La ripresa è in ritardo! Arretra ancora il Pil, ma ora si spera nel 2014

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La ripresa? Ci assicurano che ci sarà nel 2014, ma per ora l’unica certezza è che il Pil fa un passo indietro e si porta a -1,8. Poi l’Istat però emana anche quello che dovrebbe essere un dato positivo, nel prossimo anno il nostro Pil sarà +0,7. Ma è davvero positivo? Il governo nelle ultime stime ufficiali indicava -1,7% per il 2013 e +1% per il 2014. Quindi la ripresa è in ritardo? Sembra proprio di sì… E non preoccupa tanto quello 0,1% in peggioramento fatto registrare nel 2013, ma quel -0,3% (da 1 ora si parla di 0,7%) che non promette nulla di buono. Vi ricordate le parole di Romano Prodi all’inaugurazione dell’Eurozona?

“Con l’euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più”.
Dove sono andate a finire quelle parole? Dove sono i sogni infranti di milioni di italiani che speravano di entrare a far parte degli Stati Uniti d’Europa? Dove è la difesa degli stati membri? Nella condanna dei cittadini greci? Nella debacle di Malta, nella disoccupazione della Spagna e nel Pil negativo dell’Italia?
Oggi, a distanza di anni (che sembrano ormai anni luce) Romano Prodi torna a parlare e lo fa in un ottica diversa. In un intervista rilasciata al Sole 24 Ore risponde così alle domande del giornalista:
Sul deficit/Pil attualmente fissato al 3%
“Non è stupido che ci siano i parametri come punto di riferimento. E’ stupido che si lascino immutati 20 anni. Il 3% di deficit-Pil ha senso in certi momenti, in altri sarebbe giusto lo zero, in altri il 4 o il 5%”. Prodi propone allora di “escludere temporaneamente dal computo del deficit i 51 miliardi versati dall’Italia alla solidarietà europea e usare quelle risorse per investimenti pubblici straordinari”.
La Bce è influenzata dalla Bundesbank
“Un accordo presuppone una politica che lo gestisca e la politica non si fa con le tabelline. Ci fosse ancora un’Europa forte sì. Ma oggi ci sono solo i Paesi e uno solo al comando, la Germania. Anche la Bce, che pure, con Draghi, è l’unico potere forte europeo e ha fatto tanto, non è onnipotente. Ha uno statuto e la Bundesbank in consiglio…”.
Italia, Francia e Spagna dovrebbero battere i pugni sul tavolo
Di fronte a questa situazione i cosiddetti pugni sul tavolo “dovrebbero batterli insieme Francia, Italia e Spagna, ma non lo fanno perche’ ciascuno si illude di cavarsela da solo”. Quanto alla situazione dell’Italia, “in tre anni di austerità il rapporto fra debito e Pil è sempre aumentato. Vuol dire che è una politica sbagliata. Se sforassimo i parametri i tassi andrebbero alle stelle e saremmo daccapo”.

 

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Riina: “La Juve è una bomba”. I magistrati si allarmano

toto_riina-juve-bomba-tuttacronacaIl figlio di Totò Riina fa visita al genitore al carcere di Opera e il capo dei capi della mafia corleonese dice: “La Juve è una bomba”. E’ bastata questa frase a far scattare l’allarme per i magistrati della Procura di Caltanisetta. Il timore, infatti, è che possa trattarsi di un messaggio in codice con il quale il boss darebbe il via a una nuova stagione stragista. Come ricorda Libero, il 26 marzo era giunta al Palazzo di Giustizia di Palermo una lettera anonima il cui mittente sosteneva che il boss latitante Matteo Messina Denaro avrebbe raggiunto un accordo con “amici romani” per fare fuori i magistrati antimafia. Proprio in questo quadro, arriva la frase del boss. A seguito della missiva gli inquirenti hanno intensificato i controlli su Riina, ascoltando le conversazioni del recluso con i familiari, ai quali dice anche “State attenti” e “Difendetevi”. Nel frattempo, si è anche registrato un avvicinamento della famiglia Riina alla Sacra Corona Unita pugliese. Spiega ancora il quotidiano, “Il boss Totò è stato inserito dal 2003 in progetti di socialità in carcere con condannati provenienti dalle fila della Sacra Corona Unita. Mentre moglie e figlia (Ninetta Bagarella e Maria Concetta) stanno spostando la residenza in provincia di Brindisi. Il timore degli inquirenti è che potrebbe essere in corso una saldatura tra corleonesi e mala pugliese (alla quale lo scorso luglio sono stati sequestrate armi ed esplosivo provenienti dai Balcani) in nome di una nuova stagione stragista.”

