Il 19 ottobre 2012 le sorelle Petrucci, Carmela e Lucia, che frequentavano il liceo classico Umberto I di Palermo, stavano rientrando da scuola, accompagnate in auto dalla nonna che le aveva lasciate davanti casa. Nell’androne del loro palazzo, si sono imbattute in Samuele Caruso, ex fidanzato di Lucia. La giovane, perseguitata dal ragazzo con telefonate e sms, ha citofonato al fratello gridandogli di aprire in fretta il portone. Ma l’assassino non lasciato loro scampo: ha colpito prima Carmela e poi Lucia. Carmela, 17enne, è morta a causa delle coltellate e oggi il gup del Tribunale di Palermo, Daniela Cardamone, ha condannato all’ergastolo il 24enne che l’ha assassinata. Caruso è stato condannato anche per aver tentato di uccidere la sua ex ragazza, Luicia Petrucci, sorella della vittima e vero obiettivo del giovane. Il gup ha accolto la tesi dell’accusa, secondo la quale non solo l’omicidio era premeditato, ma c’è anche l’aggravante dei futili e abietti motivi. Premeditato, secondo il pm, anche il tentativo di omicidio di Lucia. Anna Pellegrino e Antonio Scimone, che hanno sostenuto la difeda, avevano puntato invece sull’assenza di premeditazione e sulla momentanea infermità mentale. Caruso si sarebbe vendicato di Lucia per averlo lasciato, assassinandola nell’androne del palazzo in cui la ragazza abitava con la famiglia. I genitori, Lucia e il fratello sono scoppiati in lacrime subito dopo la pronuncia della sentenza. In lacrime anche la nonna, che ha atteso fuori dall’aula. Il giudice ha riconosciuto una provvisionale da 500mila euro ciascuno ai genitori e ai fratelli di Carmela, mentre andranno 20mila euro ciascuno per l’associazione Le Onde e il Comune di Palermo.
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Condannato all’ergastolo l’assassino di Carmela Petrucci
Pubblicato da tdy22 in febbraio 26, 2014
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Vittorio Feltri e le domande a Sollecito: “Volevi far sesso con Meredith?”
Accusa e difesa. Durante la trasmissione Linea Gialla, in onda su La7, Raffaele Sollecito, recentemente condannato a 25 anni per l’omicidio dell’inglese Meredith Kercher, ha risposto a chi si schiera contro e chi con lui. A prendere le sue parti Vittorio Feltri, che nel corso della trasmissione ha detto: “Per quale motivo Raffaele ha ucciso? La volevi scopare? Non era neanche una ragazza eccezionale”. Il linguaggio del giornalista è stato considerato offensivo verso la memoria della ragazza assassinata ma Feltri è andato oltre, rincarando la dose: “Potevi restare a Santo Domingo invece che tornare in Italia che è una schifezza. Io non ho apprezzato il fatto che è tornato perché in Italia se vogliono fott***i, ti fot***o. Nel dubbio mi tolgo dalle pa**e”.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 26, 2014
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“Perchè Amanda quel giorno si fece la doccia?”: i dubbi di Sollecito
Raffaele Sollecito, dopo quasi sette anni dall’omicidio di Meredith Kercher, ha ancora delle risposte che lui stesso non riesce a trovare riguardo quanto accaduto in quel 1 novembre 2007, quando il corpo della studentessa inglese venne trovato nell’abitazione in cui viveva a Perugia. Il giovane ingegnere, incalzato dal giornalista della tv americana Nbc, racconta i suoi dubbi circa il comportamento di Amanda e si chiede perchè l’americana si sia fatta la doccia quel giorno. E ancora, perchè abbia trascorso così tanto tempo nella casa di via della Pergola, pur avendo notato che qualcosa non andava. Sollecito ricostruisce che, quel giorno, rimase con Amanda fino alla mattina. Dopo di che la studentessa di Seattle tornò a casa e ci rimase fino al pomeriggio. Quando si ritrovarono a casa di Raffaele, lui la ricorda agitata e le chiese il motivo. Amanda raccontò di aver trovato la porta a finestra rotta e del sangue in casa. La Knox disse di non essere entrata in camera di Meredith, motivo per il quale non avrebbe trovato il corpo della giovane. In compenso, fece comunque una doccia e tornò da Sollecito solo dopo ore. Vedendola agitata lui le fece delle domande ma, racconta oggi: “Non ricevetti alcuna risposta da lei”. Il corpo venne ritrovato dalla coppia ore dopo.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 25, 2014
