Serracchiani: “Cambiare il Paese, ora o mai più”

serracchiani-tuttacronacaAl Gazzettino, la presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, chiamata dal neo-segretario del Pd a reggere nella sua squadra la delega nazionale delle Infrastrutture, ha detto: “Dobbiamo cambiare il Paese, ora o mai più. I forconi e in genere la protesta comincia a manifestarsi. Scegliendo Matteo Renzi la gente ha riposto l’ultima speranza”. Ma la Serracchiani era già in segreteria con Epifani: “Ho dato una mano, certo, ma con Renzi da tempo si è cementata un’amicizia che ha permesso quel gioco di squadra vincente che ora dobbiamo praticare per il Paese, dimostrando di essere capaci”. Riguardo al lavoro da fare ora, all’osservazione del giornalista che tra il dire e il fare… “C’è di mezzo la necessità di far accettare al Paese un cambiamento profondo, generale e vero. Occorre cambiare il volto dell’Italia attraverso scelte importanti per una società che sta a sua volta cambiando rapidamente”. Ed è sempre più arrabbiata. “L’urgenza è al massimo. In realtà Renzi e noi tutti abbiamo una responsabilità enorme. Un compito che è complicato ma insieme anche esaltante. Il Paese può inventarsi il cambiamento, deve farlo”. La Serracchiani pensa inoltre che ora sia possibile, per Letta, realizzare le riforme: “Lo credo, anche perché adesso con Renzi alla guida del Pd c’è una forte spinta nuova. E poi sono convinta che Letta avverta a sua volta questa necessità assoluta. Perciò subito riforme istituzionali e costi della politica. Altrimenti, come dice Matteo, ci portano via”.

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Si abbassa il sipario? D’Alema abbandona la minoranza?

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«La battaglia politica si fa quando c’è il congresso. Ognuno è libero di esprimere la sua opinione ma non io non parteciperò ad una dialettica legittima che ora ha altri protagonisti di un’altra generazione». Così Massimo D’Alema, parlando all’ANSA, spiega che, dopo la fine del congresso, non sarà il capo della minoranza del Pd. Si abbassa il sipario sul vecchio Pd e va in scena la nuova generazione?

La finanza sorride a Renzi, giù lo spread, stop alla caduta del Pil. Ancora yuppies?

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Svolta nel Pd? Sicuramente svolta nella finanza che almeno come primo impatto lancia un segnale forte: Renzi piace. Il nuovo segretario come sostiene il Il Giornale non è sostenuto dai tradizionali poteri forti come Fiat. Eni e Mediobanca ma da imprenditori del calibro di Diego della Valle. Se forse è ancora presto per capire dove effettivamente il sindaco di Firenze ormeggerà la sua nave, è anche che il “nuovo Tony Blair” come è stato soprannominato dal Financial Times sicuramente non potrà essere disgiunta dalla finanza. Come rileva ancora il Giornale:

“Non è un caso che proprio D’Alema abbia evocato l’ esta­blishment finanziario come uno dei sostegni di Renzi”.  

E ancora sul quotidiano di proprietà di Silvio Berlusconi si legge:

Il contesto finanziario di Ren­zi è un altro: è quello del grande capitale internazionale, dei fondi d’investimento e dei ma­nager multinazionali. Un mon­do del quale il gestore di Alge­bris Davide Serra, uno dei con­siglieri finanziari di Renzi, non è che una spia illuminata per in­dicare ben altri capitali. Men­tre manager come l’ad delle Ge­nerali Mario Greco (pubblica­mente lodato per il lavoro che sta facendo a Trieste), o come il capo di Luxottica Andrea Guer­ra ( new entry 2013 alla Leopol­da) rappresentano l’essenza del passaggio dal capitalismo familiare o di relazione a quel­lo di mercato. In linea con quanto sostiene Diego Della Valle, rottamatore dei salotti buoni del Corriere e di Piazzet­ta Cuccia che, anche da presi­dente della Fiorentina, sta tut­to dalla parte di Renzi. Il rappor­to con questi signori apre le strade verso la grande finanza occidentale, quella a stelle e strisce in particolare, dove Ren­zi ha e vuole avere i maggiori contatti. E dove intende far va­lere presto le sue ragioni, come ha dimostrato impugnando pubblicamente la polemica sull’allarme rating lanciato da Standard & Poor’s sulle Gene­rali dell’amico Greco.
Si capisce che è una musica ben diversa da quella suonata fino a poco fa dalle parti del Pd. A cui, prima come Pds, poi co­me Ds, sono addebitate una se­rie di débâcle : si va dalla razza padana che nel 2000 ha lancia­to l’Opa su Telecom dando il via al declino del gruppo; al rap­porto incestuoso tra enti locali e banca in quel del Monte dei Paschi di Siena; fino al polmo­ne finanziario delle coop che ha prodotto nel 2005 il fallimen­to Unipol-Bnl, mentre in que­ste ore cerca di portare a termi­ne un’operazione, la fusione con Fonsai, dalle cui carte usci­te dalla procura di Milano emerge più di un particolare in­quietante.

Renzi è quindi figlio di quella generazione nata nel mito degli yuppies e lontano dagli hippies? Sicuramente, come tutta la generazione dei 35/40 enne di oggi, Renzi ha vissuto di riflesso il mito dei giovani rampanti, dei broker senza scrupoli e di quell’economia anni ’80 che scopriva, forse anche ingenuamente, la speculazione a ogni costo. Ma poi Renzi, ha anche vissuto, la bolla economica, la crisi finanziaria e quel sogno infranto della finanza speculativa. Non ha caso è anche padre di quel ritorno alla green economy, di uno stile salutista (lo abbiamo spesso visto a  cavallo sulla bici o a piedi impegnato nella maratona), con l’occhio che guarda alla banda larga e alle eccellenze del nostro Paese.

