
Il Presidente Obama conferma la fiducia e la piena collaborazione a Israele in un connubio perfetto che sembra riallineare la politica estera degli Usa a quella di una lunga tradizione di alleanza tra i due Paesi a danno della Palestina. “Gli Usa sono orgogliosi di essere a fianco di Israele in qualita’ di suo più forte alleato e più grande amico”
Isarele “è la patria storica del popolo ebraico – ha detto Obama – . Già 3mila anni fa” il popolo ebraico viveva qui. La nascita dello stato d’Israele, 65 anni anni fa, rappresenta “una rinascita e una redenzione senza precedenti nella storia”, ha aggiunto. “Restiamo al fianco di Israele, perché è un nostro interesse di sicurezza”. Il primo ministro israeliano Netanyahu ha ringraziato il presidente Usa per difendere “il diritto di israele all’esistenza”.
Fra gli obiettivi non dichiarati della visita, scrivono i media statunitensi, c’è è anche quello di “conquistare il cuore degli israeliani” e superare le tensioni che ci sono state in questi anni con il premier Benjamin Netanyahu su insediamenti, Siria e Iran.
Obama renderà omaggio alla tomba di Theodor Herzl, il padre del sionismo, vissuto nella seconda metà dell’ottocento; visiterà il santuario del libro, una sala del museo nazionale di Israele, a Gerusalemme, in cui sono esposti i rotoli del Mar Morto, manoscritti di grande significato storico e religioso. Domani parlerà agli studenti israeliani riuniti al Jerusalem International Convention Center, che è stato preferito alla Knesset, il Parlamento israeliano, per il suo discorso principale. Sarà questo il fulcro della visita, un discorso durante il quale ci si attende che il presidente rinnovi le rassicurazioni che gli Usa stanno al fianco di Israele, mentre lo Stato ebraico si trova ad affrontare le minacce iraniane e la necessità di tutelarsi dalla guerra civile in corso nella vicina Siria.
Farà poi tappa alla Chiesa della natività. In Cisgiordania, Obama visiterà il quartier generale della Anp e incontrerà il presidente palestinese Mahmoud Abbas, al quale assicurerà che uno Stato indipendente di Palestina rimane una priorità della politica estera statunitense. Nonostante Obama non arrivi con alcun nuovo piano per dare una svolta ai colloqui di pace in stallo, ha in programma di chiarire che la sua amministrazione intende mantenere gli sforzi per rilanciare i negoziati.
In Giordania, ultima tappa del viaggio, Obama si fermerà per 24 ore e il focus sarà decisamente sulla guerra in Siria. Sono oltre 450mila i siriani fuggiti in Giordania, dove sono ospitati in campi rifugiati e assistiti da diverse organizzazioni umanitarie. Nei colloqui con re Abdullah di Giordania, Obama proverà a sostenere i tentativi di un’apertura liberale nel Paese per evitare anche che si sviluppino movimenti simili a quelli della Primavera araba che in altri Paesi della regione hanno fatto cadere diversi leader.
Mi piace:
Mi piace Caricamento...