Offerte di lavoro shock: cercasi stagista 40 ore, rimborso spese

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Stage ovunque, questa è la formula ormai consolidata per avere personale sottopagato. A segnalare l’ennesimo sfruttamento dei giovani è stato Il Fatto Quotidiano che a Bologna ha trovato un negozio per  articoli casalinghi che esponeva il seguente cartello: “Cercasi stagista, 40 ore a settimana, rimborso spese”. Il contratto dura sei mesi, poi avanti il prossimo stagista! Ma di casi come quello di Bologna ce ne sono infiniti. Un’altro è quello segnalato ad Anzola Emilia dove il Toys Center cerca stagisti con un rimborso spese di 600 euro mensili e con un orario lavorativo uguale a quello dei colleghi assunti, cioè 40 ore settimanali. “Purtroppo il fenomeno dello stage come formula per risparmiare sul costo del lavoro è in crescita – racconta su Il Fatto Quotidiano, Matteo Negri, collaboratore della Camera del lavoro di Bologna e responsabile della campagna Ho.Stage – Originariamente il tirocinio nasce come modalità formativa non retribuita in quanto, appunto, volta a imparare una professione. Queste disposizioni, previste dal pacchetto Treu, però, sono state modificate quando le istituzioni hanno capito che in realtà spesso le cose non stavano così: perché non solo lo stagista è, in molti casi, un lavoratore a tutti gli effetti, senza alcuna tutela, ma è impiegato per svolgere lo stesso ruolo di chi è assunto con un contratto”, conclude Negri.

 

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La vignetta di Vauro contro Travaglio

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Scoppia la contesa tra Vauro e Marco Travaglio. Il disegnatore, nella vignetta di oggi infatti a preso di mira il vicedirettore de Il Fatto Quotidiano. Il motivo naturalmente è politico e naturalmente Vauro, prende di mira Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle di cui Travaglio è invece un gran sostenitore. In particolare Vauro prima aveva preso di mira Dario Fo, colpevole, secondo il disegnatore, di aver abbandonato i palchi della sinistra per salire su quelli di Grillo e in particolare su quello di Genova su cui si è svolto il V-day e poi, il vignettista, si è scagliato contro a una frase, a suo dire, di stampo mussoliniano pronunciata proprio dal Semplice Portavoce del Movimento  “dobbiamo vincere e vinceremo“. In tutto questo Travaglio aveva difeso il Movimento 5 Stelle, Grillo e Dario Fo così che Vauro ha deciso di colpirlo. Il disegnatore infatti si è autoritratto con le orecchie da asino e ha ripetuto la frase di Grillo, mentre una voce fuori campo (quella di Travaglio) gli controbatteva “scherzava”. Un botta e risposta che fa emergere le diverse anime che riescono a convivere su Il Fatto Quotidiano.

750mila euro della Rai, soldi pubblici, per ottenere interviste con Formigoni e Cl

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La vicenda la racconta prima il Fatto Quotidiano e poi la riprende Il Giornale. Sarebbero stati 750mila euro, pagati con i soldi pubblici della Rai, a essere versati per ottenere l’esclusiva dei servizi giornalistici dedicati al Meeting di Rimini. La Rai avrebbe offerto un accordo per filmare dibattiti od otte­nere interviste con Roberto For­migoni, Maurizio Lupi o con chiunque tra politici, imprenditori e personaggi pas­si per la manifestazione estiva organizzata da Comunione e liberazione.

Il Giornale scrive:

In so­stanza, entrambi si chiedono che bisogno ci sia di spendere tali somme per avere l’esclusi­va di una manifestazione che sarà pure molto importante, ma che si può tranquillamente seguire con i servizi giornalisti­ci normali come è stato sempre fatto. Soprattutto perché è dif­fi­cile immaginare una valanga di spettatori che si precipitino a guardare le immagini in arrivo da Rimini: solo un ritorno alto di interesse e di ascolti potreb­be giustificare, infatti, un’ope­razione simile. Minzolini sotto­linea che «l’esclusiva si chiede per eventi giganteschi come i Mondiali o le Olimpiadi. Nel ca­so del Meeting- se l’accordo ve­nisse confermato – si trattereb­be in realtà di una sponsorizza­zione a una precisa area cultu­rale- politica, nonostante i con­tinui proclami di indipenden­za dalla politica medesima fatti dai vertici della Rai. Anzi sareb­be la tv pubblica a fare politica direttamente. E tra l’altro verso l’area di riferimento che sta so­stenendo il governo Letta».

In Rai si fa notare che l’accor­do non è ancora definitivo e si attendono le osservazioni della commissione di Vigilanza per prendere una decisione finale. Così Fico ha chiesto ai vertici Rai «quali sono le ragioni che hanno portato l’azienda a pre­sentare questo tipo di offerta agli organizzatori dell’evento che fa capo a Cl. Se il contratto già esistesse – ha aggiunto – sarebbe da stracciare. È assurdo che vengano stanziati soldi pubblici per seguire eventi di questo genere. Allora anche i partiti o le associazioni di cate­goria potrebbero richiedere di essere pagati per garantire il li­bero accesso ai giornalisti per le loro convention. È un nonsen­se , l’ennesimo».

Ha chiesto, invece, Minzolini alla commissione di Vigilanza: «Vista la tipologia di tale accor­do e anche al fine di chiarire i presupposti di tale negoziazio­ne tenuto conto del diritto/do­vere del servizio pubblico radio­televisivo in materia di pluralismo dell’informazione, riterrei utile conoscere se risponda al vero quanto riportato dalle agenzie di stampa, sia con riferi­mento alla effettiva conclusio­ne dell’accordo da parte del procuratore competente sia in relazione all’importo previ­sto». I vertici della tv pubblica hanno risposto che l’accordo (che viene gestito da Costanza Esclapon, direttore della comunicazione e delle relazione esterne) comporta la creazione di uno stand dentro il padiglio­ne fieristico di Rimini dove si svolge il Meeting (…)

Alla figlia di Salvo Lima fu erogato 1 mln e 815mila euro

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Anche Wikipedia riporta i legami tra Salvo Lima e Cosa Nostra, ma nonostante questo nel 2006, secondo quanto scrive il Fatto Quotidiano, alla figlia Susanna Lima, la figlia di Salvo, l’eurodeputato Dc assassinato nel ‘92 a Palermo, ricevette dallo Stato un milione e 815 mila euro, denaro incassato grazie al Fondo di rotazione che la legge 512 del ’99 ha creato per i familiari delle vittime di mafia e terrorismo.

Ecco l’articolo del Fatto Quotidiano:

A erogarla alla primogenita del potentissimo luogotenente di Andreotti in Sicilia (già nel ‘ 76 riconosciuto dalla relazione di minoranza della Commissione Antimafia come “contiguo ad ambienti mafiosi’’) è il governo guidato da Romano Prodi: il Fondo di rotazione è gestito dal ministero degli Interni che nel 2006 è diretto da Giuliano Amato. Nessuno può parlare di un indennizzo illegale. Ma l’erogazione che, sul piano formale, appare rispettosa dei requisiti richiesti dalla legge 512, suona come una beffa se si legge la sentenza della Corte d’assise di Palermo che, nel 1998, condannando gli assassini di Lima, specificava, nero su bianco, come l’eurodeputato Dc fosse stato assassinato perché non era riuscito a mantenere “l’impegno affinché l’assegnazione del ricorso per Cassazione del maxi-processo venisse affidata alla prima sezione penale”, presieduta da Corrado Carnevale, che avrebbe provveduto “secondo le aspettative di Cosa Nostra, all’assoluzione della commissione provinciale”.

Nella sentenza, insomma, i giudici consegnano il ritratto di un notabile che, pur non essendo uomo d’onore, è “vicino” ai poteri mafiosi e che viene assassinato solo quando Cosa Nostra lo ritiene responsabile di non essersi speso abbastanza per l’assoluzione degli imputati del maxi-processo. Per questo motivo, quando il 5 maggio 2010 Giulia Maria Lo Valvo e Marcello Lima, la vedova e il figlio dell’eurodeputato Dc, bussano anch’essi a quattrini chiedendo di accedere ai benefici della legge 302 del 1990 per le vittime di mafia e terrorismo, la loro richiesta viene respinta. Dopo una rapida istruttoria, infatti, il ministro degli Interni Roberto Maroni, richiamandosi allo sbarramento previsto dalla norma che prevede come requisito fondamentale “la totale estraneità del soggetto leso ad ambienti e rapporti delinquenziali’’, risponde picche.

No allo status di familiari di una vittima della mafia, dunque, ma sì al rimborso milionario: il presupposto che impone la “totale estraneità” della parte lesa agli ambienti criminali non esiste nel Fondo di rotazione, che per concedere il denaro chiede (oltre alla costituzione di parte civile, la condanna degli assassini per fatti di mafia e il pagamento delle spese processuali a loro carico) che il richiedente non abbia riportato condanne definitive e che la vittima, al momento della morte, non sia sottoposta a misura di prevenzione, procedimento penale o condanna. Susanna Lima possiede tutti i requisiti, e suo padre – nonostante la contiguità con Cosa Nostra conclamata dalle sentenze – al momento dell’uccisione risultava incensurato. Ecco perché la figlia di Lima ha avuto quasi 2 milioni di euro dallo Stato ed ecco perché, nell’ultima udienza del processo sulla trattativa, al-l’avvocato che le chiedeva se avesse ottenuto il riconoscimento di familiare di vittima di mafia, la donna ha risposto di sì, per poi essere contraddetta dal marito, l’avvocato Carlo Lo Monaco, che all ’ Ansa ha precisato: ‘ ’Non è così. Mia moglie ha equivocato”. Ossia, ha confuso i modesti emolumenti previsti per i parenti delle vittime, con la somma ingente da lei percepita grazie al Fondo di rotazione che – almeno dal punto di vista esclusivamente formale – ha posto Lima sullo stesso piano di Falcone, Borsellino e di tutti gli altri servitori dello Stato caduti per mano mafiosa.

Mi costi, ma quanto mi costi? La politica italiana e i conti de Il Fatto Quotidiano

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E’ stato Il Fatto quotidiano a fare la classifica dei 10 politici più longevi e quindi, secondo il quotidiano, anche quelli più costosi per i contribuenti. Nella Top Ten ci sono:

1. Giorgio Napolitano – 60 anni – 13,6 milioni
2. Francesco Colucci (senatore Pdl) – 34 anni 107 giorni – 7,8 miliioni
3. Pier Ferdinando Casini – 30 anni 105 giorni – 6,9 milioni
4. Altero Matteoli – 30 anni 105 giorni – 6,9 milioni
5. Anna Finocchiaro – 26 anni 115 giorni – 5,9 milioni
6. Umberto Bossi – 22 anni 197 giorni – 5,1 milioni
7. Maurizio Sacconi – 22 anni 114 giorni – 5 milioni
8. Maurizio Gasparri – 21 anni 184 giorni – 4,9 milioni
9. Ignazio La Russa – 21 anni 184 giorni – 4,9 milioni
10. Carlo Giovanardi – 21 anni 184 giorni – 4,9 milioni

Come sono stati fatti i calcoli?