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Caso Abu Omar: tutti prosciolti per l’esistenza del segreto di Stato
L’ex capo del Sismi, Nicolò Pollari, il suo vice, Marco Mancini, e tre agenti coinvolti nella vicenda Abu Omar sono stati prosciolti dalla Cassazione perchè l’azione penale “non poteva essere proseguita per l’esistenza del segreto di Stato”. Per questo motivo la Corte Suprema ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte d’appello, con la quale Pollari era stato condannato a 10 anni di reclusione, Mancini a 9, e a 6 anni ciascuno dei tre agenti dei servizi segreti. Il generale Pollari, commentando l’avvenimento, ha detto: “La giustizia c’è. Talvolta il percorso per ottenerla è lungo, però alla fine la verità viene sempre fuori”. E ancora: “Per me e per il Sismi da me diretto, che non solo non abbiamo mai fatto queste cose ma abbiamo impedito ad altri di farle l’aver subito quasi dieci di processi e inquisizioni è stato tutt’altro che gradevole. Per usare un eufemismo”.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 24, 2014
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Il mondo del porno vuole Amanda Knox: 20mila dollari per un film
Lo scorso gennaio la Corte d’appello di Firenze ha condannato Amanda Knox a 28 anni e 6 mesi di reclusione per il caso dell’omicidio di Meredith Kercher. Ma ora alla 26enne americana è arrivata un’offerta da parte di Michael Kulick, patron della casa di produzione a luci rosse Monarchy Distribution. Con una mail, l’uomo ha proposto ad Amanda di girare un film porno. Guadagno: ventimila dollari. I giornali americani hanno riportato la lettera nella quale si legge: “Da quando sei tornata alla ribalta la nostra casella mail è sommersa da richieste dei fan che vogliono vedere solo te”. Si tratta, continua Kulich, di “un’opportunità unica” e il denaro potrebbe aiutarti a coprire le spese legali. Non è la prima volte che l’industria del porno corteggia la Knox: nel 2011 a offrirle un lavoro fu la ben più nota Vivid Entertainment.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 10, 2014
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Tre minorenni stuprarono la compagna di classe: la condanna è il volontariato
Era il 2009 e tre minorenni violentavano una compagna di classe. Ora sono stati condannati a diciotto mesi di volontariato in unca casa di riposo o in ospedale, solo una “punizione”, visto che all’epoca erano minorenni. Sul Giornale, Gianpaolo Iacobini spiega:
“Il prezzo da pagare per uno stupro di gruppo l’ha fissato il Tribunale dei minori di Vicenza, ratificando l’accordo stretto tra Procura e difensori degli imputati. Un anno e mezzo di lavori di pubblica utilità per saldare il debito con la giustizia. Forse assisteranno gli anziani di una casa riposo o i pazienti di qualche ospedale della zona. Se vorranno, potranno dare una mano in qualche comunità o accompagnare i disabili. Di sicuro, non faranno neppure un giorno di carcere i componenti del terzetto che una sera d’estate di cinque anni fa abusarono di una compagna di scuola”.
Prima l’alcol per quegli appena adolescenti nelle vie di Vicenza, poi lo stupro nella casa di uno dei ragazzini:
“Al padre che ignaro era andata a riprenderla prima che scoccasse la mezzanotte la ragazzina non aveva avuto il coraggio di dire nulla. Poi, vinta la vergogna, l’amara confessione, le medicazioni in ospedale, la denuncia in questura. E le indagini, l’identificazione dei tre, la denuncia a piede libero con l’accusa di violenza sessuale di gruppo”.
