La sentenza della Corte Costituzionale: quello che resta del porcellum

porcellum-tuttacronacaQuattro ore di camera di consiglio, tanto è servito ai 15 giudici della Corte Costituzionale per approvare il testo della legge elettorale uscita dopo la bocciatura del porcellum. Il plenum ha firmato le motivazioni della sentenza del 4 dicembre 2013 sulla legge elettorale. Dopo la sentenza sull’illegittimità del Porcellum quello che resta della legge elettorale, come spiega la Consulta, è un meccanismo “proporzionale”, “depurato dell’attribuzione del premio di maggioranza” con la possibilità di esprimere una preferenza. “La normativa che rimane in vigore – si legge nella sentenza depositata – stabilisce un meccanismo di trasformazione dei voti in seggi che consente l’attribuzione di tutti i seggi, in relazione a circoscrizioni elettorali che rimangono immutate, sia per la Camera che per il Senato”. Ancora, nelle motivazioni della sentenza sulla legge elettorale si legge che il premio di maggioranza previsto dal Porcellum “è foriero si una eccessiva sovra-rappresentazione” e può produrre “una distorsione”, perchè non impone “il raggiungimento di una soglia minima di voti alla lista”. I giudici evidenziano inoltre che “Per quanto riguarda la possibilità per l’elettore di esprimere un voto di preferenza – evidenziano i giudici -, eventuali apparenti inconvenienti, che comunque non incidono sull’operatività del sistema elettorale”, “possono essere risolti mediante l’impiego degli ordinari criteri d’interpretazione” e “mediante interventi normativi secondari”. Ancora, nelle motivazioni si sottolinea che le liste bloccate lunghe previste dal Porcellum “rendono la disciplina in esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per parte dei seggi, né con altri” che prevedono un “numero dei candidati talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi”. Per la Corte Costituzionale prevale la continuità degli organi di Stato : “Il principio fondamentale della continuità dello Stato”, “non è un’astrazione e dunque si realizza in concreto attraverso la continuità in particolare dei suoi organi costituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento” e tale principio prevale. “Le Camere sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare”. “È evidente – sottolinea la Consulta – che la decisione che si assume, di annullamento delle norme censurate, avendo modificato in parte la normativa che disciplina le elezioni per la Camera e per il Senato, produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale”.

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Il porcellum arriva in Consulta

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La discussione della Corte Costituzionale sulla questione di costituzionalità sollevata sulla legge elettorale inizierà domattina alle 9.30. Lo si apprende da fonti della Corte.

Sembra che la Consulta volesse far slittare la decisione a gennaio, ma è stato lo stesso Presidente del Senato Grasso ad affermare

«I gruppi parlamentari non riescono a trovare un accordo politico, dimostrando di non sentire la marea montante di una rabbia che si riverserà, più forte di prima, contro tutti i partiti». E poi avanza la proposta: «Se lo stallo dovesse continuare, nonostante i recenti sviluppi politici, non esiterò un attimo a sostenere il trasferimento di questo tema alla Camera dei Deputati».

A fargli eco anche Matteo Renzi che su Twitter scrive: «La Corte Costituzionale ha deciso che deciderà se decidere il 14 gennaio. In attesa che decidano loro, ci diamo una smossa noi?».

I responsi della Corte Costituzionale hanno «la velocità di un gasteropodo quando si tratta dei privilegi dei partiti, come è avvenuto per il Lodo Alfano e per la legge elettorale Porcellum», scrive Beppe Grillo sul suo blog dove se la prende però con i rimborsi elettorali e dove sollecita una rapida risposta sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dal procuratore De Dominicis.

Poi attacca i giudici: «Il popolo conta più di 15 persone dell’età media di 75 anni».

