Scoppia la bomba sul governo Renzi: “Non ho nulla da dire…”, ma domani si manifesta

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La prima manifestazione contro il governo Renzi, che deve ancora trovare la fiducia di entrambi i rami del Parlamento, arriva dai radicali e in particolare da emma Bonino che è stata in lizza fino all’ultimo per essere riconfermata al Ministero degli Esteri poi dato in mano a Federica Mogherini. Ma la bomba scoppia quando l’Ansa chiama la Bonino e lei taglia con un laconico «Non ho nulla da dire…», ma domani pomeriggio, con ogni probabilità, scenderà in piazza e prenderà parte a un vero e proprio comizio a Largo di Torre Argentina, storico feudo dei suoi Radicali. «Con eventi che mi ricordano quelli della fuga di Pescara di Vittorio Emanuele Terzo, come era prevedibile, sono certo che Renzi ha ottenuto di far fuori la Bonino – aveva detto poco prima che Renzi annunciasse la sua lista Marco Pannella a Radio radicale -. Il nemico della partitocrazia resta la storia radicale. La grande vittoria c’è, la Bonino fatta fuori, i radicali fatti fuori, fatta fuori la storia radicale, socialista, azionista, liberale. Renzi ha ottenuto l’ideale per i partitocrati». Lei stasera si è limitata ad annunciare che domani «saluterà tutti quelli che l’hanno aiutata».

 

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Le foto di Kiev ridotta a campo di battaglia

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Su internet sono numerose le foto che possono essere trovate che mostrano la città di Kiev devastata dalla guerra civile. La città è un campo di battaglia nel quale si confrontano i manifestanti e le forze di polizia. Il bilancio in questa fredda giornata di febbraio è tragico sono circa 100 i morti da questa mattina in Ucraina, e 500 i feriti, secondo quanto ha detto il coordinatore dell’assistenza medica dei manifestanti citato dalla Cnn. “Oltre 60 manifestanti sono stati uccisi. Tutti sono morti per colpi d’arma da fuoco”, ha invece sottolineato il responsabile dei servizi medici dell’opposizione Sviatoslav Khanenko. Intanto arrivano anche le sanzioni per l’Ucraina da parte dell’Ue. Il ministro degli Esteri Emma Bonino ha dichiarato che in accordo” con i tre ministri a Kiev “la decisione è di procedere molto rapidamente nelle prossime ore a un bando, a coloro che in Ucraina si sono macchiati di violenza, sui visti e sugli assetti finanziari”.

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Armi siriane a Gioia Tauro e scoppia la polemica!

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Prima erano solo voci, poi sono diventate certezze e quindi si sono sollevate le polemiche dopo la conferma ufficiale da parte del ministro degli Esteri Emma Bonino: le armi chimiche verranno distrutte nel porto di Gioia Tauro.

Così il il segretario regionale del Sindacato dei lavoratori portuali (Sul) della Calabria, Carmelo Cozza, chiama in causa tutti gli enti preposti e chiede di fare chiarezza.

“Le ultime notizie a disposizione – afferma il sindacato – raccontano sempre più insistentemente che le armi chimiche provenienti dalla Siria e depositate in circa 1500 container sulla nave danese Ark Futura transiteranno per il terminal di Gioia Tauro per essere trasbordate successivamente sulla nave americana Cape Ray”
“Quello che ci preoccupa – aggiunge – rispetto a tali notizie è soprattutto il silenzio istituzionale da parte di tutti gli enti preposti. A cominciare dalla Regione Calabria passando per l’Autorità Portuale e la Capitaneria di Porto di Gioia Tauro per finire al gestore del terminal, Medcenter Container Terminal Spa. Nessuna posizione di merito o di distinguo rispetto ad una problematica che se si realizzerà avrà un fortissimo impatto sulla sicurezza dei lavoratori, nell’eventualità di possibili danni a tali contenitori durante la movimentazione, nonchè sulla sicurezza del terminal intesa come attività di Security. 1500 contenitori di tale pericolosità da vigilare e monitorare richiederanno misure straordinarie trattandosi di sicurezza internazionale”.
“Pertanto – conclude Cozza – abbiamo richiesto un urgente incontro di merito alla Capitaneria di Porto, all’Autorità Portuale di Gioia Tauro e contestualmente al terminalista Medcenter Container Terminal Spa al fine di avere le necessarie informazioni sulla vicenda che ha necessità di essere affrontata con tempestività, competenza e risolutezza considerata l’estrema pericolosità delle sostanze trasportate”.

L’Europa scende in campo in favore dei marò: “Alt alle intese con l’India”

massimiliano_latorre_e_salvatore_girone-tuttacronacaDue governi italiani non sono mai stati in grado di chiedere all’Europa di bloccare l’accordo di libero scambio Ue-India per il caso dei due marò. Ora c’ha pensato il vice presidente della Commissione europea, Antonio Tajani, dopo che l’unica vera iniziativa presa dai politici italiani è stata, nel marzo dell’anno scorso, annunciare che Latorre e Girone sarebbero rimasti in Italia, dov’erano tornati in occasione della Pasqua, salvo poi tornare a Delhi. Del forte segnale che arriva dall’Europa è Il Giornale in un pezzo a firma Fausto Biloslavo:

Dopo l’ultimo pasticcio sulla pena di morte sì o no, le «contromisure» annunciate dall’inviato speciale di Palazzo Chigi, Staffan De Mistura, riguardano come sempre ingarbugliati passi giudiziari, come il ricorso alla Corte suprema.
Per la prima volta Tajani, ma da Bruxelles, lancia una reazione forte: «L’Ue può firmare un accordo di libero scambio con un Paese che non rispetta i diritti umani?». Il vicepresidente e commissario all’Industria ha le idee chiare: «Non penso che si possa portare avanti un negoziato tra Ue e India su un accordo di libero scambio quando l’ipotesi di una condanna a morte viene presa in considerazione contro cittadini europei che combattono la pirateria marittima».
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non finiranno sul patibolo, ma solo discutere da parte indiana l’applicazione di una legge che prevede la pena capitale è un oltraggio per l’Italia, che si aggiunge a due anni di odissea giudiziaria.
Tajani ha annunciato che nei prossimi giorni invierà due lettere, una al presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso e l’altra all’Alto rappresentante Ue per la politica estera e la sicurezza, Catherine Ashton chiedendo l’intervento di Bruxelles. Il problema è che proprio la baronessa Ashton, sempre poco attiva per i marò, aveva caldeggiato l’accordo quando ricopriva il ruolo di commissario Ue per il commercio estero.
I negoziati fra Delhi e l’Europa sono iniziati nel 2007, ma vanno avanti a rilento. L’accordo ha un’importanza strategica: l’interscambio Ue-India è quasi triplicato dal 2003 al 2011 raggiungendo circa 80 miliardi di dollari. L’Italia aveva a disposizione un’arma di pressione formidabile, ma nei due anni del caso marò non ha mai pensato di usarla.

In questo momento le elezioni di primavera in India e per il Parlamento europeo hanno di fatto congelato la trattativa. Il momento buono per bloccare tutto sbattendo una volta tanto i pugni sul tavolo del caso marò.
L’Europa, fino ad oggi, ha avuto tutt’altre intenzioni. Non a caso il 29 ottobre è giunta a Delhi una delegazione di alto livello di sei europarlamentari, per incontrare il ministro indiano del Commercio proprio per cercare di sbloccare il negoziato. Della delegazione faceva parte Niccolò Rinaldi, eletto a Strasburgo con l’Italia dei Valori, che ha sempre sostenuto di essersi mobilitato per i marò «anche come relatore del Parlamento europeo per l’accordo di libero scambio con l’India».
In Italia fioccano le reazioni politiche. Domani alle 17, alla Galleria «Alberto Sordi» di Roma, Fratelli d’Italia ha indetto una mobilitazione pro marò. E Stefania Prestigiacomo di Forza Italia ha lanciato l’idea di una «manifestazione nazionale». Curioso l’annuncio della missione a Delhi del parlamentare Domenico Rossi, in nome del Gruppo per l’Italia, che è stato generale e vicecapo di Stato maggiore. «È un dovere per avere indossato per 44 anni la divisa – sottolinea Rossi – con la certezza che non si lascia indietro nessuno che appartenga alla famiglia militare. È un dovere per testimoniare all’India che i nostri marò non saranno mai lasciati soli». Peccato che l’ «eroico» Rossi, prima di aderire alla scissione dello scorso dicembre, sia stato eletto con Scelta civica di Monti, che ha sacrificato i due fucilieri di Marina rispedendoli a Delhi per paura degli indiani.

Adozioni in Congo: imminente il rientro degli italiani, ma senza bimbi

adozioni-congo-tuttacronacaEntro un settimana saranno tutti in Italia i genitori adottivi, 24 coppie, italiani bloccati da oltre due mesi in Congo per prendere i loro bambini: ma torneranno da soli. A questo punto la decisione è inevitabile: lo Stato centroafricano non ha rinnovato i visti e manca ogni certezza sui tempi di un eventuale sblocco dell’uscita dal Paese dei bambini regolarmente adottati. Negli scorsi giorni un componente per coppia era già rientrato, sperando in una soluzione più rapida. Ma ormai speranze non ce ne sono e i voli di ritorno sono stati prenotati. I bambini, che resteranno a Kinshasa, saranno ospitati – provvisoriamente, anche se questa provvisorietà potrebbe durare altri otto mesi – in varie strutture: dagli orfanotrofi dove già vivevano alla casa famiglia di una onlus. Come riporta Repubblica:

Sono due delle associazioni coinvolte in questa vicenda – Enzo B. e I cinque pani – ad assicurare che i bambini “saranno affidati a strutture protette scelte in accordo tra famiglie ed enti” e a spiegare i motivi del rientro, che “non è una resa, ma la volontà di lasciare lavorare in tranquillità le autorità congolesi affinché si arrivi ad una conclusione positiva dell’intera vicenda”. Al premier Enrico Letta – che a Natale ha mandato una delegazione a Kinshasa – le autorità locali avrebbero assicurato che “in tempi ragionevoli e per primi saranno esaminati i dossier italiani, già regolarmente depositati”, spiegano le associazioni, riferendosi al fatto che in Congo sono bloccate per dubbi sulle procedure di adozione coppie di diverse nazionalità. Un impegno che però non dà tempi certi, nonostante si stia organizzando un viaggio a breve di una delegazione congolese in Italia, nonostante ancora il delegato per le relazioni estere dell’Unione europea abbia fatto sapere di seguire “con attenzione” la questione e – questa volta la rassicurazione è del ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge – l’ambasciata italiana a Kinshasa stia lavorando a pieno ritmo per chiudere positivamente la vicenda.

