Mistero a Milano: furto a casa Borsellino

paolo-borsellino-tuttacronacaSalvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso nella strage di via D’Amelio e fondatore del movimento ‘Agende rosse’, ha rivelato di esser stato vittima di un misterioso furto all’interno della sua abitazione milanese. L’uomo, a Palermo, dove è in corso l’udienza del processo per la trattativa Stato-mafia, ha spiegato che tra il 29 dicembre e il 3 gennaio, un periodo nel quale non si trovava a casa, degli sconosciuti sono entati nell’appartamento di Arese, un comune alle porte di Milano, e hanno portato via la cassaforte. “Un fatto strano non certo opera di balordi. Sono stati lasciati oggetti di valore mentre hanno rovistato tra i documenti”. Borsellino ha segnalato anche un’altra circostanza sospetta: l’impianto di allarme, collegato telefonicamente alla caserma dei carabinieridi Arese, non è scattato. “Sto tornando a Milano per integrare la denuncia – ha aggiunto Borsellino – l’allarme ha sempre funzionato. Questa volta le chiamate automatiche ai carabinieri non sono partite. Si dovrà verificare se siano stati utilizzati strumenti che inibiscono gli impianti elettronici, e se, effettivamente, dietro ad un furto possa celarsi altro. Devo anche controllare se il computer è stato manomesso e se sono stati portati via anche documenti”.

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Gesù con barba e capelli lunghi? Inventato! Era disabile

Werner-Dahlheim-tuttacronacaLo storico Werner Dehlheim, di cui è appena uscito il nuovo libro “Il mondo ai tempi di Gesù”, ha rilasciato un’intervista al Tages Anzeiger durante la quale ha parlato di antichi documenti riguardanti il Dio cristiano. Lo storico ha affermato che i romani vedevano Gesù come un ribelle e ricordato che la prima immagine raffigurante il figlio di Dio sarebbe del 170 dopo Cristo. Non solo, per quel che riguarda l’iconografia cristiana, ha spiegato come non sia rintracciabile nessuna indicazione riguardante il fatto che Gesù avesse barba e capelli lunghi. Secondo la ricostruzione dello storico, attorno al II secolo d.C. iniziarono a girare le prime notizie che parlavano di un Gesù disabile. Il fatto avrebbe quindi alimentato la credenza che fosse sceso in terra per accompagnarsi ai più sfortunati. Infine, nel IV e nel V secolo, questa immagine venne modificata e sìiniziò a parlare di un giovane con capelli lunghi e barba. La figura di un Gesù in grado di compiere miracoli, invece, è rintracciabile già tra gli anni 70 e i 90, periodo a cui risalgono i Vangeli: il fatto non desta meraviglia, considerato che in quel periodo erano molti i predicatori itineranti. Dahlheim ha infine sottolineato come il libro non abbia cambiato la sua opinione personale su figlio di Dio: “Il libro è il risultato di 30 anni di studi e ricerca, quello che che mi ha sempre affascinato di Gesù è il fatto che questo predicatore sia passato alla storia come nessun altro nell’antichità”.

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Torna il libro nero? Rom schedati in Svezia

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Si chiama “itineranti” è un file e non un libro, ma la sostanza non cambia: sembrerebbe proprio, per alcuni versi, simile agli archivi della Gestapo. La Svezia usa la tecnologia e “scheda” i rom con nomi, indirizzi (quelli di cui orami si conosce la stanzialità), documenti di riconoscimento e gradi di parentela. E’ stato il giornale Dagens Nyheter (DN) a pubblicare la lista completa. La polizia svedese che fa? Prima nega, poi sottolinea che è uno strumento solo “informativo” poiché non sono stati adottati provvedimenti dopo la schedatura. Quindi secondo la polizia si tratterebbe solo di una sorta di registro anagrafico. Ma è stato il Premier svedese Frederik Reinfeldt,  a sottolineare invece che la procedura è illegale su tutto il territorio svedese. Anche se ormai si è fatta strada e dilaga l’idea che in Svezia, la schedatura su base etnica si una prassi consolidata per limitare i disordini. Della notizia si è occupata anche un’altra testata l’ Aftonbladet che, intervistando un agente in pensione che ha preferito rimanere anonimo, avrebbe scoperto che la schedatura sarebbe iniziata 8 anni fa quando la polizia si è occupata di una grande quantità di reati commessi e attribuiti alla comunità rom. L’agente si è dichiarato pentito di aver partecipato alla schedatura, ma secondo il suo parere, altre stazioni di polizia avrebbero fatto lo stesso.