Prendiamo il caso di Napolitano:  60 anni fra Parlamento, governo e presidenza della Repubblica. Entrato alla Camera dei deputati nel 1953, è stato – tranne la IV legislatura, 1963, in cui fu nominato segretario del Pci di Napoli – deputato, ministro, presidente della Camera, parlamentare europeo, senatore a vita e presidente della repubblica. Il Fatto calcola che se questi sessant’anni di vita politica gli fossero stati pagati con lo stipendio di un attuale deputato (228 mila euro annui), Napolitano sarebbe costato 13,6 milioni di euro.

 La piccola nota di colore è che se Giulio Andreotti fosse ancora in vita sarebbe lui, deputato dalla prima legislatura, nel 1948, a guidare la classifica, essendo stato parlamentare per ben 65 anni.

 

Treno fermo per un’ora: manca il macchinista!

treno-macchinista-tuttacronacaUn treno fermo per un’ora… per assenza del macchinista. E’ accaduto ieri pomeriggio sul treno interregionale 11134, che percorre la tratta Padova-Belluno-Calalzo e a bordo del quale si trovavano oltre 200 passeggeri tra studenti universitari e pendolari. Il treno è rimasto fermo alla stazione di Castelfranco, al binario 4, per un’ora, dalle 16.10 alle 17.10 mentre una voce dall’altoparlante annunciava il ritardo per “problemi con il personale”. Le proteste dei viaggiatori sono scattate immediate, con un’ottantina di universitari che si sono riversati sul binario. E’ uno dei presenti a spiegare: “Dopo oltre mezz’ora di attesa un controllore mi ha detto che mancava il macchinista. Ma come si fa, è una cosa vergognosa”. Solo dopo una lunga attesa è giunto un macchinista che ha sostituito l’assente, si vocifera di un’improvvisa malattia, e le carrozze si sono rimesse in marcia.

Quel matrimonio in dialetto salentino che fa il giro del web

donNandoCapone-matrimonio-tuttacronacaLui si chiama don Nando Capone, è il parroco di Surbo, in provincia di Lecce, e sta diventando rapidamente famoso tra il popolo della rete dopo che EmotionsPhoto ha postato un video sul suo profilo Facebook. Di cosa si tratta? Il religioso sta ufficiando un matrimonio durante il quale ha un divertente scambio di battute con i due sposi in dialetto salentino. Il tutto prende l’avvio da una domanda circa l’inizio della loro relazione, alla quale lo sposo risponde che, quando ha conosciuto quella che sta per diventare sua moglie, le ha chiesto “Vo te metti co me?”. A questo punto parte un divertente scambio in dialetto ma, in una sorta di “alfabeto farfallino”, le consonanti vengono cambiate in “t”.

“Abbiamo svenduto anche la cultura?” Verdone in crisi con l’Italia!

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L’Italia in crisi e Verdone in crisi con l’Italia. Il comico, uno dei simboli del nostro Paese, che fa fatica a identificarsi con l’Italia. Verdone che rilascia un’intervista sui mali non solo della cultura, ma di un’intera nazione in vendita. Carlo Verdone e la sua amarezza che è un po’ quella di tutti gli italiani che si trovano di fronte a un Paese in cui non si riconoscono più e che si rifugiano nel passato per coglierne ancora gli aspetti migliori.

“Questa situazione di degrado mi sembra che vada avanti da un bel po’ di tempo e tocca vari aspetti: c’è una crisi economica a livello internazionale con conseguenze che riguardano tutti, ma c’è anche una cattiva gestione da parte delle amministrazioni e le cattive abitudini di alcuni cittadini che evadono”, così risponde all’Huffpost il comico romano quando gli viene chiesto se i gravi problemi economici della Capitale, che rischia il default, siano lo specchio della situazione drammatica del paese.

“Ci sono troppi scandali, troppi soldi buttati, troppi “aiuti” agli amici degli amici… alla fine hanno ridotto questa città, e questo paese, in un paese in svendita. Telecom, Alitalia, industrie farmaceutiche e tessili prese dai cinesi, aziende che chiudono… ma che ci rimane di italiano qua? Credo che le ultime risorse siano la cultura e il turismo, ma vanno aiutati. Quando vengo a sapere che devono arrivare gli stranieri per rimettere a posto Ercolano ci resto male…abbiamo svenduto pure la cultura?”, queste le dure parole del regista con le quali si apre l’intervista.

È una strada senza uscita?
“In un’intervista mi hanno accusato di essere pessimista, ma io osservo solo realtà e vedo ragazzi costretti ad emigrare per specializzarsi, per fare ricerca, e questo mi preoccupa. Questa è una generazione di giovani che emigrano per imparare qualcosa, ma dove sono i professori che allenano le future generazioni? Io vedo solo un popolo di indagati. Certo ci sono anche le persone perbene, ma sono poche, invece ci vorrebbe una grossa rivoluzione di brave persone che rimettono le cose a posto”.

Pensa che nell’ambito della politica ci sia qualcuno in grado di rimettere a posto le cose?
“Francamente non lo so, vorrei vederli all’opera… posso dire che non ritengo Letta una cattiva persona, anche Renzi mi sembra che possa portare un vento di novità. Al momento sembra che vogliano fare qualcosa, io me lo auguro perché abbiamo bisogno di persone valide, credibili e oneste. Basta con chi pensa solo al bene proprio e non al bene comune, questo comportamento ha messo l’Italia in grosse difficoltà e rischiamo una perdita d’identità”.

Nei suoi film ha sempre tratteggiato con cura personaggi che in qualche modo erano lo specchio del paese, ad esempio nell’ultimo film parlava di padri divorziati che non riescono a sbarcare il lunario. Oggi che cosa porterebbe al cinema?
“Visto che siamo un paese sempre in emergenza, parlerei dell’emergenza del momento cercando di piegarla in commedia trovando il lato ironico anche in una situazione difficile. Non ci si può esimere dal raccontare la realtà, altrimenti al pubblico non lasci niente, e poi io sono un attento osservatore delle cose che mi circondano… ci vuole solo abilità nel far diventare tutto questo un film, se non comico, almeno brillante. Se dovessi girare in questo momento penso che parlerei di tutte quelle persone, anche amici miei, che erano benestanti e ora sono ridotte in miseria perché hanno perso il lavoro. Io sento sempre parlare di tasse, tasse, tasse…ma se uccidi il cittadino con tutte queste tasse, anche quello benestante, i consumi si bloccano e così a catena chiuderanno i negozi, le ditte e così via. Direi che anche questa politica fiscale comincia a diventare un’emergenza, soprattutto per chi non ha lavoro…io mi ritengo fortunato, ma ci sono pensionati che vivono con 480 euro al mese: mi spiega lei come fa un uomo a vivere con 480 euro al mese? E’ uno schifo, io mi vergogno.

Il Leone d’Oro è andato a Sacro Gra, un film sull’estrema periferia romana che fotografa anche lo straniamento e l’isolamento della gente che vive ai margini della grande città. Lei che ne pensa?
“E’ un film-documentario che mi è piaciuto molto, pieno di poesia, semplice, senza grosse pretese, dove il regista ha mostrato una forte sensibilità nel saper cogliere dei personaggi straordinari. Sono anime pure che sembrano venire da un pianeta diverso e che invece vivono ai margini di Roma, sotto agli aeroplani che si alzano e atterrano e ai bordi del traffico congestionato del grande raccordo anulare, sempre così pieno di persone che vanno e vengono”.

La sua amata città sembra in agonia, sono finiti i tempi della Roma di Veltroni simbolo di cultura e rinascita per tutto il paese?
“Io amo tantissimo questa città, la fotografo continuamente sempre dallo stesso punto con una luce diversa, solo che ultimamente sono passato al bianco e nero perché mi dà delle emozioni fortissime…è come una voglia nostalgica di tornare al passato, ai bei tempi. Oggi vedo una città sciatta e la sciatteria a lungo andare porta alla distruzione: Roma ha bisogno di tanti di quei soldi per rimetterla a posto che fa impressione, è lasciata a se stessa e per me questo significa solo che non vogliono più bene a Roma. Ancora è presto per giudicare, ma spero che Marino sappia imprimere un nuovo corso alle cose.

A proposito della sua partecipazione allo spot, sulla fibrosi cistica, quanto è importante la presenza di personaggi famosi per attirare l’attenzione su temi che sembrano ignorati dalla maggior parte delle persone?
Io ho accettato con molto entusiasmo, è come un atto dovuto per me: io ho ricevuto molto dalla vita e dalla gente e se persone in difficoltà stanno studiando questa terribile malattia che è piena di portatori sani, penso che metterci la faccia sia il minimo, è un gesto concreto, un modo per dire grazie alla gente per quello che mi ha dato, ma anche io devo dare qualcosa. Sono cose che si devono fare e non bisogna ringraziare chi le fa.

Il chirurgo che avrebbe impiantato protesi difettose ai suoi pazienti

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Nel mirino de Le Iene questa settima è finito un caso di cui si era già occupato Il Fatto Quotidiano all’inizio di ottobre. La Procura di Bologna infatti avrebbe avviato un indagine nei confronti del professor Sergio Acampora, responsabile, secondo l’accusa, di aver impiantato alla colonna vertebrale di numerosi pazienti “fissatori interspinosi” (in pratica protesi) risultati poi difettosi.

Ma ci sarebbe anche di più perché il materiale sanitario difettoso impiantato nei pazienti sarebbe stato prodotto dalla Nitillium Research “di cui è amministratore unico la moglie e di cui risultano soci e azionisti i figli” dello stesso Acampora. E se il sostituto procuratore aveva chiesto il sequestro preventivo delle protesi il giudice ha ritenuto che tale provvedimento non fosse necessario. Il medico chirurgo sarebbe accusato di lesioni personali e colpose, commercio e somministrazione di medicinali guasti e omessa comunicazione alle autorità competenti.

Secondo la Procura molte delle protesi impiantate da Acampora si sono rotte. “Decine e decine di pazienti – spiega l’avvocato Ezio Bonanni che tutela una cinquantina di persone che hanno fatto causa per risarcimento danni – si sono rivolti al professor Acampora, il quale ha consigliato loro, in riferimento alle singole e distinte patologie, di impiantare dei dispositivi interspinosi nella loro colonna vertebrale, proponendo di eseguire lui stesso le operazioni chirurgiche nella clinica privata accreditata Villa Erbosa”.

Come racconta il Fatto Quotidiano:

Aspetto sottolineato anche nella relazione del medico legale della Procura di Bologna: “Il professor Acampora una volta rilevata la rottura dei dispositivi, li asporta senza le dovute segnalazioni e continua ad impiantare gli stessi dispositivi non curante delle rotture che via via si manifestano. Il numero delle rotture di detti dispositivi è decisamente troppo elevato e questo avrebbe dovuto indurre il chirurgo ad astenersi ad impiantare dispositivi che si rompevano con una certa facilità”.

“La mia vita è stata stravolta – racconta Lino Guerrieri, uno dei pazienti che ora risulta tra le parti offese e ha costituito l’Armi, Associazione responsabilità medica italiana – Non riesco a stare disteso, a dormire, men che meno a lavorare. Ora vivo con la pensione di invalidità, ho dolori violentissimi e una vita impossibile. Le protesi che mi sono state impiantate nella colonna vertebrale sono ora frantumate. Il tutto, tra l’altro, è stato fatto a carico del Sistema sanitario nazionale”. Come lui decine e decine di persone chiedono ora verità e giustizia.

Alle Iene però  Il chirurgo si è mostrato a volto coperto, ha negato ogni responsabilità, e non ha ritenuto grave non aver rilasciato la ricevuta fiscale, la mattina stessa, a un falso paziente inviato dal programma.