Matteo Renzi, appartiene a quella generazione che ha davvero due anime spesso in contrasto tra di loro, che quando riescono a trovare un’armonia, può dar vita a progetti che riescono a marciare tra l’innovazione e la sostenibilità.

Non può essere un caso che nella terra delle coop, l’Emilia Romagna, nelle primarie per gli iscritti al Pd del 17 novem­bre Gianni Cuperlo avesse vin­to con percentuali dal 42 al 46%.Forse era anche l’estrema difesa di un sistema di interessi economici che si sentiva mi­nacciato. Ma Renzi sembra aver deciso: per parlare di fi­nanza non si telefonerà più a Bologna, ma si chiamerà Trie­ste. 

 

D’Alema torna in campo!

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E’ arrivato l’annuncio ufficiale anche se già da tempo si vociferava su un impegno in prima linea di Massimo D’alema a favore di Cuperlo. Oggi  il presidente della commissione per le Politiche Ue della Camera Michele Bordo, del Partito democratico ha annunciato “A nome dell’area Cuperlo ho chiesto a Massimo D’Alema di candidarsi come capolista a Foggia per le primarie del Pd e lui ha accettato. Siamo onorati di questa sua decisione” e poi ha aggiunto “l’ex premier, cittadino onorario di Foggia, ha da tempo un forte legame con la città, con la Capitanata e la Puglia”. E poi ha sottolineato Bordo “sono certo che con la candidatura di D’Alema a Foggia, il Mezzogiorno tornerà al centro del dibattito politico nazionale. Massimo ha dedicato, e dedica, molta parte del suo impegno politico e istituzionale proprio per il Sud del nostro Paese”.

Qualcuno era comunista…. poi qualcuno era di sinistra… e ora?

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Qualcuno era comunista, forse più di qualcuno. Sicuramente ci sono stati sempre troppi motivi per essere di sinistra, talmente tanti che a volte la sinistra ha ritenuto di sinistra anche quelli che non lo erano. Dove è la sinistra? “Avevamo due sinistre. Non ne abbiamo più nessuna. Ricostruiamone una”, diceva Bertinotti.Lo ha detto, ma nessuno l’ha fatto!

Ma c’era anche chi credeva talmente nella sinistra da dichiarare come Massimo D’Alema: “La sinistra di per sé è un male. Soltanto l’esistenza della destra rende questo male sopportabile”. Ma allora chi è di sinistra, se chi è nel partito lo chiama male sopportabile? E’ di sinistra Walter Veltroni? L’ex sindaco di Roma sosteneva: “Sinistra è una bellissima parola, sta dentro di noi, è un insieme di valori, di passioni. […] Sono di sinistra se, di fronte alla solitudine di un’anziana malata, mi accorgo che anche la mia vita perde qualcosa; sono di sinistra se le rinunce di una famiglia di quattro persone rendono la mia più povera; sono di sinistra se vedo un bambino che muore di fame, e in quel momento è mio figlio, mio fratello piccolo. […] [essere di sinistra] non è appartenere ad un partito di quell’area, ma quello per cui mi batto. Ciò per cui mi batto mi descrive più di ogni altra cosa.” Forse è di sinistra Enrico Letta con lo zio Gianni Letta a destra? E’ di sinistra Nichi Vendola che indicava “Sinistra significa la casa dei diritti, che significa accendere le luci sugli angoli del dolore sociale, che significa parlare degli invisibili, di tanta gente smarrita e perduta!” Forse la gente smarrita e perduta è proprio quella di sinistra! La base del partito si guarda intorno e s’interroga: è di sinistra la legge di Stabilità? E’ di sinistra la vendita degli immobili dello Stato? E’ di sinistra la mobilità dei dipendenti pubblici? E’ di sinistra colpire i pensionati e ledere dei diritti acquisiti?

Forse da “Qualcuno era comunista” ora siamo arrivati a “Che confusione”!

Almeno prima i “Ricchi e poveri” cantavano insieme, ora si odiano e basta!

Forse qualcuno di destra sarà di sinistra?

Renzi a Che tempo che fa: “Il centrodestra come Ridge e Brooke”

renzi-che-tempo-che-fa-tuttacronacaMatteo Renzi è stato ospite di Fabio Fazio questa sera a Che tempo che fa e non poteva mancare di parlare di uno dei temi più caldi di queste ultime settimane: “Il ministro Cancellieri si deve dimettere”, ha detto il sindaco fiorentino. “È una donna delle istituzioni, un servitore dello Stato” ma che “in questa vicenda ha sbagliato, e dovrebbe dimettersi prima della mozione di sfiducia”. Ma comunque: “Anche se dovesse passare la mozione di sfiducia al ministro Cancellieri, il governo non e’ a rischio”. E ha aggiunto: “Perché dovrebbe essere a rischio? Le cose su cui si deve mettere alla prova” il governo, per Renzi, “sono i temi come il lavoro, la disoccupazione”. Parlando poi di quanto accaduto nel centrodestra, con la rottura tra Berlsuconi e Alfano: “Nel centrodestra” è avvenuta “una scissione a tempo determinato”. Sembra di vedere, ha detto Renzi, “Ridge e Brooke di Beautiful”. Infine, ha risposto alle recenti critiche di D’Alema: “D’Alema dice che se vinco distruggo la sinistra. Ma è lui che in questi anni ha distrutto la sinistra”, ha detto Renzi. “Questo è il primo congresso in 20 anni che D’Alema ha perso”.