Davanti alla testimonianza della vittima, i tre hanno deciso di patteggiare la condanna:
“Ci si è fermati prima, con un patteggiamento che consentirà al trio, qualora il periodo di affidamento in prova dovesse filar liscio, di sentir dichiarare estinta la pena e lasciarsi tutto alle spalle, come se nulla fosse mai successo”.
Lo stupro nei tribunali non tutela così la vittima, spiega Iacobini:
“Così nel mondo che va alla rovescia sul banco degli imputati finiscono le donne: se lo stupro riguarda una fanciulla non più vergine «il trauma sarà da ritenersi più lieve » ed il maschio assalitore «avrà diritto ad una condanna più lieve», ha stabilito nel 2006 la Terza sezione della Cassazione. La stessa che un paio d’anni fa ha bissato:quando lo stupro è di gruppo, in attesa di giudizio è lecito adottare misure alternative alla carcerazione. E nell’ottobre del 2012 un’altra pronuncia da manuale: se più sono i violentatori «va riconosciuto uno sconto di pena a chi non abbia partecipato a indurre la vittima a soggiacere alle richieste sessuali del gruppo, ma si sia limitato a consumare l’atto»”.
Motivo per cui non stupisce, spiega Iacobini, se la Corte di Cassazione ha “perdonato” al sessantenne la relazione con la bimba di 11 anni:
“Nessuna meraviglia, allora, se a dicembre la Suprema Corte ha cassato la condanna a 5 anni inflitta in Appello ad un sessantenne che aveva allacciato una relazione con una bimba di 11 anni, affidata alle sue cure di operatore dei servizi sociali del Comune di Catanzaro: processo da rifare perché, secondo gli ermellini, non s’era tenuto conto del fatto che i due «fossero innamorati e che ciò costituisse un’attenuante»”.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 9, 2014
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Amanda: “La sentenza di condanna è come la diagnosi di un cancro”
Amanda Knox continua a commentare la condanna a 28 anni e 6 mesi a seguito del verdetto della Corte di Appello e in un’intervista al Guardian spiega: “La sentenza di condanna per l’omicidio di Meredith Kercher mi fa sentire come se mi avessero diagnosticato un cancro”. In questi giorni Amanda ha fatto ritorno all’università ma si sente “bloccata” e “intrappolata” dopo la sentenza del 30 gennaio scorso per l’omicidio di Meredith Kercher. La 26enne, che all’Università di Washington studia ‘scrittura creativa’, confida ancora: “Non c’è posto dove io possa andare in cui non è noto che io sono la ragazza che è stata condannata di nuovo. E’ una cosa molto invasiva nella mia vita, ad un livello fondamentale”.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 8, 2014
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“La mia colpa è di essere stato il fidanzato di Amanda”: così Sollecito
Dopo l’intervista al Tg1, Raffaele Sollecito ha parlato anche ai microfoni delle Cnn ai quali ha detto che la sua unica colpa è “di essere stato il fidanzato di Amanda”. Condannato a 25 anni dalla Corte d’Assise di Appello di Firenze per l’omicidio di Meredith Kercher, il 29enne ha detto: “Nelle loro menti devo essere colpevole perché ero il suo ragazzo. Non ha alcun senso per me”. E ha ribadito: “Non so cosa pensare perché oggettivamente non c’è nulla contro di me e contro Amanda”. Per quel che riguarda quella che in molti hanno ritenuto una “fuga” dopo la condanna dei giudici, quando è stato fermato a 40 chilometri dal confine austriaco. “Ero andato in Austria per festeggiare con la mia ragazza”, ha spiegato ribadendo che era pronto a tornare in Italia non appena emesso il verdetto.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 4, 2014
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“Contro di me un deserto probatorio”: parla Sollecito