Padellaro e Travaglio rinviati a giudizio per diffamazione

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Marco Travaglio e Antonio Padellaro, vicedirettore e direttore del Fatto Quotidiano, hanno depositato questa mattina durante l’udienza per diffamazione, avviata dall’ex direttore del Tg1 Augusto Minzolini, ora senatore Pdl  – per un articolo del 3 giugno del 2011 dal titolo Mutatis Mutandis – una memoria difensiva in cui veniva chiaramente ribadito il «Diritto di satira». Non ci sarebbe quindi diffamazione, ma solo ironia in “Mutatis Mutandis” secondo Travaglio e Padellaro. Di diverso avviso invece l’avvocato del senatore del Popolo della Libertà Minzolin, Fabrizio Siggia il quale ha dichiarato «Non sapevo che il Fatto fosse diventato il Vernacoliere»

Quale è il passaggio incriminato?

Come si legge in Mutatis Mutandis: «Più sotto si celebra un altro eroe dei nostri tempi: Minzolingua, a cui “la spectre della par condicio” (l’Agcom) avrebbe financo “vietato di intervistare il premier”: ecco, il Direttorissimo marcia ogni giorno su Palazzo Grazioli per strapazzare B. con le sue domande scomode, ma ogni volta trova sull’uscio l’Agcom a sbarrargli la strada. Ora la Spectre, non contenta di averlo privato della carta di credito aziendale costringendolo addirittura a pagarsi le ferie di tasca sua, lo perseguita perché “culturalmente di minoranza nel servizio pubblico” (nel senso che anche l’ultimo usciere Rai è più colto di lui) e vorrebbe mettergli gli “schiavettoni” per un “reato di opinione”. Se dovesse accadere, ci batteremmo come un sol uomo per impedirlo. Ma i mutandieri si rassicurino. Nel caso di specie, quello di opinione si configura come reato impossibile: se mai Minzolingua ha avuto un’opinione, non era la sua»

 

La casa di Gianni Alemanno visitata dai ladri

alemanno-ladri-tuttacronacaL’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, questa mattina era impegnato con una riunione dell’Anci. Anche la moglie e il figlio, uscito per andare a scuola, non si trovavano nell’abitazione sita in zona Balduina a Roma. Approfittando di queste assenze, i ladri si sono introdotti nella casa svaligiandola. Il bottino è ancora da quantificare. La polizia è sul posto.

Neppure fosse la testa della Medusa… Dove andrà Sallusti?

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Che Angelino Alfano non nutrisse simpatia per Alessandro Sallusti, direttore del Giornale e compagno del falco Daniela Santanché, era sotto gli occhi di tutti, ma forse l’editoriale che ha definito “mafiosetto” il Ministro degli Interni, ha fatto definitivamente saltare le corde, già tese, all’interno del Pdl – Forza Italia. Per la ricompattazione sempre proprio che il prezzo richiesto da Alfano sia la testa di Sallusti (neppure fosse quella della Medusa!) anche in virtù, forse, di quella lite furibonda del direttore de Il Giornale con Fabrizio Cicchitto a Ballarò. Il Fatto quotidiano scrive:

Sallusti alla guida del Giornale è ormai privo di controllo. Di lì la decisione: giro di seggiole e poltrone nelle testate di famiglia.

E il Fatto quotidiano ribadisce lo schema già circolato:

“l’attuale direttore di Panorama Giorgio Mulè prenderebbe il posto di Sallusti al Giornale. Sallusti a sua volta emigrerebbe alla direzione di Tgcom24 . A Panorama potrebbe andare Mario Sechi che avrebbe (sempre secondo le voci che corrono) trovato come magnifico sponsor addirittura il direttore del Foglio, Giuliano Ferrara”.

Dietro questo giro di poltrone anche la Santanchè:

“E, soprattutto, non darla del tutto vinta ad Alfano che, come si ricorderà, aveva chiesto la testa di Sallusti a Berlusconi (senza nessun incarico di “salva – guardia”) dopo un editoriale del direttore sul Giornale (titolo: “Eversivo è alzare le tasse, liberale è non farlo”), classificato poche ore dopo dal segretario del Pdl come “metodo Boffo” nei suoi confronti e in quelli degli altri ministri “colombe” pidiellini”.

Ma il cambio di direzioni nei giornali di casa Berlusconi, dove il leader del Pdl ricorda che “i soldi sono i miei”, potrebbe arrivare dopo il consiglio nazionale del Pdl:

“La notizia del valzer di seggiole e poltrone potrebbe essere data dopo il consiglio nazionale del Pdl, previsto tra un paio di settimane (salvo contrordini), proprio perché la valutazione degli equilibri che ne usciranno consentirà di rendere più “morbidi” gli avvicendamenti. A restare saldo solo Maurizio Belpietro a Libero”.

Di giro di poltrone, dopo la riunione di Sallusti e Berlusconi ad Arcore del 14 ottobre, parla anche Libero quotidiano, che riporta le indiscrezioni di Lettera43:

“In altre parole: nel progetto del Cavaliere, Sallusti dovrebbe lasciare il Giornale e diventare direttore di Tgcom24, la rete all news di casa Mediaset. Alfano ha avuto la sua testa, per usare un’espressione utilizzata dallo stesso Sallusti nell’ultimo editoriale. Ad accompagnarlo a Villa San Martino dovrebbe essere Daniela Santanchè ed il passaggio è esemplare: ad essere messa in un angolo, almeno per il momento, sarebbe la linea-dura dei falchi del Pdl rappresentata mediaticamente proprio dalla testata di via Negri”.

Se Sallusti e Mulè saranno spostati, l’ingresso a Panorama sarà per Mario Sechi;:

“al settimanale di casa Mondadori andrebbe invece Mario Sechi, già vice ai tempi della direzione Belpietro prima delle avventure giornalistiche a Libero e Il Tempo e quella politica (breve e sfortunata) con Mario Monti in Scelta civica”.

 

L’indulto può salvare Berlusconi?

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L’amnistia non può salvare Berlusconi, ma l’indulto? L’indulto che condona la pena potrebbe dare una grande mano al Cavaliere. Ci sono già tre disegni di legge: uno alla Camera e due al Senato che salverebbero Berlusconi e cancellerebbero le pene accessorie

Lo spiega Antonella Mascali sul Fatto Quotidiano:

«Un progetto è stato presentato dai senatori democratici Luigi Manconi, Paolo Corsini e Mario Tronti nonché da Luigi Compagna, senatore del gruppo misto. Già nella precedente legislatura, Compagna, come senatore del Pdl, provò a inserire un emendamento “salva Silvio” alla controversa modifica del reato di concussione contenuta nella legge Severino. Il disegno di legge su amnistia e indulto, presentato al Senato il 15 marzo scorso, prevede l’amnistia per tutti “i reati commessi entro il 14 marzo 2013 per i quali è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni”. Per quanto riguarda l’indulto “è concesso nella misura di tre anni in linea generale e di cinque per i soli detenuti in gravi condizioni di salute”. Ed ecco la postilla fatta a misura di Berlusconi, per la condanna Mediaset: “È concesso indulto, per intero, per le pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato anche solo in parte l’indulto”.

Un altro ddl fotocopia è a sola firma Manconi-Compagna. Anche alla Camera c’è un progetto di legge che prevede le pene accessorie temporanee indultabili, l’ha firmato il deputato del Pd, Sandro Gozi».

Berlusconi conosce bene le parole indulto e amnistia, avendo già beneficiato nel 2006 dell’indulto e nel 1990 dell’amnistia:

«Dunque, se dovesse esserci l’indulto, così come previsto da questi testi, per Berlusconi la pena per frode fiscale sfumerebbe. Non solo quella principale, già ridotta all’osso dall’indulto del 2006 (dei 4 anni inflitti ne dovrà scontare solo 9 mesi) ma anche la pena accessoria dell’interdizione ai pubblici uffici, inizialmente stabilita a 5 anni, ma che, dopo la sentenza della Cassazione, dovrà essere ricalcolata dalla Corte d’Appello di Milano il prossimo 19 ottobre: potrà infliggere da un minimo di un anno a un massimo di tre anni, sulla base della normativa tributaria. L’interdizione sarà definitiva probabilmente entro l’anno, amnistia e indulto permettendo. Berlusconi, già nel 1990 ha beneficiato di un’amnistia che ha azzerato un procedimento per falsa testimonianza sulla sua iscrizione alla P2 di Licio Gelli».

 

Inchiesta, per ora senza indagati, all’ex leader Bersani e alla segretaria

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E’ Marco Lilio su Il Fatto Quotidiano a raccontare di un inchiesta, al momento senza indagati che ha come oggetto un conto corrente intestato all’ex leader Pier Luigi Bersani e alla sua segretaria Zoia Veronesi.

Al Conto Corrente, come racconta il Fatto, la procura è arrivata partendo da tutt’altro:

Il sostituto procuratore Giuseppe Di Giorgio e il procuratore aggiunto Roberto Giovannini si sono imbattuti un anno fa nel conto, nell’ambito dell’inchiesta sulla segretaria e su Bruno Solaroli, l’ex capo di gabinetto di Errani. La procura, quando chiese alle banche gli estratti conti di Zoia Veronesi mirava a dimostrare la truffa che si sarebbe concretizzata nell’aver fatto figurare un datore di lavoro pubblico, cioè la Regione Emilia Romagna, differente da quello reale e privato, cioè il Pd.

L’ammontare del raggiro, secondo l’accusa, sarebbe stato di circa 140 mila euro lordi (più rimborsi), pari agli stipendi percepiti dalla Regione dal primo giugno 2008 al 28 marzo 2010, quando lavorava per Bersani a Roma, ma la Regione la pagava. Quando le accuse cominciarono a circolare, la Veronesi si dimise dalla Regione e venne assunta dal Pd.

Il conto corrente è stato aperto nel 2000 ed è stato alimentato con molteplici versamenti per una somma complessiva che si aggira, secondo quanto risulta al Fatto , sui 450 mila euro.  

Ma Pier Luigi Bersani, al Fatto Quotidiano ha replicato in modo lapidario:

“Sono tutti soldi registrati. Quel conto fu aperto con Zoia Veronesi per la gestione corrente della quale non mi potevo occupare direttamente e poi lì sono confluiti anche i contributi elettorali regolari. Ho piena fiducia nella magistratura e sono assolutamente certo di avere rispettato le norme. Anzi vorrei che accertassero tutto quello che ho così vedranno che non c’è nemmeno un euro che non è tracciabile”.

L’Italia vista con gli occhi di Carlo Verdone

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Carlo Verdone e i suoi occhi che scrutano l’Italia. L’ha raccontata con sottigliezza e con spietatezza in molti suoi film. I suoi personaggi “vittime” dei vizi che si trasformano, a volte in carnefici. Il Fatto Quotidiano ha ottenuto l’intervista con il comico romano che parla dei temi caldi che stanno attraversando in queste ore la nostra penisola dalla crisi politica a Telecom. Il titolo è dei più eloquenti: “Avrei preferito morire democristiano. Mi sono rotto le pa**e di Berlusconi e Belen”.

