempre visto contrapporsi le politiche demografiche alla religione e alla tradizione. Oggettivamente mettere un freno, in un paese come quello cinese in cui il tasso di natalità era elevatissimo è diventata un’esigenza e un’emergenza, poi come ogni legge, sicuramente ha avuto delle devianze che, nel caso specifico, possono anche essere scadute nella tortura e nella violenza. Reggie Littlejohn, avvocato statunitense che da anni si batte contro gli aborti forzati e le sterilizzazioni forzate in Cina. La pianificazione familiare, imposta dal governo secondo Reggie, fondatrice di Women’s Rights Without Frontiers, sarebbe lo strumento per cui il partito comunista può restare al potere. Forse come ipotesi è un po’ lontana dalla complicata situazione che si sta vivendo nella repubblica cinese, ma sicuramente è una delle voci che da tanti anni si occupa del problema.
L’intervista che proponiamo è stata tratta da una dichiarazione a margine per Asia News rilasciata in occasione della 10ma Conferenza internazionale sulla salute materna che si sta tenendo a Roma (18-22 settembre).
Come è arrivata a occuparsi della legge sul figlio unico? Qual è la sua storia?
Io sono un avvocato, mi sono laureata a Yale e per circa otto anni mi sono occupata di diritto fiscale e commerciale a San Francisco. In quel periodo ho rappresentato pro bono alcuni rifugiati cinesi nella loro richiesta di asilo politico negli Stati Uniti. La prima fu una donna, che era stata perseguitata perché cristiana e sterilizzata con la forza. Era mingherlina, sarà stata alta sì e no 1,50 m. Aveva già avuto due figli e le autorità facevano pressione affinché si facesse sterilizzare. Bussavano alla sua porta ogni giorno e ogni volta lei si rifiutava, perché molte donne del suo villaggio avevano gravi problemi di salute per le sterilizzazioni subite. Ha resistito finché non l’hanno presa di peso e trascinata via dalla sua casa, letteralmente. L’hanno gettata su un tavolo, le hanno aperto l’addome e legato le tube, senza anestesia. Mi raccontò che il dolore provato era inimmaginabile. Quella sterilizzazione le ha provocato un’infezione estesa, che l’ha lasciata con emicranie e dolori cronici alla schiena e all’addome. Ricordo che sedevo alla mia scrivania, nel mio bellissimo ufficio di San Francisco, circondata dalla civiltà e dalla libertà, e pensavo: “Non posso credere che cose del genere accadano sul serio, oggi, a un quinto della popolazione femminile mondiale”. Perché in Cina una donna su cinque è costretta ad abortire o a essere sterilizzata.
In seguito ho seguito altri due casi di donne vittime della legge sul figlio unico. Poi mi sono ammalata. Nel 2003 ho subito una mastectomia bilaterale, ma l’operazione ha avuto delle complicazioni e ho sviluppato un’infezione da stafilococco Mrsa resistente agli antibiotici. Per oltre 10 settimane sono stata sottoposta ad altri interventi e trattamenti antibiotici molto aggressivi. Non sapevo se sarei sopravvissuta o meno, e ho iniziato a pregare per tutte quelle persone che stavano peggio di me, come le donne vittime di aborti forzati e sterilizzazioni forzate, o le persone perseguitate per la loro fede.
Quando mi sono ripresa ho iniziato a scrivere una sceneggiatura, poi diventata il film Pearls of China, in cui racconto il dramma di queste donne. E ho fondatoWomen’s Rights Without Frontiers. Molte persone sanno che in Cina vige la legge sul figlio unico, ma non sanno che per attuarla il governo costringe le donne ad abortire e a farsi sterilizzare. Sentivo di dover far conoscere questa realtà ed è così che ho iniziato a occuparmi di questo. Women’s Rights Without Frontiers cerca di unire i movimenti pro-scelta e pro-vita contro gli aborti forzati. È qualcosa su cui tutti dovrebbero essere d’accordo, perché gli aborti forzati non sono una scelta e nessuno può sostenere gli aborti selettivi femminili. Ogni organizzazione che si occupa dei diritti riproduttivi delle donne deve opporsi agli aborti forzati e alla sterilizzazione forzata delle donne. Qualunque organizzazione si occupa della salute riproduttiva delle donne deve opporsi alle sterilizzazioni forzate, perché esse non distruggono soltanto l’apparato riproduttivo della donna, ma compromettono la salute nella sua totalità.
Perché la Cina non elimina la legge sul figlio unico?
Non ci sono ragioni logiche per cui mantenere la legge sul figlio unico. In primo luogo perché questa politica ha ridotto la forza lavoro disponibile, e il Paese sta già perdendo molti affari, in favore di altri Paesi che hanno una manodopera più numerosa ed economica. In secondo luogo per quello che io chiamo “China senior tsunami”. La legge ha dato un duro colpo al tasso riproduttivo: dopo il boom demografico dell’epoca di Mao – dove le donne avevano in media 5,9 figli – oggi la media è di 1,7 a testa. Ma i figli di quel boom stanno invecchiando e andando in pensione, e non ci sono abbastanza giovani che possano prendersi cura di loro, né un programma di sicurezza sociale. Sembra di assistere a un disastro demografico a rallentatore. Infine, c’è un problema di squilibrio di genere. Oggi in Cina ci sono 37 milioni di uomini in più rispetto alle donne e questo destabilizza la società: genera traffico di esseri umani, dentro e fuori del Paese; favorisce la criminalità; molte donne vengono rapite e vendute come mogli. A differenza degli uomini, le donne possono migliorare la loro condizione sposando uomini di livello sociale più alto. Questo ha creato i cosiddetti “villaggi degli scapoli”, dove vivono solo uomini. Sono zone molto remote e questi abitanti vengono chiamati bare branches, “rami nudi”, perché non porteranno mai avanti il loro albero genealogico.