Raffaele Sollecito, dopo la condanna, porta avanti la sua difesa parlando ai microfoni del Tg1 e spiega: “Contro di me c’è un deserto probatorio, io non so cos’è accaduto quella sera ero a casa mia e non è compito mio cercare di trovare la verità su questo”. Accusato, con Amanda Knox, dell’omicidio di Meredith Kercher, definisce “amareggiante e drammatico essere condannato per un movente che è che noi quella sera non sapevamo cosa fare e abbiamo ucciso”. Il giovane era stato fermato dopo la sentenza di condanna vicino ad Udine, ma lui nega di aver pensato alla fuga in Austria “quando ho sentito la sentenza la prima cosa che ho fatto è tornare in Italia”.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 3, 2014
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Amanda Knox e la mobilitazione per Chico Forti
Mentre a Firenze si attendeva la sentenza della Corte di Appello sulla sorte di Amanda Knox e Raffaele Sollecito, negli Usa un piccolo gruppo di persone ha cercato di attirare l’attenzione sul caso di Enrico “Chico” Forti. Il trentino, ex campione di windsurf, è stato condannato all’ergastolo in Florida nel 2000 per l’omicidio di Dale Pike, un australiano di 42 anni. L’italiano continua a proclamarsi innocente mentre la criminologa italiana Roberta Bruzzone, che ha studiato il caso a fondo, assicura che il processo fu una “vicenda di palese ingiustizia”. Forti ha diversi sostenitori, tra i quali anche Amanda Knox, che si è dedicata a difendere e sostenere cause che assomigliano alle sue. Spiega il Messaggero:
Anzi, era deciso che sarebbe diventata la testimonial di un’associazione che lotta per difendere persone che sembrano essere state imprigionate ingiustamente. L’associazione si chiama “Judges for Justice”. E’ stata fondata dal giudice Michael Heavey, amico della famiglia Knox, e riunisce ex giudici che cercano di riparare casi di apparente ingiustizia. Amanda si è già mossa in difesa di una ragazza canadese, Nicole “Nyki” Kosh, condannata per omicidio a Toronto nel 2007 in un caso che vari analisti indipendenti hanno definito polemicamente «la morte del ragionevole dubbio».
Per noi italiani comunque il caso più appassionante è quello di Forti. E se Amanda sente un parallelo fra il suo destino e quello del trentino è comprensibile: anche Forti ha commesso il grave errore di mentire nelle prime fasi dell’inchiesta. Peggio: il suo avvocato non lo ha neanche fatto testimoniare, nella convinzione che quella prima bugia -aveva negato di aver incontrato la vittima la sera dell’omicidio – avrebbe screditato le sue parole. Il trentino sostiene che tutta la costruzione del processo contro di lui è scattata perché la polizia della contea Dade, di Miami, voleva punirlo per aver insinuato sospetti circa un’altra inchiesta, quella sulla morte di Andrew Cunanan, il serial killer colpevole di aver ucciso Gianni Versace. Cunanan fu trovato morto su una casa galleggiante di Miami, e il verdetto fu che si era suicidato. Forti ha invece sostenuto che ci sono prove che era stato ucciso e poi trascinato sulla barca. E che l’omicidio era stato commesso allo scopo di insabbiare l’indagine sull’omicidio di Versace stesso. Che nel comportamento della polizia della Florida contro Forti ci siano stati o no questi oscuri motivi è difficile provarlo.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 3, 2014
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Il gossip attorno al caso Mez: chi è la fidanzata di Sollecito?
Sembra non ci siano dubbi: la ragazza di Raffaele Sollecito, con la quale il giovane si trovava dopo la sentenza di condanna quando gli è stato notificato il ritiro del passaporto, si chiama Greta Menegaldo. A parlare di lei sono state le riviste di gossip pochi giorni prima della sentenza d’Appello sul caso Meredith è in seguito è stato certificato dal Corriere della Sera, con Alessandro Capponi che ha provato a tracciarne un profilo, raccogliendo prevalentemente le voci del paese in cui vive, cioè Oderzo, nella Marca trevigiana:
in paese è conosciuta da tutti: viene descritta come riservata, elegante, determinata. Con la passione per i viaggi.