“Non ne posso più. Il matrimonio di Belen ci ha perseguitato per 20 giorni. Prima se fa, poi nun se fa, poi il prete ha detto de sì, poi du’ preti hanno detto de no, aspetto il figlio, poi non aspetto il figlio. Basta. Pietà. Abbiamo queste due B, Berlusconi e Dudù glieli risparmio e poi ne abbiamo una terza. Barcone. Una vergogna senza limiti. Centinaia di poveracci morti in modo atroce con qualche peschereccio che ha anche evitato di soccorrerli. Ma che mondo è questo?” […]

Ma magari morissimo democristiani, ci metterei una firma. Dei democristiani che avevano le loro magagne e hanno fatto casini tremendi, sapevamo a memoria quel che non ci piaceva. Li abbiamo presi in giro e avversati, ma oggi purtroppo giungo a una conclusione tragica. Erano migliori dei loro eredi e pur nell’ipocrisia, avevano il buon gusto di non trasformare le loro avventure private nella soap preferita della nazione. Poi erano preparati e, porca pupazza, avevano una loro dignità. Qui c’è un Parlamento in cui ci sono alcune persone improvvisate che hanno frequentato un Cepu accelerato di politica. Per la politica ci vogliono i maestri. 50 anni fa c’erano Bobbio, Berlinguer e, anche se distante dalle mie idee, Almirante. Ora chi c’è? Dove sono i maestri? Ma li ha visti ieri a Montecitorio? Squadre impegnate a dire soltanto “Yes” oppure “no” al capo, logge, gruppi di interesse.

Ieri in Parlamento, secondo Verdone, la realtà ha superato la fantasia.

Ieri Alfano fondava una corrente a cui non aderiva, Santanchè fluttuava da diva disneyana, Scilipoti inneggiava alle bastonate da riservare ai traditori e in un clima da suburra, tra pianti e tifo da stadio, andava in scena un circo. Sono caratteri, maschere impossibili da riprodurre. In Gallo Cedrone c’era Armando Feroci. Un mitomane. Un arrivista. Un politico senza scrupoli animato dal trasformismo nettamente superato, superato trecento volte, dagli episodi del reality parlamentare dell’ultimo mese.

E Verdone non è certo fiero di aver precorso i tempi con le sue commedie amare

Osserviamo con un senso di impotenza. Ci stanno rubando il mestiere. Va in scena una postcommedia della politica con un finale “incaciarato” che pur sforzandosi, a essere bello non riesce. È talmente brutto che ti cascano le braccia. Anche artisticamente.

Sconfortanti anche i casi Alitalia e Telecom:

Dei proclami inutili e ridicoli: “La nostra grande compagnia di bandiera deve rimanere tutta italiana”. Italiana un ca**o. Arriveranno tedeschi, francesi, forse persino polacchi e ungheresi che hanno flotte in rapida crescita. Potremmo parlare anche di Telecom, ma forse è inutile. Siamo fuori. Abbiamo messo tutto all’asta. Cultura e turismo potrebbero aiutarci. Invece se ci casca un pezzo in testa, non abbiamo i soldi per ripararlo e a salvare i capolavori arrivano gli stranieri: “Ve lo aggiustiamo noi, fatevi da parte”. Che umiliazione.

E la responsabilità, secondo Verdone, non è solo della classe politica, ma degli italiani tutti.

La gente è inc****ta. Ma la gente, dirlo è onesto, ha le sue responsabilità. Si è fatta fregare perché ha studiato poco e male. Un popolo in letargo di azione e dinamismo ha delegato il futuro agli uomini sbagliati. Si è trasformato in una compatta truppa di telespettatori permanenti. Con lo stesso piglio riservato alla televendita, l’Italia si è messa sul divano: “Questo mi piace, questo mi conviene, quell’altro non mi fa pagare”. Seguendo i pifferai che promettevano di salvare il portafogli senza immaginare che quello che risparmi oggi, lo paghi domani con gli interessi.

Non è esente da critiche neppure Beppe Grillo:

Mi sforzo di capirlo. Alcune volte mi sembra onesto, altre non lo comprendo, faccio fatica. Potrebbe collaborare di più, ma non lo giudico. Può darsi che valuti senza torti l’ipotesi di un’alleanza come l’ultimo capitolo dell’eterna commedia all’italiana.

Ma il labiale di Letta che dice “grande” a Berlusconi, dopo la fiducia, è stata la ciliegina sulla torta

Bisognerebbe chiedergli cosa intendesse. Grande attore? Grande istrione? Grande faccia tosta? Io penso grande faccia tosta.

 

Lacrime di coccodrillo ovvero Napolitano visto da Travaglio

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Attacca duro Marco Travaglio e l’editoriale post crisi parla del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, Secondo Travaglio. Da qualche tempo Napolitano avrebbe intrapreso la strada del “monitus cum lacrimis”:

Da qualche tempo a questa parte, appena prende la parola, il che gli accade ormai di continuo, in una logorrea esternatoria senza soste, anche due volte al giorno, prima e dopo i pasti, il presidente della Repubblica piange. È una piccola variante sul solito copione: il monito con lacrima. A questo punto mancano soltanto le scuse al popolo italiano, unico abilitato a disperarsi per lo schifo al quale è stato condannato da istituzioni e politici irresponsabili. Cioè responsabili dello schifo. L’altro giorno, mentre Letta Nipote garantiva agli americani che il suo governo era stabile e coeso come non mai e B. raccoglieva le firme dei suoi 188 servi in Parlamento per minacciare di rovesciarlo, Napolitano definiva “inquietante” la pretesa del Caimano di condizionarlo per fargli sciogliere le Camere e interferire nei processi giudiziari. E lo dice a noi? Sono anni e anni che lui, non noi, corre in soccorso dell’Inquietante non appena è in difficoltà. Lo fece nel novembre 2010, quando Fini presentò la mozione di sfiducia al governo B. e lui ne fece rinviare il voto di un mese, dando il tempo all’Inquietante di comprarsi una trentina di deputati. Lo rifece nel novembre 2011, quando B. andò a dimettersi per mancanza di voti alla Camera, e lui gli risparmiò le elezioni anticipate, dando il tempo all’Inquietante di far dimenticare i suoi disastri quando i sondaggi lo davano al 10 per cento.

Lo rifece quest’anno, dopo la batosta elettorale di febbraio (6,5 milioni di voti persi in cinque anni): prima mandò all’aria ogni ipotesi di governo diverso dall’inciucio, tappando la bocca ai 5Stelle che chiedevano un premier fuori dai partiti; poi accettò la rielezione al Quirinale, sostenuta fin dal primo giorno proprio da B., quando ancora Bersani s’illudeva di liberarsi della sua tutela; infine impose le larghe intese, in barba alle promesse elettorali di Pd e Pdl, e nominò premier Letta Nipote che, come rivela Renzi nel suo libro, era stato scelto da B. prim’ancora che dal Pd. L’idea di consultare gli elettori gabbati per sapere che ne pensavano (come si appresta a fare l’Spd con un referendum fra i suoi elettori prima di andare a parlare con la Merkel), non sfiorò nessuno. Tanto i giornaloni di destra, centro e sinistra suonavano i violini e le trombette sulla “pacificazione” dopo “vent’anni di guerra civile”. E B., semplicemente, ci credette: convinto che Napolitano e Pd l’avrebbero salvato un’altra volta. Il Fatto titolò: “Napolitano nomina il nipote di Gianni Letta”. Apriti cielo. A Linea notte Pigi Battista tuonò contro quel titolo “totalmente insensato, eccentrico, bizzarro, non certo coraggioso” perché “non riconoscere che Enrico Letta sia una figura di spicco del Pd e scrivere che la sua unica caratteristica è essere nipote di Gianni Letta è una scemenza. Non vorrei che passasse l’idea che ci siano giornali, come il Corriere su cui scrivo, accomodanti e trombettieri, e altri che dicono la verità, sono coraggiosi, stanno all’opposizione”.

Ieri il coraggioso Corriere su cui scrive Battista pubblicava le foto di Enrico e Gianni Letta imbalsamati che sfrecciano sulle rispettive auto blu dopo l’incontro al vertice di venerdì, quando “a Palazzo Chigi arriva anche lo zio di Enrico, Gianni Letta. Incontri non risolutori, che preparano il colloquio delle 18 al Quirinale”. C’era da attendersi un puntuto commento del coraggioso Battista per sottolineare quanto fosse insensata, eccentrica, bizzarra questa simpatica riunione di famiglia fra il premier e lo zio, sprovvisto di qualunque carica pubblica, o elettiva, o partitico, che ne giustificasse la presenza a Palazzo Chigi. L’indomani Napolitano lacrimava alla Bocconi perché B. ha “smarrito il rispetto istituzionale”. Perché, quando mai in vent’anni l’ha avuto? Per smarrire qualcosa, bisognerebbe prima possederla.

Intanto il ministro Franceschini, in Consiglio dei ministri, si accapigliava con Alfano: “Voi volete solo salvare Berlusconi!”. Ma va? E quando l’ha scoperto? Infine ieri, mentre tutti parlavano di fine del governo e di “punto di non ritorno”, Napolitano dimostrava che il punto di non ritorno non esiste, la trattativa Stato-Mediaset è più che mai aperta: infatti chiedeva, eccezionalmente a ciglio asciutto, “l’indulto e l’amnistia”. Ma sì, abbondiamo. Così sparirebbero per incanto i processi Ruby-1 e Ruby-2, De Gregorio, Tarantini, Lavitola, la sentenza Mediaset e tutti i reati commessi da B. ma non ancora scoperti. I detenuti perbene dovrebbero dissociarsi e rifiutare di diventare gli scudi umani per B.&N., a protezione del sistema più marcio della storia. Essi sì avrebbero diritto a versare qualche lacrimuccia. Invece in Italia lacrimano solo i coccodrilli: chi è causa del nostro mal, piange al posto nostro.

La politica tedesca vista da Travaglio e l’attacco ai giornalisti

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“Riotten und Battisten”, questo il titolo dell’editoriale di Marco Travaglio sulle pagine del Fatto Quotidiano. Un attacco diretto ai giornalisti, alla legge elettorale, ma soprattutto a quella correttezza e trasparenza che l’Italia sembra aver sotterrato decenni fa:

“C’è una sola categoria che, sulle elezioni tedesche, riesce a essere più ridicola dei politici: i giornalisti. Siccome la legge elettorale tedesca è davvero democratica, dunque non prevede mostruosi premi di maggioranza come il Porcellum, alla Merkel non basta aver ottenuto il maggior trionfo dai tempi di Adenauer: mancandole un pugno di seggi, deve coalizzarsi coi Verdi o coi Socialdemocratici. Dunque, secondo i trombettieri italioti dell’inciucio – gli stessi che per vent’anni l’hanno menata con la “religione del maggioritario” (…) – questa sarebbe la prova che le larghe intese sono cosa buona e giusta in tutta Europa, e dunque in Italia.

