L’imputato è un inserviente bresciano di un asilo accusato di violenze sessuali su quattro bambini, che sarebbero state commesse nel 2001.
Sentenze, fra Brescia e Milano:
nel 2004 il tribunale lo condanna a 15 anni.
Nel 2006 la Corte d’Appello conferma la condanna.
Nel 2007 la Cassazione annulla la sentenza.
Nel 2008 nel processo bis la Corte d’Appello lo assolve.
Ma la Cassazione nel 2009 annulla l’assoluzione.
Processo tris: nel 2011 la Corte d’Appello lo assolve di nuovo.
Nel 2012 la Cassazione annulla ancora l’assoluzione.
Processo quater nel 2013: Corte d’Appello condanna a 13 anni.
Si attende ora il verdetto della Cassazione.
Sarà il nono grado di giudizio. Per fare un paragone con processi super controversi della nostra storia, per la strage di Piazza Fontana ci sono stati 8 gradi di giudizio, per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi 7 gradi.
Il caso, spiega Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera, è finito alla corte di Strasburgo
“Tralasciando il merito intricato di una vicenda delicatissima che a quasi 12 anni dai fatti afferra ancora non solo l’imputato ma anche le parti civili dei bimbi e delle loro famiglie, la difesa ora sperimenta due questioni più generali: una sulla tenuta della regola della condanna solo se «oltre ogni ragionevole dubbio», e l’altra sull’apparente impossibilità di prospettare alla giustizia europea una eventuale durata irragionevole del processo italiano se prima il processo stesso, in un gioco di rimbalzi di annullamenti e controannullamenti, non finisce mai perché mai diventano definitive o l’assoluzione o la condanna.
Sul primo versante il professore Guglielmo Gulotta, specie dopo l’archiviazione di tre iniziali coindagati nella scuola e l’assoluzione di altre tre coimputate, pone a raffronto la peculiare sequenza di altalenanti decisioni con il secondo comma dell’articolo 530 del codice di procedura, in base al quale il giudice è obbligato a pronunciare sentenza di assoluzione non solo quando «manca la prova» che il fatto sussiste, ma anche quando questa prova è «insufficiente o contraddittoria»: e allora, nella prospettiva della difesa, già questa «massa eterogenea di decisioni tra loro diametralmente opposte», con differenti principi di valutazione della prova additati perfino dalla stessa sezione di Cassazione in due diversi giudizi (ovviamente con giudici diversi) a proposito del possibile «contagio dichiarativo» tra bimbi o fra bimbi e genitori, sarebbe dimostrazione del fatto che una eventuale nuova condanna non potrebbe superare la soglia dell’«oltre ogni ragionevole dubbio» disegnata nel tempo dalla giurisprudenza di legittimità.
La seconda questione appare più concreta e verte sul principio della «ragionevole durata» del processo, sancita dall’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) e incorporata dall’articolo 111 della Costituzione italiana. Un numero secco per stabilire quanti anni sia «ragionevole» che duri un processo non esiste e nemmeno potrebbe esistere, dipendendo dalla combinazione di una pluralità di fattori come la complessità del caso, il comportamento dell’imputato, la condotta delle varie autorità giudiziarie. E un imputato può dolersi davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo della pretesa irragionevole durata del suo processo soltanto quando abbia finito di utilizzare tutti i rimedi (non solo presenti in teoria ma anche effettivi in concreto) offerti dall’ordinamento del suo Paese, quindi in Italia per definizione solo quando abbia esperito tutti i gradi di giudizio sino al passare in giudicato definitivo di una sentenza in Cassazione. Ma il sistema italiano non ha una norma di chiusura che scongiuri l’eventualità che un processo non approdi mai a una conclusione in un tempo ragionevole a causa dei possibili ripetuti annullamenti con rinvio da parte della cassazione, e delle successive impugnazioni delle sentenze di merito di condanna (da parte della difesa) o di assoluzione (da parte dell’accusa).”