Infatti proprio su un aereo ha conosciuto Raffaele: lei lavora come hostess presso una compagnia low cost. Ancora il giornalista spiega che
di Greta, a Oderzo, tutti conoscono la storia: si è diplomata all’istituto linguistico Dorotee di Oderzo e subito dopo, ha cominciato a lavorare.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 2, 2014
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Processo Mez: “inopportuna l’intervista rilasciata da Nencini”
L’intervista rilasciata dal presidente della Corte d’assise di Firenze, Alessandro Nencini, a seguito della condanna di Sollecito e Knox per l’omicidio di Perugia, è destinata a far discutere. In particolare, ha innescato le polemiche l’affermazione che Raffaele Sollecito “ha deciso di non farsi mai interrogare nel processo”. I legali del pugliese, Giulia Bongiorno e Luca Maori, hanno già preso posizione: “E’ gravissimo, anzi inaccettabile – sottolineano -, che il presidente Nencini abbia commentato pubblicamente quanto accaduto nel segreto della camera di consiglio e si sia spinto a criticare la strategia difensiva”. “Ci chiediamo innanzitutto – affermano – se parla a nome di tutti i giurati e se la frase sul mancato interrogatorio di Raffaele Sollecito significa che, se avesse accusato Amanda Knox, sarebbe stato assolto. In ogni caso, ricordiamo a tutti che ai magistrati compete il potere di giudicare, non quello di intromettersi nelle scelte della difesa e di commentarle pubblicamente. Nei prossimi giorni valuteremo le iniziative da intraprendere”. Ora gli avvocati stanno vagliando, tra le altre ipotesi, se rivolgersi al Csm o alla procura generale della Cassazione, ritenendo che “rilasciare un’intervista dopo una sentenza di condanna è semplicemente inammissibile”. “Non entro nel merito dell’intervista – dice il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli – ma il fatto che il presidente del collegio giudicante rilasci delle dichiarazioni prima del deposito delle motivazioni e il giorno dopo una sentenza che è all’attenzione pubblica, è di per sè inopportuno”. “Il caso è sicuramente grave”, commenta il consigliere del Csm Nicolò Zanon, laico di Forza Italia. “Lunedì – aggiunge – decideremo se chiedere l’apertura di una pratica in Prima Commissione”. Nencini non ha voluto replicare ai difensori di Sollecito. “Nessun commento” si è limitato a dire il giudice. “Mai come in questo caso il silenzio è d’oro” si è limitato a dire l’avvocato Luciano Ghirga, difensore di Amanda Knox. Ancora nell’intervista, Nancini sottolinea come quello di non farsi interrogare “è un diritto dell’imputato, ma certamente priva il processo di una voce”. “Lui si è limitato a dichiarazioni spontanee, ha detto soltanto quello che voleva senza sottoporsi al contradditorio”. Quanto al movente del delitto, il giudice spiega che la Corte ha “una convinzione e la espliciteremo nella sentenza”. “Al momento – prosegue – posso dire che fino alle 20,15 di quella sera i ragazzi avevano programmi diversi, poi gli impegni sono saltati e si è creata l’occasione. Se Amanda fosse andata al lavoro probabilmente non saremmo qui”. Si è trattato – ad avviso di Nencini – di “una cosa tra ragazzi, ci sono state coincidenze”. Intanto l’attenzione si concentra su dove sia Sollecito dopo il ritiro del passaporto. Ma l’avvocato Francesco Maresca, legale della famiglia Kercher, torna sulle ore successive alla sentenza, quando il giovane è stato rintracciato in Friuli dove gli è stata notificata la misura disposta dalla Corte di Firenze. “Se voleva attendere la sentenza – sostiene il Maresca – o era in aula o nella sua abitazione. Qualunque altro posto è indice di valutazione diversa, come quello di volersi dare alla fuga”.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 2, 2014
