Enrico Mentana continua a spiegarci perché ha lasciato Twitter e qual è il problema con l’anonimato. Lo fa dalla sua pagina Facebook:
Tra tutti gli esperti e soloni che hanno voluto dire la loro sulla mia decisione di lasciare Twitter, finchè sarà terreno privilegiato di teppisti coperti da nickname, non ce n’è uno solo che abbia saputo spiegare perchè mai sarebbe giusto nascondere il proprio nome nei social network, invece di firmare – come io penso sarebbe doveroso – quel che si scrive. Lieto di ricevere anche la critica più corrosiva, ma da una persona che si indirizza a me perchè conosce il mio nome e cognome e paritariamente declina il suo. Perchè no, soloni? Quale libertà – oltre a quella di insulto gratuito – verrebbe calpestata?
Il problema sollevato da Mentana è un dato di fatto tragicamente italiano. Una cattiva educazione nata sulla rete e che si riversa sempre più costantemente su chi fa comunicazione. Chi cerca il dialogo e trova campi di battaglia si trova a vivere frequentemente sulla propria pelle sterili polemiche, frustrazioni personali e “stalking” virtuale. Ci sono utenti che seguitano a inviare messaggi offensivi, ad alzar polemiche, a travisare il senso delle frasi dette da altri, solo per mero protagonismo o nella speranza che lo spazio del personaggio famoso o della testata giornalistica diventi cassa di risonanza per il loro nickname. Un comportamento polemico e violento forse mutuato da alcuni “reality” in cui si finisce per discutere della temperatura dell’acqua del tè come se fosse invece un problema dell’economia mondiale o un’allerta tsunami. Forse è necessario capire il mezzo e le potenzialità che deve avere, recuperare quell’ “ascolto” e cooperare alle idee che in rete si possono sviluppare… il resto è maleducazione, bullismo e persecuzione per il gusto di ottenere 3 minuti di attenzione e ricadere nell’oblio dell’anonimato garantito da un nickname.