Ma i fautori di questa presunta “lezione tedesca” fingono di ignorare chi sono i protagonisti delle grandi coalizioni in Germania e altrove: partiti normali, guidati da politici normali, che prendono un sacco di voti e poi mettono insieme i punti comuni dei loro programmi in ampie discussioni, alla luce del sole, sotto gli occhi degli elettori. (…)

In Italia le larghe intese le han fatte due partiti che hanno sgovernato l’Italia per 20 anni e infatti hanno perso le elezioni (-10 milioni di voti) per emarginare il M5S che le aveva vinte (8,5 milioni da zero). Due partiti che in campagna elettorale si erano giurati eterna ostilità. Poi, dopo due mesi di melina, hanno rieletto un capo dello Stato di 88 anni che ha accolto in un nanosecondo la proposta di restare per altri 7, dopo aver giurato fino al giorno prima che non l’avrebbe mai fatto. Costui ha riunito in mezza giornata le delegazioni dei partiti, comunicando loro chi doveva entrare nel governo e chi no, dopo aver già fatto scrivere un programma fumoso da dieci presunti “saggi” amici suoi. L’indomani ha comunicato il nome del premier: il vicesegretario Pd, casualmente nipote del braccio destro del boss Pdl. (…)

Anche perché il Pd è un partito nato morto che passa il tempo a discutere di cose incomprensibili anche a un bravo psichiatra. E il Pdl è proprietà di un pregiudicato che ha altro a cui pensare: i disastri delle sue aziende e come non finire in galera e conservare l’impunità (detta “agibilità” o “pacificazione”). Ma di tutto questo i giornaloni non parlano. Pigi Battista si illumina dinanzi alla Germania, che fa le grandi coalizioni senza chiamarle “inciuci”: forse perché inciuci non sono, mentre da noi sì. In Germania, se un politico finisce sotto inchiesta o in uno scandalo, anche per una fesseria, si dimette (…)

In Italia ancora ieri il direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano sosteneva che la “malattia italiana” sono “vent’anni di conflitti fra poteri” (cioè fra un imputato e i suoi giudici). E Gianni Riotta, su La Stampa, sosteneva che i mali dell’Italia non sono i partiti che l’han rapinata per vent’anni, ma una fantomatica “sinistra populista” e un’immaginaria tentazione di “maggioranze rosse” e additava i nemici dell’euro sul “blog 5Stelle di Grillo”, come se la guerra all’Europa non l’avessero fatta per anni B. e la Lega. Il vero spread fra Germania e Italia è tutto qui: noi abbiamo i Napoletano, i Battista, i Riotta e i tedeschi no.”

Polemica su Celentano e la fila in ospedale, il Molleggiato risponde.

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Ieri era scoppiata la polemica su Il Giornale, il quotidiano diretto da Sallusti che accusava Adriano Celentano di aver saltato la fila al Pronto Soccorso di Sanremo. Oggi la dottoressa Stefania Russo, primaria di radiologia all’ospedale di Sanremo, prova a spiegare cosa in realtà è avvenuto e perché si è fatto accomodare il cantante in una sala riservata:

“Immaginate il caos che crea un personaggio come lui in una sala d’attesa affollata tra autografi e fotografie. Lo abbiamo letteralmente chiuso in una saletta riservata agli infermieri insieme alla moglie che lo ha accompagnato e lo abbiamo refertato nel minor tempo possibile. Era interesse nostro e di tutti i pazienti non creare scompiglio. La sua presenza non ha in alcun modo interferito con le altre visite né tantomeno penalizzato gli altri pazienti”.

Nonostante le spiegazioni che in buona parte attribuiscono la necessità, per problemi di ordine pubblico, di aver fatto accomodare Adriano Celentano e la moglie in una sala riservata agli infermieri, la polemica in rete non accennava a diminuire così lo stesso Molleggiato ha deciso di rispondere a chiare note dalle pagine de Il Fatto Quotidiano:

È incredibile l’interessamento e l’apprensione di stampa e tg per la piccola frattura che mi sono causato al 5° dito del piede. E nessuno, dico NESSUNO, ha sprecato una parola per la battaglia che da 10 giorni porto avanti sul Fatto Quotidiano contro le micidiali navi GIGANTI di Venezia.

In realtà la notizia era stata riportata anche in altre testate giornalistiche e blog. Anche noi di Tuttacronaca avevamo pubblicato integralmente la lettera di Celentano e la sua battaglia contro le Grandi Navi a Venezia. 

Il Molleggiato ha poi continuato a portare avanti la sua battaglia tra il “mignolo” (che scientificamente sarebbe il minolo) del piede e le Grandi Navi:

Cosa devo pensare? Che il mio “mignolo” è molto più importante della catastrofe a cui sta andando incontro la città più bella del mondo? Ma allora perché l’Unesco l’ha dichiarata “Patrimonio dell’Umanità” e del mio “mignolo” ancora nessuna considerazione? Non dico tanto, due parole: “Adriano, da giorni impegnato in una forte campagna di denuncia contro lo SCEMPIO di Venezia, ieri sera si è fratturato il dito mignolo del piede contro l’angolo di un divano”. Bastava che venisse riportato questo, e invece niente. Neanche di fronte alla morte del turista tedesco schiacciato da un vaporetto tre giorni fa. Però li capisco. Una citazione, per quanto piccola, sarebbe stata per gli altri giornali un danno enorme, perché li avrebbe costretti a menzionare il giornale concorrente che ha ospitato il mio sdegno contro i MOSTRI. E la regola dei quotidiani, che più CRETINA non può essere, dice che, pur trovandosi di fronte a una vicenda di importanza VITALE non se ne deve parlare, altrimenti si fa pubblicità al concorrente. Cosa importa se poi Venezia affonda. Ma io non mi fermerò, continuerò a parlarne anche dovessi rompermi le altre nove dita.

La prossima volta che vedete un vip in sala d’aspetto evitate foto e autografi, assembramenti e domande così non si creeranno problemi di ordine pubblico che necessitano un trattamento diverso per le celebrità che si recano all’ospedale. Siamo comunque felici dell’efficenza mostrata dall’ospedale di Sanremo che è riuscito a gestire il soccorso ad Adriano Celentano e nello stesso tempo non ha penalizzato gli altri pazienti. Calcolando anche il mese d’agosto, la località turistica e i tagli alla sanità il servizio offerto dall’ospedale è stato davvero eccezionale. Forse serve davvero un’anomalia a volte per migliorare i servizi!

Sgarbi sopra le righe, insulta il giornalista del Fatto. Video!

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Il giornalista de Il Fatto Quotidiano, David Perluigi, è stato insultato pesantemente da Vittorio Sgarbi durante l’ultima  puntata di In Onda Estate (“Fenomenologia di Berlusconi”). Dopo un lungo intervento del critico d’arte in difesa di Silvio Berlusconi, in cui aveva anche paragonato Enzo Biagi a Emilio Fede per poi citare la vita privata di Pasolini, il giornalista si è permesso di affermare che “Quella di Vittorio Sgarbi per Berlusconi è una solidarietà tra pregiudicati”. A questo punto è scattata l’ira di Vittorio Sgarbi che urlando parolacce e improperi ha pesantemente oltraggiato il giornalista. Ma perché Perluigi ha affermato che si trattava di una solidarietà tra pregiudicati?  Vittorio Sgarbi fu condannato, come riporta il Fatto Quotidiano, nel ’96 per truffa aggravata e continuata e falso ai danni dello Stato.

Meridiana tra cassa integrazione e mobilità, il segretario Uil vola gratis

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C’è chi rischia la mobilità e la cassa integrazione e chi invece, come il segretario nazionale della Uil trasporti,  Marco Veneziani, uno dei principali  referenti sindacali che sta trattando per impedire che l’azienda sarda con i conti in rosso fallisca, vola quasi gratis fino alle Mauritius. Lo denuncia Costanza Bonacossa sulle pagine del Fatto Quotidiano aggiungendo che Veneziani sarebbe partito per le Mauritius insieme a un’altra persona il 4 agosto viaggiando in business class su un volo Meridiana gentilmente offerto dal management della compagnia aerea sarda. Il rientro dovrebbe essere previsto sempre per il 19 agosto. A dimostrare la partenza è il biglietto aereo originale, inoltrato dalla segreteria dell’amministratore delegato della compagnia aerea, Roberto Scaramella.  Al signor Veneziani, il biglietto è costato solo 221,40 euro di tasse, mentre normalmente i biglietti andata e ritorno per due in prima classe per le Mauritius costano intorno a 2mila euro.

La Meridiana ha già mandato in cassa integrazione oltre 1350 lavoratori, fra piloti e assistenti di volo e il segretario nazionale della Uil trasporti viaggia gratis sui voli della compagnia? Inoltre i sindacati di base hanno denunciato il travaso di lavoro da Meridiana alla controllata Air Italy che paga piloti e assistenti di volo circa il 30% in meno rispetto a Meridiana. I sindacati hanno denunciato quindi un’operazione poco trasparente che mira ad abbassare le buste paga dei dipendenti senza trattare un nuovo contratto per i lavoratori.

 Quindi il viaggio di Marco Veneziani volato alle Mauritius pagando solo le tasse e non la tariffa aerea sembra essere avvenuto in un momento quanto mai “inopportuno” secondo il Fatto Quotidiano. Il quotidiano ha provato a contattare Veneziani telefonicamente ma risulta irraggiungibile.

Sul biglietto aereo omaggio, l’ad di Meridiana Roberto Scaramella risponde attraverso l’ufficio stampa: “Escludo di aver dato una gratuità, probabilmente si tratta solo di uno sconto. Oggi, lunedì 12 agosto, il personale non è in ufficio e non è possibile fare una verifica. In ogni caso la policy commerciale dell’azienda è privata come il suo azionariato”.

“Non è americana”. Il donatore rifiuta il suo midollo, la piccola Giada si spegne

giada-lunardon-tuttacronacaSi sono tenuti ieri a Vallonara (Marostica, nel Vicentino) i funerali della piccola Giada Lunardon, strappata a soli 11 anni alla vita a causa della leucemia. I genitori Cinzia e Secondo, la sorellina Gioia, tutta la frazione di Vallonara si sono uniti nel dolore della perdita di chi ha sperato fino all’ultimo nel miracolo. Perchè era da tempo che Giada cercava un donatore di midollo osseo compatibile. E sembrava che finalmente ci fosse. Si trattava di un uomo statunitense. Ma quando la famiglia venne a conoscenza che la donazione era per un italiano la risposta sarebbe stata “Non è americana”. E così, all’ultimo minuto, con l’uomo è svanita la possibilità di guarigione. Ma la famiglia Lunardon è tenace, ha continuato la ricerca. La nuova speranza arrivava dalla Germania. Ma era troppo tardi. Dalla fine dell’anno scorso infatti si attendeva che Giada si riprendesse per effettuare il trapianto, in quanto troppo debilitata. Purtroppo però Giada non si è più ripresa.

Aggiornamento 11 agosto, ore 17:26

Ieri, sulla sua pagina Facebook, il padre di Giada, Secondo Lunardon, ha pubblicato un lungo post. L’uomo ha scritto che: “ALCUNE COSE CHE SONO STATE PUBBLICATE DA MEDIASET, CHE SPECULANDO SULLA TRAGEDIA CHE CI HA COLPITO, HA RIEMPITO I TELEGIORNALI DI STUPIDE E FALSE NOTIZIE E COMMENTI RAZZISTI, DI ERRORI DI ATTRIBUZIONE E SI PUO DIRE CHE NEI SERVIZI L’UNICA VERITA E CHE NOSTRA FIGLIA E MORTA DI LEUCEMIA, IL RESTO SONO SOLO UNA VALANGA DI BUGIE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” Tra queste, spiega l’uomo nel lungo testo: “NON E VERO CHE UN AMERICANO SI E RIFIUTATO DI DONARE IL MIDOLLO,MAI SI E CERCATO IN AMERICA PERCHE AVEVAMO GIA DUE DONAZIONI ,1 DALLA SPAGNA E UNA DALLA GERMANIA, MA IL DONATORE TEDESCO , UN UOMO DI 39 ANNI,ERA PIU’ COMPATIBILE AVENDO 11 PUNTI IN COMUNE SU 12”.