Gino Bartali è stato dichiarato “Giusto tra le nazioni”

gino-bartali-giustotranazioni-tuttacronacaSul sito dell’organizzazione Yad Vashem, il sacrario della Memoria di Gerusalemme, si legge che Gino Bartali è stato dichiarato “Giusto tra le nazioni“. Al campione del ciclismo è stato riconosciuto l’impegno a favore degli ebrei perseguitati in Italia: tra il settembre ’43 e il giugno ’44, nascondendoli all’interno del tubo della sua bicicletta, aveva infatti trasportato documenti che servivano a falsificare i passaporti di cittadini italiani di origini ebraiche. Già nel 2005, cinque anni dopo la sua morte, era stato insignito della medaglia d’oro al merito civile dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi “per aver salvato la vita a circa 800 ebrei”.  Yad Vashem spiega che Bartali, “un cattolico devoto, nel corso dell’occupazione tedesca in Italia ha fatto parte di una rete di salvataggio i cui leader sono stati il rabbino di Firenze Nathan Cassuto e l’Arcivescovo della città cardinale Elia Angelo Dalla Costa”. Ancora si legge che “Questa rete ebraico-cristiana, messa in piedi a seguito dell’occupazione tedesca e all’avvio della deportazione degli ebrei, ha salvato centinaia di ebrei locali ed ebrei rifugiati dai territori prima sotto controllo italiano, principalmente in Francia e Yugoslavia”. In particolare, Bartali ha agito “come corriere della rete, nascondendo falsi documenti e carte nella sua bicicletta e trasportandoli attraverso le città, con la scusa che si stava allenando. Pur a conoscenza dei rischi che la sua vita correva per aiutare gli ebrei, Bartali ha trasferito falsi documenti a vari contatti e tra questi il rabbino Cassuto”. La cerimonia in onore di Bartali si terrà in Italia, ancora da stabilire la data. Il figlio del campione, Andrea, ha affermato: “È una cosa magnifica. Aspettavamo questa notizia già da qualche tempo, soprattutto dopo che un mese fa hanno fatto giusto tra le nazioni il cardinale Elia Dalla Costa”. Ha quindi aggiunto “Saperlo proprio oggi quando qui a Firenze sono iniziati i Mondiali di ciclismo ha un significato enorme”. La famiglia di Bartali era stata invitata già nelle settimane scorse a Gerusalemme dal governo israeliano per il mese di ottobre.

Atreyu 2013: show di La Russa con Viva la Mamma contro la Kyenge

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Ignazio La Russa, ironizza sulla sulla proposta (o presunta tale) di Cecile Kyenge di sostituire i termini “mamma” e “papà” con “genitore 1″ e “genitore 2″. L’ex ministro della Difesa si è anche messo a cantare i nuovi testi riscritti di Mamma di Beniamino Gigli e di Viva la mamma di Edoardo Bennato.

Niente più mamma e papà: la consigliera vuole chiamarli genitore primo e secondo

genitori-mamma-papà-tuttacronacaL’idea, che ha già provocato le prime polemiche, arriva dalla neo consigliera comunale con delega sui diritti civili di Venezia, Camilla Selbezzi: sostituire dai moduli le parole “mamma” e “papà” con “primo e secondo genitore”. E’ il senatore veneto Antonio De Poli (Udc) a criticare la proposta: “arebbe una decisione insensata e priva di logica”. Il senatore ha spiegato: “Le parole ‘mamma’ e ‘papà’ sono le più belle. Pensare che discriminino i gay offende non solo chi crede nella famiglia ma francamente chi, pur schierandosi dalla parte dei gay, ritiene la famiglia un valore fondamentale da tutelare. Anche con le parole”. E a chi potrebbe attaccarlo di conservatorismo risponde: “Non è così che si tutelano i diritti delle minoranze”. E sottolinea: “Per noi dell’Udc la famiglia è fondata solo sul matrimonio tra uomo e donna. Chi ha una posizione diversa dalla nostra non può permettersi di estirpare la cultura e l’identità della nostra società con la scusa del rispetto nei confronti delle diversità. Così non si tutelano i diritti civili , si fa solo un regalo a chi vuole allontanare il dialogo e il confronto civile tra chi ha posizioni politiche diverse sulla questione». «Auspico – conclude l’esponente Udc – che presto verrà un chiarimento puntuale da parte del sindaco Orsoni che è rimasto non a caso sorpreso da questa iniziativa singolare».