Quali sono le conseguenze della decisione che prenderà la Consulta? Queste le ipotesi de La Stampa:

Ipotesi numero 1: la Corte respinge il ricorso. Grande soddisfazione del “Porcellum”, che si salva dal secondo assalto (il primo fu quasi due anni fa, con il referendum dipietrista bocciato proprio dalla Consulta). Ciò non renderebbe l’attuale legge inattaccabile; di sicuro, resterebbe viva la contestazione nei confronti delle liste bloccate, che producono un Parlamento di “nominati”. Sul premio di maggioranza continuerebbe a pesare un forte sospetto di incostituzionalità. Ma da Grillo, da Berlusconi e dallo stesso Renzi, lo stop della Consulta al ricorso verrebbe accolto come un disco verde alle elezioni da celebrare proprio con il “Porcellum”. Magari già nella prossima primavera. Rendendo davvero sovrumani gli sforzi di Napolitano e di Letta.

Ipotesi numero 2: la Corte giudica ammissibile il ricorso. Ciò non significa che lo approverà. In teoria, potrebbe venire bocciato. Però nessuno può avere la certezza di quanto verrà deciso, forse nemmeno gli stessi giudici. L’impressione di chi se ne intende è che dalla Consulta ci si possa attendere davvero di tutto, compreso un annullamento in radice della legge attuale, troppo storta per poter essere raddrizzata, e una “reviviscenza” del “Mattarellum”, vale a dire del sistema in parte maggioritario e in parte proporzionale che fu in vigore fino al 2005.

Dà della “battona” a una escort e la Cassazione lo condanna

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Durante una festa all’Olgiata, a Roma, un imprenditore incontra una escort 40enne  della cui compagnia si era avvalso in passato, che in quell’occasione stava accompagnando un altro uomo d’affari. L’uomole fa delle avances e lei lo rifiuta. L’ira dell’uomo per il diniego appena subito non tarda ad arrivare e immediatamente scatta l’insulto: “È inutile che te la tiri, rimarrai sempre una battona”. Oggi la Consulta dopo un ampio dibattito durato tre gradi di giudizio ha dato ragione alla escort confermando la condanna per l’imprenditore e affermando nella sentenza che “l’espressione ‘battona’ proferita dall’imputato è lesiva dell’onore della querelante” e che la circostanza in cui è stata pronunciata è irrilevante, considerato che la stessa persona offesa ha ammesso “l’effettivo esercizio del lavoro di escort e accompagnatrice”. Ma su cosa si è basata la Corte? Sulla definizione etimologica del termine “battona” che in dialetto romano significa prostituta.   “L’espressione battona proferita dall’imputato è lesiva dell’onore della querelante – scrivono i giudici – a nulla rilevando la circostanza, peraltro ammessa dalla stessa persona offesa, dell’effettivo esercizio da parte di quest’ultima del lavoro di escort e accompagnatrice”

Guido BERTOLASO e Angelo BALDUCCI INDAGATI per il G8 a LA MADDALENA

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Nel giorno della sentenza Berlusconi per il Processo Mediaset arriva la notizia che Guido Bertolaso, l’ex capo della Protezione civile,  insieme ad Angelo Balducci, l’ex presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici, e altre 16 persone sono stati  indagati per  falso in atti pubblici, truffa ai danni dello Stato e inquinamento ambientale per i lavori di bonifica mai realizzati a La Maddalena in occasione del G8 del 2009, poi trasferito a L’Aquila. La notizia questa mattina è stata riportata da La Nuova Sardegna.

 Gli altri indagati per il lotto numero 7, quello che prevedeva la bonifica di uno specchio di mare ampio 60mila metri e costato oltre sette milioni di euro – secondo quanto riferisce il quotidiano sardo – sono l’ex capo della struttura di missione per il G8 Mauro Della Giovanpaola, il direttore dei lavori Luigi Minenza, l’ingegnere e direttore operativo Riccardo Miccichè, il responsabile unico del procedimento Ferdinando Fonti, i due dirigenti della Cidonio Spa, Marco Rinaldi e Matteo Canu, il provveditore per le opere pubbliche, Patrizio Cuccioletta, la componente (con il collega Andrea Giuseppe Ferro) della commissione di collaudo Valeria Olivieri e il segretario della commissione, Luciano Saltari, il provveditore ai lavori pubblici per la Toscana Fabio De Santis, il sismologo già condannato per il terremoto in Abruzzo Gian Michele Calvi, il responsabile nazionale dell’Ispra Damiano Scarcella e Gianfranco Mascazzini, direttore generale della qualità della vita del ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Stando alle indagini portate avanti per oltre due anni dai carabinieri del Noe di Sassari, Guardia costiera e Arpa Sardegna, con la consulenza di un pool di esperti in inquinamento ambientale, i 17 indagati non avrebbero riqualificato l’area anzi avrebbero ampliato l’inquinamento in aree sino ad allora pulite, come ad esempio con la distruzione del “molo Carbone”, che ha visto la demolizione del manufatto, i cui detriti sono stati lasciati sul fondo del mare.