La lettera di Celentano: il Molleggiato lancia la scure contro le Grandi Navi

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“Caro signor Autorità lei ha un animo distruttivo. Lei non solo non vuole bloccare il passaggio di quei mostri sulla Laguna di Venezia, ma vuole addirittura scavare un altro canale. Lei è fuori tempo, come sono fuori tempo tutti i governi che se ne guardano bene di fermare la lenta e inesorabile erosione che quei mostri provocano alle fondamenta di Venezia”.

Sono questi i toni di Adriano Celentano che si rivolge in particolare a Paolo Costa Presidente dell’Autorità portuale di Venezia, con una lettera aperta, pubblicata da Il fatto Quotidiano, dove esprime tutta la sua indignazione per quei mostri che quasi quotidianamente attraversano la laguna di Venezia. Il cantante poi prosegue dicendo:

“Mi domano a quale tipo di pressione erano sottoposti gli allora ministri Passera e Clini quando partorirono il geniale decreto con “sorpresa” che dice che nessuna nave superiore alle 40mila tonnellate di stazza può avvicinarsi alle coste. Forse la tragedia del Giglio” e aggiunge: “E quali privilegi, invece, hanno indotto i due corsari ad aggiungere al decreto una deroga speciale per la città di Venezia? A Venezia possono liberamente passeggiare navi da 140mila tonnellate. Altrimenti come fanno a distruggerla?”.

Ma la vera scure arriva sulle frasi finali dove Celentano inchioda il presidente e il ministro Lupi alle loro responsabilità: “Per quanto ancora potrete usare ingannevoli stratagemmi per mantenere il vostro culo incrostato alla poltrona? Quando vi deciderete ad approfittare dei vostri posti di comando per instaurare la trasparenza nell’interesse dei cittadini e non scambi di potere finalizzati alla sola idea di restare in sella ad ogni costo?”. L’ultima stilettata è per il ministro Lupi: “Il tuo silenzio è il canto dello sfacelo.”

 

Ritiro dall’Afghanistan? Improbabile, i soldati italiani si addestrano per restare

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Giovedì il premier Letta e i ministri Bonino e Mauro avevano rassicurato il  segretario generale della Nato Rasmussen che l’impegno militare in Afghanistan sarebbe proseguito. Le rassicurazioni   sembravano confermare la volontà del governo italiano di impiegare altre risorse statali per continuare a restare in un territorio sempre più problematico, dove parlare di missione di pace, in un clima di guerriglia, sembra sempre più un eufemismo. Adesso sembra arrivare quella che potrebbe davvero essere una conferma all’indiscrezione che parlava di una probabile prosecuzione della missione sino al 2017 se non anche sino al 2020. Nelle campagne laziali di Monte Romano , truppe aviotrasportate dell’esercito e forze speciali, si sono addestrate in vista di una nuova partenza proprio in territorio afghano. Non sono gli unici, perché anche sulle montagne friulane sopra Gemona, si esercitavano anche elicotteri da attacco Mangusta “simulando un tipico scenario afghano”.

Ma quanto costerà all’Italia rimanere in Afghanistan?

Nei prossimi tre anni almeno 600-800 milioni di euro: 300-400 milioni nel 2015 e la metà nei due anni successivi. A questi vanno aggiunti, per lo stesso periodo, altri 360 milioni (120 l’anno) come contributo nazionale al fondo Nato che finanzierà le forze governative afgane per consentire loro di proseguire la guerra contro i ribelli talebani: un impegno finanziario preso l’anno scorso al vertice Nato di Chicago dall’allora ministro Terzi.

Come racconta il Fatto Quotidiano l’Italia sarà “costretta” a mantenere i suoi impegni internazionali presi dai governi precedenti, senza consultare il parlamento su una questione che invece avrebbe dovuto essere posta all’attenzione dell’Aula e non del solo esecutivo.

La Francia, invece, ha deciso di uscire completamente dall’Afghanistan entro la fine del 2014 chiamandosi fuori dalla futura missione Resolute Support, e sembra aver scartato anche l’ipotesi di prender parte alla colletta di guerra a sostegno dell’esercito afgano che Washington e Nato le hanno chiesto a compensazione del ritiro anticipato.

Ma sarà davvero una missione di pace e di addestramento dell’esercito locale?

Come spiega l’esperto di affari militari Gianandrea Gaiani, direttore di Analisidifesa.it, “a protezione dei nostri addestratori e consiglieri militari rimarrà necessariamente una componente di forze speciali italiane in grado d’intervenire in caso di emergenza, magari sarà numericamente ridotta rispetto a oggi, ma ci sarà sicuramente”. Oggi la Task Force 45 italiana conta duecento uomini: parà del Col Moschin, incursori del Comsubin e del 17° Stormo, Ranger del 4° Alpini e Gis dei Carabinieri. Anche i tedeschi, del resto, continueranno a schierare sul fronte settentrionale la loro Task Force 47 di forze speciali.  “Per le stesse esigenze di protezione del contingente – prosegue Gaiani – manterremo in Afghanistan anche una componente aerea formata da droni ed elicotteri da attacco, e non è detto che basteranno: dato che le forze aeree afgane non dispongono di cacciabombardieri, non è escluso che dovremo lasciare là anche i nostri Amx. Insomma, altro che ritiro…”.

Si preferiscono gli impegni internazionali alla politica sociale italiana? Il governo di servizio è al servizio della Nato o dei cittadini italiani?

Il prete che canta Mamma Maria… durante il matrimonio!

matrimonio_prete-cantaChe tutti i promessi sposi desiderino un matrimonio “da ricordare” è una certezza. Ma a volte chi ci mette lo zampino per renderlo davvero memorabile è lo stesso prete. Come nel caso di don Bruno, che improvvisa una dedica musicale agli sposi coinvolgendo tutti i presenti.

Il video, che sta facendo rapidamente il giro della rete, è stato pubblicato dall’utente slazzari77 che ha commentato: “Il prete migliore al mondo balla e canta al ritmo di Mamma Maria dei Ricchi e Poveri durante il mio matrimonio”.

Non accetta che il fidanzato la voglia lasciare: lo accoltella

omicidio-fidanzato-tuttacronacaE’ stata arrestata per tentato omicidio a Melzo, nel Milanese, una 26enne che ha colpito con due fendenti al collo e all’addome il fidanzato 37enne che voleva lasciarla e, in quel momento, era intento alla guida. Adriana C. è stata arrestata dopo aver tentato la fuga con i vestiti ancora sporchi di sangue. E’ stato un uomo che si trovava in via Catania a dare l’allarme dopo aver notato la vittima, Aldo T., intento ad arginare l’emorragia al collo tamponandola con la mano. Dopo 10 anni di fidanzamento l’uomo, un informatico, covava da tempo il desiderio di troncare la redazione e ieri sera ci sarebbe stato, a bordo della Fiat Panda dell’informatico, l’ennesimo ocnfronto a cui la donna ha posto fine estraendo il coltello e sferrando i colpi. Aldo T., in condizioni gravi ma non in pericolo di vita, è stato ricoverato d’urgenza all’ospedale San Gerardo.

Risparmiare in tempo di crisi? Non si pagano le multe!

multe-non-pagate-tuttacronacaIl ministero dell’Economia monitora il tempo reale gli incassi delle amministrazioni pubbliche per quel che riguarda le contravvenzioni redatte dagli agenti della polizia municipale. Per quel che riguarda la città di Padova, non solo si è scoperto che le multe son calate dell’8%, in linea con la diminuzione registrata a livello nazionale che è del 7,5%. Ma quello che colpisce è il fatto che, tra il 2011 e il 2012, siano quasi centomila le contravvenzioni elevate dagli agenti della polizia municipale che non sono mai state pagate. In poche parole: la crisi economica si fa sentire anche in quest’ambito. Secondo quanto riporta il Gazzettino, nel 2011 i verbali elevati sono stati 182.356 di cui 43.524 di Serie A (pre avvisi per esempio per il divieto di sosta), 15.376 di Serie V (contestati, come i passaggi con il semaforo rosso, o la guida senza patente o senza l’assicurazione) e 2.564 di Serie L (violazione del regolamento di polizia urbana, come orinare in pubblico, o legare le biciclette agli alberi). Nel 2012, invece, i verbali sono stati in totale 144.135 (38.221 in meno rispetto all’anno prima), di cui 30.653 di Serie A, 12.141 di Serie V e 2.499 di serie L. Le somme incassate nel corso del 2011 sono state pari a 9.768.419,42 (ha pagato il 69% dei multati), relative a 126.238 pagamenti; nel 2012, invece, sono entrati nelle casse comunali 8.011.119,34 euro (ha pagato il 70% dei sanzionati), pari a 101.468 pagamenti (24.770 in meno rispetto al 2011). L’assessore alla polizia Marco Carrai ha sottolineato: “È evidenteche un sanzionato su 3 non paga la contravvenzione e che il Comune negli ultimi due anni non si è visto corrispondere l’importo relativo a quasi 99mila contravvenzioni. Il dato che le multe elevate siano di meno, è attribuibile al fatto che è sceso il numero degli automobilisti che entra nella ztl senza essere autorizzato: i padovani, ormai, fanno più attenzione perché hanno capito che non si scampa ai varchi elettronici e anche chi viene da fuori ha un approccio più intelligente. In secondo luogo, va considerato che la crisi mette un freno alla possibilità di riscuotere tempestivamente gli importi: molti multati rimandano il pagamento perché si trovano in difficoltà e sperano di risolvere a breve i loro problemi di liquidità, con la conseguenza, però, che alla fine debbono sborsare cifre più elevate”. I mancati introiti, però, penalizzano le casse comunali. Ma il problema delle multe evase non colpisce solo la città del Santo. L’inchiesta annuale pubblicata da Il Sole 24 Ore, effettuata con il supporto della banca dati AidaPa di Bureau van Dijk ,conferma che è significativa in tutta Italia la diminuzione degli introiti da multe per i Comuni: raffrontando i dati del 2011 con quelli del 2010, infatti, si ha come risultato una serie di segni “meno”. Padova, nella geografia della contravvenzioni, in classifica occupa il 41. posto: 38,9 gli accertamenti pro capite del 2011, che sono l’8,1% in meno rispetto al 2010; la riscossione totale, come riporta il quotidiano economico, è stata di 103,5 euro.

Esplode la tubercolosi a Siracusa.

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Tra smentite e conferme sono circa 40mila i soggetti positivi ai test della Tbc secondo “Il Fatto Quotidiano” che riporta le cifre ufficiali fornite dal gruppo nazionale di studio dell’Aipo (Associazione italiana di penumologia) e convalidate dall’Oms. Il quotidiano diretto da Padellaro scrive:

Si presume che la malattia sia arrivata in special modo con gli immigrati del Corno d’Africa, gli immigrati del Corno d’Africa sono spesso gli stagionali di Cassibile. Dunque tra gli anelli deboli della catena compare la voce: controlli sanitari. Nell’atto aziendale dell’Asp, in data 2010, pensate, manca proprio la voce dispensario tubercolare. Nel frattempo Rossitto denuncia la mancanza di strumenti, di materiali, di competenze, chiede alla dirigenza mezzi adeguati, richieste sovente con esito scarso. Rossitto poi verrà trasferito in pneumologia.