Arriva la manovra: tasse, aumenti e accise!

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La manovra serve eccome!

Arriva il salasso per i cittadini che ora si vedranno addebitare i costi per riportare il rapporto deficit/pil sotto il 3% e rinfinanziare la cassa integrazione in deroga. Non tagliando le spese militari come gli F35, rifinanziando anche le missioni all’estero e il rimborso ai partiti, che sicuramente non sono l’unico male italiano, ma che in momenti di crisi pesano sul bilancio dello stato è ora necessario rimodulare quelle risorse che sarebbero forse potute venire dall’Imu e che invece ora crolleranno a pioggia indistintamente sui possessori o meno di case, su ricchi e poveri, su grandi città e piccole località. nella bozza  di decreto per la correzione dei conti che dovrebbe arrivare oggi in consiglio dei ministri sono previsti aumenti per le accise sulla benzina e sugli acconti Ires e Irap, oltre ai tagli spesa già annunciati.

L’effetto già si conosce: disoccupazione e rincaro dei prezzi. La benzina andrà a gravare i trasporti così da appesantire ulteriormente ogni settore dall’ alimentare al manifatturiero, per poi ricadere a pioggia su imprenditori e famiglie.

Si tratta a tutti gli effetti delle stesse coperture individuate per il decreto che avrebbe dovuto bloccare l’aumento dell’Iva. Decreto poi dimenticato dopo l’accelerazione della crisi di governo che ha quindi fatto scattare l’aumento dell’imposta. Nonostante l’Iva adesso si aumenta anche il resto…

Come spiega l’Huffington Post:

Nel dettaglio l’acconto Ires sale dal 101 al al 103%, con effetti anche sull’anticipo Irap a cui la stessa imposta è collegata. In pratica, per le imprese, che per legge sono tenute a pagare l’imposta, si tradurrà nell’ennesimo onere aggiuntivo: più tasse. Trattandosi dell’acconto che si paga a novembre, relativo alle imposte dell’anno successivo, la beffa è doppia. Perché non solo significa pagare a novembre la totalità di quanto si presume si debba versare l’anno successivo (tasso a novembre quello che lo Stato stima possa guadagnare l’anno successivo), ma essendo superiore al 100% il versamento si traduce a tutti gli effetti in un prestito allo Stato. Con il conto pagato dalle imprese.

 

Cala il potere d’acquisto, peggiore dal 1990

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Male il potere d’acquisto delle famiglie che scende del 2%, ma se si vede il potere reale allora tale indice tocca il 4,7% il peggiore dal 1990, cioè da quando si è dato inizio alle serie storiche. Ma le anche il risparmio che ha toccano i minimi negli ultimi 22 anni. Deficit confermato al 3% del Pil dopo il 3,8 del 2011, ma solo grazie all’Iva che aumentando ha riportato entro il limite il nostro debito pubblico. Il Pil infatti continua a essere in caduta libera scendendo nel 2012 del 2,5%, il che significa che, se pur di poco, è stata peggiorata la stima preliminare di marzo del 2,4%

L’Istituto ha anche corretto, questa volta al rialzo, la crescita registrata per il 2011, che passa da +0,4% a +0,5%. I dati sono sicuramente aiutati dalle esportazioni essendo il mercato interno in continuo calo.

Il valore aggiunto, a prezzi costanti, presenta cali in tutti i settori: -5,8% le costruzioni, -4,4% l’agricoltura, silvicoltura e pesca, -3,1% l’industria in senso stretto e -1,7% i servizi.