D’Alema per colpire Renzi attacca Briatore, lui si difende… Twitter si scalda

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Massimo D’alema lancia la sfida a Renzi e in un’intervista all’Unità spiega le sue ragioni:  “Si è dimostrata una grande vitalità nell’andare contro corrente. C’è una parte significativa del Pd e in essa tanti giovani che sostiene Cuperlo e che non si è piegata a questa campagna mediatica”.

Se poi, come tutti i sondaggi indicano, Renzi dovesse vincere la gara per la segreteria del Pd allora farà i conti con un partito che – spiega ancora il presidente della Fondazione italiani europei – dovrà in buona parte convincere: “Non potrà – e qua sembra rivolgersi direttamente a Matteo – pensare di impadronirsi di un partito che in una certa misura lo osteggia, dovrà – aggiunge – avere la saggezza di rappresentare un mondo più vasto e guadagnarsi il consenso di chi non è con lui e non solo dei suoi seguaci o di qualche editore”.

E se il risultato oltre che ampio fosse anche plebiscitario? E proprio in questo caso che l’ex presidente del consiglio agita spettri: “Se così fosse – ammette – c’è il rischio che una parte del Pd non si senta più nelle condizioni di viverci dentro”. Scissione? “No – risponde – emorragia di iscritti”.

L’altro grande tema è se, una volta diventato segretario, Renzi metterà in crisi la tenuta dell’esecutivo guidato da Letta. L’ex presidente dei Ds risponde così: “Spero di no. Auspico che non si creino tensioni, non si può dare manforte a Berlusconi per far cadere il governo”.

Una lunga intervista in cui D’Alema parla di tutto, anche del caos tessere e della decisione di Prodi di non andare a votare il prossimo 8 dicembre: “Giudico negativamente la sua scelta, non riesco a capire: diversi di noi hanno posizioni critiche o ragioni di amarezza personale, ma non credo – conclude – che questo giustificherebbe il fatto di non andare a votare”.

D’Alema poi tenta la battuta e di mezzo ci va anche Briatore: “Non ci serve un dattilografo (il riferimento è all’immagine di Renzi che martedì rispondeva alle domande via twitter battendo velocemente sulla tastiera) ma un segretario” e ancora: “Senza iscritti i Gazebo chi li smonta? Flavio Briatore”.

Flavio Briatore risponde subito su Twitter Massimo D’Alema e sarcastico gli dice: “Caro D’Alema io i gazebo li saprei smontare ma non credo che tu saresti capace a montarli”.

Veleni nel Pd… tra tessere e attacchi, il partito è al capolinea?

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Il Pd e i suoi scontri interni, il Pd e il tesseramento, il pd che perde la sua base, la riconquista e l’abbandona. Storia di un partito mai nato come afferma Cacciari o peripezie di un partito in cui a dettare la linea forse sono ancora i rottamati che riaffiorano tra le correnti?

Oggi a gettare una ventata di gelido inverno ci ha pensato Massimo D’Alema che da Cominform ha lanciato il suo attacco prima ai giornali e poi a Matteo Renzi: “Certo, potersi iscrivere sino al momento del voto era sbagliato”, ma è “una regola che ci è stata imposta dagli stessi giornali che ora ci accusano” e poi ha aggiunto facendo lo sgambetto ancora una volta al sindaco di Firenze: “Come segretario è una totale incognita, come candidato premier è un aspirante e bisognerà vedere se reggerà gli anni di attesa che potrebbero essere logoranti”.

Renzi come Virna Lisi? All’attrice piace il paragone: “mi sta simpatico”

virna-lisi-tuttacronacaMassimo D’Alema, in un’intervista rilasciata oggi, parlando dei contenuti del sindaco fiorentino Matteo Renzi alla Leopolda, aveva dichiarato, facendo riferimento ai caroselli del dentifricio Chlorodont, la cui protagonista era Virna Lisi: “Non mi pare che al successo mediatico di Renzi corrisponda una straordinaria ricchezza e novità di contenuti. Mi ricorda un po’ quella pubblicità con Virna Lisi, ‘con quella bocca può dire ciò che vuole. Salvo poi dimenticare che in gran parte le cose che ha detto a Firenze sono patrimonio consolidato del Pd”. L’attrice, commentando l’accostamento tra lei e il dem ha dichiarato: “Per tanti anni hanno detto che solo io potevo dire quello che volevo ‘con quella bocca’, ma il paragone mi fa piacere, perché Renzi mi sta simpatico”. Anche il sindaco di Firenze ha preso la parola al riguardo: “Ho mandato un mazzo di fiori a Virna Lisi adesso per darle la mia solidarietà per l’accostamento”.

Sono sempre ricercato… D’Alema attacca Renzi!

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A D’Alema, sembra proprio che il “format Renzi” non piaccia e non perde occasione per denigrare il sindaco di Firenze assoggettandolo a quelli che secondo lui sono modelli da evitare e, questa volta, tira in ballo anche la pubblicità di Virna Lisi:  “Con quella bocca può dire ciò che vuole“. Così Massimo D’Alema dà sfogo al suo attacco diretto a demolire Matteo Renzi, in un’intervista del quotidiano il Mattino.  “Non mi pare che al successo mediatico di Renzi corrisponda una straordinaria ricchezza e novità di contenuti”, e poi conclude con ”Renzi mi ricorda un po’ quella pubblicità con Virna Lisi, ‘con quella bocca può dire ciò che vuole’. Salvo poi dimenticare che in gran parte le cose che ha detto a Firenze sono patrimonio consolidato del Pd”. Il video per chi vuole rispolverare la memoria, o per chi, probabilmente come molti sostenitori di Renzi, questa pubblicità proprio non l’hanno mai vista:

Secondo D’Alema poi, “non è affatto scontata” la premiership per il sindaco di Firenze qualora diventi segretario: ”Può darsi – dice – che possa sorgere un’altra candidatura, che qualcuno cioè voglia sfidarlo proprio com’è successo tra Bersani e lui”. E Renzi ”non potrà sottrarsi a questa sfida, tanto più che andremo alle elezioni con una coalizione, non certo da soli”. Per l’ex premier, infatti, il Pd ”non può avere la presunzione di andare al voto da solo” e oltre a Sel, D’Alema immagina una coalizione ”ampia”, che raccolga ”anche forze di centro e della società civile”. Quasi una Democrazia Cristiana spostata a sinistra?