Il Pd ha ancora idea di cosa sia la base e di cosa voglia? La nuova puntata Mediaset

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Sarà forse il caldo o forse davvero c’è stato un gap tra elettori e parlamentari che ormai non è più colmabile. L’ultimo, ma solo in ordine cronologico, a mettere di nuovo un divario tra quello che la base del Pd si auspica nel processo Mediaset e quello che invece si spera fra i parlamentari democrats è Dario Nardella, braccio destro di Matteo Renzi al comune di Firenze e ora punto di riferimento centrale del gruppo dei renziani in Parlamento:

“Abbiamo sempre detto che non si batte Berlusconi per via giudiziaria e restiamo di questa opinione. Dopodiché, un’eventuale decisione della Cassazione di confermare la condanna di secondo grado sarebbe pesante da sopportare per la nostra base. E dunque in questo caso prevedo una fortissima tensione nel Pd anche con reazioni imprevedibili. E lo stesso vale per il governo”.

Ma il Pd ha ancora idea di cosa sia la base e di cosa voglia? Si ricordano che la loro base è fatta di disoccupati, di giovani in cerca di prima occupazione, di operai costretti ad accettare condizioni di lavoro pesanti per non subire un licenziamento? Perché il Pd continua a interessarsi del processo di un cittadino (solo incidentalmente anche leader del Pdl) invece di varare riforme che servono veramente alla base? La disoccupazione dilaga, la crisi continua… il disco non cambia: ogni giorno va in scena una “nuova puntata” su Mediaset!

 

 

Stupro di gruppo: niente carcere obbligatorio se possibili misure alternative

consulta-stupro-tuttacronacaLa Consulta ha detto no alla custodia cautelare in carcere per il reato di stupro di gruppo, se è possibile applicare misure alternative. Ha inoltre dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma relativa del codice di procedura penale. La norma “bocciata” dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.232, prevede che quando sussistono gravi indizi di colpevolezza per il delitto di violenza sessuale di gruppo si applica unicamente la custodia cautelare in carcere. Stando a quanto ha ora stabilito la Consulta se, in relazione al caso concreto, emerge che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure, il giudice può applicare tali misure. La Corte, nella sentenza, ha peraltro confermato la gravità del reato, da considerare tra quelli più “odiosi e riprovevoli”. Ma la “più intensa lesione del bene della libertà sessuale”, “non offre un fondamento giustificativo costituzionalmente valido al regime cautelare speciale previsto dalla norma censurata”, ha scritto.

Né riforme, né tagli alle province… è ancora un governo di servizio?

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La consulta boccia le riforme e il taglio delle province… è un niente di fatto! Flebile l’interesse politico per l’abolizione delle province. Avrebbe sollevato polemiche dure da sopportare per il fragile governo dalle mille intese. Oggi con la bocciatura della consulta di riduzione e/o di abolizione delle province la questione sembra definitivamente chiusa. La Corte ha, infatti, dichiarato l’illegittimità costituzionale della riforma delle Province contenuta nel decreto “Salva Italia” e il loro riordino, che ne prevede la riduzione in base ai criteri di estensione e popolazione. “Non è materia da disciplinare con decreto legge”, hanno stabilito i giudici costituzionali. Regge al vaglio della Consulta la riforma della geografia giudiziaria: sono state infatti giudicate infondate le questioni sollevate dai tribunali di Pinerolo, Alba, Sala Consilina, Montepulciano e Sulmona contro la loro soppressione; inammissibile quella del Friuli Venezia Giulia. Solo Urbino si salva. L’Italia si salva? Tagliando alla cultura e alla sanità forse qualche speranza c’è ancora… se non spendiamo tutto in F35!