Il rischio resta quello che la Repubblica democratica del Congo tenga fede alla sua prima decisione, cioè quella di chiudere le sue frontiere alle adozioni fino a fine settembre 2014, per verificare eventuali irregolarità nel post adozione, come sembra sia accaduto per alcuni Paesi (non per l’Italia). Per i genitori ancora in Africa, per le pesanti spese che dovranno sostenere ancora per il viaggio e per assicurare il mantenimento dei bambini anche dopo la loro partenza, le associazioni stanno raccogliendo fondi con una sottoscrizione

I due marò rischiano la pena di morte? La stampa smentisce il ministro

marò-tuttacronacaAppena ieri il ministro degli Esteri indiano diceva che il caso dei due marò prigionieri in India non è punibile con la pena di morte, oggi la stessa stampa indiana smentisce tali affermazioni. Secondo il quotidiano Hindustan Times, infatti, La National Investigation Agency (Nia), divisione della polizia indiana, starebbe per ricevere il via libera da parte del ministero dell’Interno per presentare un rapporto sulla vicenda che coinvolge i marò, utilizzando una legge indiana per la repressione della pirateria che prevede la pena di morte. Il giornale parla di un incontro avvenuto ieri fra i ministri degli Esteri e della Giustizia, Salman Khurshid e Kabil Sibal, con quello degli Interni, Sushil Kumar Shinde, e cita un alto funzionario governativo che, in forma anonima, ha riferito che “un accordo è stato raggiunto per autorizzare la Nia a presentare il rapporto accusatorio in base alla sezione 3 della Legge per la repressione degli atti illeciti contro la sicurezza della Navigazione marittima e le strutture fisse sulla piattaforma continentale (SUA Act)”. Tale sezione, che la Nia è pronta ad utilizzare, prevede che chi “causa la morte di una qualsiasi persona sarà punito con la morte”.  La situazione è entrata in fase di stallo tempo fa, si dice ancora, per l’esistenza di una assicurazione da parte del governo fornita dal ministero degli Esteri indiano all’Italia che il caso dei marò non rientrava fra quelli “rarissimi” a cui è applicabile la pena di morte. Ma il giornale dice di avere appreso che l’autorizzazione alla Nia per incriminare i due fucilieri di Marina “ora può arrivare ad ogni momento”.  Il quotidiano scrive infine che dalle sue indagini la Nia ha rilevato che i marò non lanciarono avvertimenti, non utilizzarono altoparlanti, nè spararono in aria prima di colpire i due pescatori a bordo del St.Antony in avvicinamento. Il ministro della Difesa italiano, Mario Mauro, ha detto: “E’ evidente che la campagna elettorale in India si sta avvicinando in modo prepotente. Il governo italiano mostrerà sui Marò la necessaria inflessibilità”.

“Non è un caso da pena di morte”: le novità sui marò

marò-tuttacronacaSalvatore Girone e Massimiliano Latorre sono bloccati in India dal febbraio 2012 e ora il ministro degli Esteri indiano, Salman Khurshid, ha affermato che l’India ha dato assicurazione all’Italia che la loro vicenda “non rientra nei casi in cui si può applicare la pena di morte”. tali dichiarazioni sarebbero state rilasciate al termine di un incontro tra Khurshid e i ministri degli Interni e della Giustizia indiani, stando a quanto riferisce la Tv Cnn-Ibn. “L’ultima parola spetta però al ministero degli Interni”, ha commentato Khurshid.  Nel frattempo si attende il 30 gennaio, data in cui è stata rinviata l’udienza prevista al Patiala House di Nuova Dehli. La polizia indiana non ha infatti ancora depositato il rapporto frutto delle indagini svolte da aprile, né i capi d’accusa. “Non è stato un rinvio subito, ma voluto dai nostri legali per le troppe zone grigie e ambiguità da parte indiana”, ha subito chiarito l’inviato del governo italiano Staffan De Mistura, giunto in India per seguire gli sviluppi del processo.

La vedova del pescatore indiano: “Ora possiamo perdonare i marò”

marò-tuttacronacaLa vedova di uno dei pescatori indiani uccisi chiede la liberazione dei due marò e lo fa in un’intervista al quotidiano The Indian Express, dove afferma: “I militari italiani devono essere liberati perché non voglio che la maledizione ricada sui miei figli”. Si legge sul sito de il Giornale:

«Ho perdonato i due marines italiani perché credo in Dio. Qualsiasi crimine abbiano compiuto sarà il Signore a giudicarli», sussurra con il viso spento, Dora Valentine. La vedova di Jelestine, uno dei due pescatori indiani uccisi in alto mare, ci accoglie nella sua povera casa, ma robusta ed in muratura, a Kollam. Lei è convinta che a compiere «quest’atto folle» siano stati Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò in carcere in India. Loro sostengono di aver sparato, solo in acqua, dalla petroliera Enrica Lexie, per respingere un attacco dei pirati.
La prima stanza, dopo l’ingresso, è avvolta dalla penombra. Su una parete c’è una specie di altarino con la foto del baffuto marito, che per mantenere la famiglia faceva il pescatore. Vita dura: almeno tre settimane al mese nell’oceano con un salario proporzionale al pescato, che raramente superava le 10mila rupie (150 euro).
Di fronte a noi, oltre all’immagine di Gesù, svetta una statuetta della Madonna e la Bibbia. Il figlio diciottenne, Derrik, con ancora l’apparecchio per i denti, spilungone e dallo sguardo un po’ perso, oggi sosterrà l’esame per entrare nel college. «Papà voleva che mi imbarcassi come ufficiale di macchine. Farò l’ingegnere, ma mai per mare dopo quello che è successo – spiega il primogenito – Durante l’esame penserò a lui che mi aiuti a superarlo da lassù».
Sua madre avvolta in un tradizionale sari scuro e con i capelli raccolti sottolinea che «i soldi del governo italiano serviranno a coronare il comune obiettivo prefissato con Jelestine. I nostri figli devono studiare e trovare un lavoro che li permetta una vita migliore». La Difesa ha trovato un accordo con gli avvocati delle famiglie dei pescatori uccisi per un atto di umanità, che in termini pratici equivale a 10 milioni di rupie (146mila euro).
Il piccolo Jelen, 10 anni, con la sua vocina e gli occhioni vispi interviene dicendo che lui «vuol diventare pilota di aerei militari per servire l’India».
In questa casa umile, a due passi dall’oceano, non si respira animosità nei confronti dei marò o dell’Italia, ma solo tristezza. Michele Girone, il padre di Salvatore, uno dei fucilieri di marina in carcere ha chiesto di portare ai Valentine i saluti più sentiti. Assieme ad altri quattro congiunti ha concluso ieri, con gli occhi lucidi per il distacco, tre giorni di colloqui con i marò in cella.
«Se i familiari dei marines volessero venire a trovarci questa casa è sempre aperta e saranno i benvenuti» risponde la vedova.
I soldi della «compensazione» non sono ancora arrivati, ma la famiglia ha le idee chiare su come utilizzarli. «Dopo il college vorrei studiare all’estero – spiega Derrick – Anche in Italia se fosse possibile. Non ho nulla contro il vostro Paese, nonostante la morte di mio padre». La madre aggiunge che sarebbe «grata all’Italia per questa possibilità». Suo marito Jelestine aveva 48 anni. Si sono sposati nel tempio di Fatima, a Kollam, nel 1993. «Il più bel giorno della mia vita, perché ne iniziavo una nuova fondando una famiglia» spiega la vedova. Il figlio piccolo si apre in un sorriso quando parla del «papà che dopo essere stato in mare ci portava l’uva, sempre buonissima». Gente semplice e di fede, la famiglia Valentine, che ha visto il Santo Padre solo in tv. «Un sogno nel cassetto sarebbe andare a Roma a vederlo dal vero» ammette Dora.
Ad incontro quasi finito ci piombano addosso dieci poliziotti con toni inquisitori. Quando capiscono la situazione tornano subito gentili e chiedono solo la fotocopia del mio visto.
Lungo il cammino del perdono e verso una soluzione che accontenti tutti, la famiglia del pescatore ucciso è stata accompagnata da padre Martin Rajesh. «Non abbiamo chiesto un riscatto, ma solo dei soldi per sostenere la vedova ed i figli. Vogliamo che vadano direttamente a loro, che si ritireranno dalla causa» spiega il sacerdote di Kollam. «Come cristiani pensiamo anche alle famiglie di Salvatore e Massimiliano – ribadisce il prete indiano – Spero che una volta chiusa la compensazione economica, i marines possano tornare in patria. Stiamo parlando di soldati italiani che portano la divisa ed erano in servizio. Per questo è corretto giudicarli a casa vostra». Padre Martin li ha incontrati in carcere: «Non ho chiesto cosa sia accaduto e loro non me l’hanno spiegato, ma si sono detti addolorati per la morte dei pescatori invitandomi a porgere le condoglianze alle famiglie delle vittime».

Adozioni in Congo: i genitori tornano, ma senza i bimbi

adozioni-congo-tuttacronacaRientrano in Italia le 24 coppie che si trovano in Congo per adottare dei bimbi mentre i figli adottivi dovranno restare nelle strutture locali aspettando di riabbracciare i genitori e arrivare finalmente nel nostro Paese. Si attende che a Kinshasa, e in tutto il Congo, venga ripristinata la normalità dopo l’esplosione di violenza che ha fatto un centinaio di morti, e soprattutto che possano concludersi i passaggi diplomatici innescati dalla decisione del presidente Kabila di bloccare la partenza dei bimbi per verificare che le procedure siano state corrette. Maurizio Sanmartin, presidente de “I 5 piani”, una delle tre Onlus che si occupano di adozioni in congo ha detto: “Tutta la pressione che c’è stata in questi giorni, i toni troppo alti, l’idea stessa che quelle famiglie siano prigioniere in Congo, ha contrariato le autorità e complicato tutto. Per questo ci uniamo alla richiesta di silenzio stampa avanzata da Francesco Mennillo, commissario della Cai, la Commissione adozioni internazionali. E in considerazione della delicatezza e complessità della vicenda, invitiamo al silenzio giornalisti e famiglie”. Anche perché le violenze all’aeroporto di Kinshasa, in una base militare e in un paio di altre città, non sarebbero state ‘vissute’ né quasi percepite dalle famiglie, mentre l’immagine che ne è scaturita è stata un’altra, poco gradita al governo congolese. Aggiunge Sanmartin: “A quanto sembra, né l’ultima spedizione del governo, né l’impegno della diplomazia, ha portato qualche risultato. Per cui forse è meglio davvero organizzare il rientro”. Ma senza i piccoli. Alcuni genitori restanno in loco, mentre gli altri s’impegneranno in Italia per finalizzare le adozioni. In attesa del ministro della famiglia congolese in Italia e che il governo di Kinshasa mantenga la promessa di affrontare i casi italiani per primi. Intanto, vige il blocco fino al prossimo settembre, difficile da superare “perché è stato imposto a livello di presidenza” dal presidente Kabila in persona. Nel comunicato s’invitano le famiglie a “mantenere la calma, a non intraprendere iniziative personali e a interrompere ogni tipo di contatto con la stamp”», addirittura “per evitare di mettere a repentaglio le relazioni diplomatiche tra i due paesi”. Italia e Congo. Ma il lavoro della diplomazia continua, presto partirà per Kinshasa un emissario della Farnesina con la speranza di facilitare il ricongiungimento di bambini e genitori.

Spari all’aeroporto di Kinshasa, in Congo. Gli italiani: “Siamo in pericolo”

Kinshasa_International_Airport-tuttacronacaSono ancora in Congo le famiglie italiane desiderose di adottare un bimbo e nel frattempo ci sono stati degli spari all’aeroporto di Kinshasa. All’Ansa, uno dei papà bloccati nello stato, ha scritto una mail dove si legge “Siamo in pericolo”. Le famiglie si trovano ormai da un mese e mezzo in Congo, per riportare in Italia i loro bambini. Si legge ancora: “I ribelli hanno occupato la tv di Stato di Kinshasa prendendo ostaggi. Ci sono stati spari all’aeroporto che è chiuso. Noi temiamo – è detto ancora nella mail – per l’incolumità nostra e dei nostri figli”. In seguito, le forze governative congolesi hanno ripreso il controllo della tv di Stato a Kinshasa, assaltata stamane dai ribelli, che avevano preso in ostaggio alcuni giornalisti. Lo rende noto il portavoce del governo, specificando che la situazione nella capitale è “sotto controllo”. Sono quaranta i ribelli che hanno trovato la morte negli scontri. Nel frattempo, l’Unità di crisi della Farnesina ha invitato gli italiani residenti a Kinshasa, tra cui le famiglie adottive in attesa di rientrare in Italia con i loro bimbi, a rimanere nei loro alloggi. Lo riferiscono fonti del ministero degli Esteri.