La tenuta del governo, comunque, non dipende dal sindaco di Firenze ma ”da quella parte del Pdl che non vuole far cessare anticipatamente l’esperienza Letta. Se quella parte non tiene, non c’è Renzi che tenga”. Sembra proprio che D’Alema voglia allontanare dall’orizzonte politico Renzi. Magari D’Alema, rottamato dall’ex rottamatore, ora ha:

…le idee a profusione
e ne fa collezione

 E infatti sul tema giustizia, D’Alema si aspettava dal post-rottamatore “qualche spiegazione in più. C’è stato un eccesso del ricorso alla carcerazione preventiva. Sono per la piena salvaguardia dell’indipendenza e autonomia della magistratura, che però deve fare una valutazione attenta della professionalità dei pm nel considerare gli avanzamenti di carriera”.

Quanto a Silvio Berlusconi,  D’Alema ritiene “che dovrebbe saggiamente dimettersi da parlamentare. Questo non gli impedirebbe di esercitare un ruolo politico ma toglierebbe da disagi e imbarazzi il Parlamento ed eviterebbe questa inutile drammatizzazione. Io sono uscito dal Parlamento per… reati meno gravi – essere un leader della sinistra – e, come vede, questo non mi impedisce di occuparmi ancora di politica”.

Chissà se D’Alema, sempre pronto a rispolverare i vecchi spot pubblicitari, si riconosce in un vero e proprio modello “mitico” come quello portato a teatro da Petrolini: il ricercato Gastone! Ma saprà D’alema come Gastone ironizzare oltre che su gli altri anche su se stesso?

Ondate di crisi… Brunetta batte il colpo!

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“O Letta e il Pd cambiano profondamente la legge di stabilità ed evitano la decadenza di Berlusconi, o le larghe intese sono finite, e si va a votare”, queste le parole di Renato Brunetta, capogruppo del Pdl alla Camera dei deputati, in un’intervista al “Corriere della Sera”. Nella quale dribbla il discorso dei falchi e delle colombe e afferma  “Basta con questa storia. Io sto con gli italiani, che non vogliono pagare i 30 miliardi dell’Imu di Letta, 6 in più di quella di Monti, e non vogliono la violenza dell’espulsione dalla politica del leader di uno dei due partiti di maggioranza relativa. Basti vedere la reazione entusiasta della Rete alla nostra decisione di tornare a Forza Italia”.

Su Marina Berlusconi, Brunetta sostiene: “Non ci sono subordinate a Silvio Berlusconi” e secondo il capogruppo del Pdl sarà proprio Matteo Renzi a provocare le elezioni. Per Brunetta il sindaco di Firenze è “superficiale e ondivago, ma non sciocco, e sa che per reggere quella gabbia di matti che è diventato il Pd, per tenere insieme Civati e D’Alema, Cuperlo e la Puppato, l’unico modo è andare a votare subito”.

D’Alema: Renzi rischia di logorarsi o di logorare il governo Letta

massimo-dalema-tuttacronacaMarco Damilano, nel suo libro “Chi ha sbagliato più forte. Le vittorie, le cadute, i duelli dall’Ulivo al Pd”, fa parlare Massimo D’Alema, che dedica molte parole al sindaco di Firenze: “Lui mi ha combattuto ma non gli voglio male nel modo più assoluto. Ho cercato e cerco di condurre un dialogo con lui, che spero sia utile a tutti noi”. Da qui il primo avvertimento. “Tenga conto , Renzi, che il Pd è un partito plurale, che può sostenere con convinzione un candidato, ma che difficilmente accetterà un capo plebiscitario”. A D’Alema non piace la strategia dell’ex rottamatore: “Ritengo sbagliata la pretesa di Renzi di impadronirsi del partito con l’idea di farne il tramite per la presidenza del Consiglio. E’ un errore grave, destinato a creare una ferita seria e rendere il suo cammino verso la premiership non più agevole ma più difficile”. Dopo di che, palesa un suo dubbio: “Non so se Renzi abbia davvero voglia di impegnarsi a fare il segretario del partito e comunque temo che lo guiderebbe in un quadro di fortissima conflittualità. Rischia di logorarsi, e per non logorarsi ha una sola via d’uscita: logorare il governo Letta. Ma non è il Pd che può assumersi la responsabilità di far cadere il governo Letta per la fretta di qualcuno”. Ma se D’Alema prende in considerazione il lasso di tempo che è andato dalle elezioni alla formazione del governo Letta, non può esimersi dal bersagliare Bersani: “Ha perso lucidità, era dominato dall’idea che senza avere la maggioranza avrebbe comunque potuto fare il governo, cosa palesemente infondata”. L’ex premier, spiega allora che “Gli consigliai di fare un gesto, di cambiare lo scenario, di candidare Rodotà alla guida del governo”. “Il Movimento 5 Stelle sarebbe stato messo in difficoltà e forse la legislatura sarebbe cominciata diversamente”. Le cose sono andate diversamente e hanno coinvolto anche l’elezione del capo dello Stato, con il secondo mandato di Giorgio Napolitano. “Trovo grave che dopo il disastro che era accaduto con Marini la segreteria non abbia sentito il dovere di aprire una discussione politica: si poteva votare scheda bianca e intanto riflettere su cosa fare”. Infatti dopo è arrivata anche la caduta di Prodi, sacrificato dagli stessi dem. Da parte sua l’ex segretario Bersani ha replicato tramite l’anticipazione di un altro libro “Giorni bugiardi”, di Stefano Di Traglia e Chiara Geloni. “Quelle di D’Alema sono ricostruzioni che non mi sento di condividere. Ho già smentito più volte: nessuno mi ha mai suggerito altri nomi per l’incarico. Tutti sanno che non avrei mai impedito nascita governo se l’ostacolo ero io”.