Berlusconi non ha osservato il principio di “leale collaborazione”

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Sono state pubblicate oggi, dalla Corte Costituzionale, le motivazioni della sentenza sul legittimo impedimento, emessa lo scorso 19 giugno, con cui era stato respinto il ricorso presentato dai legali di Berlusconi contro il mancato riconoscimento del legittimo impedimento del’ex premier a comparire nell’udienza del processo Mediaset del primo marzo 2010 in quanto impegnato a presiedere un Consiglio dei ministri. La Consulta ha spiegato che, da parte dell’allora Premier, non è stato osservato il principio di “leale collaborazione” con il tribunale di Milano mentre l’autorità giudiziaria ha esercitato il proprio potere “senza ledere prerogative costituzionali dell’organo di governo, che restano tutelate in ordine sia all’attività sia all’organizzazione”. Tale principio è “bidirezionale”: in quanto tale, il giudice deve tener conto degli impegni del premier ma quest’ultimo deve dare adeguato spazio nella sua agenda al processo che lo riguarda. La Corte osserva quindi che, da un lato, il giudice “deve definire il calendario delle udienze ‘tenendo conto degli impegni del Presidente del Consiglio dei ministri riconducibili ad attribuzioni coessenziali alla funzione di governo e in concreto assolutamente indifferibili’; dall’altro lato, il presidente del Consiglio dei ministri deve programmare i propri impegni ‘tenendo conto, nel rispetto della funzione giurisdizionale, dell’interesse alla speditezza del processo che lo riguarda e riservando a tale scopo spazio adeguato nella propria agenda’”. In astratto, il dover presiedere una riunione del Cdm può sì rappresentare un legittimo impedimento, ma lo stesso è convocato dal premier in persona e questo “segna una netta differenza rispetto ai casi in cui la possibilità di rinviare l’impegno sfugga interamente alla programmazione dell’imputato (come avviene, per i componenti delle assemblee elettive)”. La Corte Costituzionale sottolinea inoltre che il Regolamento del Consiglio dei ministri “prevede espressamente l’ipotesi di assenza o impedimento temporaneo del presidente del Consiglio dei ministri”, attribuendo le relative funzioni al vicepresidente del Consiglio o, in mancanza, ministro più anziano. Un’ipotesi, osserva la Consulta, “che, nella XVI legislatura, si è verificata in oltre il dieci per cento delle riunioni”.

Attacco alla Corte Costituzionale? Trema l’Italia

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Se mezzo milione di italiani trema ( ma neppure più di tanto essendo quelli con un reddito superiore ai 90 mila euro) chi invece dovrebbe tremare è l’intero popolo italiano. La Corte Costituzionale si è pronunciata infatti sul “contributo di solidarietà” applicato sugli stipendi pubblici sopra 90 mila euro e poi quello sulle pensioni dello stesso livello e ha dichiarato l’incostituzionalità del prelievo. Ora un fronte compatto che va da Fratelli d’Italia alla sinistra vuole che la Corte Costituzionale ritorni a pronunciarsi su questa sentenza, adducendo che la Consulta si è pronunciata su richiesta di magistrati in genere “interessati” direttamente al problema.

Sarebbe una disparità tra cittadini e quindi  tacciabile di incostituzionalità  se a un magistrato a causa della sua professione  si vietasse  far valere i suoi diritti reagendo  a un’eventuale ingiustizia di cui si sente vittima. Tale motivazione a non accettare  la  sentenza si  presenta come  una palese  diseguaglianza tra cittadini. Inoltre,  un tale comportamento  si potrebbe configurare  anche come   un tentativo di  vera  e propria pressione  sulla Corte Costituzionale, chiedendo a un organo indipendente dal potere politico di  farsi  condizionare dallo stesso,  tornando di nuovo su un punto su cui ha  già deliberato. 