Quanto alla pressione fiscale l’Istat conferma che nel 2012 è salita al 44% del Pil. Invariato rispetto a marzo anche il debito, al 127% del Pil.

L’impietoso rapporto sull’Italia del FMI: disoccupazione record dal dopoguerra

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Non parliamo di dati, non parliamo di concetti astratti ma di numeri, quelli del bilancio  che rispecchiano insieme ad altri indici la situazione economica italiana. L’economia che tocca da vicino le famiglie, quella che ingabbia i giovani nella disoccupazione e mette in trappola le imprese che si devono solo affidare all’esportazione e non possono più fare affidamento sul mercato interno. Secondo il rapporto del FMI il primo dato che balza agli occhi è proprio quel record negativo della disoccupazione “ai massimi del dopoguerra, al 12%, con la disoccupazione giovanile vicina al 40%”.

 Il documento precisa che “l’economia sta mostrando segnali di stabilizzazione, ma la disoccupazione è ancora alta e i trend rimangono bassi”. Il Fondo ha accolto con favore il pacchetto di misure a favore della crescita e del mercato del lavoro, ma ha sottolineato che “servono ulteriori riforme per dare slancio alla produttività e aumentare il tasso di occupazione, soprattutto tra giovani e donne”.

L’altro dato che pesa poi sugli italiani è il deficit di bilancio nominale che, se non si corre ai ripari potrebbe toccare quota 3,2%, oltre quel 3% che rappresenta per l’Europa il raggiungimento dell’obiettivo. Rischiamo quindi anche un infrazione che potrebbe tradursi in altre tasse per gli italiani. Il debito poi “continua a crescere e, secondo le previsioni supererà il 130% del Pil nel 2013”.  Il Fondo monetario internazionale ha comunque accolto con favore i passi compiuti dal governo italiano “per assicurare la sostenibilità fiscale e applicare le riforme strutturali” nonostante un contesto di crescita “difficile”. In questo contesto, è necessario “mantenere il ritmo delle riforme per sostenere una ripresa robusta”, riforme che dovrebbero essere complementari di passi compiuti a livello di Eurozona.

Dove l’Italia invece sembra essere davvero indietro è sulla competitività. La crescita di medio termine (quella che davvero può risollevare le generazioni presenti)  “resterà bassa”, anche a causa di “una produttività stagnante, di un difficile contesto aziendale e di un settore pubblico indebitato”. Secono il Fmi, “l’inefficienza del sistema giudiziario è collegata agli alti costi sostenuti dalle aziende, al ribasso degli investimenti diretti stranieri e alle piccole dimensioni di società e mercati di capitale”. Una produttività debole, fa notare l’istituto di Washington, “ha anche contribuito ad ampliare gradualmente il divario sulla competitività”.

La cattiva notizia arriva anche dalle banche. I nostri istituti di credito, se il panorama non cambia, potrebbero aver bisogno di 6 miliardi nel 2015  per rispettare i requisiti patrimoniali minimi previsti da Basilea 3.

Che significa? Significa che l’Europa ci sta mettendo alle strette tra politica di austerity e requisiti patrimoniali minimi previsti appunto da un accordo internazionale. Il problema quindi non è procedere a piccole correzioni, ma rivoluzionare l’intero sistema Italia per scuoterlo dal torpore in cui ora sta vegetando.

Il rapporto osserva che il sistema bancario ha retto bene alla crisi finanziaria globale ma è stato “fortemente colpito” dalla crisi del debito sovrano. Nonostante un’economia debole, “i risultati degli stress test suggeriscono che il sistema bancario italiano nel suo complesso è in grado di resistere alle perdite nell’ambito di uno scenario macroeconomico avverso”.
In particolare il pericolo lo si corre con il piano di ristrutturazione di MPS. Questa mina vagante sarebbe un potenziale pericolo per tutto il sistema bancario del Paese: “L’attuazione dell’ambizioso piano di ristrutturazione è critica per la banca stessa e il sistema nel suo complesso”. I problemi della banca scrivono gli ispettori del fondo derivano dalla governance e dal fallimento del vecchio management.