I marò e il Natale in India: il lungo post di Massimiliano Latorre

maro_girone_latorre-tuttacronacaE’ Natale, le persone si aspettano di trascorrere la giornata con i loro cari, in un luogo che possono chiamare casa. Non tutti, però, ci riescono. Come i due marò, che quest’anno non hanno ricevuto il permesso dalle autorità indiane per trascorrere le feste in Italia. E così Massimiliano Latorre, ieri, ha pubblicato un lungo post in Facebook dove si dice “dispiaciuto” di non poter trascorrere il Natale in Italia: “Purtroppo quest’anno non potrò essere nella mia amata patria per respirare il profumo che solo da noi si respira in questi giorni”, ha scritto il fuciliere tarantino. “Fortunatamente – precisa il marò – parte dei miei affetti più cari mi ha raggiunto portando una ventata di gioia, ma sempre con il cuore rivolto agli altri carissimi affetti che sfortunatamente non hanno potuto raggiungermi. Volevo augurare a Voi tanta serenità, sentimento che ho imparato essere il più importante nella vita di una famiglia, e ringraziarvi per quanto cuore, affetto e passione ponete ogni giorno nell’essere vicino a me ed ai miei cari: questo – sottolinea – per me è il regalo più grande che potessi sognare di ricevere”. E ancora, rivolgendosi a chi l’ha sostenuto da quel febbraio 2012, quando venne arrestato assieme a Salvatore Girone: “Auguri soprattutto ai vostri bambini che sono l’anima di questa festa con i loro volti sorridenti e gioiosi illuminati da alberi e presepi, sempre presenti nelle nostre case rendono la vita degna di essere vissuta”. “Vi abbraccio idealmente – conclude Latorre – e con questo abbraccio vi trasmetto tutta la mia immensa riconoscenza”.

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“Massima considerazione” e “tempi rapidi”: si sbloccano le adozioni in Congo?

adozioni-congo-tuttacronacaDopo lo stop a tutte le adozioni arrivato dalla direzione nazionale congolese delle migrazioni, sembrano arrivare notizie incoraggianti per quel che riguarda le coppie italiane bloccate in Congo con i loro figli adottivi: Enrico Letta ha contattato telefonicamente il premier congolese Augustin Matata Ponyo Mapon, dal quale ha avuto rassicurazioni circa la volontà di “procedere, con la massima considerazione” ed “in tempi rapidi” a risolvere la situazione dei genitori italiani e dei loro figli adottivi. Lo comunica una nota con la quale il premier italiano informa dell’invio di una delegazioni di alti funzionai del Ministero degli Esteri e dell’Ufficio del Ministro dell’Integrazione italiani a Kinshasa che avranno il compito di confrontarsi con Matata e con i funzionari competenti per “consentire un rapido ritorno in Italia delle famiglie con i propri figli”. Matata ha inoltre sottolineato che la situazione dei notri concittadini è comune a tutti gli altri genitori adottivi che in seguito al blocco internazionale alle adozioni da parte della Repubblica Democratica africana, si sono ritrovati in un’empasse. In Congo, il governo ha infatti affermato di voler riesaminare le procedure e correggere le irregolarità presentatesi in alcune adozioni. Tuttavia, Kinshasa si è detta pronta a “procedere, con la massima considerazione e nello spirito di amicizia esistente tra i due Paesi, al riesame dei casi, in tempi rapidi e conformemente alle procedure vigenti”. Marco Griffini, presidente di Amici dei Bambini (Aibi), ente che supporta sei delle 24 famiglie coinvolte che al momento la ritiene “un’ottima notizia” e spiega che le coppie “sono serene e fiduciose. L’impegno delle istituzioni italiane li ha rassicurate”. “Ora, conclude, spero che, una volta superata questa vicenda, si possa pensare a una riforma dell’adozione internazionale. Dobbiamo far tesoro di questa esperienza per fare in modo che casi del genere non si ripetano più”.

Peggiorano le condizioni degli italiani in Congo per adottare: prossimi clandestini?

italiani-congo-tuttacronacaSono 25 le coppie italiane bloccate in Congo, tutto per il desiderio di creare una famiglia adottando un bimbo. E la loro condizione continua ad aggravarsi, visto che prima non è stato loro rinnovato il visto e in seguito si sono visti ritirare anche il passaporto. I nostri connazionali sono bloccati da più di un mese bloccati in Repubblica Democratica del Congo. Tra le altre coppie anche i coniugi Marco Morandin e Francesca Bortolin. La loro storia è raccontata dal Gazzettino. Ai primi di novembre erano volati a Kinshasa per abbracciare finalmente il loro bambino adottivo di 14 mesi, ma proprio all’ultimo momento sono finiti in un vero e proprio intrigo diplomatico. Il governo congolese ha deciso di sospendere le adozioni per un anno. E Marco e Francesca, assieme ad altre 24 coppie italiane, sono rimaste intrappolati: sarebbero potuti tornare in Italia solo senza i loro figli. Hanno deciso di resistere, di non mollare. Ma adesso tutto si complica. I loro visti sono scaduti, nonostante le rassicurazioni arrivate dall’Italia nessuno li ha rinnovati. E la polizia di frontiera ha ritirato i passaporti. In poche parole: rischiano di diventare veri e propri clandestini. «Il nostro ente (l’AiBi di Milano, associazione che si occupa di adozioni, ndr) ha consigliato di non uscire dal residence dove ci troviamo – dicono Marco e Francesca – meglio evitare eventuali controlli. Non abbiamo novità e diventa tutto sempre più difficile». Marco, dopo Natale, dovrebbe tornare in Italia per motivi di lavoro. Ma l’assenza del visto e il blocco del passaporto rende complicato anche prenotare un aereo.

I due marò finiscono nel Presepe: la Cgil insorge

marò-presepe-tuttacronacaMassimiliano Latorre e Salvatore Girone sono ancora in India e il Capo dello Stato confida nella “riapertura delle prospettive” che il Paese asiatico aveva indicato, agurandosi inoltre un prossimo incontro al Quirinale. Nel frattempo, si rallegra Mauro, ministro della Difesa, perchè i familiari dei due marò a Natale potranno volare in India per rivederli. E ricorda: “siamo in fervida attesa e alacre attività, soprattutto sul piano diplomatico”. Ma nel frattempo si parla dei due miliatari anche per quello che accade in Italia: si è infatti scelto un Presepe per ricordare che Latorre e Girone attendono giustizia ormai da quasi due anni. E la Cigl è insorta. Come riporta il Giornale:

È successo che nella sede della direzione regionale Inps a Firenze «è comparso un presepe sormontato dalla foto dei due militari trattenuti in India e da uno slogan in cui si auspica la loro immediata liberazione». Il sindacato ha reagito con un comunicato, secondo cui «che in un ufficio pubblico si possa allestire qualsiasi cosa abbia a che fare con un credo religioso è già materia dibattuta, ma abbinare a questo un proclama politico è evidentemente un’offesa». Prevenendo il sospetto di un pregiudizio ostile verso i due marò, la Cgil precisa che «non si tratta di schierarsi contro o a favore del rientro in Italia dei due marò, ma cosa ha a che fare questo con il rispetto di una tradizione religiosa? Predisporre un simile allestimento, discutibile anche dal punto di vista estetico, è quantomeno improprio per un ufficio pubblico».

Eccezioni sarebbero peraltro parse tollerabili alla Cgil: «Se le immagini fossero state riferite alle vittime della guerra civile in Siria o alle condizioni del Cie di Lampedusa, non troveremmo niente da dire. La pace, il ripudio della violenza e la tutela della dignità umana sono valori inseriti nella nostra Costituzione. Il rinnovare (dopo un anno) l’appello alla liberazione di due connazionali coinvolti in una vicenda controversa e ancora tutta da chiarire è palesemente un segnale politico, che viene pure imposto dalla dirigenza Inps». Il dirigente regionale dell’Inps, Fabio Vitale, si è detto «basito» e ha definito «ideologica» la nota della Cgil.

Banditi… e scoppia il caso diplomatico per i tifosi laziali!

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Sulla questione dei tifosi laziali ancora detenuti in carcere a Varsavia, dopo l’azione di Emma Bonino, interviene anche il presidente del Consiglio Enrico Letta e una partita si trasforma in caso diplomatico. Il premier polacco Donald Tusk ha risposto così all’appello del capo del governo italiano: «Farò di tutto per accelerare le procedure nel rispetto delle regole e farò un appello al procuratore generale e al ministro della Giustizia affinché seguano personalmente la vicenda al fine di evitare lungaggini».  Molto più duro è stato il ministro dell’Interno  Barlomiej Sinkiewicz che pur comprendo il dolore dei familiari dei tifosi laziali arrestati in Polonia, ha messo in evidenza che “la verità è che una parte di loro si trova a Varsavia per assistere i propri figli «banditi»”. Il ministro poi sempre parlando alla tv polacca ha anche sottolineando che «la legge è uguale per tutti, sia per i polacchi sia per gli stranieri»

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Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, al termine della bilaterale con il primo ministro Donald Tusk si è recato all’ambasciata italiana a Varsavia per incontrare i familiari dei tifosi laziali arrestati in Polonia. Dopo aver saluto i parenti dei 22 supporter, il premier ha avuto un colloquio con una delegazione per discutere di quanto sta avvenendo.

Queste le armi sequestrate ai tifosi laziali:

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E i marò? Restano in India anche a Natale?

Il caso dei tifosi laziali arrestati a Varsavia passa al Parlamento Ue

tifosi-lazio-tuttacronacaInformativa urgente, oggi alla Camera, sui tifosi italiani arrestati a Varsavia, com’è stato richiesto da Fratelli d’Italia. Nel frattempo in una nota di Emma Bonino, ministro degli Esteri, si legge: “Ho chiesto oggi al mio omologo polacco Sikorski chiarimenti su una vicenda che presenta contorni ancora da approfondire pienamente e che vede al momento 22 nostri concittadini detenuti nel carcere di Varsavia. Gli ho anche chiesto di adoperarsi affinché vengano messi in libertà, anche dietro cauzione, in attesa del processo. Sikorski mi ha promesso il suo personale interessamento e si è impegnato ad aggiornarmi tempestivamente”. Il ministro ha quindi aggiunto: “Ho parlato oggi anche con il Presidente della Lazio Lotito cui ho espresso la mia solidarietà per quei tifosi pacifici che si sono trovati coinvolti in situazioni che non hanno nulla a che vedere con lo spettacolo del calcio. L’ho anche rassicurato illustrando tutte le azioni che il governo sta mettendo in atto per giungere alla liberazione di tutti i connazionali tratti in arresto”. Ma la questione ha varcato i confini nazionali approdando in Europa: il vicepresidente del Parlamento Ue Roberta Angelilli, infatti, ha presentato alla Commissione e al Consiglio Ue una interrogazione in merito alla vicenda degli oltre cento tifosi laziali fermati dalla polizia polacca prima della partita svoltasi a Varsavia.Nell’interrogazione si chiede che venga fatta luce: “Questa vicenda, a distanza di giorni presenta ancora diverse zone d’ombra, su cui è doveroso fare piena luce al fine di accertare che non siano stati lesi i diritti fondamentali dei nostri connazionali all’estero. Molti episodi legati al fermo e al rinvio a giudizio dei cittadini italiani risultano poco chiari e connotati da evidenti abusi e atteggiamenti sproporzionati da parte delle autorità della Polonia. Vi sono aspetti da chiarire sia sul fronte delle modalità che delle motivazioni di questa ‘azione preventivà da parte delle Autorità polacche. In queste ore, infatti, sto continuando a ricevere segnalazioni di diversi casi di cittadini italiani che sarebbero stati coinvolti in gravi episodi, subendo maltrattamenti, rispetto ai quali si devono delle spiegazioni all’Italia e all’Europa. Ho chiesto pertanto alla Commissione e al Consiglio di fare piena luce sul comportamento delle autorità di polizia e giudiziarie della Polonia e accertare se siano stati rispettati, per i nostri connazionali, tutti i diritti alla difesa e a un processo equo come sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo”. Anche Giovanni Malagò, presidente del Coni, ha preso la parola in occasione della consegna dei premi Coni-Ussi svoltasi nel Salone d’Onore di Palazzo H: “I fatti di Varsavia? Il tutto è estremamente spiacevole e anche sgradevole. Sto aspettando un rapporto completo perché mi sembra che qui addirittura c’è il ministero degli Esteri coinvolto. A prescindere dal comportamento di qualche singolo, c’è stato un atteggiamento delle forze dell’ordine che sicuramente ha mancato di rispetto alle norme più basilari. Non mi sento di sbilanciarmi ma appena saremo a conoscenza di tutto, un secondo dopo sarà giusto esprimere la propria opinione al riguardo”.