L’operazione trasparenza di Papa Francesco: pubblicati i file di Milwaukee

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Prosegue l’operazione trasparenza da parte del Vaticano con alla guida Papa Francesco: sono stati pubblicati infatti, dall’Arcidiocesi di Milwaukee, in Wisconsin, migliaia di documenti relativi allo scandalo degli abusi sessuali che i preti hanno commesso ai danni di minori. Nella documentazione, in cui sono presenti anche dozzine di file personali, compaiono anche i file relativi a Dolan, attualmente arcivescovo di New York ma all’epoca dei fatti arcivescovo di Milwaukee. Il cardinale avrebbe spostato infatti, in un periodo in cui l’arcidiocesi si dirigeva verso la bancarotta, un totale di 56,9 milioni di dollari in un fondo fiduciario destinato alla manutenzione dei cimiteri. “Se vogliono trasferire denaro lo fanno rapidamente, se vogliono mantenere un prete, e la sua storia, segreta, lo spediscono in una località glaciale” ha dichiarato Jeff Anderson al Wall Street Journal. Secondo il legale di 350 vittime degli abusi commessi in ambito ecclesiastico nello stato americano, infatti, si tratterebbe di frode visto che Dolan avrebbe effettuato il trasferimento per proteggere il denaro da rivendicazioni e responsabilità legali. Immediata la replica di Dolan che ha negato tutto in un comunicato ufficiale nel quale spiega che tale fondo è stato creato secondo le leggi statali e non “era uno scudo al processo di bancarotta” in corso. Ma il nome del cardinale appare anche su alcune lettere dirette al vaticano per richiedere punizioni più severe nei confronti di preti che hanno commesso abusi sessuali. Dolan avrebbe invitato la santa sede a revocare un permesso di tornare in servizio concesso a un prete, sostenendo che “la nostra credibilità verrebbe fortemente danneggiata”.

Nessuna libertà di stampa in Vaticano!

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Divieto di accredito. Il Vaticano ha negato al giornalista Gianluigi Nuzzi, autore del libro “Sua Santità” con i documenti riservati di Benedetto XVI al centro della vicenda Vatileaks, l’accredito stampa per seguire il Conclave. Lo riferisce lo stesso giornalista su Twitter commentando: “Scelta oscurantista, altro che trasparenza libertà di stampa”. Nuzzi, che aveva ricevuto dal maggiordomo Paolo Gabriele i documenti fotocopiati nella segreteria particolare del Papa, pubblicati poi in “Sua Santità”, ha avanzato la settimana scorsa una richiesta di accredito, tramite la prevista procedura online, per poter seguire il Conclave per la rete tv La7. Stamane, però, è arrivata la risposta negativa, della quale peraltro – a una telefonata fatta dalla segreteria del network televisivo – non sono stati precisati i motivi. Un documentario realizzato da Nuzzi, “La scelta del Papa”, andrà in onda in prima serata su La7 il prossimo 23 marzo.

L’ultima bugia o la prima verità su Manuela Orlandi?

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«Emanuela Orlandi e Mirella Gregori sono state rapite soltanto per ottenere la mia liberazione». È quanto afferma l’attentatore di Giovanni Paolo II, Alì Agca, nella prima intervista televisiva rilasciata dopo la sua scarcerazione, in onda a «Quarto Grado», in cui aggiunge nuovi elementi sulla sua versione in merito al caso di Emanuela Orlandi. «Ho prove documentali che dimostrano questa mia affermazione e questo dato di fatto», dice Agca, che si scaglia contro le «menzogne» di Sabrina Minardi, la ex del boss della Magliana Enrico de Pedis. «Il mondo e l’Italia vengono ingannati con la storia della Banda della Magliana. La verità è che Emanuela Orlandi è stata rapita soltanto per ottenere la mia liberazione», dichiara l’ex «lupo grigio».