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Omicidio Mez: “Amanda e Raffaele non avevano nulla da fare”
Alessandro Nencini, presidente della Corte d’Assise d’Appello di Firenze che ha condannato Knox e Sollecito per l’omicidio di Meredith Kercher, riferisce: “Quella sera Amanda e Raffaele non avevano nulla da fare. L’omicidio nasce da lì”. E ancora: “Fino alle 8 e 15 Amanda doveva andare a lavorare da Lumumba, Raffaele alla stazione per un’amica. Poi la situazione è cambiata”. Il giudice parla anche di “giurati bombardati dalla tv” e “di condanna sofferta, anche io ho dei figli”. E ancora: “Se quel giorno la Knox fosse andata al lavoro, probabilmente Meredith sarebbe ancora viva”. Quanto al movente, il giudice afferma che “abbiamo sviluppato un ragionamento. Sono consapevole che sarà la parte più discutibile”. Dodici ore di camera di consiglio, “necessarie perché i giudici popolari prendessero cognizione degli atti, che sono moltissimi”, afferma Nencini, che non si sbilancia sull definizione di delitto a sfondo sessuale. “Non pare esserci un momente prevalente, – precisa – il crimine è nato e maturato all’interno di una serata tra ragazzi”. “Cosa sia successo esattamente dopo le otto e un quarto di quella sera nessuno lo sa”. E conclude con un cenno sulla decisione unanime: “Ho parlato di decisione condivisa. Posso dire che in tutti questi mesi e in particolare al momento dell’ultima riunione abbiamo avvertito la gravità di una sentenza che coinvolge ragazzi persone giovani e intere famiglie. Questa è una vicenda che ha stravolto molte vite”.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 1, 2014
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Amanda Knox e le lacrime in tv
Amanda Knox ha rilasciato alla rete americana Abc la sua prima intervista dopo la sentenza di condanna a 28 anni e 6 mesi di reclusione. “Non sono preparata, non potrò mai desiderare di tornare in quel luogo… ma aspetto di leggere le motivazioni. Voglio combattere sino alla fine”, ha detto. L’americana, condannata assieme a Raffaele Sollecito al termine del processo per la morte di Meredith Kercher, ha quindi aggiunto: “E’ stato come essere travolta da un treno, non potevo credere a quello che stava succedendo…ora aspetto le motivazioni, ma è stata una cosa orribile. Ora ho bisogno dell’aiuto di tutti”.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 31, 2014
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“Sono innocente. La battaglia va avanti”: Sollecito e Knox dopo la sentenza
Ventotto anni e sei mesi di reclusione per Amanda Knox, venticinque per Raffaele Sollecito. E’ questa la decisione della corte di assise di Firenze al termine del processo d’appello bis per l’omicidio di Meredith Kercher. Nelle prime ore del mattino, inoltre, gli agenti della Squadra mobile di Firenze e di Udine hanno notificato il divieto di espatrio a Raffaele Sollecito. Sollecito è stato raggiunto in un paese tra Udine e Tarvisio, dove si era ritirato in attesa della sentenza, ed è stato portato in Questura a Udine. Dopo aver ricevuto la notifica, al telefono con il suo legale Luca Mauri, Sollecito ha ribadito: “Avvocato, io sono innocente. La battaglia va avanti”.