Caso marò. Il governo indiano ribadisce: no alla pena di morte

salvatore_girone_and_massimiliano_latorre_tuttacronacaTensione oggi per la notizia secondo la quale la polizia indiana vorrebbe infliggere la pena di morte ai due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, accusati dell’omicidio di due pescatori il 15 febbraio 2012 nonostante il fatto che siano stati trovati sul corpo dei  pescatori uccisi proiettili incompatibili, secondo le perizie balistiche, con le armi in dotazione a Latorre e Girone. Nel frattempo, il governo indiano ha escluso completamente questa eventualità, ribadendo la propria posizione. “Il caso non rientra tra quelli che sono punibili con la pena di morte”, ha detto il portavoce  del governo Syed Akbaruddin che ha ricordato anche come, in una dichiarazione al Parlamento lo scorso 22 marzo, il ministro degli Esteri Salman Khushid avesse escluso la pena capitale, aggiungendo che si applicava solo nei “casi rari tra i più rari”. Non sono quindi state confermate le indiscrezioni del giornale The Hindustan Times  sulla consegna di un rapporto della Nia al ministero degli Interni in cui si chiede l’applicazione di una severa legge che prevede la pena capitale. La conferma del fatto che i marò non corrono simile rischio arriva dal ministro degli Esteri Emma Bonino, che spiega che simile notizia “è già stata smentita”. “Non intendo aggiungere altro”. All’apprendere la notizia, poi smentita, dell’intenzione degli investigatori di perseguire i due militari in base al ‘Sua Act’ che reprime la pirateria marittima con la pena di morte, l’inviato del governo italiano Staffan de Mistura ha replicato: “Siamo pronti ad ogni evenienza con mosse e contromosse”. Il ministero degli Interni si sarebbe trovato “in imbarazzo”  sulla decisione della Nia sui marò, spiega The Economic Times. “Di fronte a questa particolare situazione – scrive il giornale – il ministro degli Interni ha intenzione di trasferire il caso all’Attorney General per un parere legale”. Sarà lui, come riferisce il portavoce del ministero degli Esteri indiano, “a dare il parere decisivo sulla definizione dei capi di accusa”.

La polizia indiana non esclude di chiedere la pena di morte per i marò

marò-tuttacronacaE’ il The Hindustan Times a rendere nota una notizia shock: gli investigatori della Nia che si occupano del caso dei due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, hanno presentato un rapporto in cui accusa i due militari italiani in base a una legge che prevede la pena di morte. Tale rapporto, consegnato al ministero degli Interni, chiede infatti che vengano perseguiti in base al “Sua Act”, che reprime la pirateria marittima con la pena capitale. E questo, “nonostante le ripetute richieste pressanti del ministero degli Esteri di trattare il caso con capi di imputazione che prevedono pene più lievi”. Alla Nia è stata quindi chiesta una conferma dell’esistenza di un tale rapporto in cui si chiede la pena di morte per Latorre e Girone, ma la risposta della polizia investigativa indiana è stata un “no comment”. Il vice ispettore P.V. Vikraman, consultato telefonicamente sulle notizie pubblicate dal quotidiano, ha detto soltanto: “Non posso commentare. Non sono in una posizione per poterlo fare”.

Allarme della Bonino: tra gli immigrati ci potrebbero essere jihadisti

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«Ci sono sospetti – afferma Emma Bonino – che dalla Libia fra i vari disperati ci siano anche provenienze di jihadisti o qaidisti su una via europea, che tra l’altro è uno dei metodi che hanno usato spesso. Terrorismo? Non so dire. È una minaccia alla sicurezza».  Minaccia. Così è stato lanciato l’allarme dalla Farnesina. Quindi non solo un esercito di disperati, ma vere e proprie infiltrazioni su una via europea, che possono dislocarsi in varie parti d’Europa per poi colpire obiettivi sensibili. Cellule terroristiche, ma anche droga e armi.

 

Una vittima italiana nel disastro delle Filippine

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Una vittima italiana è stata identificata nelle Filippine. La donna sarebbe morta in seguito a un infarto dopo il passaggio del tifone Haiyan. Al momento secondo il ministero degli Esteri mancano ancora due italiani all’appello «Tutti sono monitorati e una donna è stata ritrovata senza vita, deceduta pare a causa di un infarto per il tifone Haiyan», ha detto il ministro Bonino a margine di un suo intervento a Milano per la conferenza ‘Science for Peace’. «Mancano due soli italiani all’appello», ha aggiunto precisando: «È anche possibile che non si riescano a mettere in contatto con l’Italia, perchè i cellulari non funzionano».

«Proprio questa mattina alle 8 è atterrato il primo cargo di Agire (l’Agenzia italiana per le risposte alle emergenze, ndr) e della cooperazione italiana. Atri sono in partenza, uno già domani, anche su Manila, con materiali che avevamo o a Brindisi nel deposito o a Dubai». A dirlo Emma Bonino, il ministro degli Affari Esteri, a margine del suo intervento alla conferenza mondiale di ‘Science for Peacè, all’università Bocconi di Milano. Le principali difficoltà nel raggiungere le Filippine, spiega poi il ministro, sono legate alla devastazione del territorio: «Stiamo parlando – ha continuato – di 2milioni di sfollati e 400mila case allagate e una situazione di grande difficoltà per raggiungerli. Per cui non solo non bisogna intasare gli aeroporti, ma il problema è anche quello dei trasporti: le zone colpite sono lontane e servono delle navi per distribuire gli aiuti». A proposito della ‘macchina della solidarieta« che si è attivata in Italia per aiutare Manila, la Bonino ha specificato che è necessario »avere cuore e disciplina«. »Non dobbiamo – ha proseguito – mandare quello che abbiamo, ma quello che serve. Siamo in collegamento soprattutto con Echo (la direzione generale per gli aiuti umanitari della Commissione Europea, ndr) e con i nostri umanitari che si trovano sul posto per evitare duplicati e confusione«. Anche per questo motivo la Farnesina ha deciso di rafforzare la sua unità di crisi che opera sul posto, in aiuto all’ambasciata italiana delle Filippine, inviando due militari dell’unità di crisi e due del Centro Operativo Interforze

 Il caos provocato dal tifone Haiyan produce una macabra guerra di cifre sulle vittime nelle Filippine. L’Onu parla di circa 4.400 morti, Manila è ferma a 3.600, ma si teme che il bilancio crescerà. Nel frattempo, la comunità internazionale è attiva nei soccorsi. Dagli Stati Uniti sono in arrivo 900 marines e l’Ue ha inviato un team in una delle città più colpite. L’Italia entro domenica farà partire tre voli umanitari. Stamane, intanto, sono stati rintracciati altri due nostri connazionali. Ora ne mancano all’appello quattro. Il numero delle vittime risulta ancora molto inferiore ai diecimila stimati nei primi giorni del disastro. L’Onu riferisce di 4.460 morti, citando la protezione civile filippina, che però replica con un bilancio ufficiale di 2.360. Al governo di Manila, invece, risultano 3.621 morti, più 1.140 dispersi: una cifra che sostanzialmente coincide con la stima Onu. Il Comune di Tacloban, del resto, afferma che almeno 4.000 morti provengono dalla città costiera tre le più devastate dal tifone. La Croce Rossa, tra l’altro, teme che la cifra sia ancora provvisoria poichè diverse testimonianze parlano di cadaveri non identificati che giacciono ancora per le strade, tra le macerie. Le operazioni di soccorso intanto proseguono a pieno regime. Gli Stati Uniti annunciano il dispiegamento di un migliaio di marines, che dovrebbero arrivare nelle Filippine tra circa sei giorni. L’Unione Europea invia a Tacloban un team guidato dall’italiano Luigi D’Angelo, per facilitare l’arrivo degli aiuti e coordinarsi con le autorità locali e le altre organizzazioni internazionali. Da Roma il Consiglio dei ministri decreta lo stato di emergenza per sbloccare l’invio dei soccorsi. Alla Farnesina si fa il punto in una riunione presieduta dal viceministro degli Esteri Lapo Pistelli con ong, enti locali e Ministero della Difesa. In totale sono previsti tre voli umanitari entro domenica. Il primo doveva partire giovedì scorso con tende, coperte, taniche d’acqua e potabilizzatori, ma è rimasto bloccato per «affollamento» nei cieli filippini. Altri due porteranno un presidio medico avanzato, 11 tonnellate di generi di prima necessità dall’Italia e altri paesi, un ospedale da campo e un team di funzionari della protezione civile e delle regioni. Ed è in preparazione anche un quarto volo. Sul fronte delle ricerche degli italiani, oggi si registra il ritrovamento di altre due persone. «Stanno bene ed hanno retto emotivamente», fa sapere il ministro Emma Bonino. Pistelli poi aggiunge che per i quattro che ancora mancano all’appello si è «ragionevolmente ottimisti», perchè «l’assenza di notizie è collegata a un totale collasso delle comunicazioni», tanto più che i nostri connazionali si troverebbero «nell’epicentro del tifone» e questo rende «un pò faticoso ritrovarli».

Interrogati dalla Nia i quattro fucilieri che si trovavano sull’Enrica Lexie

marò-tuttacronacaSono stati sottoposti ad interrogatorio con la polizia indiana quattro fucilieri Renato Voglino, Massimo Andronico, Antonio Fontana e Alessandro Conte, che il 14 febbraio 2012 si trovavano sulla petroliera “Enrica Lexie” assieme ai due marò sotto processo in India con l’accusa di aver sparato e ucciso due pescatori del Kerala. Al termine della videoconferenza, avvenuta nell’ambasciata di New Delhi a Roma, l’invitoa del governo italiano Staffan De Mistura ha detto all’Ansa: “Adesso la posizione di Latorre e Girone è stata ancor più chiarita”. Al termine delle deposizioni, i quattro si sono trattenuti con De Mistura e Carlo Sica, l’avvocato dello Stato che segue i legali indiani di Latorre e Girone. De Mistura ha spiegato che si è tratto di “una escussione dei quattro fucilieri di Marina che noi volevamo che avvenisse perché sono testimoni della difesa e perché questo è l’ultimo tassello prima di chiudere le indagini suppletive. Indagini che volevamo che avvenissero affinché fossimo nelle condizioni di difendere al massimo i due fucilieri di Marina Latorre e Girone. Noi ci sentiamo sicuri di saper come andare avanti, perché la loro posizione è chiara ed è stata ancor più chiarita oggi”. La Nia, National Investigation Agency indiana, ha voluto ascoltare i fucilieri in seguito alle perizie balistiche che hanno rivelato che i proiettili ritrovati nei corpi dei due pescatori sono compatibili con le armi di altri due sottufficiali, non con i fucili Beretta in dotazione a Girone e Latorre. E’ stato il giudice speciale individuato dalla Corte suprema indiana a incaricare l’agenzia di ricostruire la vicenda, dopo che la stessa Corte suprema aveva ritenuto non valido il procedimento giudiziario avviato a suo tempo dalla polizia e dai giudici del Kerala. I fuciliari interrogati si sono detti “assolutamente sereni e determinati” quando hanno riferito la loro versione dei fatti. Una fonte informata ha detto All’Asca che le indagini suppletive dovrebbero chiudersi “in tempi ragionevoli”, essendo quello di stamani “uno degli ultimi passaggi” prima che gli inquirenti indiani presentino i capi di accusa nei confronti di Latorre e Girone. Avrà poi inizio il processo, per il quale “da entrambe le parti c’è la volontà di una chiusura rapida”.

