
Tre anni fa a Grasse, morì, Daniele Franceschi, 36enne, detenuto nel carcere della Costa Azzurra. Molti dubbi ancora aleggiano intorno a questa morte, mentre ne avviene una seconda. Il carcere è sempre lo stesso e il condannato è sempre italiano.
“Attacco di cuore? Era giovane e sano. E mi domando se, in caso di malore, sia stato assistito a dovere”, dice Giancarlo, padre di Claudio Faraldi, il ventinovenne di Ventimiglia morto mercoledì scorso a Grasse solleva dubbi sul malore improvviso che ha causato, secondo le fonti ufficiali, la morte del giovane italiano.
Le autorità diplomatiche italiane hanno chiesto di essere tempestivamente informate sull’esito dell’esame autoptico e sull’evoluzione delle indagini che le autorità francesi hanno disposto con l’apertura di un’inchiesta. Claudio Faraldi stava scontando cinque anni per una rapina compiuta nel 2011 in in Costa Azzurra e si trovava nel carcere francese da sei mesi. Claudio aveva un passato di tossicodipendenza ed era anche stato ospite della comunità di San Patrignano da dove però fuggì dopo pochi mesi. “Voglio assolutamente vedere mio figlio prima dell’autopsia che verrà compiuta il 16 maggio”, dice il padre di Claudio, che alcuni anni fa aveva perso la figlia Stephanie.
Cira Antignano, madre di Daniele Franceschi sostiene però i dubbi della famiglia Faraldi. Lei è convinta che il suo Daniele sia stato picchiato e che non sia stato un semplice malore a causare la morte. Secondo la donna i Faraldo “devono battagliare come ho fatto io fino ad oggi e si devono imporre per vedere il figlio prima che facciano l’autopsia non come è avvenuto per Daniele – dice Cira Antignano -: quando avevano fatto tutto me lo hanno mostrato avvolto in un telo senza che potesse essere fatta chiarezza fino ad oggi della sua morte. Anche per Claudio, come per Daniele, attribuiscono la morte a problemi cardiaci, mi sembrano versioni che non stanno in piedi. Sono vicina a questa famiglia, perché comprendo il loro dolore e mi unisco anche a loro e agli altri che vogliono giustizia, perché dobbiamo far sentire forte la nostra voce”

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