E’ stata intervistata da Radio24, nel corso del programma Mix24, il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri che, alla domanda se fosse possibile che un’eventuale proposta di amnistia e indulto riguardi Silvio Berlusconi ha risposto “penso proprio di no”, assicurando anche di non aver avuto “nessuna pressione dal Quirinale”. Non è la prima volta che il ministro Cancellieri respinge l’ipotesi che l’ex premier leader del Pdl possa beneficiare di un eventuale indulto o amnistia. “E’ una falsa idea”, aveva detto in occasione dello scontro tra il M5s e il Colle dopo l’apertura di Napolitano alle misure straordinarie per risolvere l’emergenza carceri. Il ministro ha proseguito spiegando che “Ho le idee chiare sulla legge da proporre”, sottolineando che il target potrebbe toccare 20mila detenuti, come avvenuto in casi precedenti, e aggiungendo che il termine dei “quattro anni potrebbe essere una traccia”. Ha quindi aggiunto: “Risolveremo i problemi delle carceri rispettando i termini”, ha spiegato il ministro in merito alla scadenza del maggio 2014 imposta dalla Corte di Strasburgo sull’emergenza del sovraffollamento carcerario. Il ministro ha quinid concluso: “La giustizia spettacolo è un problema: in questi anni ci sono stati eccessi, momenti pesanti, ma non dimentichiamo quello che ha funzionato”. “Tortora è il caso che ha fatto più male, il primo e il più doloroso. Poi ce ne sono stati altri, ma non facciamo nomi”, ha aggiunto.
L’esercito è in campo, ma stavolta non è l’esercito di Silvio, ma quello dei figli di Berlusconi. A cena portano i documenti che servono per la richiesta ufficiale di grazia al Presidente, ma il leader del Pdl non vuole ancora mollare, almeno “per ora”. La strada è diventata un sentiero accidentato e sembra quasi che non ci siano neppure scappatoie nel sottobosco politico. O il voto in giunta con probabile esito negativo, almeno stando ai sondaggi e alle previsioni, e quindi decadenza da senatore e rottura delle larghe intese oppure l’alternativa è quella della grazia al Capo dello Stato e l’uscita di scena dal teatro politico. Questa seconda ipotesi sembrerebbe rappresentare alcuni vantaggi anche per la famiglia, primo fra tutti la salvaguardia delle aziende. Quella grazia chiesta dai figli sarebbe per Berlusconi un grande vantaggio anche perchè da solo non può chiederla in quanto, significherebbe, in qualche modo riconoscere la propria colpevolezza. Secondo Il Giornale “Per questo i i cinque figli come le dita di una mano, si sono fatti avanti a a formulare la richiesta al Presidente della Repubblica. Una mossa suggestiva che avrebbe sicuramente un impatto non indifferente sulle istituzioni che avrebbe anche un valore di protezione verso un padre così vulnerabile”.
Come si legge su La Repubblica:
Non ci sono più condizioni per evitare il voto in giunta e poi in aula, qualsiasi trattativa coi democratici appare preclusa. Il diktat lanciato da Villa San Martino è allora di combattere a Sant’Ivo alla Sapienza giorno per giorno. Cercare di strappare giorni, settimane, magari un mese prezioso. Ed è quello che i suoi iniziano a fare in ufficio di presidenza della giunta fin dal pomeriggio. Ottengono poco o nulla, ma oggi si riprende. Con quale obiettivo? Quel che gli avvocati Ghedini e Longo gli spiegano a più riprese è che con molta probabilità il presidente della Repubblica Napolitano si ritroverebbe con le mani legate se nei prossimi giorni arrivasse un voto definitivo dell’aula di Palazzo Madama che sancisse la decadenza. Con difficoltà, è la tesi, potrebbe procedere alla commutazione della pena detentiva (domiciliari o servizi sociali) in pecuniaria, ancora meno a una grazia, in presenza di un voto parlamentare. Molto meglio se la decadenza seguisse, automatica, l’interdizione che il 19 ottobre la Corte d’Appello di Milano dovrà infliggere (da uno a tre anni)”
Quindi un futuro nero sarebbe quello che si prospetta davanti agli occhi dell’ex Premier e che non lascia molti raggi di luce. Sempre su La Repubblica si legge:
È in questo clima che i figli sono tornati alla carica. A metterlo alle strette. Per tutto il giorno è rimasto blindato a Villa San Martino proprio con i loro, mentre un via vai incessante di avvocati conclamava la gravità del momento. Nessuna voglia di parlare con i dirigenti Pdl, non sono loro a poterlo salvare, non la politica ormai. Raccontano che Marina, Piersilvio e Barbara si siano presentati ieri sera a cena portando poche cartelle da loro controfirmate con la richiesta ufficiale di grazia al capo dello Stato. Il gesto estremo e clamoroso della famiglia.