La situazione sembrerebbe ormai fuori controllo. Infatti sempre secondo il Fatto:

Il responsabile transita un’ora al giorno, confidano alcuni pazienti in attesa. I pazienti in attesa possono essere malati, sono nello stesso piano degli uffici della Medicina del Lavoro e dello Sport, dove non di rado accedono anche i bambini. Il meetup del M5s ne fa ampiamente riferimento all’interno dell’interpellanza presentata a Zito. Chi si ammala non ha molte chance: di saperlo, innanzitutto. L’Asp di Siracusa non prevede l’antibiogramma e l’esame colturale, fondamentali nel riconoscimento dell’infezione e soprattutto fondamentali nella prevenzione e contrasto della malattia nella forma farmaco resistente, quella che produce infezioni farmaco resistenti (e che contagia infezioni farmaco resistenti): ovvero quando la malattia diventa inesorabile, incurabile, si è spacciati insomma.

Contattando le fonti mediche la situazione però sembrerebbe meno grave del previsto. Si parla infatti di tubercolosi latente:

“Per chi dovesse risultare positivo ai test c’è la possibilità, stimata intorno al 5 per cento, che si sviluppi la malattia nei successivi due anni. In ogni caso per queste persone è possibile eseguire un trattamento preventivo efficace che riduce quella probabilità del 60 per cento”.

Ma che costi può avere anche in futuro una tubercolosi latente? Con i tagli alla sanità si riuscirà a far fronte a queste nuove emergenze?

 

La Rai fa flop! Il servizio pubblico non fa share?

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E’ Carlo Tecce sul Fatto Quotidiano a non usare mezzi termini “La Rai è una fabbrica di flop”. Il giornalista fa anche nomi e cognomi e non parla certo di programmi sconosciuti o di nicchia. Tra i nomi figurano:  David Parenzo, Nicola Porro e Neri Marcorè.

Il venerdì sicuramente è un giorno difficile, già lo è in inverno figuriamoci d’estate, ma certo che i dati mostrati da Tecce sul Fatto Quotidiano sicuramente fanno riflettere: David Parenzo “La Guerra dei mondi”, quattro puntate sull’attualità andate in onda tra giugno e luglio per poi riprendere in autunno, hanno avuto uno share conclusivo del 3,5%, parecchio al di sotto della media del 7,9%. Per questo, scrive Tecce, la Rai chiederà al direttore di rete Andrea Vianello di chiudere la trasmissione.

Vittime del cattivo share legato al calendario sono stati anche Neri Marcorè con il suo spettacolo del lunedì sera, e Fabio Fazio, che ha rinunciato al lunedì ripiegando sui tradizionali sabato e domenica.

Anche un giornalista della carta stampata già prestato alla televisione (La7) come Nicola Porro ha deluso le attese con il suo programma “Virus” e anche qui Tecce rileva il danno:

Virus si è inclinato a 5,25% di share, ma il vicedirettore del Giornale avrà la rivincita in autunno. Tentare può nuocere. Perché i piccoli chimici di viale Mazzini giocano con i milioni di euro, questi prodotti sono stati venduti ai pubblicitari con stime ben maggiori: per una semplice ragione, altrimenti nessuno li avrebbe “comprati”. Il danno estivo si può riparare, quel che non si ripara, e consiste in uno spreco, sono le scenografie e il lavoro che vanno al macero. E anche quei professionisti coinvolti che, responsabili o immuni, sciupano un’occasione. Mancano ancora due mesi, di pazienza e attesa, all’apertura del bar sport di Antonio Polito che non dovrà far rimpiangere il processo di Biscardi. Polito, forse, opterà per la grazia.

 

Travaglio vs Pd: “ALMENO DITELO”

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Marco Travaglio firma l’editoriale dal titolo “Almeno ditelo” che suona come un attacco al Pd e soprattutto spiega i motivi del perché non si arriverà mai ad approvare la proposta di legge per   l’ineleggibilità di Berlusconi. L’ineleggibilità sarebbe quindi solo una mossa per prendere tempo e lasciare il leader del Pdl al suo posto con la benedizione del Pd?

Ecco alcuni estratti del suo articolo:

“Prendete l’ineleggibilità di B., sancita senz’ombra di dubbio dall’articolo 10 della legge 361/1957. A marzo, appena il capogruppo M5S Crimi sfida il Pd a votarla, il capogruppo al Senato Zanda annuncia che voterà come lui. Sembra fatta, anche perché Pd, Sel e M5S hanno un’ampia maggioranza sia alla Camera sia al Senato”.

Travaglio ha quindi spiegato che, secondo lui, il tutto avrebbe dovuto essere fatto prima:

“L’altro ieri, quando finalmente la giunta del Senato inizia a discuterne con quattro mesi e mezzo di ritardo, lo stesso Zanda presenta con Mucchetti e altri 23 una legge che dà un anno di tempo ai parlamentari titolari di azioni in società concessionarie o regolate dallo Stato per venderle o lasciare il seggio. Cioè: ora che finalmente una legge violata per vent’anni rischia di essere applicata, va subito cancellata e sostituita con un’altra che dice più o meno le stesse cose. Ma sana automaticamente l’illegalità passata e presente e rinvia tutto sine die, cioè a mai”.

E quindi, conclude Travaglio:

“La legge del ’57, operativa da subito, diventa un ferrovecchio (non sia mai che i 5Stelle votino l’ineleggibilità di B. da soli e gli elettori del Pd aprano gli occhi). E quella nuova non passerà mai: per l’ineleggibilità di B. la maggioranza c’è, per la Mucchetti-Zanda non ci sarà mai. Ditelo, per favore, che non potete fare a meno di B. Meglio passare per complici che per c******i”.

 

Berlusconi pronto a rimettersi alla guida di Forza Italia

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E’ lo stesso Berlusconi a confermare un imminente ritorno di Forza Italia:  “Il Pdl resterà come coalizione dei partiti di centrodestra: Forza Italia ne farà parte e temo che sarò ancora chiamato ad essere il numero 1”. Ha quindi aggiunto: “Il sostegno nostro e di tutto il movimento al governo è pieno, convinto e leale. Le critiche di qualche esponente devono essere intese solo come uno stimolo a fare di più”. In un’intervista al Tg1 torna anche a parlare della sentenza che definisce “davvero grottesca”: “Si parla di concussione è non c’è il concusso, di induzione e non c’è indotto”. Ruby, la compravendita di sentori, il Lodo Mondadori? “Si cerca di portare a conclusione la guerra dei vent’anni contro Berlusconi cercando di colpirlo nel suo patrimonio, nell’immagine, nei diritti politici e ora anche nella libertà”, ribadisce. Aggiunge inoltre il leader del Pdl: “Se c’è un settore da riformare in Italia è la giustizia.” E con particolare riferimento alla vicenda Mondadori: Praticamente fui costretto a vendere giornali, riviste e perfino una cartiera”. “Noi siamo stati penalizzati e poi costretti a pagare 565 milioni a fronte di un valore delle azioni Mondadori di 100 milioni. Cinque volte e mezzo il valore complessivo del gruppo De Benedetti che infatti si alzò da quel tavolo molto soddisfatto, come testimonia una intervista dell’epoca”.

Trasloco a sua insaputa? Scajola non abita più al Colosseo

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Scajola non abita più al Colosseo. L’ex ministro ha traslocato dalla casa comprata a sua insaputa sita a via del Fagutale. Il trasloco è avvenuto circa due settimane fa a insaputa degli inquilini. L’ex deputato Pdl infatti si è fatto “aiutare” da un amico… un proprietario di un’azienda alimentare di prodotti tipici liguri di Ceriana, in provincia di Imperia. Il 12 giugno, sul primo far del giorno,  gli operai con un camion verde hanno caricato tutti i mobili e le scatole di Scajola. E’ polemico l’ex ministro quando risponde ai giornalisti del quotidiano diretto da  Antonio Padellaro:

“Sì ho traslocato – conferma Scajola – e mi sono fatto aiutare da un amico”.

Un trasloco avvenuto in diverse fasi come si può vedere dal video, che avrebbe coinvolto anche un’auto-blu. In particolare l’auto sarebbe stata intestata al partito del Pdl di via dell’Umiltà. L’auto con a bordo due persone avrebbe caricato il bagagliaio e i sedili posteriori con scatoloni, computer e paralumi.

Ancora una volta la risposta di Scajola è secca:

“Non ho utilizzato nessuna auto di servizio. Dove volete arrivare? Io ho la mia macchina, non mi risulta nessuna Fiat Punto – dichiara l’ex onorevole a ilfattoquotidiano.it -, mi sono stancato a rispondere alle vostre falsità”.

A smentire l’ex ministro però ci sarebbe la testimonianza del portiere dello stabile che avrebbe notato due uomini con “un’auto della segreteria” caricare alcune cose provenienti dall’appartamento.

Ora l’appartamento dovrebbe esser messo in vendita… speriamo bene con i tempi che corrono!

Il “bomber” Denis Verdini e la compravendita dei deputati

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Le confessioni di De Gregorio!

Sergio De Gregorio “svuota il sacco” in un’intervista al Fatto Quotidiano e racconta la sua decisione di presentarsi dai magistrati e raccontare quella compra-vendita di parlamentari. Lui inquisito con Berlusconi e Lavitola per corruzione ha deciso ieri di patteggiare e uscire di scena dal processo. “Ho sognato mio padre, mi diceva di andare dai magistrati e dire tutto su Berlusconi” così dice che è maturata quell’ammissione di responsabilità, ma lo scandalo sembrerebbe allargarsi e andare oltre perché a il Fatto racconta anche di altri casi avvenuti alla Camera “Nel 2010 – racconta – so di un altro deputato. Il nome? Non mi faccia andare oltre” Ma chi era il referente di tutto il meccanismo? Come lo chiama lo stesso De Gregorio il “bomber” ovvero Denis Verdini.

E poi racconta un retroscena: “Ho incontrato Verdini il 19 dicembre, fu mandato da Berlusconi che, invece non volli vedere, si stavano preparando le liste per le politiche. Mi disse: “Dai Sergio candidati, andiamo tutti al Senato, io te Silvio Nicola (Cosentino). Ho visto i numeri, se ci facciamo eleggere lì non c’è maggioranza per far passare le ordinanze di custodia cautelare”

Intervista shock a Lele Mora: Berlusconi buono come Wojtyla

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“Il presidente proprio non meritava una condanna così grave. E sa perché? non c’è al mondo un uomo buono come lui. Io ho frequentato Papa Wojtyla, Madre Teresa e Lady Diana e Berlusconi resta il più gentile e umano di tutti”.

Queste le sconvolgenti parole con cui inizia Lele Mora nell’intervista de “Il Fatto Quotidiano”.

Poi prosegue:

“Sono amareggiato, conosco Berlusconi dall’85, eravamo e siamo grandi amici anche se non ci sentiamo più perché i giudici lo sconsigliano. Io, come il presidente, ho sempre e solo cercato di aiutare ragazze in difficoltà”.

E sottolinea:

“È questo che l’ha fregato, la sua inequiparabile generosità”.

Nelle parole di Lele Mora sembra quasi che sia stato Silvio berlusconi ad essere molestato:

“Alcune si presentavano con la pelliccia e nulla sotto: completamente nude. Ma al presidente non piacevano queste qua. Troppo sfacciate. Lo colpisce la spontaneità”.

