Lo scorso ottobre, a Treviso, veniva alla luce una drammatica realtà familiare: un padre costringeva il figlio 14enne, promessa del nuoto, ad allenamenti continui e all’assunzione di integratori proteici, creatina e aminoacidi ramificati solo per eccellere nella sua disciplina. L’amore del genitore, infatti, era strettamente legato ai risultati agonistici. All’epoca furono i familiari e gli amici del giovane a lanciare l’allarme, notando che qualcosa non andava nella vita del giovane. Subito era scattate le indagini e ora sono arrivate le sentenze: il giudice di Treviso ha tolto la patria potestà a entrabi i genitori, con la madre che non è stata ritenuta idonea all’educazione, ma non solo. Nel frattempo la donna ha infatti trascinato in tribunale il marito per maltrattamenti in famiglia: l’uomo ha patteggiato due anni di reclusione con la sospensione della pena. Il ragazzino, che da tempo accusava malesseri fisici e disturbi psicologici, è stato ora affidato ai servizi sociali. All’epoca, anche Matteo Renzi si era interessato della vicenda dicendosi, in una sua newsletter, “colpito” dalla storia. “Ci penso e ci ripenso. E mi domando cosa possa scattare nella testa di un uomo per arrivare a una simile follia. Distruggere la libertà di un figlio per inseguire un proprio sogno – aveva scritto Renzi – è l’atto di egoismo più grande immaginabile”.

Frase amara, che però fa riflettere quella dell’ ex campione del ciclismo, Lance Armstrong, radiato per il sistematico ricorso al doping in carriera. L’ex ciclista statunitense ha affermato: «impossibile vincere il Tour de France senza doping». Così il 7 volte trionfatore del Tour i cui successi sono stati cancellati afferma senza mezze parole che «l doping non è sparito con me, io ho solo fatto parte del sistema. La decisione ragionata dell’Usada è riuscita perfettamente nell’intento di distruggere la vita di un uomo ma non ha portato nessun giovamento al ciclismo». E poi aggiunge: «Il mio nome è sparito dall’albo d’oro ma il Tour si è svolto tra il 1999 e il 2005, giusto? Ci deve essere un vincitore, quindi. Chi è? Nessuno è venuto a reclamare le mie maglie», prosegue. «Io non ho inventato il doping. Mi spiace, Travis», dice rivolgendosi a Travis Tygart, direttore dell’agenzia antidoping statunitense che ha inchiodato il texano.
Risentimento… ma forse anche qualche scomoda verità?