Amanda Knox ha invece atteso la sentenza a Seattle, a casa del padre, dove i fotografi l’hanno attesa all’uscita, dopo la lettura della sentenza. L’americana è stata fotografata mentre, incappucciata per sfuggire ai flash. “Essendo stata in passato giudicata innocente, mi aspettavo di meglio dal sistema giudiziario italiano. Contro di me un apparato accusatorio inesistente”. Così Amanda Knox ha commentato, in una nota, la condanna dalla Corte d’Appello di Firenze. “La mia famiglia ed io – prosegue la 27enne – abbiamo sofferto molto da questa persecuzione ingiusta”. Quindi ha attaccato il sistema giudiziario italiano, osservando che è stata vittima di “indagini grette e piene di pregiudizi, della riluttanza ad ammettere errori”. Contro di lei, secondo Amanda s’è ricorso a “testimonianze inattendibili e un apparato accusatorio e probatorio inconsistente e infondato”.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 31, 2014
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28 anni e 6 mesi per Amanda, 25 anni per Raffaele: arriva la sentenza
Quasi 12 ore di camera di consiglio dopo di che è arrivata la sentenza della corte d’assise d’appello di Firenze per il processo bis per l’omicidio di Meredith Kercher: ventotto anni e sei mesi di reclusione per Amanda Knox, venticinque per Raffaele Sollecito. Per quest’ultimo anche il divieto di espatrio mentre nessuna misura cautelare è stata disposta per Amanda che ha seguito il verdetto da Seattle. Alle 21 erano giunti in aula anche il fratello e la sorella di Mez: “Siamo pronti a rispettare qualsiasi decisione”, avevano detto. Raffaele, che questa mattina era presente e aveva annunciato che avrebbe presenziato alla lettura della sentenza, “Ora vado via – aveva detto uscendo dal Palagiustizia all’inizio della camera di consiglio – ma tornerò dopo”, nel corso del pomeriggio ha invece preferito rinunciare ed avrebbe lasciato Firenze insieme ai suoi familiari. “Non ce la facciamo” si è limitato a spiegare il padre, Francesco Sollecito. Sui banchi della difesa hanno atteso la sentenza i suoi legali, gli avvocati Giulia Bongiorno e Luca Maori. La Knox era invece a casa dalla madre, rimasta in contatto con i suoi difensori, gli avvocato Carlo Dalla Vedova e Luciano Ghirga, via sms. In mattinata, Sollecito ha stretto la mano a Patrick Lumumba, il musicista coinvolto nell’indagine sull’omicidio di Meredith Kercher dalle dichiarazione di Amanda Knox ma poi risultato estraneo al delitto e quindi prosciolto. Tra Sollecito e Lumumba c’è stato anche uno scambio di sorrisi. Il giovane pugliese si è quindi allontanato accompagnato da tutti i suoi familiari. “Raffaele mi ha sempre dato l’impressione di un bravo ragazzo – ha detto Lumumba – “l’avevo visto l’ultima volta da libero nel mio locale, ora chiuso”. Riguardo alla Knox, Lumumba ha ribadito che “Amanda sta scappando”. “Se non hai fatto niente – ha proseguito – dovevi essere qua. Mi aspetto che Amanda venga condannata”.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 30, 2014
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Clamoroso! Il Milan rischia di essere cacciato da San Siro
Il Milan rischia l’esclusione da San Siro. Tutto per colpa del suo presidente onorario Berlusconi, della sua condanna e della decadenza dal Senato. Questo perchè la bozza del nuovo ‘Codice etico dello sport’ che Palazzo Marino sta mettendo a punto e che prevede che chi ha subìto condanne a più di due anni o presenta motivi di ineleggibilità alle cariche pubbliche non possa gestire strutture sportive comunali. Sulle spalle di Berlusconi pesa una condanna a quattri anni per frode fiscale a seguito del processo Mediaset. Il Corriere della Sera riporta che la bozza è stata per il momento fermata per sottoporla a ulteriori valutazioni perché mezza città, quella di fede rossonera, potrebbe scagliarsi contro Giuliano Pisapia. Le ipotesi al vaglio di Palazzo Marino sono due. La prima, richiamando la legge 267 del 2000 del Testo unico degli enti locali, escluderebbe dalla gestione di impianti comunali chi ha condanne superiori a due anni. La seconda, ancora più severa, andrebbe a colpire chi ha condanne anche di primo grado o è stato interdetto dai pubblici uffici. Il Cavaliere a questo punto potrebbe dimettersi dalla squadra.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 30, 2014
https://tuttacronaca.wordpress.com/2014/01/30/clamoroso-il-milan-rischia-di-essere-cacciato-da-san-siro/
Amanda Knox… si rifà il look in attesa della sentenza
E’ attesa in serata la sentenza la sentenza dell’Appello bis del Tribunale di Firenze che vede sul banco degli imputati Raffaele Sollecito e Amanda Knox. La 26enne americana, nel frattempo, è stata fotografata ieri mentre usciva da un parrucchiere a Seattle, la città dove vive. La Knox, accusata assieme a Sollecito per l’omicidio di Meredith Kercher, è apparsa con cappellino, occhiali rotondi, aria un filo nervosa data dalla presenza dei fotografi.