Il vero problema è che lo Stato, bloccando Iva e Imu, ha un gettito ridotto nelle casse  per cui sta pensando di operare un prelievo su tutti coloro che dichiarano un reddito sopra quota 90 mila euro. Senza distinzioni,ma soprattutto senza verificare le evasioni fiscali che sono ingentissime!

Ancora tasse quindi anche sugli imprenditori che dovrebbero assumere i giovani? Ancora tasse sugli italiani per contrarre di più i consumi?  Un’ ideologia che mette i “poveri”  contro la “classe media” solo per destabilizzare il potere della Corte Costituzionale? Quando la Corte non sarà più libera di tutelare la Carta Costituzionale a chi si rivolgeranno i poveri che spesso sono i più lesi?

Il Governo, per bocca del Sottosegretario al Lavoro e alle Politiche sociali Carlo Dell’Aringa, ha assicurato l’intenzione di ribattere il punto…  Per farlo senza franare di nuovo sulla Consulta, però, occorre evitare di riservare le tagliole a una sola categoria (l’articolo 53 della Costituzione spiega che tutti i cittadini devono pagare le tasse in base alla propria «capacità contributiva», a prescindere dall’origine del reddito), e Dell’Aringa ha indicato nel «prelievo fiscale» la via più universale e quindi a prova di esame costituzionale.

Un escamotage per innalzare le tasse a tutta la popolazione italiana? O un’operazione che parte da lontano, che nasconde però qualche subdolo attacco alla Corte e alla giustizia italiana?

A innescare il ragionamento di Dell’Aringa è stata un’interpellanza del Pd, ma anche dal Pdl il capogruppo alla Camera Renato Brunetta, “mente” economica del partito, si dice interessato alla questione: «Aspettiamo che il Governo faccia proposte, vediamo se ne avrà il coraggio: certo è che la sentenza della Consulta grida vendetta».

Sembra che la vendetta  ricadrà su tutti gli italiani a prescindere dal reddito! Un imprenditore colpito da un’ulteriore prelievo, licenzierà i propri dipendenti, così come  allo stesso modo si avrà una ripercussione sui consumi a causa della riduzione del reddito disponibile.

Colpendo i “ricchi” chi ci rimette non sono anche  i poveri?