La corsa contro il tempo di David Cariolaro

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Il Prof. David Cariolaro, 40 anni, ricoverato in coma in ospedale a 100 km da Shanghai, vittima di una caduta avvenuta 40 giorni fa, non può essere trasferito in Veneto perché nessuna compagnia aerea accetta di trasportarlo nelle condizioni in cui si trova. L’ospedale in cui si trova, secondo i familiari, non sarebbe in grado di operarlo e loro già stanno spendendo circa 1500 euro al giorno per la degenza. L’unica risoluzione potrebbe essere quella del volo privato, ma i costi sfiorerebbero circa 150mila euro. La Regione Veneto ha ribadito che Cariolaro, da quattro anni professore associato nel dipartimento di Scienze matematiche della Xìan Jiatong-Liverpool University, non ha i requisiti di legge per richiedere che il pagamento del volo sia addebitato alla Regione.  . Lo stesso assessore veneto alla sanità Luca Coletto, che segue la vicenda insieme al consigliere diplomatico della Regione Stefano Beltrame, sostiene che aperture per una missione «purtroppo non ce ne sono, sempre che il ministero non intervenga direttamente e autorizzi un volo umanitario». A questo scopo una giornalista amica di Cariolaro ha indirizzato una lettera al ministro degli esteri Emma Bonino per evidenziare il caso e chiedere un suo intervento.

 

La festa delle Forze Armate: ma i marò sono ancora lontani

marò-tuttacronacaGiornata della festa delle Forze Armate oggi e il pensiero è corso ai due marò, in India ormai da 624 giorni. Nessuna novità per loro, solo Napolitano che ha voluto assicurare che “non cessiamo di operare tenacemente per riportarli a casa”. In videoconferenza, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone hanno voluto ricordare che ci saranno ancora da affrontare “periodi duri”. Consapevoli, non potendo fare altro, di “quanta strada il governo deve fare per raggiungere il traguardo” di farli “tornare a casa”.  Da parte sua, la titolare della Farnesina ritiene che “alcune cose si stiano muovendo”, pur ribadendo che il “dossier ereditato” ha “grandi complessità” e “grandi contraddizioni”.  Emma Bonino ha invece sottolineato che il governo “finalmente parla con una voce” mentre il ministro della Difesa Mauro ha rilevato la “forza e determinazione” del lavoro perchè i marò tornino “a casa con onore” e mette l’accento sui “sacrifici dei loro familiari”. Staffan de Mistura, inviato speciale del governo, ha ricordato invece che non si deve dimenticare che il lavoro “è costante, determinato e pressante anche quando avviene con discrezione e senza rumore”.  Al contrario, Ignazio La Russa ha chiamato in causa l'”assenza di un vero impegno di tutto il sistema Italia” e una questione della “dignità nazionale”. Ad essere insofferenti sono invece tutti coloro che vogliono un pronto ritorno dei marò e che si sono dati appuntamento per una ‘Tweet storm’, una tempesta di tweet per chiedere il rientro di Latore e Girone che “l’Italia ha dimenticato ma noi non lo faremo”. Ed è di oggi la notizia che Latorre ha un’infezione intestinale, forse contratta nel carcere di Kochi, e per la quale potrebbe essere necessario un intervento chirurgico, magari in Italia. Forse la possiblità più concreta di tornare rapidamente, almeno per lui, passa da qui.

Polizia indiana in trasferta: a Roma per interrogare gli altri marò

marò-tuttacronacaLe autorità indiane avrebbero deciso: la Nia, National investigation agency, sarebbe pronta per la missione che porterà un loro team in Italia, a Roma, con lo scopo d’interrogare gli altri quattro fucilieri imbarcati sulla Enrica Lexie il l 15 febbraio 2012, giorno in cui vennero uccisi due pescatori al largo delle coste di Kerala. A darne notizia è l’agenzia di stampa indiana Pti, ma non ci sono conferme ufficiali. Gli uomini della Nia assisterebbero a un interrogatorio svolto dalla polizia italiana in base a lettere rogatorie indiane. Tale missione potrebbe risolverebbe l’impasse che impedisce la chiusura delle indagini favorendo l’apertura del processo dei due marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, in India.

Renzi diventa Grillo nelle parole di Zanonato. Il Governo Letta lo teme?

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Le parole di ieri di Matteo Renzi su indulto e amnistia nono sono passate inosservate e negli esponenti del Governo Letta, Renzi diventa Grillo.

E’ Flavio Zanonato, ministro per lo Sviluppo Economico, partecipando alla Repubblica delle Idee ha affermato oggi:  “Il ragionamento di Renzi è: cosa mi conviene politicamente? Essere contro, e quindi lo dico. Dice le stesse cose di Grillo”.

Critiche alla presa di posizione renziana arrivano un po’ da ovunque: anche il ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi punta il dito contro l’ex rottamatore: “Renzi si atteggia già da vincitore del congresso, e non a caso parla al nostro elettorato, non siamo stupidi”.

Anche Emma Bonino si scaglia contro il sindaco di Firenze. “Se Matteo Renzi – dice il ministro degli esteri – è il nuovo che avanza, fatemi il favore di ridarmi l’antico”. E aggiunge: “Legga bene il messaggio di Napolitano, prima di rottamarlo”, ha aggiunto.

Marò: la polizia indiana in arrivo in Italia?

maro-processo-tuttacronacaSembra non arrivare mai l’apertura del processo ai due fucilieri di marina Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i marò, imputati per omicidio per aver sparato dalla nave italiana Enrica Lexie uccidendo due pescatori al largo delle coste del Kerala il 15 febbraio 2012. Considerato che la giustizia indiana aveva chiesto di ascolatare gli altri militari presenti sulla petrolifera, uomini che il ministero degli Esteri non è intenzionato a mandare in India, sarebbero ora le autorità indiane in procinto di decidere se inviare a Roma una missione della National investigation agency (Nia)  per interrogare i quattro marò. In questo modo si risolverebbe l’impasse che impedisce la chiusura delle indagini.

Per la Bonino i Marò non sono più innocenti? S’infuria Terzi.

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L’America ha sempre difeso i suoi militari anche di fronte ai crimini più efferati. I militari sono sempre stati per gli Stati Uniti degli eroi, e forse se in alcuni casi il comportamento degli americani è andato oltre anche al buon gusto, c’è comunque da riconoscere il ragionamento alla base della difesa ad oltranza: i militari sono lo scudo del paese se permettiamo agli altri di intaccare questo scudo, si apriranno falle e ognuno potrà usare i militari come strumento per attaccare il nostro Paese. In definitiva se i militari non si sentono tutelati perché dovrebbero rischiare la vita per il loro popolo?

Invece in Italia i marò sono stati lasciati nelle mani indiane, nonostante c’è chi sostenga con fatti evidenti la loro innocenza,   non ne sembra convinta una delle più alte istituzioni dello Stato. il nostro Ministro degli affari esteri  Emma Bonino:

“Non è accertata la colpevolezza, e non è accertata l’innocenza. I processi servono a questo”. Con questa frase lapidaria lo staff  di Emma Bonino dà l’ultimo colpo di mannaia addosso ai marò. Il post è stato scritto sulla pagina Facebook aperta per  “ospitare pareri e commenti sulla vicenda che ha coinvolto i due marò italiani Girone e Latorre”. Anche  l’ex ministro Giulio Terzi di Sant’Agata. Su Twitter Terzi scrive (ricevendo anche molti pareri in sintonia con il suo pensiero):

Come scrive oggi Repubblica, il commento di ieri della Farnesina ha in qualche modo “rotto il fronte dell’innocentismo a tutti i costi che il governo italiano ha seguito fino ad oggi”.

Una linea solo apparente, perché nei fatti i tre ministeri maggiormente coinvolti (presidenza del Consiglio, ministero degli Esteri e della Difesa) riservatamente conoscono le prove contro i due marò e ammettono che una condanna da parte dei giudici indiani è possibile. Il vero problema, ormai, sono i continui rinvii del dibattimento processuale.

Terzi, ex titolare della Farnesina, una condanna non è lontanamente immaginabile perché il processo è illegittimo. “Certo che ci vuole un processo – twitta – ma è legittimo solo se lo Stato ha giurisdizione. E l’India non ce l’ha, il fatto è avvenuto in acque internazionali”. “Ovvio che occorre il processo – prosegue – ma in Italia

Spiragli per i Marò?

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Una questione che doveva già essere risolta da tempo e che invece continua nel suo lento e inesorabile calvario. Ora sembrerebbe che si potrebbero essere alcuni spiragli per la risoluzione del caso dei marò. Così l’inviato del governo italiano, Staffan de Mistura, ha deciso di rinviare la sua partenza dalla città indiana dichiarando:

“Di fronte a questa situazione in movimento  ho deciso di rinviare la mia partenza. Ho intenzione di restare fino a quando le autorità indiane non risolveranno il problema” de Mistura ha poi aggiunto “Al momento, grazie anche alla nostra azione, vedo degli spiragli positivi e quindi ho deciso di restare perché sia costante la pressione volta al reperimento di una soluzione che permetta di andare avanti”.

De Mistura ha poi sottolineato che, “di fatto, le indagini della Nia sono concluse e resta solo la nota questione dell’interrogatorio dei quattro marò” che, con Latorre e Girone, formavano il team di sicurezza della Enrica Lexie il 15 febbraio 2012, giorno dell’incidente in cui trovarono la morte due pescatori indiani.

“La nostra posizione – ha concluso l’inviato del governo italiano – è chiara: i quattro sono a disposizione ma non verranno in India. Per cui la Nia deve essere autorizzata a procedere in un altro modo per raccogliere le loro dichiarazioni”.

E’ possibile che sulla base del materiale a loro disposizione gli investigatori della Nia abbiano qualche difficoltà a presentare capi di imputazione solidamente motivati nei confronti degli imputati, per cui l’interrogatorio di Renato Voglino, Massimo Andronico, Antonio Fontana e Alessandro Conte viene considerato essenziale.

Intanto però i marò tedeschi che uccisero l’indiano sono rientrati in tempi record!  Quando smetterà l’India di schernire l’Italia? Mesi fa ci furono anche un rogo di protesta organizzato dai pescatori del Kerala contro Massimiliano La Torre e Salvatore Girone. In quell’occasione furono bruciati fantocci con la foto dei marò e del premier indiano che secondo la popolazione non aveva concesso una licenza in Italia.

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Piccinin, prigioniero con Quirico: non ha usato Assad le armi chimiche

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Non si sbilancia Pierre Piccinin, ma afferma:

“E’ un dovere morale dirlo. Non è il governo di Bashar al-Assad ad avere utilizzato il gas sarin o un altro gas nella periferia di Damasco”. Queste le parole del compagno di prigionia di Domenico Quirico in un’intervista alla radio RTL-TVi, riferendo di una conversazione, ascoltata a sorpresa, tra i ribelli. Piccinin ha aggiunto che ammetterlo “mi costa perché da maggio 2012 sostengo con decisione l’esercito libero siriano nella sua giusta lotta per la democrazia. Per il momento, però, per una questione di etica Domenico ed io siamo determinati a non fare uscire i dettagli di questa informazione. Quando la ‘Stampa’ riterrà che è venuto il momento di dare dettagli su questa informazione, lo farò anch’io in Belgio”, ha spiegato l’insegnante belga.