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Poi su Ruby non ci sono dubbi:

“Le ha dato soldi per aprire il centro estetico, l’ha fatto per pena. Sono certo che non abbiano mai fatto sesso: anche perché, dopo il suo intervento alla prostata, non tutto funziona al meglio. e poi non la poteva soffrire: puzzava di sudore, era malconcia”.

E poi non ha dubbi:

“Consiglio al presidente di continuare a lottare perché non ha fatto nulla. Venerdì, ho deciso, andrò in tribunale per le dichiarazioni spontanee”.

Ma non sarà forse controproducente che un personaggio “equivoco” come Lele Mora possa andare in Tribunale per una dichiarazione spontanea nel processo che vede imputato l’ex Premier italiano?

M5S sotto assedio: gli hacker colpiscono ancora!

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Ancora problemi nelle fila del M5S a causa delle mail intercettate: un altro file zip è stato pubblicato su Par-Anoia – Anonymous intelligence agency. Questa volta nel mirino sono caduti Massimiliano Bernini, Stefano Vignaroli, Tancredi Turco e di un altro parlamentare chiamato Filippo Baloo. Nelle loro mail si trovano messaggi inerenti le prime giornate a Montecitorio e Palazzo Madama, contatti con gli attivisti e con il territorio e numeri di telefono e contatti interni dei grillini. Gli hacker, inoltre, sembrano abbiano molti altri dati, che verranno condivisi nei prssimi giorni.

L’Espresso, il primo a diffondere la notiza, così commenta l’accaduto: “Se, come sostenuto dagli hacker con ‘l’Espresso’, gli account mail bucati fossero decine, ci troviamo di fronte a una violazione senza precedenti della privacy di rappresentanti italiani. Nonche’ a un leak dalle conseguenze politiche imprevedibili. I sedicenti ‘hacker del Pd’ sostengono di essere cyberattivisti e sfoggiano un logo che unisce il simbolo senza testa di Anonymous con quello del Pd: un accostamento che fara’ venire l’orticaria a gran parte degli “anonimi” italiani (con cui gli ”hacker del Pd” dicono infatti di non avere nulla a che fare) ma che e’ di sicuro impatto mediatico. Altra cosa curiosa: il gruppo e’ nato da poco, non ha fatto altre azioni con questa sigla in precedenza, eppure ha mostrato finora di sapersi organizzare bene, gestendo l’operazione nei dettagli. Erano in possesso di questi materiali da tempo ma hanno scelto di muoversi adesso. I suoi membri dicono di voler colpire Grillo e Casaleggio perche’ “loro sono scesi nel nostro territorio, il cyberspazio, e hanno provato a usare le masse per i loro fini sfruttando le caratteristiche della rete. Ora dovranno venire allo scoperto. Chi di trasparenza ferisce, di trasparenza perisce”.

Dagli Hacker del Pd, come si chiama il gruppo, hano preso le distanze sia il Pd che il gruppo Anonymous e la magistratura ha aperto un’indagine. Del resto il furto di mail non riguarda solo le informazioni riservate ma, così sembra, tra i documenti sottratti ci sarebbero anche fotografie e video hard, un tentativo di gettare del fango sui parlamentari insomma. Anche il presidente della camera, Laura Boldrini, si è espressa sulla vicenda, definendo l’atto dei pirati informatici  “gravemente lesivo” mentre il Garante della privacy ha reso noto che : “Stiamo raccogliendo tutti gli elementi utili per una completa valutazione del caso”.

Nunzia De Girolamo, il simbolo del governo Pd-Pdl

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Se c’è un simbolo, un esempio  per questo neonato governo Pd-Pdl è proprio Nunzia De Girolamo. Lei il matrimonio con il Pd lo aveva già fatto tempo fa, sposando Francesco Boccia deputato eletto nelle liste dei democratici.

Nunzia De Girolamo fu anche tirata dentro il processo per la P3 da Arcangelo Martino, come ha scritto il Fatto Quotidiano:

“Al’interno del partito a fare da tramite con Berlusconi erano Marcello Dell’Utri e Denis Verdini, in stretti rapporti soprattutto con Flavio Carboni. Pasquale Lombardo faceva invece riferimento a Gianni Letta, cui si rivolgeva spesso per ogni questione di suo interesse, per telefono o anche a Palazzo Chigi su appuntamento. Ma Lombardo, a quanto mi risulta, si incontrava anche con Berlusconi. Diceva che il premier aveva un credito nei suoi confronti. Una volta mi disse di accompagnarlo, ma io rifiutai”. Sarebbe questo uno dei passaggi più interessanti dell’ultimo interrogatorio di Arcangelo Martino, ascoltato per la seconda volta il 24 settembre scorso nel carcere di Regina Coeli dai pm Giancarlo Capaldo e Rodolfo Sabelli.

Incuriositi  per questo rifiuto ad accompagnare Lombardo dal premier, i magistrati gli  chiesero come mai non fosse interessato a quell’importante incontro e Martino, che ormai tutti considerano il pentito della P3,  rispose  in modo sprezzante: “Lombardi doveva essere accompagnato da Nunzia De Girolamo e a me non piace parlare di questioni politiche in presenza di una velina”. Ma l’onorevole De Girolamo non è una “velina”, risulta sia un deputato,   replicarono i pm. “Lo so, ma per me resta una velina”, ribattè  l’indagato con un certo fastidio e disprezzo.

Comunque la De Girolamo smentì duramente le accuse “Non sono mai stata a pranzo con Lombardo. Il 23 ero in Aula a votare, non ho mai visto in vita mia né Martino, né Carboni, né Sica”.

Ora alla De Girolamo l’attende il Ministero delle politiche agricole e forestali! Le auguriamo solo di “cominciare bene” e fugare ogni dubbio  sulle sue conoscenze ambientali e animalistiche, facendoci presto dimenticare quella dichiarazione  sulla  “lontra” che in una trasmissione di Rai 3  lei fece diventare un “uccello,” strappandolo  ingiustamente alla sua vera natura di mammifero.,

Ma scurdammoce o passato… e speriamo al più presto di poter avere delle politiche agricole e forestali migliori… per ora c’è stata troppa disattenzione e vuoto intorno a una materia che può davvero rilanciare l’Italia a livello internazionale. Buon lavoro,Signora Nunzia!

Gli hacker del Pd ovvero come il potere ha paura di perdere privilegi

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Si sono poste molte ipotesi su gli hacker del Pd, coloro che si sono macchiati del reato di aver diffuso meil personali degli esponenti del M5S. Forse si tratta di una faida intestina tra militanti emiliani o forse si tratta solo di vendette personali con gravi ripercussioni sul Movimento. Come una sigaretta accesa che si consuma lentamente, ma neppure troppo, le informazioni che circolano sul web sono molteplici. Si va da un video hard alla corrispondenza ritenuta “imbarazzante” con il vicedirettore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio.

Tutto il materiale che è fin’ora trapelato è solo una violazione della privacy e la condanna dovrebbe essere scattata per gli autori che hanno deliberatamente violato una legge per avere sicuramente un’arma in mano da poter utilizzare per interessi personali. Perchè la polizia postale, si domanda qualcuno in rete, non ha immediatamente oscurato il sito dove scaricare le mail subito dopo la denuncia fatta alla magistratura?

Pur essendo piovuti messaggi di solidarietà alla Sarti, la deputata riminese del M5S  prima vittima degli hacker, sono ancora troppi coloro che vedono la fuga di notizie come l’ennesima delusione in una forza politica che si è macchiata di chissà quale reato.

Lei non ha voluto assolutamente commentare pubblicamente quanto accaduto, ma sembra che si sia confidata con diversi militanti e amici affermando “Stanno tentando di spaventarci ‘sputtanando’ la nostra vita. Grillo ce lo aveva detto – spiegano alcuni parlamentari – La questione politica rischia di finire in secondo piano. Vogliono farci fuori con il gossip ma noi siamo sereni”.

E’ chiaro come da sempre i partiti  che non si riescono a battere sul piano politico cadono vittime del gossip. La famosa macchina del fango non è certo un elemento nuovo nei corridoi del potere. In questo caso, proprio per la natura del M5S che nasce e si basa su una forza scaturita dai cittadini contro la “politica di palazzo”, è ancora più sensibile al gossip. L’impatto sull’opinione pubblica è più immediato per il movimento basa tutta la sua forza nella credibilità e nelle decisioni condivise. Pubblicare mail personali e far credere che siano atti politici che escludano la base da decisioni importanti è il modo migliore di minare l’anima del Movimento alla radice. Ma vogliamo distruggere la credibilità con un filmato porno privato? Si vuole scaturire il caso su una corrispondenza tra un giornalista e i membri di un movimento politico? Un giornalista poi, come Marco Travaglio, che non ha mai nascosto di aver votato per il M5S.

Dove è lo scandalo? Dove è la notizia? Dove è il reato? Il problema è esattamente questo… creare un fatto, un precedente, una macchina che si mette in moto e tritura ciò che può portare un cambiamento… tutto deve restare come sta, nulla deve cambiare e rinnoviamo pure, ma senza toccare gli equilibri che garantisco  i privilegi acquisiti. Privilegi che non sono solo della classe politica che ne ha abusato in ogni modo, possibile immaginabile e perfino inimagginabile, ma anche da chi di riflesso ne ha avuto benefici.

Il Pd non può lasciare che questa speculazione lo distrugga… hanno usato il loro nome per togliere in un colpo solo di mezzo le forze che stavano faticosamente e con affanno cercando una via d’uscita alla crisi economica e alla disoccupazione. Linee diverse, ma che nascono dall’ascolto di quei ceti di popolazione dilaniati da anni di politica ottusa e incapace di dare risposte.

Il grande fratello, quell’orco capace di santificare e condannare in un click, siamo noi ad alimentarlo dando a ogni minimo evento una rilevanza che a volte non merita. Siamo noi a essere patologicamente malati delle vite altrui, spesso dimenticandoci di vivere le nostre.

Lottiamo al fianco di Bradley Manning, ma condanniamo gli hacker del Pd!

Chiediamoci chi ha il diritto di osservarci e di studiare ogni nostra mossa? Le facce del video un domani potremmo essere noi… diciamo NO alla macchina retrograda del fango, diciamo NO alla speculazione dell’immagine  fatta solo per minare le esistenze e iniziamo a sognare tutti insieme anche con chi ha creduto che fare quel video fosse giusto perché non vedeva un futuro migliore se non quello di demolire chi stava provando a far cambiare pagina a questo Paese. Poi il modo lo troveremo insieme, intanto iniziamo a dire NO a questo tritacarne di esistenze umane.

E’ QUESTO A CUI DOBBIAMO TENDERE, FACCIAMOLO!!!

Vendola si dimette da deputato!

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Vendola si dimette da deputato.

“Mi sto recando a Montecitorio per formalizzare un atto che gia’ esiste: gia’ in campagna elettorale avevo detto che intendevo restare governatore e vado a formalizzare questo atto”. Lo ha detto il leader di Sel Nichi Vendola lasciando la sede del Pd dopo un incontro di oltre un’ora con Pier Luigi Bersani. Vendola critica il Fatto Quotidiano che oggi è uscito con un articolo che condannava chi avesse un doppio incarico sommando così stipendi e potere.

 

Figli di Provenzano denunciano Ingroia per informazioni al Fatto Quotidiano

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