La guerra civile del PD… D’Alema contro Renzi, ma ad essere ucciso è il partito

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Caino e Abele continuano le liti, il “sangue” scorre nel Pd e il Pdl trae linfa energetica dal dilaniarsi delle vecchie faide. Non c’è più neppure un ring dove affrontarsi, il conflitto avviene nelle strade, nelle piazze, e persino nei cieli con la questione Alitalia che mina il cuore del partito democratico.

“Per Alitalia, sarebbe stata meglio un’intesa con le Ferrovie dello Stato”, la dichiarazione di Massimo D’Alema al Sole 24 Ore suona come l’ennesima freccia scagliata al cuore del partito, l’ennesima battaglia di quella guerra civile mai finita. Secondo D’Alema, un accordo con Ferrovie sarebbe stato preferibile per “due ragioni”. “Credo ci sarebbero state sinergie più robuste e si sarebbero anche svalutate le partecipazioni, risolvendo il problema dei francesi”.

Per l’ex premier, l’alleanza con Air France non è convincente. “Mi pare che abbiano una situazione, anche debitoria, complicata. Ma soprattutto penso che, in vista dell’Expo, sarebbe stato meglio puntare su una compagnia non europea che offrisse più opportunità anche al nostro Paese, anche nel traffico turistico”.

Ma se Alitalia è un “cavallo di battaglia”, il vero nemico è invece il sindaco di Firenze, candidato alla segreteria del Pd “Non è ragionevole destabilizzare il governo, magari per le ambizioni personali di chi ha troppa fretta…”. L’ex ministro non ci sta a a sentirsi parte di una intera classe dirigente che, nella lettura di Renzi, ha fallito, impedendo al Paese di crescere. “Bisognerebbe distinguere le responsabilità nel corso di questi venti anni. Almeno per dare una giustificazione a quella parte dell’establishment che sta lì ad applaudire entusiasticamente ai ceffoni di Renzi”.

E D’Alema cerca di nuovo il vecchio baluardo… Renzi simile a Berlusconi… la solita nenia con cui gli elettori di sinistra ormai si addormentano davanti ai talk show in cui i politici ormai sono solo autoreferenziali “Non mi è mai piaciuto lo stile di un uomo solo con i riflettori puntati addosso, che passeggia sul palco con il microfono in mano. Mi pare di averlo già visto in questi anni…”.

Infine, sangue e arena anche al federalismo: “così come lo abbiamo praticato – afferma D’Alema – è stato uno dei maggiori responsabili dell’aumento della spesa pubblica. Per non parlare dei danni in termini di efficienza che sono venuti dalla moltiplicazione dei centri decisionali, dalle competenze confuse tra centro e periferia, dal sommarsi delle autorizzazioni”.

Gli italiani intanto hanno il mutuo da pagare, le tasse che fanno fallire le aziende creditrici nei confronti dello stato e i figli a cui pagare la mensa… ma questi non sono temi interessanti, meglio la guerra civile!

L’ultimo sgambetto a Renzi viene da D’Alema?

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In caso di elezioni a febbraio il Pd dovrebbe scegliere solo un candidato Premier e non un nuovo segretario. Questo è il pensiero di Massimo D’Alema al TgCom24 “Dipende molto dai tempi del processo politico ed elettorale” ma se si va al voto “tra fine febbraio e primi di marzo temo che a dicembre si dovrebbero fare le primarie per il premier”.

Secondo D’Alema anche Enrico Letta potrebbe essere della partita: “Certo, nel pd ci sono diverse personalità che potrebbero essere buoni candidati premier. Non mi limiterei neanche a questi due (Renzi e Letta, ndr), ci saranno le primarie. Siamo un partito democratico, una coalizione, perché se andiamo alle elezioni dovremo lavorare per una coalizione ampia per dare una base forte di governabilità al paese”.

L’ex leader Ds chiude poi le porte ad un Letta bis con un orizzonte politico lungo, retto su pochi transfughi Pdl. “O Berlusconi cambia posizione, cosa che a me sembra francamente questa volta improbabile…”, Oppure in caso di appoggio esterno “è un’altra cosa, significa un governo di breve durata che vota la legge di stabilità, che cambia la legge elettorale – cosa che è assolutamente necessaria – e poi porta il paese alle elezioni”.

L’unica altra possibilità è un “fatto politico nuovo”, ovvero la nascita di un partito di moderati da una costola del pdl: “i giornali parlando dei dissidenti… Se si manifesta un fatto politico molto rilevante, se cioè una parte rilevante di Pdl dovesse distaccarsi da Berlusconi, dalle posizioni estremistiche che oggi prevalgono e fare una scelta europea, allora questo dovrebbe essere considerato, perché potrebbe configurare uno scenario politico nuovo. Un’alleanza politica che non sarebbe più quella delle larghe intese con Berlusconi ma una cosa nuova”.