Il vertice dopo la sentenza Mediaset: Pdl pronto a far esplodere il governo

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La notte porta consigli. A volte ne porta di belligeranti. E infatti al vertice con i fedelissimi Berlusconi dimostra di essere pronto a tutto, soprattutto ora che è chiaro che l’operazione politica che ha portato al governo Letta non ha garantito un ammorbidimento delle procure ma, piuttosto, potrebbe arrivare la valanga: Ruby, lodo Mondadori, compravendita di parlamentari, senza parlare che la Cassazione potrebbe cacciare il Cavaliere dal Parlamento. “Mi hanno indotto a collaborare solo per dare tempo alle varie Corti di massacrarmi meglio. E per dare tempo al Pd do riorganizzarsi. Ma a questo punto basta. Al governo non si concede più nulla. A costo che salti tutto”. Ma prima ancora che con i giudici, al vertice se la prendono con il Presidente della Repubblica, il “comunista che non è stato ai patti”. Più di uno dei presenti spiega che non è vero che col Colle non ci sia stata trattativa e il ragionamento è: “Certo, non abbiamo chiesto a uno come Napolitano un decreto ‘salva Berlusconi’ ma certo c’era uno schema condiviso. Che è stato sviluppato e preparato nel tempo.” E secondo il Cavaliere Napolitano ha tradito proprio questo schema. E l’operazione partirebbe da lontano, già dal giono dopo la manifestazione dei parlamentari di fronte al Tribunale di Milano, quando al Colle salì Alfano accompagnato dai capigruppo. In quell’occasione, venne formalizzata la prima offerta di un bis e allora, stando ai berlusconiani, Napolitano avrebbe detto “E’ prematuro”, ma non ci fu un no. La preoccupazione era che il Pd puntava su altri, ma ci fu un segnale sulla giustizia, ricorda l’Huffington Post, quando richiamò “la magistratura in un comunicato che gelò sinistra e procura di Milano“. Ma nella partita al Quirinale, Berlusconi ha sempre messo al centro la giustizia. Tra la rosa presentata da Bersani, Marini, Amato e D’Alema, solo il primo accettò le sue condizioni: la nomina di senatore a vita e Gianni Letta settosegretario alla presidenza. Ma fu lo stesso Pd a voltare le spalle al candidato. Ha dunque preso avvio la seconda trattativa con Napolitano: alla base larghe intese e tregua giudiziaria. Enrico Letta, nipote di Gianni, diventa premier, ma il patto sulla giustizia non è stato rispettato. “Perché Napolitano poteva agire, eccome: “In Cassazione doveva finire 8 a 7, con i membri nominati dal Colle che votavano l’accoglimento del legittimo impedimento”. I legali del Cav avevano anche trovato un precedente Previti, con la Corte che rimanda tutto alla Cassazione lavandosene le mani. E invece è arrivata la scossa: “Io – è sbottato l’ex premier – sono stato responsabile, e lui non ha mosso un dito”. Riporta ancora l’HuffPost. Quindi fine tregua, perchè la colpa di tutto è Napolitano, come ripete anche la Santanchè, che dichiara anche che “L’intero quadro è una trappola. E’ il Quirinale e l’intero governo che vuole far fuori Berlusconi. E’ una situazione buona a far fuori Berlusconi. I tribunali lo massacrano, noi non possiamo fare niente e quando siamo morti arriva Renzi”. Berlusconi ascolta tutti i fedelissimi presenti: Brunetta, Gasparri, Schifani, Verdini, Santanchè, Alfano, Quagliarello e tutti i ministri. Dopo di che, la dichiarazione di guerra: “Ora basta, non mi faccio massacrare. Alziamo il tiro su tutto: Imu, Iva. Su tutto, a costo di rompere”. E di sfidare Napolitano: “Se scioglie, andiamo al voto. Se non scioglie e si fa un’altra maggioranza con i grillini significa che ci scateniamo nel Paese contro il governo delle tasse e della recessione. E vediamo se in questo clima cacciano Berlusconi dal Parlamento. E tutti sono con lui.

Processo Mediaset: la Consulta boccia il ricorso di Berlusconi

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Va avanti il processo Mediaset, arrivato in Cassazione. La Consulta ha infatti respinto il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sul mancato riconoscimento del legittimo impedimento di Berlusconi a comparire nell’udienza del primo marzo 2010 del processo Mediaset in quanto impegnato a presiedere un Consiglio dei ministri non programmato. Il Cavaliere ha quindi, in una nota, affermato: “Dalla discesa in campo ad oggi la mia preoccupazione preminente è sempre stata ed è il bene del mio Paese. Perciò anche l’odierna decisione della Consulta, che va contro il buon senso e tutta la precedente giurisprudenza della Corte stessa, non avrà alcuna influenza sul mio impegno personale, leale e convinto, a sostegno del governo nè su quello del Popolo della Libertà. E ciò nonostante continui un accanimento giudiziario nei miei confronti che non ha eguali nella storia di tutti i Paesi democratici. Questo tentativo di eliminarmi dalla vita politica che dura ormai da vent’anni, e che non è mai riuscito attraverso il sistema democratico perché sono sempre stato legittimato dal voto popolare non potrà in nessun modo indebolire o fiaccare il mio impegno politico per un’Italia più giusta e più libera”. Al suo fianco i ministri del Pdl: “Ci rechiamo immediatamente da Berlusconi. La decisione travolge ogni principio di leale collaborazione e sancisce la subalternità della politica all’ordine giudiziario”.

La legge sulla droga Fini-Giovanardi è costituzionale?

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Ora sembrano sorgere dubbi costituzionali sulla legge sulla droga Fini-Giovanardi che equipara le droghe leggere a quelle pesanti ai fini di una disciplina sanzionatoria. La  Terza sezione penale della Cassazione ha disposto l’invio degli atti alla Consulta.