Da accompagnare, inevitabile, con le dimissioni dalla carica di senatore, prima di qualsiasi pronunciamento della giunta delle elezioni. Un atto di «responsabilità e coraggio», gli chiedono i figli più grandi. Lui resiste, non accetta. «Non vi autorizzo a presentarla, non è il momento, non ora» sarebbe stata la reazione a caldo. Ma la richiesta è lì sul tavolo. E ci resta. «Non lo farà» giura Angelino Alfano parlando a chiusura della festa “Controcorrente” del Giornale a Sanremo. Berlusconi resta in silenzio e spaesato, smarrito, «non sa in realtà che fare» confida chi gli ha parlato.
Laura Boldrini, presidente della Camera, ha sospeso la seduta dopo che l’Aula ha approvato il ddl che istituisce il Comitato parlamentare dei 40 per le riforme costituzionali e prevede una deroga all’articolo 138. I deputati pentastellati avevano organizzato un flash-mob proprio in occasione della votazione: nell’Aula sono stati esposti dei manifestini tricolori con la scritta “No deroga art 138” prima del voto, poi rimossi dai commessi su indicazione della Boldrini. A quel punto i deputati di M5S sono rimasti con le mani in alto, ben visibili, mostrando la scritta “ART 138” e mantenendo la posizione per tutto il tempo della votazione. Dopo di che, il presidente è stato costretto a sospendere la seduta: “Così non si può continuare, convoco la conferenza dei capigruppo”. Durante la protesta, da più parti si sono innalzate grida di “buffoni, buffoni!”, con un acceso Bianconi (Pdl) che è stato richiamato. Dopo il voto, un applauso dai banchi del Pd, cui i grillini hanno risposto con un ironico battimani. Viste le polemiche, anche a seguito della protesta dei 5 Stelle sul tetto di Montecitorio, alcuni pentastellati hanno mimato il gesto delle manette rispondendo “arrestate i ladri”, fatto che ha fatto infuriare ulteriormente il popolo pidiellino. Ora Laura Boldrini deciderà se applicare delle sanzioni. Nel frattempo i grillini continuano a ripetere: “Il M5S non è contrario a ogni riforma costituzionale. Sogniamo un Paese in cui il popolo comandi e il governo obbedisca. Ma le riforme costituzionali che vogliono fare i partiti vanno esattamente nel senso opposto: togliere ulteriori poteri a un Parlamento già esautorato e conferirli nelle mani di pochi”.
Era il 2011 quando in Galleria Vittorio Emanuele, a Milano, fece la sua apparizione un manichino raffigurante Silvio Berlusconi. Il “corpo” era steso in una pozza di sangue finto e con un taglierino stretto in mano. Sul petto, la dicitura “Artentato”. I ragazzi che avevano posizionato il manichino, tutti con il volto coperto da un cappuccio, in un messaggio spiegavano che l’ex premier era solo ”La punta dell’iceberg di un sistema immobile che non è in grado di risolvere la crisi. L‘Italia non ce la fa più”. A distanza di quasi due anni (il manichino in quell’occasione comparve il 27 ottobre) il fantoccio rappresentante Berlusconi è tornato a Milano. Questa volta è stato trovato “impiccato” a un albero in piazza XXIV maggio. Accanto a lui un messaggio lapidario, redatto su dei fogli A4: ”La decadenza di Berlusconi, non impiccate l’Italia”. La polizia ha provveduto a rimuovere il manichino accanto al quale appariva la scritta “Artentato n.3″ e ora indaga per risalire agli autori dell’installazione, rivendicata anche questa volta dalla Brigata Artistica che torna a prendere di mira Berlusconi dopo la parentesi contro i veli e i burqa. L'”Artentato n.2”, infatti, comparso il 3 dicembre 2011, rappresentava una donna velata crocifissa che era stata appesa sul tetto del Mondadori Multicenter in piazza Duomo, ancora una volta a Milano.