Il rapporto si conclude con un monito: trovare che coperture per l’abolizione dell’Imu.

Sforato il tetto massimo del rapporto Deficit-Pil… sarà tra il 3-3,1%

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E’ nella nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza che venerdì andrà al Consiglio dei ministri: il deficit  tendenziale per il 2013 sarà stimato al 3-3,1%, non confermando quindi il tetto di 2,9%. Il rapporto tra deficit e Pil quindi sforerà di un decimale il tetto fissato dalla Ue con il patto di Stabilità. Lo si apprende da fonti di governo, secondo le quali però si rientrerà entro il limite senza bisogno di una manovra.

Il “braciere economico” che brucia il futuro: il deficit pubblico

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I conti non tornano e la Bce avvisa l’Italia. Quel deficit pubblico rischia, di nuovo, di sforare il 3% di Pil. Lo dicono le ultime aste dei Btp  dove i titoli di Stato a 15 e a tre anni vengono venduti pagando interessi sensibilmente più alti di appena uno-due mesi fa. Questo segnale arriva anche dallo spread in risalita verso quota 260.

L’instabilità politica italiana quanto pesa sul deficit? Pesano probabilmente di più le scelte operate da questo governo di larghe intese che ha cancellato le entrate di quattro miliardi di Imu, ne vuole cancellare altrettante di Iva e intanto vuole pagare 40 miliardi di debiti del governo alle imprese. Il che dovrebbe richiedere una diminuzione della spesa pubblica che invece continua a essere di 840 miliardi. E’ chiaro che la cancellazione dell’Imu e la non introduzione dell’Iva peseranno sul deficit e sul futuro dell’Italia. Che significa avere poi un deficit più elevato? Che quando si chiede un prestito chi lo concede chiede maggiori garanzie e interessi più alti per coprire i rischi di un eventuale insolvenza.

C’è chi quindi riconduce le problematiche italiane non all’instabilità politica, ma quanto a scelte del governo Letta che sta facendo una politica più di destra basata sul deficit che di sinistra basata sulle tasse. Ma la matematica, i mercati e l’Europa prima o poi vengono a portare i dati e a chiedere di far tornare i conti.

Ma la crisi a che punto è? Secondo Blitz Quotidiano:

Se tutto va bene, tra sette/otto anni. Eccoli i veri conti del paese: rispetto al 2007 meno nove per cento di ricchezza prodotta. Meno 7,6% di consumi. Meno 27% di investimenti. Meno 25% la produzione industriale. Meno sette per cento abbondante l’occupazione (al netto dei cassa integrati). Pressione fiscale ufficiale al 44,5%, pressione fiscale per chi le tasse le paga davvero al 53,5%. Debito pubblico al 131,7% del Pil.

Sale la tensione fra le classi sociali? Aumenta il divario fra poveri e ricchi? C’è chi specula sulla crisi? C’è davvero un futuro che sta andando in fumo? Ci sarà una nuova crisi di governo?  Per il momento c’è allerta deficit!

 

La Commissione Ue mette con le spalle al muro l’Italia!

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La Commissione Ue “non ha intenzione” di valutare se concedere un’estensione per il taglio del deficit sotto il 3% “per nessun altro paese oltre ai 3 già annunciati”, cioè Spagna, Portogallo e Francia. Lo ha riferito un portavoce della Commissione Ue rispondendo a chi gli chiedeva se anche a Italia e Olanda possa essere dato più tempo.

La Francia non rispetta gli impegni Ue!

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l premier francese, Jean-Marc Ayrault, ha detto che la Francia non riuscirà a ridurre il deficit al 3% entro il 2013, come richiesto dall’Unione europea. Intervistato da France 3, il premier ha annunciato che il traguardo “non sarà troppo lontano”. “L’obiettivo sarà raggiunto, raggiungeremo lo zero, alla fine del quinquennio” del presidente Francois Hollande, ha aggiunto Ayrault. L’Italia si è svenata e la Francia non lo fa! COMPLIMENTI A MARIO MONTI CHE HA MESSO UN PAESE IN GINOCCHIO PER GLI INTERESSI DELLA MERKEL!!!

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