La Cassazione ha accolto in parte il ricorso presentato da un 46enne di Palermo, condannato dalla corte d’Appello di Trento a 4 anni di carcere (beneficiando delle attenuanti generiche) e ad una multa di 20 mila euro per aver trasportato quasi 4 kg di hashish. Secondo la difesa, ”l’eliminazione della distinzione tra cosiddette droghe leggere e pesanti e il rilevantissimo aumento delle pene edittali per le condotte aventi ad oggetto le prime, non sarebbe conforme né al principio di proporzionalità rispetto al disvalore espresso dalla condotta incriminatrice né all’esempio di proporzionalità predisposto a livello comunitario”.

Secondo la Cassazione ci sono dubbi sulla possibile violazione dell’ articolo 77 secondo comma della Costituzione, che regola i decreti legge e le leggi di conversione. Le norme in questione, infatti, vennero inserite nella legge di conversione con un maxiemendamento al dl 272/2005 il cui oggetto originario erano le ‘‘Misure urgenti dirette a garantire la sicurezza e il finanziamento per le Olimpiadi invernali di Torino, la funzionalità dell’amministrazione dell’interno e il recupero di tossicodipendenti recidivi”. Esistono quindi – secondo la Cassazione – dubbi sull’estraneità delle nuove norme inserite nella legge di conversione alla finalità ed alla ratio dell’originale decreto legge e, in via subordinata, sotto il profilo della evidente carenza del presupposto del caso straordinario di necessità e urgenza”.

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Incostituzionale colpire solo una fascia di cittadini.

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La tassa sui ricchi non si può applicale lo ha stabilito la Consulta avendo riscontrato un’incostituzionalità in un comma  del decreto legge 98 del 2011. La norma censurata disponeva infatti un contributo perequativo per le pensioni oltre i 90 mila euro lordi. Contributo che la Corte Costituzionale considera di natura tributaria e in cui ravvisa “un intervento impositivo irragionevole e discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini”.  Questa  decisione sicuramente provocherà problemi al ministro del Lavoro, Giovannini, che aveva già annunciato che i futuri provvedimenti sull’occupazione sarebbero stati finanziati anche tassando le pensioni d’oro.

Si afferma il principio dell’uguaglianza dei cittadini come previsto dalla Costituzione, quindi anche per quei cittadini che percepiscono redditi più elevati non è possibile applicare un criterio discriminatorio che va a colpire un’unica categoria.

A sollevare la questione di legittimità costituzionale di fronte alla Consulta è stata la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Campania, a seguito del ricorso di un magistrato presidente della Corte dei conti in quiescenza dal 21 dicembre 2007 e titolare di pensione superiore a 90mila euro: nel mirino, il comma 22.bis dell’art.18 del decreto-legge 98 emanato il 6 luglio 2011, contenente disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria.

D’altra parte chi percepisce un reddito elevato è già sottoposto, in base al criterio di progressività della tassazione italiana, a dover versare all’erario un contributo più elevato di chi invece ha un reddito più basso. La tassa applicata quindi sui pensionati che hanno più di 90mila euro annui è una incostituzionalità che va a gravare solo e unicamente su una certa fascia di cittadini, oltre tutto pensionati. Una vera e propria “disparità di trattamento”.

“L’intervento – si legge in sentenza – riguarda, infatti, i soli pensionati, senza garantire il rispetto dei principi fondamentali di uguaglianza a parità di reddito, attraverso una irragionevole limitazione della platea dei soggetti passivi”.

 

Tutti in strada contro il SALVA ILVA!

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Sono i medici in testa a guidare il corteo che questa mattina sta manifestando a Taranto contro il “salva Ilva”. A scendere in piazza oggi sono anche i disabili e gli anziani, tutti coloro che ogni giorno “lottano contro il cancro e le gravi patologie generate dall’inquinamento”.