Berlusconi e le 50 sfumature… peggio delle 7 vite dei gatti! E così Travaglio ospite in collegamento da Lilli Gruber durante l’intervista in studio della senatrice Casellati del Pdl fa notare come sia “assurdo” chiedere l’incostituzionalità di una legge dopo averla votata e approvata. Travaglio parla di una vera e propria elemosina che dall’Italia ora approda in Europa. Ma la senatrice pidiellina risponde come di rito: la retroattività della legge non è applicabile né costituzionale, perché le leggi penali non possono essere retroattive. Poi c’è anche l’invocazione che ripercorre il totale di tasse pagate da Berlusconi e come sempre tale numero viene preso a esempio della presunta “correttezza” nel pagamento delle imposte… ma proprio su questa frase si scatena l’ira di Travaglio che attaccandosi alla frase della Casellaro che afferma “Io ho letto tutti gli atti” e il giornalista replica “Mi dispiace per i suoi clienti, se li capisce così” e apre un dibattito sull’attitudine alla comprensione della Casellati. Marco Travaglio esplode poi chiamando “putta***e” quelle che dice la senatrice, e vorrebbe interrompere il collegamento, la Casellati replica che se ne vuole andare e a quel punto è Lilli Gruber a dover ristabilire la calma… Alla fine la trasmissione finisce con una disquisizione “Silvio pregiudicato o gran signore?”
Le 50 sfumature di Silvio proseguono… nella Giunta del Senato domani a partire dalle ore 20.00! Pop corn per tutti?
Si è riunita la Giunta delle Elezioni e delle Immunità del Senato con all’ordine del giorno il caso della decadenza di Silvio Berlusconi da senatore in seguito alla sentenza definitiva di condanna per il caso Mediaset. Prima di svolgere la relazione, il pidiellino Andrea Augello avrebbe posto tre questioni pregiudiziali: il partito punta a chiedere un rinvio per esaminare i tre temi sollevati dal senatore (l’ipotesi di un ricorso alla Consulta, il rinvio alla Corte europea di giustizia e la questione dell’interpretazione del merito della legge Severino) ma le voci che si alzano dal Pd si oppongono. Tra queste Pezzopane che ha detto “No a rinvii senza senso”.Secondo le prime indiscrezioni, una considerevole parte della relazione di Andrea Augello si incentrerà sulla necessità di sottoporre gli aspetti della retroattività della legge Severino al vaglio della corte di giustizia europea che ha sede in Lussemburgo. Stando a quanto si apprende ,qualche giorno fa Augello ha inviato una nota ai membri della Giunta nei quali accennava a grandi linee i punti affrontati nella sua relazione. Per il democratico Casson, che ha parlato con i cronisti prima di entrare in giunta, il ricorso di Silvio Berlusconi alla corte di Strasburgo è “chiaramente non ricevibile perché ci vuole un provvedimento definitivo che in questo caso non c’è. Il fatto che ne stiamo discutendo vuol dire che non c’è provvedimento definitivo”. Da parte sua, il pentastellato Vito Crimi ha annunciato in Facebook che non farà “il live blogging della giunta al fine di non fornire alcun pretesto a coloro che potrebbero usare tale scusa per perder tempo con sterili e inutili polemiche.”
Prima di entrare nella Giunta delle Elezioni, anche il senatore di Scelta Civica Benedetto Della Vedova ha parlato con i giornalisti spiegando “Che la legge Severino fosse retroattiva, come altre leggi sull’elettorato passivo, era una cosa chiarissima tanto è che nessuno ha mai sollevato obiezioni”. Ha poi spiegato: “Io la legge l’ho votata convintamente come i colleghi del Pdl e prescindendo dal caso in questione. Era la legge liste pulite, la risposta all’opinione pubblica per quello che era successo”, sottolineando “se non valesse il cosiddetto principio di retroattività significherebbe che abbiamo scherzato, significherebbe cioè, per fare dei nomi a caso, che Lusi, Belsito, Fiorito, avendo fatto le cose che hanno fatto prima dell’entrata in vigore” della legge Severino” sarebbero comunque candidabili. Anche il Cittadino a 5 Stelle Giarrusso ha condiviso la sua opinione con la rete prima dell’inizio dei lavori: “In giunta per le elezioni e le immunità per far rispettare la legge e rimettere sulla giusta strada questo paese”.
Da quanto viene riferito, le questioni pregiudiziali presentate dal Pdl alla legge Severino saranno votate prima della relazione di Andrea Augello sul caso Berlusconi. Lo si apprende da fonti presenti in giunta. È probabile che non si voti oggi, in ogni caso per Silvio Berlusconi si allungano i tempi. Intanto, sul sito Facebook dei senatori pentastellati si legge: “Notizie dalla giunta per le elezioni. Il relatore Augello (pdl) si rifiuta di presentare conclusioni e avanza solo questioni pregiudiziali ex articolo 93 del regolamento del Senato. Vuole solo perdere tempo”. Messaggio ribadito in Twitter:
L’ANSA, nel frattempo, ha raccolto un’indicazione da fonti della Corte europea dei diritti dell’uomo secondo la quale la prima valutazione sull’ammissibilità del ricorso presentato da Silvio Berlusconi “potrà arrivare non prima di tre-quattro mesi”.
