
Non parliamo di dati, non parliamo di concetti astratti ma di numeri, quelli del bilancio che rispecchiano insieme ad altri indici la situazione economica italiana. L’economia che tocca da vicino le famiglie, quella che ingabbia i giovani nella disoccupazione e mette in trappola le imprese che si devono solo affidare all’esportazione e non possono più fare affidamento sul mercato interno. Secondo il rapporto del FMI il primo dato che balza agli occhi è proprio quel record negativo della disoccupazione “ai massimi del dopoguerra, al 12%, con la disoccupazione giovanile vicina al 40%”.
Il documento precisa che “l’economia sta mostrando segnali di stabilizzazione, ma la disoccupazione è ancora alta e i trend rimangono bassi”. Il Fondo ha accolto con favore il pacchetto di misure a favore della crescita e del mercato del lavoro, ma ha sottolineato che “servono ulteriori riforme per dare slancio alla produttività e aumentare il tasso di occupazione, soprattutto tra giovani e donne”.
L’altro dato che pesa poi sugli italiani è il deficit di bilancio nominale che, se non si corre ai ripari potrebbe toccare quota 3,2%, oltre quel 3% che rappresenta per l’Europa il raggiungimento dell’obiettivo. Rischiamo quindi anche un infrazione che potrebbe tradursi in altre tasse per gli italiani. Il debito poi “continua a crescere e, secondo le previsioni supererà il 130% del Pil nel 2013”. Il Fondo monetario internazionale ha comunque accolto con favore i passi compiuti dal governo italiano “per assicurare la sostenibilità fiscale e applicare le riforme strutturali” nonostante un contesto di crescita “difficile”. In questo contesto, è necessario “mantenere il ritmo delle riforme per sostenere una ripresa robusta”, riforme che dovrebbero essere complementari di passi compiuti a livello di Eurozona.
Dove l’Italia invece sembra essere davvero indietro è sulla competitività. La crescita di medio termine (quella che davvero può risollevare le generazioni presenti) “resterà bassa”, anche a causa di “una produttività stagnante, di un difficile contesto aziendale e di un settore pubblico indebitato”. Secono il Fmi, “l’inefficienza del sistema giudiziario è collegata agli alti costi sostenuti dalle aziende, al ribasso degli investimenti diretti stranieri e alle piccole dimensioni di società e mercati di capitale”. Una produttività debole, fa notare l’istituto di Washington, “ha anche contribuito ad ampliare gradualmente il divario sulla competitività”.
La cattiva notizia arriva anche dalle banche. I nostri istituti di credito, se il panorama non cambia, potrebbero aver bisogno di 6 miliardi nel 2015 per rispettare i requisiti patrimoniali minimi previsti da Basilea 3.
Che significa? Significa che l’Europa ci sta mettendo alle strette tra politica di austerity e requisiti patrimoniali minimi previsti appunto da un accordo internazionale. Il problema quindi non è procedere a piccole correzioni, ma rivoluzionare l’intero sistema Italia per scuoterlo dal torpore in cui ora sta vegetando.
Il rapporto osserva che il sistema bancario ha retto bene alla crisi finanziaria globale ma è stato “fortemente colpito” dalla crisi del debito sovrano. Nonostante un’economia debole, “i risultati degli stress test suggeriscono che il sistema bancario italiano nel suo complesso è in grado di resistere alle perdite nell’ambito di uno scenario macroeconomico avverso”.
In particolare il pericolo lo si corre con il piano di ristrutturazione di MPS. Questa mina vagante sarebbe un potenziale pericolo per tutto il sistema bancario del Paese: “L’attuazione dell’ambizioso piano di ristrutturazione è critica per la banca stessa e il sistema nel suo complesso”. I problemi della banca scrivono gli ispettori del fondo derivano dalla governance e dal fallimento del vecchio management.
Il rapporto si conclude con un monito: trovare che coperture per l’abolizione dell’Imu.
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