“La situazione è drammatica. Non c’è giorno in cui non faccio una diagnosi di tumore”. Lo ha detto Gennaro Viesti, primario pneumologo della casa di cura Villa Verde di Taranto, uno dei medici che partecipa alla manifestazione.
“Voglio lanciare – aggiunge il medico – un grido di allarme per tutte le malattie respiratorie che a Taranto sono le uniche in aumento. Sono un costo non solo per le famiglie ma anche per la società”.
La situazione drammatica è confermata anche da una radiologa del presidio onco-ematologico dell’ospedale San Giuseppe Moscati di Taranto. “Non riusciamo a fare argine – dice la dottoressa – c’è un oceano di persone che ha bisogno di cure, con patologie sempre più gravi e di età sempre più giovane”.

Martedì, invece, appuntamento a Roma, quando al vaglio della Consulta passerà la cosiddetta legge “salva Ilva”.
Un migliaio di persone in strada, tra cui le mamme “No al carbone”, pronte a sostenere anche anche il sit-in che si terrà nella capitale il 9 aprile davanti al palazzo della Corte Costituzionale quando, appunto, sarà valutata la legittimità della legge 231 a seguito delle eccezioni di costituzionalità sollevate nei mesi scorsi dal gip, Patrizia Todisco, e dal Tribunale dell’appello.
L’ obiettivo finale è la cancellazione di una legge che, a detta di molte associazioni ambientaliste, “mette un freno alla magistratura che indaga sui reati contro l’ambiente e la salute”. Come denunciano le mamme “No al carbone”, “questa legge riguarda tutti gli stabilimenti inquinanti d’interesse strategico nazionale e purtroppo toglie alle procure la possibilità di compiere sequestri degli impianti”.

GUERRA TRA ISTITUZIONI! Stop distruzione intercettazioni su Stato-Mafia!

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La corte di Cassazione ha dichiarato ammissibile il ricorso presentato dagli avvocati di Massimo Ciancimino contro la decisione del giudice per le indagini preliminari di distruggere senza il contraddittorio tra le parti, le intercettazioni delle telefonate tra l’ex ministro Nicola Macino e il capo dello Stato. L’impugnazione sarà valutata, ora, nel merito dalla sesta sezione della suprema corte il 18 aprile. Slitta, dunque, la distruzione delle intercettazioni fissata per il 13 marzo.
I difensori di Ciancimino, gli avvocati Francesca Russo e Roberto D’Agostino, nel loro ricorso, avevano sostenuto che il provvedimento del gup Riccardo Ricciardi, che aveva ordinato la distruzione delle intercettazioni senza contraddittorio, ledesse il diritto di difesa. Dall’ascolto delle telefonate, intercettate nell’ambito dell’indagine sulla trattativa Stato-mafia, a loro avviso potrebbero trarsi elementi utili alla difesa del loro assistito imputato nel procedimento di concorso in associazione mafiosa e calunnia.
Sulle telefonate si è aperto uno scontro istituzionale tra il Colle e la Procura di Palermo culminato in un conflitto di attribuzione davanti alla Consulta che ha dato ragione al Quirinale sulla distruzione delle intercettazioni.

FORSE POTREMO ALZA IL VOLUME E SAPERE LA VERITA’ PER UNA VOLTA IN ITALIA?

La Consulta riunisce i ricorsi sull’Ilva per dare una risposta in tempi brevi

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Buffa e il suo urlo sull’Ilva all’inaugurazione dell’anno giudiziario

L’Ilva è un “avversario forte anche se non invincibile, è forte perché è riuscito a farsi fare in brevissimo tempo una legge ad aziendam, che si colloca nella scia delle leggi ad personam inaugurata negli ultimi 20 anni in Italia; una legge che riconsegna lo stabilimento a coloro che fingevano di rispettare le regole di giorno e continuavano ad inquinare di notte”. Così il presidente della Corte d’appello di Lecce, Mario Buffa.
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Chiesto il dissequestro dei beni per pagare gli stipendi, mentre il gip chiede il parere di costituzionalità alla Consulta. ILVA-di-notte

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Procura di Palermo si adatterà a direttive di consulta circa le intercettazioni

Per saperne di più leggi qui.

E’ questione di immunità! Napolitano vs Pm di Palermo, il 4 dicembre alla Consulta.

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