Da fonti Pd in giunta, si apprende che il Partito Democratico ha chiesto e ottenuto che il voto che ci sarà sulle pregiudiziali alla legge Severino equivalga al voto sulla relazione di Andrea Augello. Lo si apprende da fonti del Pd in giunta.
Mentre la Giunta delle Elezioni e delle Immunità del Senato prosegue, Mariastella Gelmini esprime la sua opinione via Twitter: “Spero che il custode e l’interprete del diritto per il Pd non sia Casson o finisce male…”.
E’ stato reso noto, nel frattempo, che mercoledì 11 settembre alle 13 ci sarà una riunione dei gruppi del Pdl, Camera e Senato, alla presenza di Silvio Berlusconi. In una pausa dei lavori della Giunta il senatore Psi Enrico Buemi ha fatto sapere: “La giunta non sta discutendo, sta ascoltando il relatore. Siamo a due terzi della relazione e mi sembra impossibile che si arrivi a un voto oggi”. Anche sulla pagina Twitter di Senato 5 Stelle viene sottolineata la lentezza con la quale Augello sta leggendo la relazione:
Spiega Giarrusso: “L’unico testo che c’è stato presentato sono le 3 pregiudiziali. Adesso è in discussione l’ultima, poi ogni gruppo avrà 10 minuti per intervenire. Noi chiederemo che sulle pregiudiziali si voti questa sera stessa e, in caso di voto contrario, che il relatore venga sostituito. Credo che il Pd sia sulle nostre posizioni, ma bisogna chiederlo a loro. Il Pdl punta a un rinvio del voto chiedendo tempo per approfondire il testo di Augello, e anche in caso di bocciatura, Augello ha fatto capire che andrà avanti nel suo lavoro di relatore. Ma noi non siamo di questo avviso. Il Pdl presumo voglia chiedere 3 voti distinti su ogni pregiudiziale, ma il voto per noi deve essere unico”. Il voto, però dovrebbe arrivare domani mattina. Come spiega l’Huffington Post, “La scelta del Pdl di presentare tre pregiudiziali, di fatto anticipa il giudizio della giunta sull’operato del relatore Augello. Ciascuna pregiudiziale contiene infatti il mandato della giunta ad Augello affinché a nome della giunta proponga il ricorso alla Corte costituzionale e alla corte di Lussemburgo.” Qualora le pregiudiziali fossero respinte, Augello si dimetterebbe da relatore e ne sarebbe nominato un altro, espressione della nuova maggioranza. Pd e m5s sono favorevoli a votare quanto prima ma bisogna attendere anche gli interventi dei gruppi, calcolati in 10 minuti ognuno. Inoltre, Augello ha chiesto tempo per presentare anche gli allegati. Al riguardo, c’è generale intesa a consentirgli di produrre gli allegati, a patto che la seduta di questa sera venga aggiornata a domani, non come nuova seduta, ma come seguito di quella odierna. Domani quindi potrebbe esserci il voto.
Intanto Giovanardi ha dato la sua motivazione sul perchè la Legge Severino non è applicabile al Senatore Silvio Berlusconi, nonostante sia stata già applicata a trentasette consiglieri regionali e comunali, ma “B. è un senatore non un consigliere regionale”:
Quando sono già passate le 19, il Pdl insiste per una sospensione dei lavori mentre Pd e Movimento 5 stelle, così come il presidente della Giunta della Giunta per le Immunità del Senato, Dario Stefano, sono d’accordo sul fatto che ci sia un voto unico, comprendente un giudizio sulle pregiudiziali alla legge Severino e sulla relazione di Andrea Augello. Sul fronte del Popolo della Libertà, Elisabetta Alberti Casellati ha proposto una sospensione per studiare le carte, Lucio Malan ha annunciato la presentazione di un’ulteriore pregiudiziale e anche Giacomo Caliendo insiste sul fatto che non si può procedere con voto unico.