Piccinin ha raccontato quindi che, quando il 30 agosto, lui e il giornalista italiano hanno appreso dell’intenzione degli Usa di agire in seguito all’uso, attribuito al regime, delle armi chimiche “avevamo la testa in fiamme: eravamo prigionieri laggiù, bloccati con questa informazione e per noi era impossibile darla”.

Le due false esecuzioni a Quirico, nel racconto del compagno di prigionia

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«Giochi crudeli» li chiama Pierre Piccinin, suo compagno di prigionia, liberato insieme al giornalista italiano Quirico e afferma che «Domenico ha subito due finte esecuzioni con una pistola» -, racconta al telefono Pierre Piccinin, di prima mattina.  L’«odissea tremenda» siriana del professore belga e dell’inviato de la Stampa è fatta anche di due tentativi di evasione. «Una volta abbiamo cercato di profittare del momento della preghiera – rivela -. Ci siamo impossessati di due kalashnikov e siamo fuggiti nella campagna per due giorni. Poi ci hanno ripreso e siano stati puniti molto severamente». Non era la prima volta. Tutta la storia dei cinque mesi di prigionia è stata segnata da «violenze fisiche molto dure».

Pierre Piccinin è rientrato a Bruxelles alle 5 e 40 del mattino e ad accoglierlo ha trovato il premier Elio Di Rupo, che ha avuto parole di grande elogio per il lavoro delle autorità italiane e la Farnesina.

«Ci siamo incontrati a un convegno a Torino, con Domenico», racconta Pierre: «E’ un giornalista straordinario, un grande conoscitore delle primavere arabe e degli intrecci mediorientali. Insieme abbiamo fatto otto viaggi in Siria, nel corso dei quali abbiamo visto cambiare la rivoluzione. All’inizio era un movimento democratico. Poi lo spirito positivo è evaporato, e tutto si è ridotto al tentativo di trarre il meglio per sé da queste drammatiche circostanze».

Piccinin ammette anche la trasformazione che si è avuta è andata in una direzione di estremismo islamico che non ha più nulla della Primavera araba a cui si era assistito anni fa: «In assenza del sostegno dell’occidente – confessa – i movimenti rivoluzionari sono stati gradualmente sostituti da cellule fondamentaliste islamiche, nelle quali sono confluiti anche gruppi marginali, delle bande di criminali. Tutto è degenerato, gli ideali sono caduti. Non volevano fare la rivoluzione, ma razziare le popolazione e trarne vantaggio».

Ai primi di aprile li hanno fermati le truppe dell’esercito ribelle, rivela il professore belga. Li hanno tenuti prigionieri «nella totale segretezza» per due mesi. Non hanno loro permesso di comunicare con le famiglie “che ci credevano morti”. «Quando l’assedio è diventato troppo duro, hanno tentato una sortita e son riusciti ad attraversare le linee governative, ci hanno portato con loro. Gli ultimi giorni sono stati terribili, eravamo chiusi in una cantina piena di scarafaggi». Era la notte fra il 4 e il 5 giugno. «E’ cominciata una lunga e terribile odissea attraverso il paese, con marce forzate di giorno e di notte. A qual punto siamo passati nelle mani di un gruppo che lavora per Al Faruk, eravamo nel nord del governatorato di Damasco. Da allora ci hanno trasferito continuamente per tutto il paese. Alla fine eravamo in una località vicino alla frontiera turca, a Bal al-Awa, senza esserne consapevoli. Quindi siamo riandati verso Est».

«All’inizio, per ingannare il tempo e vincere la tensione, abbiamo inventato un piccolo gioco. Pensavamo a dei personaggi storici, immaginavamo cosa avrebbero detto e fatto in quelle stesse circostanze in cui ci trovavamo. Poi le cose sono peggiorate, man mano che ci spostavano in lungo e in largo per la Siria crescevano i momenti di incertezza e scoramento. Ci dicevamo: “resisti, farlo per la famiglia, per chi ci vuole bene, ci aspettano”. E alla fine ci siamo riusciti».

Come si comportavano, con voi? «In certi casi sono stati corretti. Poi le cose sono peggiorate. Ci trattavano come occidentali, cristiani, con grande disprezzo. Certi giorni non ci hanno dato nemmeno da mangiare». Così la liberazione è stata a lungo una chimera. «Sino all’ultimo non siamo stati sicuri, ci dicevano “fra due giorni sarete liberi”, “fra una settimana sarete liberi”, ma non succedeva. Era un gioco crudele». Finito solo ieri, dopo cinque mesi esatti.

E ora? «Fisicamente sto bene, nonostante le torture. psicologicamente anche, eravamo due, ci siamo sostenuti a vicenda. Adesso tornerò a insegnare e a occuparmi di Medio Oriente – risponde Piccinin -, prima però voglio stare vicino ai miei genitori. Sono anziani e hanno molto sofferto. Il mio posto è con loro, adesso. Poi la vita tornerà al suo corso naturale. Per della gente come noi, in realtà, non credo ci sia alternativa».

QUIRICO LIBERO! Tweet del direttore de La Stampa

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Sarebbe libero il giornalista Domenica Quirico rapito in Siria il 9 Aprile scorso.  Il 6 giugno fu diffusa la notizia che il reporter era ancora vivo. Il ministro degli Esteri, Emma Bonino, ha avuto un colloquio telefonico con il direttore del quotidiano torinese, Mario Calabresi. Quirico è ora in volo verso l’Italia. Domenico Quirico, 62 anni, è da molto tempo in prima linea nei paesi del Nord Africa e della Primavera araba, di cui è un grosso conoscitore e a cui nel 2011 ha dedicato un libro dal titolo “Primavera araba”.

“Abbiamo avuto la magnifica notizia da Emma Bonino ed Enrico Letta. Sappiamo che hanno già contattato la famiglia. E’ una notizia magnifica”. Così il direttore de La Stampa, Mario Calabresi, ha commentato la notizia della liberazione del giornalista Domenico Quirico.

La notizia si è appresa tramite un tweet inviato dal Direttore de La Stampa che ne annunciava la liberazione.

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Sono seguite poi le dichiarazioni di rito. Il premier Letta ha sottolineato come “La speranza non era mai venuta meno e vengono, ora coronati dal successo tutti gli sforzi”.

Anche Giorgio Napolitano ha espresso “vivissimo apprezzamento per l’impegno dispiegato dal ministro Emma Bonino, dal ministero degli Esteri e dai Servizi per il successo”.

Marinai tedeschi: uccisero un pescatore in India, ora sono liberi. E i nostri marò?

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I due marinai tedeschi arrestati il 17 febbraio,  dopo che la loro nave cargo era entrata in collisione con un peschereccio al largo di Chennai, nell’India sud orientale, provocando la morte di un pescatore, hanno riavuto i loro passaporti e sono liberi di lasciare il Paese. Lo ha riferito oggi il loro avvocato, Anita Thomas, dopo che lo scorso 23 luglio il tribunale di Chennai aveva prosciolto i due marinai per insufficienza di prove. E i nostri marò? In tempi brevi risolveremo la questione… c’è solo chi è stato più veloce di noi!

 

Quando finirà l’India di schernire l’Italia sulla pelle dei marò?

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Secondo l’India, il rifiuto dell’Italia di inviare gli altri quattro fucilieri di Marina che formavano il team di sicurezza sulla Enrica Lexie insieme a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone “rischia di far ritardare la chiusura delle indagini” sull’incidente del 15 febbraio 2012 al largo del Kerala in cui morirono due pescatori indiani. Si allungano quindi i tempi di un possibile rientro in patria dei nostri marò. Nella notizia si ricorda anche che, in alternativa, le autorità italiane hanno offerto altre ipotesi, come un viaggio della Nia a Roma, una videoconferenza o domande e risposte scritte: proposte respinte dagli investigatori indiani secondo i quali “l’Italia è impegnata a cooperare con l’India avendo assunto al riguardo un impegno ufficiale di fronte alla magistratura”. L’agenzia aggiunge che ora, di fronte a questo nuovo scenario, “il ministero dell’Interno ha consultato quello della Giustizia sul modo migliore per far proseguire l’azione giudiziaria”. In ogni caso, conclude, “il rifiuto dei testimoni italiani (Renato Voglino, Massimo Andronico, Antonio Fontana e Alessandro Conte) di venire in India è destinato a ritardare il processo nei confronti dei due marò che risiedono nell’ambasciata d’Italia a New Delhi”. Secondo il Deccan Herald la Nia, che ha già esaurito i 60 giorni a disposizione per l’inchiesta, “può sempre chiuderla senza interrogare i quattro testimoni, anche se essi sono considerati chiave nella ricostruzione della vicenda”.

E’ questa l’Italia sulla scena internazionale che vogliamo vedere? Il nostro paese succube di fronte all’India che continua di giorno in giorno a rinviare la chiusura delle indagini nel silenzio più assoluto e assordante delle altre nazioni e dell’Europa? Dopo un anno e mezzo gli indiani devono ancora finire le indagini? La Bonino aveva affermato che ci sarebbe stata una rapida ed equa risoluzione della vicenda sui marò, ma invece le acque sembrano torbide e i tempi lunghi… per Natale il ministro degli esteri aveva promesso che i marò sarebbero tornati in Italia, vedremo!

El Baradei si dimette, l’Egitto in bilico.

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L’Egitto è in bilico e un punto focale del governo, come il vicepresidente El Baradei si dimette e di fatto rompe una maglia all’interno di un governo che si delegittima. Intanto nel Paese sembra essere iniziata la guerra civile. I sostenitori di Morsi hanno attaccato una stazione di polizia al Cairo, uccidendo a colpi d’arma da fuoco almeno quattro agenti: è quanto afferma la tv di stato egiziana.  Il governo egiziano ha dichiarato lo stato di emergenza per almeno un mese a partire da oggi pomeriggio. Lo rende noto la televisione di Stato citando un comunicato della presidenza egiziana. La leadership egiziana ha quindi dato mandato all’esercito di prendere tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza nel Paese. Gli Stati Uniti si oppongono in modo fermo alla dichiarazione dello stato d’emergenza stabilita dai militari in Egitto. Lo rende noto la Casa Bianca. Assalti anche nel resto del Paese, secondo alcune fonti sarebbe in corso un attacco alla Biblioteca d’Alessandria.

Guerra civile in Egitto? Coprifuoco dalle 19.00 alle 6.00

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L’Egitto a un passo dalla guerra civile e scatta il coprifuoco, misura straordinaria adottata dal Consiglio dei Ministri, in tutto il Paese a partire dalle 19.00 di oggi alle 6.00 del mattino di domani 15 agosto. Il comunicato è stato dato attraverso la tv Stato e il sito di Al-Ahram. Nel frattempo arriva anche una nuova stima delle vittime, al momento sembrerebbero essere 120 persone.

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Bagno di sangue al Cairo: ucciso anche un cameraman di SkyNews.

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Un vero e proprio bagno di sangue in Egitto e nella convulsa evoluzione degli eventi è rimasto ucciso anche Mick Deane, un cameraman di Skynews. Lo ha riferito l’emittente precisando che il resto della troupe è incolume. Secondo la Fratellanza ci sarebbero state almeno 600 vittime, secondo le fonti ospedaliere si parla di 40 cadaveri.

 Ma chi sono i Fratelli Musulmani che sono stati uccisi?

“Dio è il nostro obiettivo. Il Profeta è il nostro capo. Il Corano è la nostra legge. Il jihad è la nostra via. Morire nella via di Dio è la nostra suprema speranza”. 

Sono l’ala più estremista, fedele all’ex Presidente Morsi, nata per volontà di un insegnante egiziano operante a Ismailia, sulle rive del Canale di Suez che voleva arginare il fenomeno dell’occidentalizzazione della società islamica.