Al contrario, “ma se contiamo di poter sopravvivere contando sul voto di qualche dissidente, sinceramente non credo che una prospettiva di questo genere sarebbe plausibile. O matura uno scenario politico nuovo, che effettivamente possa far pensare ad un rilancio politico, oppure due priorità: legge di stabilità e nuova legge elettorale e dopodiché si va al voto. Non sono un fan di elezioni anticipate, ma a volte sono una via d’uscita democratica”.

“Il suicidio della Repubblica, responsabile è Bersani”, così Grillo attacca il leader del Pd

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Il Pdmenoelle consulta «solo Berlusconi per proporre D’Alema, Amato, Violante come ruotino di scorta o un presidente dell’inciucio. Un loro settennato consegnerà l’Italia alla dissoluzione non solo economica, ma anche come Stato unitario. È bene saperlo. Ognuno si prenda le sue responsabilità». Beppe Grillo non ha mezze parole e dal suo blog attacca la vecchia politica che sta tentando di fare l’ennesimo compromesso. Poi il leader del M5S continua «Gargamella ha già deciso. Ha fatto le Berlusconarie. I votanti erano due: lui e lo psiconano. Sono stati scelti D’Alema e Amato, personaggi di garanzia giudiziaria al posto di una figura di garanzia istituzionale». Così Beppe Grillo, che accusa: «Per Bersani è il suicidio della Repubblica di cui lui e solo lui sarà il responsabile».

L’immagine scelta è quella di un Nerone che dà fuoco al Parlamento con le sue scelte poco appropriate. D’altra parte Bersani non ha più chance, tornare alle urne per lui sarebbe un suicidio. Il partito è diviso, il Pdl guadagna consensi ogni ora che passa e Grillo è l’outsider che fa sempre paura, anche se ora si parla di un ridimensionamento dei consensi. Quindi il compromesso sul presidente si deve fare a ogni costo e non può interessare un nome nobile come quello della Gabanelli serve un nome che “protegga e conservi intatti i privilegi”. Un uomo che si pieghi e che sappia tendere la mano anche a un governo di “larghe” minoranze. Che poi al popolo non piaccia questo alla politica non importa… prima di tutto la tutela dei partiti, poi il mantenimento della casta e per finire l’eliminazione dei personaggi scomodi!

Il Paese può attendere… chi ha fretta si suicidi!

Massimo D’Alema visto da Travaglio

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Berlusconi sta cercando di scegliere uno della sinistra che possa poi, se il caso lo richiede, sconfessare, quindi andrebbe bene anche:

Massimo D’Alema:  D’Alema potrebbe essere per lui un’ottima soluzione infatti è un candidato forte di Berlusconi, naturalmente. D’Alema è quello che tutti sappiamo, è l’uomo della bicamerale, è uno delle incarnazioni della casta è l’uomo che si è impicciato in varie vicende finanziarie che hanno contribuito a distruggere o a indebolire almeno, il nostro sistema economico, pensate soltanto alla privatizzazione a debito fatta per la Telecom nel 1999 con i famosi capitani coraggiosi, capitani senza capitali però che si fecero prestare i soldi dalle banche e riempirono la Telecom di debiti e la lasciarono come un colabrodo al loro successore. Era un gruppo di finanzieri, di raider che era stato proprio creato in laboratorio in quella che Guido Rossi chiamò la Merchant Bank dove non si parla inglese. Era Palazzo Chigi sotto il governo D’Alema con la fattiva collaborazione anche di Bersani e di altri geni della politica finanziaria di sinistra. Da allora poi abbiamo avuto il caso Unipol, il caso Monte Paschi, nei quali comunque un partito di cui D’Alema ha sempre conservato il pacchetto di azioni di maggioranza, ha la sua responsabilità quantomeno politica. Vorrei chiarire che oggi non si parla di questioni penali, perché nessuno dei candidati ha in proprio vicende penali. Quindi stiamo parlando di errori, tragedie a volte politiche, morali, parliamo di correttezza, non parliamo di reati, parliamo di conflitti di interessi, non parliamo di delitti.
D’Alema quindi, lo conosciamo molto bene e è inutile spendere altre parole se si vuole ricordare lui sì che un processo lo ha avuto, ha avuto una prescrizione per una tangentina, nemmeno tanto piccola, visto che era degli anni 80, di 20 milioni di lire da un costruttore legato alla Sacra Corona Unita, il re delle cliniche pugliesi, Cavallari. Uno che aveva anche il vizio di fare manganellare i sindacalisti della C.G.I.L. che facevano il loro lavoro dentro le sue cliniche da Mazzieri della criminalità organizzata, travestiti da infermieri o da sindacalisti gialli. D’Alema accettò un finanziamento illecito, perché poi non lo registrò e andò tutto in prescrizione, ma insomma, anche D’Alema sembrerebbe in questo momento non in pole position, non perché Berlusconi non lo voglia, ma perché tanto per cambiare il PD è spaccato in 200 correnti, quindi forse non otterrebbe i voti neanche nel suo partito.

Massimo D’Alema e le azioni Serravalle

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Era il 4 febbraio quando, secondo il Corriere della Sera, l’architetto Renato Sarno, posto sotto interrogatorio dai pm di Monza, ha rivelato che Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano, gli disse: «Io ho dovuto acquistare le azioni di Gavio. Non pensavo di spendere una cifra così consistente, ma non potevo sottrarmi perchè l’acquisto mi venne imposto dai vertici del partito nella persona di Massimo D’Alema».