Al tg della sera, Schifani ha commentato: “Dalla giunta provengono segnali di muro contro muro. Un inaccettabile atteggiamento da parte del Partito democratico e del Movimento 5 Stelle che addirittura intendono votare entro domani contro le pregiudiziali approfondite e dettagliate formulate dal relatore. Se dovesse succedere questo, non credo che si potrebbe più parlare di maggioranza a sostegno del governo”.
Brunetta ieri aveva annunciato che se la Giunta del Senato avesse accelerato, sarebbero finite le discussioni.
Oggi è tornato a rivolgere un appello al Pd: che lasci la parola alla corte. “Alla fine di questa giornata impegnativa e tesa voglio fare un ultimo appello alla ragionevolezza e al buon senso. Per settimane giuristi e commentatori – di ogni orientamento – si sono confrontati e scontrati sull’applicazione della legge Severino. Il Paese è altrettanto diviso e da entrambe le parti agli argomenti giuridici si sovrappongono le passioni politiche. L’Italia non ha bisogno di ulteriori lacerazioni. Allora, mi domando: perché non lasciare che i dubbi siano risolti dall’unica sede imparziale cui la Costituzione attribuisce questo compito, la Corte costituzionale?” E ancora ha chiesto: “Perché lasciare che il voto, qualunque esso sarà, lasci nell’una o nell’altra parte l’incertezza sulle proprie ragioni? Perché affidare i destini dei prossimi mesi al fantasma del dubbio, che corrode il tessuto della convivenza, impedendo che, invece, gli animi si plachino di fronte ad una decisione cui non ci si potrà non inchinare? Attenzione alle tentazioni di giustizia sommaria – conclude – perché certe ferite, in un Paese così lacerato, non si rimargineranno con facilità”.
Dopo che il presidente della Giunta per le Immunità del Senato, Dario Stefano, ha proposto di aggiornare la riunione alle 12 di domani, si è deciso che la Giunta per le Elezioni e le Immunità del Senato si aggiorna a domani sera alle 20.
Ha varcato i confini nazionali il caso di Silvio Berlusconi e approdato sui tavoli della Corte di Strasburgo per ricorrere all’Ue. Questa è l’ultimo passo con il quale il leader del Pdl cerca di aggirare il problema della decadenza e inficiare la condanna definitiva inflittagli dalla Cassazione. Secondo i legali di Berlusconi nella legge Severino si potrebbe riscontrare la violazione dell’art 7 della Convenzione dei diritti dell’uomo:
Nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso
Il presente articolo non ostacolerà il giudizio e la condanna di una persona colpevole di una azione o di una omissione che, al momento in cui è stata commessa, costituiva un crimine secondo i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili.
Il ricorso arriva a poche ore dalla convocazione della Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato che si riunirà lunedì per discutere sulla decadenza di Berlusconi.
La legge Severino, si legge nel documento di 33 pagine consegnato alla Giunta delle elezioni del Senato, viola l’art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo perché l’applicazione in tema di incandidabilità e decadenza del ricorrente “è contraria al divieto di retroattività delle sanzioni penali”.
Sarà la mossa vincente per ritardare la decadenza?
Saranno gli italiani a pagare la maxi multa da 1 miliardo ai quasi 67 mila detenuti, per violazione dei diritti umani se la situazione nelle nostre carceri non verrà sistemata entro maggio 2014. L’ultimatum è arrivato dalla Corte di Strasburgo la quale richiama l’Italia sulle condizioni base delle carceri: una cella da almeno 4 metri, sufficientemente illuminato e pulito; bisogna inoltre assicurare, tramite le attività sociali all’interno del carcere, che il detenuto passi un buon numero di ore fuori dalla cella.
Cosa succede se il governo Letta non corre ai ripari?
Con una sentenza dell’8 gennaio 2013, la “sentenza Torreggiani“, la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia a pagare 100.000 euro di risarcimento a 7 detenuti che avevano fatto ricorso perché costretti a dormire in troppi in celle minuscole, nelle quali dovevano passare quasi 20 ore su 24 per mancanza di attività sociali nel carcere. Questa somma moltiplicata per tutta la popolazione carceraria è appunto di un miliardo di euro.
Ecco perché il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri, auspica un colpo di spugna: una bella amnistia che riporterebbe in equilibrio le carcere italiane. Ma l’impunità quanto la pagherebbero gli italiani tra furti, rapine, omicidi, prostituzione, droga? Ogni decisione sarà sempre a carico dei cittadini?
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