«Emanuela Orlandi – spiega era la figlia di un uomo che lavorava dentro l’appartamento del Papa, considerato anche un agente dei sevizi segreti Vaticani. La famiglia Orlandi sapeva perfettamente che Emanuela era stata rapita con la complicità di qualcuno in Vaticano. Però l’ordine del rapimento di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori è partito dal governo iraniano».
«Dopo pochi giorni – prosegue Agca -, il 3 luglio ’83, il Papa ha parlato al mondo del rapimento di Emanuela Orlandi un modo per trattare con i rapitori. Altrimenti il più grande Papa della storia non avrebbe mai mentito su un evento così importante». Successivamente, infatti, «il Papa ha lanciato otto appelli, tutti durante gli Angelus, davanti al mondo». Poi «i rapitori hanno chiesto di parlare direttamente con il primo ministro del Vaticano, il segretario di Stato Cardinal Agostino Casaroli. È il 19 luglio ’83: il governo Vaticano dispose una linea telefonica speciale attraverso la quale i rapitori di Emanuela possono parlare con il Cardinale Casaroli. È un segreto dello Stato Vaticano di cosa abbiano parlato».
«Dopo il mio ritorno in Turchia – aggiunge -, Emanuela Orlandi è stata liberata, è stata consegnata al governo Vaticano. Adesso, probabilmente, Emanuela Orlandi si trova in un convento di clausura, affinchè non riveli questa complicità del Vaticano e del governo iraniano. Quindi, in qualche modo, Iran e Vaticano sono complici nell’omertà, un’omertà incredibile».
Secondo Agca, «fra il governo Vaticano e il governo iraniano c’è un silenzio concordato per difendere il dialogo interreligioso fra musulmani e cristiani, per evitare grandi conflitti umani e religiosi tra due popoli. Io capisco e rispetto questa posizione del Vaticano, però non posso rispettare questo silenzio su Emanuela Orlandi: quindi il Vaticano deve immediatamente liberare Emanuela».

L’eroe o l’antieroe? Bradley Manning, un esempio!

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Dieci volte colpevole di aver violato i regolamenti militari, ma non le leggi federali sull’aiuto al nemico: il soldato Bradley Manning ha cercato di evitare il carcere a vita offrendo al giudice della Corte Marziale di Fort Meade in Maryland una dichiarazione di colpevolezza per dieci capi di accusa minori sui 22 spiccati nei suoi confronti.
Leggendo da una ‘memoria’ di 35 pagine, Manning ha dichiarato di aver agito di sua spontanea volontà, «non su pressioni di Wikileaks» quando ha passato al sito-anti segreti di Julian Assange centinaia di migliaia di documenti top secret del Dipartimento di Stato e del Pentagono. Il soldato ha rivelato di averlo fatto «perchè il pubblico doveva sapere», e solo dopo aver tentato di offrire lo stesso materiale al Washington Post e al New York Times senza ricevere risposta.
«Pensavo che se il pubblico avesse avuto accesso alle informazioni si sarebbe aperto un dibattito sul ruolo delle forze armate e della politica estera», ha dichiarato Manning. In licenza a Washington dalla ferma in Kuwait, il soldato aveva tentato di contattare il quotidiano della capitale con l’offerta di «materiale enormemente importante per il popolo americano».
Non fu preso sul serio dalla sua interlocutrice. Ancora più frustrante il contatto con il New York Times dove Manning era arrivato a parlare solo con tante segreterie telefoniche. «Non pensavo che avrei danneggiato gli interessi americani, solo messo in imbarazzo il governo rivelando i retroscena dei suoi contatti internazionali», ha spiegato a proposito del cosiddetto ‘Cablegate’. Quanto ai ‘warlog’ dell’Esercito da Iraq e Afghanistan, il movente della fuga di notizie era stato di spiegare «i veri costi della guerra».
Tante le gocce che avevano fatto traboccare il vaso, ma soprattutto il video dell’attacco di un elicottero Apache su civili iracheni: «La reazione dei militari americani a bordo mi sconvolse. Parlavano dei bambini uccisi come “bastardi mortì”». Spetta adesso al giudice militare, colonnello Denise Lind, decidere se accettare la dichiarazione di colpevolezza di Manning. Ma anche se la Lind accoglierà la richiesta del soldato, i procuratori militari potrebbero decidere di aprire una nuova corte marziale nei confronti della talpa di Wikileaks sui rimanenti capi di accusa, compreso quello di aiuto al nemico che ha il potenziale di far passare a Manning il resto dei suoi giorni in prigione.

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