Penati, contattato immediatamente dal Corriere, nega assolutamente questa versione: «Costretto da D’Alema a strapagare le azioni di Gavio? Non l’ho mai detto a Sarno, nè avrei mai potuto dirglielo perchè non è vero: difendo l’operazione Serravalle fatta nell’interesse della Provincia e destinata ancora oggi a procurarle una plusvalenza. Non c’era alcuna ragione per la quale io dovessi parlare con lui ( con Sarno, ndr) dell’operazione Milano-Serravalle».

Forse solo una mossa politica per screditare un nome in lizza per il Quirinale?

Chi nominerà il Presidente della Repubblica?

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Dopo aver accantonato l’idea di una elezione diretta del Capo dello Stato, spereremmo che almeno fosse il nostro Parlamento a eleggere la più alta istituzione della nostra Repubblica… e se nella forma sarà così, non lo sarà, quasi certamente, nella sostanza! E’ inutile continuare a negare che ci sono uomini, le cui facce sono sconosciute, che hanno messo le mani sull’Europa (basti vedere cosa sono stati capaci di fare in Grecia e come hanno “suicidato” Cipro). Quel potere silenzioso che ha prima imposto l’unificazione, facendocela immaginare come gli Stati Uniti D’Europa per poi rivelarsi una dittatura economico-finanziaria pronta a sacrificare cittadini dell’area mediterranea per mantenere i privilegi dei cittadini del nord Europa.

Quale potrebbe essere quindi un Presidente della Repubblica che non sia scomodo a questi poteri? Probabilmente un Amato, un Prodi o un D’Alema. Uomini che conoscono i meccanismi e che sono pronti a compromettersi per il bene comune dell’Europa. Ma gli italiani veramente voterebbero questi nomi? Sicuramente è impensabile che potrebbero ambire alla carica massima dello Stato se ci fosse stata l’elezione diretta… Sono stati già abbondantemente bocciati in precedenza e di conseguenza i loro nomi vengono indicati da un potere estraneo alla democrazia e che li impone esclusivamente in funzione del progetto euro finanziario che deve fare da apripista al governo finanziario mondiale. Nel silenzio più assoluto delle istituzioni, incapaci di contrastare un potere così forte come quello che si è generato soprattutto in Europa e che ha tolto la sovranità agli Stati, uno di questi uomini verrà eletto come Capo di Stato. Quali sono i requisiti per ambire a questi titoli? Forse proprio Ciampi ne è la personificazione più forte. Entusiasta dell’euro, pronto a svendere l’Italia insieme a Prodi in nome di quella moneta unica che ci ha portato sul lastrico. In tempi più recenti abbiamo avuto Monti,  anche lui prono davanti alla Merkel, vera espressione di questo potere economico finanziario, capace di strangolare gli italiani senza rimorsi per rendere “credibile” il nostro Paese agli occhi dell’Europa. Ma l’Europa è credibile agli occhi degli italiani? A chi importa se gli italiani vogliono una politica diversa? A chi importa alzare la voce in Europa per il benessere dei cittadini? Chi sarà Presidente dovrà garantire solo la piena aderenza al potere nascosto dietro a indici occulti come lo spread o l’indebitamento dello Stato (che ancora oggi non si riesce a capire a quando ammonta… tra esodati non calcolati, debiti contratti con le piccole imprese completamente cancellati dalle stime di Bankitalia e il paniere italiano che contiene beni del tutto superati o inutili per cercare di arginare l’inflazione).

La presidenza italiana sarà quindi scelta dalla Bilderberg.

 Che cosa è il club Bildeberg? E’ una sorta di gruppo di “potenti”, una massoneria all’ennesima potenza che si riunisce durante l’anno, a porte chiuse, e affina le politiche che dovranno guidare gli stati fino al prossimo incontro. E se qualcuno non rispetta le direttive? Semplice succede come in Grecia o a Cipro… Mario Monti che ha partecipato all’ultimo incontro tenutosi a novembre a Roma all’Hotel de Russie ha affermato che “Il club Bilderberg non è una setta segreta. Magari qualche politico italiano ci andasse! Ci aiuterebbe ad uscire da un isolamento politico e culturale italiano”. Negli anni hanno partecipato alle “riunioni” Enrico Letta, Lilli Gruber, Franco Bernabè, Fulvio Conti, John Elkann, Giulio Tremonti, Mario Draghi, Romano Prodi…

Le aziende aspettano, i parlamentari prendono la liquidazione!

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Gli imprenditori aspettano mentre i mandati per le liquidazioni degli ex parlamentari sono già pronti. Sono 600 che stanno per ricevere l’accredito e si parla di una spesa di circa 3 milioni di euro! Mentre i lavori del Parlamento vanno a rilento per mancanza di materia prima, tipo un governo, i contabili stanno completando i calcoli di quanto spetti ai “trombati” dall’ultima legislatura. Naturalmente questa è solo la seconda tranche perché i vitalizi sono separati e sono già stati erogati.

In cima alla lista c’è Gianfranco Fini: il suo detassato trattamento di fine rapporto, vale 250mila euro. Ma a dimostrare che l’unica cosa davvero trasversale a tutti gli schieramenti sono i privilegi, sul podio sale Massimo D’Alema con 217mila. Stessa cifra per Livia Turco (Pd) e Domenico Nania (Pdl). Ma non trascurabili anche i gruzzoletti di Roberto Maroni (175mila euro), Franco Marini (Pd) 174mila euro, Beppe Pisanu (Pdl) (157mila euro) e Antonio Di Pietro (58mila euro). Non fatevi ingannare dalle cifre “modeste” di questi ultimi: avevano già ricevuto una liquidazione al tempo dell’interruzione del loro mandato.