Tutto questo non ha senso, ma dubito che la legge sul figlio unico sarà abbandonata in breve tempo, perché permette al Partito comunista di restare saldo al suo posto, per diversi motivi. Anzitutto, questa legge tocca tutti i cittadini: attraverso aborti forzati e sterilizzazioni forzate il Partito si assicura la sua autorità e afferma il suo potere. Un potere che parte da Pechino, si irradia in tutto il Paese e dà il potere di dichiarare la vita o la morte di chiunque. Questo crea una cultura del terrore, che consente al Partito di controllare la popolazione attraverso il terrorismo. Gli stessi funzionari della pianificazione familiare agiscono come dei terroristi: possono fare qualunque cosa, anche uccidere chi si oppone, senza subire alcuna ripercussione.
C’è poi un sistema di informatori pagati: una donna può essere denunciata dai suoi vicini, colleghi, amici. Questo sgretola i rapporti umani: se non sai a chi puoi credere, perché chiunque potrebbe denunciare la tua gravidanza, come puoi instaurare una democrazia? Inoltre l’attuazione della legge sul figlio unico coinvolge milioni di persone: queste strutture di coercizione vanno mantenute, perché sono una grande macchina per soldi. Ogni anno il Partito guadagna miliardi di dollari grazie alle multe che le persone pagano per aver violato la legge sul figlio unico. È un controllo sociale mascherato da controllo della popolazione.
Come funziona la campagna “Save a girl” e come si lega al documentario “It’s a girl!”?
In Cina abbiamo una rete sotterranea di attivisti che lavorano sul campo e riescono a identificare donne che si sono sottoposte a test per la determinazione del sesso, che non vogliono avere una bambina, che stanno per avere un aborto, o hanno già avuto una bambina e hanno deciso di abbandonarla. Quando le troviamo, diciamo loro di non abortire e di non abbandonare queste creaturine solo perché sono femmine. Offriamo loro uno stipendio mensile per un anno con il quale crescere la bambina. Nel 90% dei casi queste donne decidono di tenere le loro figlie. Il momento più vulnerabile per una bambina è tra il quinto mese di gravidanza – quando puoi stabilire se è un maschio o una femmina – fino a quando ha tre-quattro mesi di vita, perché è quando inizia a sviluppare la sua personalità, a sorridere, a interagire di più. Se si riesce a intervenire in quel lasso di tempo, possiamo salvare la vita di una bambina. Questo è quello di cui si occupa la campagna.
Women’s Rights Without Frontiers sostiene anche le donne che scappano da aborti forzati; donne così povere che anche i loro figli sono a rischio; figli di dissidenti perseguitati. Ci occupiamo anche dei “bambini dimenticati” (forsaken children): a volte quando una coppia divorzia e si risposa, abbandona i figli del primo matrimonio, sia che siano maschi o femmine. Anche questi bambini sono vittime della legge sul figlio unico, che vieta di avere figli nel secondo matrimonio se già ne hai avuto uno nel primo.
Il film It’s a girl! è associato a una campagna d’azione. L’obiettivo non è solo denunciare un problema, ma anche coinvolgere le persone e spingerle a fare qualcosa. In Cina la campagna legata al documentario è la nostra Save a girl.
Come mai India e Cina, due Paesi radicalmente diversi, hanno in comune una pratica come gli aborti selettivi e gli infanticidi femminili?
India e Cina sono molto molto diversi tra loro, ma in tutta l’Asia c’è una preferenza nei confronti del figlio maschio. Nel caso dell’India e della Cina si dice che crescere una figlia è come innaffiare il giardino di qualcun altro. Una ragazza è considerata inutile per diverse ragioni. Anzitutto è il maschio che compie i riti funebri per la famiglia, quindi hai bisogno di un figlio quando morirai. Tuttavia, [avere un maschio] è ancora più importante in una prospettiva matrimoniale. Secondo la tradizione, in entrambi i Paesi con il matrimonio la donna diventa parte della famiglia del marito. I genitori dello sposo guadagnano una nuora e la nuova coppia sosterrà i genitori di lui per tutta la loro vita. Al contrario, la famiglia della sposa perde una figlia.
Nel caso della Cina, con la legge sul figlio unico – se hai un solo figlio e quel figlio è una femmina – molte coppie si sentono divise tra il praticare un aborto selettivo o affrontare la povertà quando saranno anziani. Nel caso dell’India c’è un ulteriore fattore: la dote. Quando una donna scopre di essere incinta di un maschio, lei sa che quando lui si sposerà, la famiglia si ritroverà con un mucchio di soldi dalla famiglia della futura moglie. Quando una donna resta incinta di una femmina, sa che per far sposare sua figlia dovrà dare molti soldi alla famiglia dello sposo. Quindi in India c’è un forte incentivo economico a non avere una bambina. Ma in Cina il non poter avere più di un figlio è una forza ancora più potente. E nelle campagne è anche peggio: lì è possibile avere due figli se il primo è una femmina. Ma secondo le analisi demografiche, è proprio quando si cerca di avere il secondo figlio che avviene la maggior parte degli aborti selettivi. Perché sanno che quel secondogenito è la loro ultima possibilità per avere un maschio.
Pubblicato da tdy22 in settembre 21, 2013
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