E’ notizia degli ultimi minuti che sarebbe morta anche la figlia e il genero del numero due dei Fratelli musulmani,  Khairat al-Shater. La notizia è stata riportata dall’emittente televisiva al Arabiya. Si aspettano conferme.

“Sono profondamente addolorata per quanto sta avvenendo in Egitto e per la perdita di vite umane”.Così il ministro degli Esteri Bonino.”Avevo espresso l’auspicio che i sit in si svuotassero grazie al raggiungimento di un accordo tra le parti e non con l’intervento della polizia che non aiuta la ricerca di una soluzione alla crisi”.”Mi rivolgo a tutte le forze in campo -ha aggiunto- affinché facciano tutto quanto in loro potere per fermare immediatamente la violenza ed evitare un bagno di sangue”.

ALLARME BOMBA A MILANO. Panico al consolato Usa meneghino!

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Oggi alle 17.30 è scattato l’allarme bomba al consolato generale degli Usa in Via Principe Amedeo, a Milano, zona Turati. A far scattare il panico sarebbe stato un bagaglio sospetto. Secondo altre fonti invece al consolato sarebbe arrivata una lettera in cui si faceva riferimento ad un ordigno. Al  momento è stata sospesa la circolazione della metropolitana e son state chiuse le strade adiacenti all’edificio. Sul posto sono a lavoro polizia e artificieri.

Da sabato Washington ha diramato un’allerta terrorismo globale ed ha chiuso fino a sabato 10 agosto una ventina fra ambasciate e consolati in paesi musulmani. Anche il ministro degli Esteri Emma Bonino ritiene che «le minacce di una ripresa terroristica sono minacce consistenti».

Evacuata sede  anche la sede di Radio Montecarlo che si trova nello stesso stabile.

Aggiornamento 6 agosto 2013, ore 18.22: Dopo i controlli della polizia e degli artificieri l’allarme è rientrato.

Il ministro degli Esteri indiano sui due marò

marò-tuttacronacaDopo le affermazioni di questa mattina di Emma Bonino, il ministro degli Esteri indiano, Salman Khurshid, ha dichiarato all’ANSA: “Sono contento che da parte italiana ci sia una migliore comprensione e spero che tutti questi nostri sforzi portino a una decisione veloce” da parte del tribunale ad hoc incaricato di giudicare i due marò.

Emma Bonino fiduciosa: marò a casa entro Natale?

bonino-marò-tuttacronacaIl ministro degli Esteri Emma Bonino si è detta “molto fiduciosa” per quello che riguarda la vicenda dei due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, alla quale “stiamo lavorando”. La nuova svolta potrebbe riportarli in Italia entro Natale. La Bonino ha spiegato: “Ho potuto riscontrare da parte delle autorità politiche indiane grande desiderio di chiudere in modo rapido ed equo per tutti questa vicenda. Non demorderemo”. Ha quindi aggiunto che l’inviato speciale del governo, Staffan De Mistura, “è appena rientrato ma tornerà” in India “ancora prima delle vacanze”. Ha quindi concluso: “Credo che la costanza ci premierà e soprattutto riporterà a casa i marò con le loro famiglie”. Anche il ministro della difesa Mario Mauro è entrato nel merito: “Sono arrivate indicazioni confortanti. Per il nostro governo il caso è una priorità e non avremo assolto al nostro compito se non risolvendolo. Serve estrema attenzione e discrezione”.

Il Datagate per la Bonino è ironico?

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Siamo passati da una questione “spinosa” all’ironia. Questa sembrerebbe essere l’evoluzione del Datagate per il ministro degli Esteri. Al Corriere della Sera, Emma Bonino afferma:   ”aspettiamo risposte” ma ”siamo fiduciosi”: ”tra Stati Uniti, Italia, Europa c’è spirito di collaborazione e amicizia” e poi aggiunge  ”Certo spiarsi tra alleati non è carino: ma basta leggere qualsiasi spy story per capire che se ne sono sempre viste di tutti i colori”.

Quindi abbiamo già assolto gli Usa? E’ un film quello che ci viene proposto o un bel romanzo di spionaggio o abbiamo di fronte uno scandalo di proporzioni globali, in cui un alleato politico ed economico, controlla 4 milioni di telefonate?

Ma in fondo c’è l’ironia secondo il nostro ministro che dà anche un po’ di giusto humor alla vicenda:

”Questa vicenda ha i suoi aspetti ironici.  Vedere la Russia, così ‘attenta’ nel controllare capillarmente i propri cittadini, trasformarsi in paladina della libertà, fa sorridere. L’importante è che gli Usa forniscano tutte le spiegazioni per evitare il blocco delle trattative sull’area di libero scambio tra le due sponde”. Il ministro parla delle aree piu’ ‘calde’ del Mediterraneo, a cominciare dall’Egitto, dove a suo avviso ”pesano le riforme non fatte e il rinvio delle elezioni politiche che avrebbero potuto stemperare la tensione”.

Per fortuna che abbiamo Emma Bonino che ci insegna a vedere il lato positivo della vicenda, altrimenti avremmo pensato di stare in un macabro Grande Fratello, che controlla le ambasciate e che è in grado di avere notizie riservate che potrebbero anche cambiare la vita politica ed economica di un paese con un solo click di mouse. Ma se invece è solo un bel romanzo di spionaggio mettiamoci tranquilli e diamo asilo a Snowden così l’Italia può diventare una delle protagoniste del bestseller?

 

Scoppia la “bomba atomica” tra Eu e Usa sul Datagate… Nuovi equilibri mondiali?

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E’ tsunami sul Datagate tra un Europa che non è più disposta a “lasciar correre” e gli Usa che, difficilmente, cercano di ammorbidire i toni. L’Unione Europea vuole risposte ufficiali e in tempi rapidi e lo fa sapere per bocca di Raimundas Karoblis, il rappresentante permanente della Lituania, nuova presidenza della Ue che ha iniziato proprio oggi il suo semestre. Il fatto è gravissimo, ma se a compierlo sono stati gli  “amici americani” è davvero una bomba atomica che potrebbe cambiare gli equilibri mondiali.

Ma se in Europa si è mosso il nuovo presidente, in Italia è il ministro degli Esteri Emma Bonino, che vuole chiarimenti. Infatti tra le ambasciate finite sotto la lente della National Security Agency figura anche l’ambasciata italiana a Washington e la Bonino si è limitata a definire una vicenda  “molto spinosa” in attesa di una dichiarazione ufficiale da parte del governo americano.

Questa mattina sul tema è intervenuto da Zagabria anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Quella dei problemi nel rapporto tra le istituzioni Ue e l’amministrazione Usa sul cosiddetto Datagate – ha detto Napolitano – “è una questione spinosa che dovrà trovare delle risposte soddisfacenti”. Per il ministro della Difesa Mario Mauro, si tratta di uno scenario “tutto da verificare” ma che, se confermato, “potrebbe compromettere i rapporti tra Italia e Usa”.

Ma se l’Italia ancora si muove con prudenza anche se con determinazione a fare la parte del leone in Europa sulla questione del Datagate è la Francia. Il presidente francese Francois Hollande ha appena lanciato un diktat dopo le ultime rivelazioni: “non ci possono essere negoziati o transazioni” con gli Stati Uniti, se non si ottengono “garanzie” sullo stop allo spionaggio dell’Unione Europea e della Francia da parte degli Stati Uniti. “Ciò vale per la Francia, ma anche per tutta l’Ue e per tutti i partner degli Stati Uniti”, ha precisato il leader francese a margine di un incontro a Lorient, nell’ovest della Francia.

A luglio era in programma, infatti,  un negoziato tra Usa e Ue sulla creazione di una zona di libero scambio commerciale tra Stati Uniti ed Europa ora sembra tramontare l’ipotesi.

Domenico Quirico, Bonino è ottimista

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Quirico è vivo e questa è la buona notizia che oggi ha ribadito il ministro degli Esteri, Emma Bonino parlando ai microfoni di Radio24.

“Abbiamo informato la famiglia – ha detto la titolare della Farnesina -. Continuano intanto tutte le ricerche con i canali diplomatici ufficiali, i servizi e i contatti con i vari gruppi attivi nel Paese”.

La Bonino smentisce sul bimbo killer “solo propaganda talebana!”

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Pugni tesi tra Italia e Afghanistan dopo l’attentato in cui è caduto Giuseppe La Rosa. Secondo il  ministro degli Esteri, Emma Bonino, non sarebbe vera la notizia del bambino di appena 11 anni che avrebbe ucciso nel sud dell’Afghanistan. La notizia sarebbe stata diffusa solo per “propaganda talebana” . Inoltre sottolinea la titolare della Farnesina: “Dai contatti del ministro della Difesa Mauro emerge che l’attentato sia stato realizzato da un adulto”.

 

Quirico… Emma Bonino lo ha sentito?

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Emma Bonino, ministro degli esteri ha comunicato di essere riuscita ad avere un contatto sia pure brevissimo con Quirico il giornalista sparito in Siria ormai da parecchie settimane. La notizia è confermata dal direttore della Stampa che afferma che il giornalista è vivo e ha parlato con la moglie. Quirico sarebbe nella zona appena tornata nelle mani di Assad, si suppone, quindi, che era stato preso dai ribelli, anche se in questo momento le indicazioni in possesso dei media sono ancora da verificare. L’unica certezza è che il giornalista ha avuto un contatto con la famiglia e con il Ministro degli Esteri.

L’appello delle figlie di Quirico, il giornalista sparito in Siria.

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Sono le figlie del giornalista sparito in Siria da più di 50 giorni a fare un appello diffuso da “La Stampa” il quotidiano in cui il padre lavora. Le ragazze chiedono informazioni e si augurano di riabbracciare in tempi brevi il genitore. Intanto Emma Bonino, ministro degli Esteri, ribadisce che non ci sono novità sul caso Quirico e che la ricerca continua.

“Siamo le figlie di Domenico Quirico, il giornalista de La Stampa scomparso in Siria da 50 giorni. Nostro padre è nel vostro Paese per raccontare all’Italia il dramma della Siria e del popolo siriano” così le ragazze si presentano nel video-appello e aggiungono: “Chiediamo a chiunque abbia sue informazioni di rivolgersi alle autorità italiane. Ciao papà, con mamma ti aspettiamo presto”.

“Non ci sono segnali positivi su Quirico”, così la Bonino

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«Il fatto che non ci sia stata nessuna reazione alla notizia» resa pubblica della scomparsa in Siria dell’inviato della Stampa, Domenico Quirico, «non mi sembra un elemento molto positivo. Non è certo un segnale positivo». Lo ha detto il ministro degli Esteri Emma Bonino a Londra.

Il ministro Bonino, nel corso di un punto stampa con i giornalisti italiani a margine della conferenza sulla Somalia di Londra, ha tuttavia assicurato che il caso Quirico continua a essere seguito «con grandissima attenzione dall’unità di crisi della Farnesina».

Emma Bonino… dirige gli applausi!

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Mentre il neo premier Enrico Letta teneva il suo discorso d’insediamento alle Camere, Emma Bonino, seduta al suo fianco in quanto nominata ministro degli Esteri, “dirigeva gli applausi” o, per meglio dire, indicava ai nuovi colleghi come comportarsi. Nel biglietto, che prima è passato tra le mani di Angelino Alfano per poi continuare a scorre tra le mani dei vari ministri, la Bonino aveva vergato: “Posto che siamo tutti ‘Enrico’, non ci si applaude. Secondo me”. Messaggio ricevuto, considerato che tutti hanno “obbedito” evitando di applaudire insieme all’emiciclo.

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Gustavo Zagrebelsky visto da Travaglio.