Nessuno ha rinunciato alla propria liquidazione, ma a cosa serve la liquidazione del parlamentare? Bisogna sottolineare che la cifra viene costituita dalle trattenute che ogni parlamentare ha versato durante il suo mandato. Soldi, comunque, stanziati dal popolo italiano per creare un “assegno di reinserimento“. Sì, perché la liquidazione venne pensata per permettere al parlamentare di tornare alla società civile dopo aver prestato la sua opera al servizio del suo Paese. Pensiero stupendo, direbbe Patty Pravo, ma del tutto ipocrita nel momento in cui il parlamentare diventa politico di professione e smette di “esercitare” in tempo per la pensione (o per il vitalizio). Oppure passa da un incarico all’altro, come Maroni, già comodamente reinserito sulla poltrona di presidente della Regione Lombardia.

E così mentre imprenditori e professionisti aspettano diligentemente che, dopo aver eletto un Parlamento, si proceda con lo scegliere un governo che tra le prime cose sblocchi i pagamenti per lavori che hanno già svolto (e per cui hanno il più delle volte anticipato le tasse), i vecchi della Casta passano all’incasso. Perché sotto il cielo di Roma, il tempo scorre un po’ così. E l’ora della busta paga scocca puntuale per tutti, ma per qualcuno un po’ di più.

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D’Alema e l’attentato alla democrazia da parte della corruzione!

massimo d'alema-direzione generale-tuttacronaca

Rinnovamento sì, ma non quello che si è fatto. Un Pd che deve cambiare, ma non nella direzione che ha preso. Poi parla dell’attentato alla democrazia operato dalla corruzione, di cui sicuramente il Pd è stato parte lesa, ma comunque è un fattore da considerare. E poi l’inciucio è percepito come debolezza.

L’analisi di D’Alema dopo il “NO” di Grillo!

massimo d'alema - grillo -elezioni 2013

Arriva l’analisi anche di chi queste elezioni le aveva vissute dal di fuori anche se con uno sguardo privilegiato perché quel mondo lo capisce e lo conosce fin troppo bene. D’Alema analizza un voto che era prevedibile, ma che è stato largamente ignorato. Grillo, si pensava, ruba i voti  alla destra. Invece ha prosciugato il Sel e ha preso voti anche al Pd. Si è fatto interprete di un disagio sociale che nessuna forza politica in questo momento poteva ascoltare… Tutti presi dal pareggio di bilancio, dalla disoccupazione giovanile e nessuno che affrontasse la questione del mezzogiorno o della piccola e media impresa. Tutti troppo succubi dell’Europa, tutti troppo attenti allo spread, tutti a guardare i mercati finanziari e nessuno che volgesse lo sguardo su un treno dei pendolari o sul pignoramento di una prima casa. Ora D’Alema auspica un governo con Grillo, anche dopo i battibecchi di ieri. Una presa di coscienza reciproca e di trovare una linea comune nella quale effettuare le prime riforme e poi tornare alle urne. Auspica anche un colloquio con Monti:

«Naturalmente, non sottovaluto il ruolo del centro di Monti, ma occorre rivolgersi alle forze che, per il peso del consenso ricevuto, sono indispensabili a garantire la governabilità del Paese. Mi dispiace che Monti abbia fatto una campagna elettorale come se i problemi del Paese fossero rappresentati da una sinistra non abbastanza riformista, non vedendo che razza di ondata stava per abbattersi sul Paese. Una violenta reazione di matrice populista, con un duplice segno: di critica all’Europa e anche al sistema politico italiano. Attenzione, entrambe le critiche hanno un fondamento, sono le risposte che non sono convincenti. In mezzo a tutto questo sommovimento, Monti pensava di fare l’ago della bilancia, quando invece il problema era fare argine alla destra e al populismo».

E quando gli viene chiesto se è ancora possibile recuperare i voti dei grillini la sua risposta è inequivocabile: «È presto per valutare le posizioni che alla fine verranno prese. Mi pare di vedere una certa difficoltà e anche, inevitabilmente, una tendenza a fare tattica. Mi pare anche che questa posizione di Grillo incontri qualche perplessità nel suo stesso mondo. Vedremo…».

 

 

 

Renaissance for Europe approda a Torino, atteso anche Bersani

L’ambizione dell’iniziativa promossa dalla FEPS “Renaissance for Europe”, è quella di coinvolgere leader e cittadini progressisti in un dibattito politico concernente lo stato dell’Unione e le direttive d’integrazione auspicate.
Il disegno del progetto riflette il fatto che le popolazioni europee sono sempre molto legate alla promessa di pace e prosperità che l’Unione Europea ha costantemente rappresentato.

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Il teatrino della politica su MPS

MPS FA TREMARE ANCHE L’ALLEANZA CASINI – MONTI: Antonio Monaci si oppose al rinnovamento del Mps e ora è candidato con Monti. Ma Casini non ne vuole sapere ”Chiedetelo a Monti non certo a me. Io sono candidato al Senato. Lo chieda a loro perché è stato candidato”

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Dai Monti alle valli la polemica MPS non risparmia colpi!

E’ il turno di D’Alema, che dopo la più falsa delle rottamazioni, torna in prima linea con il Pd: “Il professor Monti, che ora punta il dito contro di noi, ha preso quello che fino all’ultimo ha sostenuto la vecchia gestione di Mps e ha contribuito a rovesciare il sindaco di Mps, e lo ha messo nella sua lista elettorale. E si mette pure a farci la morale”.

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Sulla corsa del Prof arriva la bocciatura del Financial Times.

 

Il Prof. Monti è stato bocciato dal Financial Times e questo piace ai politici italiani. Da La Russa a D’Alema tutti contenti e felici per il GRANDE RIFIUTO del Financial Times. Ma perchè non facciamo il partito del Monti contro tutti?

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