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Gustavo Zagrebelsky: se la rete è fatta apposta per trovare difetti e controindicazioni, io al momento non ne ho trovate, nel senso che non è mai stato parlamentare, non è mai stato iscritto a nessun partito, è un grande giurista, è il più grande giurista che abbiamo, è stato Presidente della Corte Costituzionale, Giudice Costituzionale e è l’unica carica pubblica ma naturalmente non di parte, che ha ricoperto e insegna, scrive, pensa e dice cose secondo me che gli fanno onore per la sua indipendenza, è uno dei pochissimi costituzionalisti che l’estate scorsa ha usato criticare Napolitano per l’incredibile aggressione scatenata contro la Procura di Palermo con il conflitto di attribuzioni per le telefonate captate sul telefono di Mancino. Personalmente penso che noi dopo anni in cui i Presidenti della Repubblica, chi più e chi meno sgomitano e si allargano e espandono il loro potere fino addirittura a credersi come Napolitano il Re Sole, inascoltabile, ineffabile, incriticabile, abbiamo bisogno di un ritorno alla Costituzione. Costituzione che non è un totem che può essere modificata, aggiornata, essendo ovviamente frutto di un’epoca ormai passata, ma che comunque nelle sue parti principali e cioè in quel meraviglioso equilibrio tra i poteri, deve essere rispettata, soprattutto e uno che l’ha letta, l’ha studiata, l’ha spiegata così bene, l’ha interpretata così bene al punto di contestarne una sostanziale violazione al Capo dello Stato, di fronte a cui tutti i costituzionalisti e giornalisti e i politici si sono inchinati per 7 anni, sia un nome veramente meritevole e adesso ho finito di sognare a occhi aperti, però sognare non costa niente, passate parola!

Emma Bonino vista da Travaglio

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Emma Bonino:  mi appassiona molto come caso mediatico perché ha un’immagine mediatica e quindi nell’opinione pubblica, che è molto diversa dalla realtà della sua biografia. Stiamo parlando sempre di politica, non di questioni penali o cosa, perché scandali, a parte alcuni schizzi che le vennero in quanto partecipo da Commissario europeo alla Commissione Santer che dovette dimettersi per uno scandalo di abuso di soldi, c’è anche un rapporto che gira in rete, ma a parte quello scandalo che la coinvolse in quanto membro di una Commissione che poi si dimise, per il resto in Italia sappiamo benissimo che i Radicali possono essere accusati di tutto, tranne che di avere rubato, come peraltro anche esponenti di altri partiti che non hanno rubato, abbiamo citato prima Prodi. Però la percezione che si ha della Bonino è veramente un caso mediatico che la dice lunga su come la memoria è corta e su come si può addirittura sostenere tutto il contrario di tutto, conosco molte persone che adorano Gino Strada e adorano la Bonino e non si può politicamente, almeno, adorare Gino Strada e adorare la Bonino, perché? Perché sono proprio l’antitesi politica l’uno con l’altra. Gino Strada è stato contro le guerre nell’ex -Jugoslavia, in Afghanistan e in Iraq, la Bonino è stata favorevole a tutte e tre le guerre anche se prima della Guerra in Iraq, aveva proposto un percorso per le dimissioni di Saddam Hussein, non so quanto praticabile, ma in ogni caso aveva provato a fare qualcosa per evitarla, ma poi quando sono partiti i bombardamenti si stava di qua o di là e lei stava dalla parte di chi bombardava e disse anche delle cose molto spiacevoli su Gino Strada, le ho riportate su Il Fatto proprio perché è importante ricordare, che le si condivida o no, l’importante è saperle, è per questo che facciamo questo Passaparola perché i candidati al Quirinale devono essere proprio delle pagine aperte, delle case di vetro. Disse nel 2007 durante il sequestro Mastrogiacomo, quando Gino Strada si interpose come mediatore tra i rapitori che erano dei talebani di questo giornalista di Repubblica in Afghanistan, la Bonino, anche con una certa imprudenza perché non si sputtana un mediatore di un sequestro, lo si mette anche a rischio, ebbene lei disse che Gino Strada trescava con i talebani “con il suo atteggiamento ambiguo tra l’umanitario e il politico che si può prestare a qualunque illazione perché scientemente o inconsciamente che sarebbe ancora peggio, finisce per giocare un ruolo che è sempre un ruolo ambiguo tra torturati e torturatori, quando uno si mette a praticare una linea così ambigua, così poco limpida, si presta a qualunque gioco altrui, nell’illusione di tirare lui le fila, finisce che il burattinaio non è lui”. Il problema è che Gino Strada è un medico, è un medico che soccorre corpi squartati dalle bombe senza distinguere chi li ha squartati e di quale nazionalità sono le bombe, a parte che di solito sono di nazionalità occidentale sia che le tirino gli angloamericani italiani, sia che le tirino i talebani, ma queste parole sono piuttosto pesanti, soprattutto perché si accusa una persona, condivisibile o meno, pacifista totale come Gino Strada, di fare il doppio gioco con i torturatori e soprattutto perché la Bonino, quando poi le torture, si è scoperto che le facevano gli angloamericani nel carcere di Abu Ghraib o gli americani che trattano, come sappiamo, prigionieri privi di un’accusa formalizzata a Guantanámo non risulta avere mai protestato vibratamente.
Per questo e anche per altri motivi ho ritenuto di dover elencare un po’ di ragioni per le quali, discutiamone prima di idolatrare la Bonino. Intanto abbiamo detto 8 volte in Parlamento, dipingerla proprio come un’estranea alla casta, mi sembra eccessiva, 3 volte parlamentare europea, candidata nel 1994 con Forza Italia, Forza Italia è stata fondata da Dell’Utri, da Previti, da Berlusconi lo sapevamo anche nel 1994, Montanelli se ne andò da Il Giornale nel 1994 perché disse che Berlusconi era in conflitto di interessi e una liberale come la Bonino perché non se ne è accorta? E è tornata in Parlamento dove già c’era da diversi anni, addirittura con Forza Italia? Perché ha impiegato 12 anni per accorgersi di chi era Berlusconi? Fino proprio a quando non è stata scaricata definitivamente ha provato fino all’ultimo, fino al 2005 a riallacciare i rapporti con Berlusconi che peraltro l’aveva mandata in Europa di sua nomina, insieme a Mario Monti come commissario europeo.
Che riflessi lenti verrebbe da dire, se ancora nel 2005 diceva: “Con Berlusconi abbiamo iniziato un lavoro molto serio, apprezziamo ciò che sta facendo come Premier, ma la posizione dei suoi alleati è nota” cioè la colpa del mancato accordo con Berlusconi era quello degli alleati, di Casini che non la voleva per ragioni vaticane, per uno dei suoi pochi meriti, ma come si fa a dire: “Apprezziamo ciò che sta facendo come Premier, abbiamo iniziato un lavoro molto, molto serio”, con Berlusconi nel 2005? Dopo il Decreto Biondi, dopo la legge sulle erogatorie, la legge sul falso in bilancio, la legge Cirielli, la legge Cirami, il lodo Schifani, la legge Frattini sul conflitto di interesse, la legge Gasparri, la legge Castelli sull’ordinamento giudiziario, un lavoro molto serio? Apprezziamo il lavoro che sta facendo? Ma cosa ci voleva per accorgersi di cosa stava facendo il Cavaliere? Possibile? Mai una parola sul conflitto di interessi e delle leggi vergogna? Poi dal 2006 con il centro-sinistra allora ha scoperto il babao, è un po’ tardi, l’editto Bulgaro è del 2002! Poi ci sono delle posizioni politiche legittime, ma assolutamente pericolose, secondo me, quando la Bonino è contro l’indipendenza della Magistratura, è contro l’obbligatorietà dell’azione penale, perché è contro l’indipendenza della Magistratura? Proprio perché combatte l’obbligatorietà dell’azione penale, combatte l’unitarietà delle carriere dei magistrati che vuole separare e quindi inevitabilmente fa scivolare la Magistratura sotto l’orbita del potere politico e del resto era il programma di Craxi con il quale Pannella e la Bonino fecero il referendum contro i magistrati nel 1987. Ancora recentemente ha chiesto una norma per punire i magistrati dei loro errori, anche in sede disciplinare, anche quando l’errore non è un errore, ma è semplicemente che tu hai preso una decisione e che il giudice successivo ha ribaltato perché si è fatto un’altra convinzione rispetto alla tua. Il magistrato deve pagare di tasca sua, ma questa è una responsabilità civile dei magistrati che non esiste in nessuna democrazia, perché nessun magistrato farebbe più nessuna inchiesta o nessuna sentenza di condanna contro un potente in quanto ovviamente quel potente poi lo potrebbe rovinare, lo potrebbe mettere sul lastrico, è una cosa semplicemente assurda!
Poi c’è il voto contrario all’arresto di Cosentino con la motivazione, disse la Bonino che stava in Senato mentre il voto dei radicali era venuto alla Camera,”immunità noi siamo contro, ma l’immunità c’è”, no, se sei contro non la devi praticare l’immunità parlamentare! Ci sono vari punti politici, per esempio la battaglia contro il finanziamento pubblico ai partiti, però non contro il finanziamento pubblico a Radio Radicale, allora non va bene, perché Radio Radicale che ha dei meriti storici indiscutibili, però purtroppo è un organo di partito e quindi se sei contro i soldi pubblici ai partiti, dovresti essere contro i soldi pubblici a Radio Radicale. E poi c’è il giudizio su Mani Pulite e su Craxi che purtroppo è decisivo, quando la Bonino dice che Craxi ha commesso degli errori, no Craxi ha commesso dei delitti, rubava, poi dice che bisogna rivisitare Mani Pulite perché indubbiamente nel 1992 si è cercato di risolvere alcuni problemi politici per via giudiziaria, le tangenti sono problemi politici, le tangenti sono delitti che vanno risolti ovviamente per via giudiziaria perché sono dei reati, poi disse che l’inchiesta era orientata a sinistra perché si era salvato un solo partito, balla colossale perché a Milano l’allora Pds fu raso al suolo!
Per quelli che poi si interessano ai temi della terra non dimentichino che la Bonino ha fatto campagna a favore degli Ogm, leggi bianche senza l’etichettatura da commissario europeo e soprattutto si battè, questa è un’altra cosa incredibile, contro gli aiuti alle popolazioni bisognose dell’Afghanistan per non favorire i talebani e addirittura contro la sospensione dei bombardamenti per far passare il corridoio umanitario degli aiuti, sempre per non favorire i talebani, il problema è che gli aiuti erano destinati ai profughi, alle vittime civili della guerra che non c’entravano assolutamente niente! Per quelli che poi amano occuparsi del gruppo Bilderberg, sappiano che la Bonino ha partecipato, invitata a una riunione del Gruppo Bilderberg, il che non vuole dire naturalmente nulla, per l’amor del cielo, riguarda però il fatto che la Signora fa parte di una certa cerchia di uomini piuttosto addentro all’establishment , chi non è un po’ addentro all’estabilishment al gruppo Bilderberg non ce lo fanno entrare neanche di straforo, neanche per fare le pulizie!

Ferdinando Imposimato visto da Travaglio

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Ferdinando Imposimato:  è sicuramente molto simpatico, è un napoletano, anche lui un po’ anzianotto, credo abbia 77 anni, è stato 3 volte parlamentare, se non erro, anche lui nella sinistra, nell’ex PCI e poi ebbe una parentesi che io francamente non ho capito e che denota secondo me un po’ di confusione mentale, quando si candidò con i socialisti, con lo Sdi quindi i socialisti post-craxiani ma erano ancora molto craxiani e ricordo che in quella campagna al fianco di Enrico Manca, del figlio di Craxi, di Boselli si abbandonò a alcuni apprezzamenti davvero spiacevoli nei confronti del pool di Mani Pulite, di Borrelli, di Di Pietro, così magari per gasare un po’ la platea revanscista che ancora considerava Craxi una vittima dei giudici cattivi. Per un magistrato come lui che aveva fatto indagini importanti a Roma sul terrorismo, sulla Banda della Magliana etc., fu una cosa che non gli fece onore.

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