Raffaele Sollecito è invece in aula a Firenze. La procura ha chiesto 26 anni per lui e 30 per la Knox.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 30, 2014
https://tuttacronaca.wordpress.com/2014/01/30/amanda-knox-si-rifa-il-look-in-attesa-della-sentenza/
Aspettando la sentenza: Amanda e la lettera ai Kercher
E’ attesa per oggi la sentenza dell’Appello bis del Tribunale di Firenze che vede sul banco degli imputati Raffaele Sollecito e Amanda Knox. L’americana non sarà in aula ma ha inviato una lettera ai familiari di Meredith. “Ci dovrei pensare, ma oggi non la vorrei leggere, perché non sento il bisogno di parlare con lei”. E’ la risposta di Stephanie Kercher, la sorella di Mez, alla notizia di una lettera di Amanda alla famiglia. “Dobbiamo resistere al sistema giudiziario italiano che è tanto diverso dal nostro, vorremmo che il processo finisse. Il verdetto non sarà una rivincita”, spiega parlando del processo. E alla domanda “siete sicuri che siano colpevoli anche se li condannassero?” risponde: “I dubbi saranno sempre gli stessi. In qualunque modo nel mio cuore resterebbero i dubbi, è ovvio, ma noi possiamo solo accettare ciò che ci diranno i giudici e rispettare comunque le decisioni della Giustizia italiana”. La donna spiega ancora che, dopo anni vissuti nella continua lotta tra risonanza mediatica del processo e bisogno di continuare a vivere “il verdetto è una scadenza da onorare per la memoria di Meredith, non una fonte di rivincita o della verità”. E aggiunge: “Sappiamo che i giudici e i giurati non conoscono con certezza la Verità. Vorremmo che il processo e le chiacchiere intorno ad esso finissero oggi per poterci concentrare solo sul nostro dolore e sul ricordo di Meredith. Tanto, nessuno ci ridarà mia sorella e la nostra vita è finita”. Da parte sua, Amanda vuole essere creduta innocente e spera nell’assoluzione: “Tra me e i Kercher si è messo di traverso un mondo – afferma -, per convincere loro devo prima convincere il mondo”. Stephanie la pensa diversamente: “Colpevole o innocente, lei dovrebbe essere certa che i suoi familiari siano i primi a crederle, poi noi Kercher e solo dopo tutti gli altri… eppure in questi anni l’ho vista spesso sui giornali e in tv, come se per lei contasse più il mondo che noi”.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 30, 2014
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“Raffaele ha sofferto per starmi accanto”: parla Amanda Knox
Intervistata dal Tg1, Amanda Knox, imputata con Raffaele Sollecito nel nel processo d’appello bis per l’omicidio di Meredith Kercher, ha detto dell’ex fidanzato che “è un bravissimo ragazzo” che “ha sofferto per starmi accanto”. Per quel che riguarda Mez, la studentessa di Seattle ha ammesso di pensarci “ogni giorno”. Amanda ha inoltre spiegato che attenderà la sentenza nella casa della madre e “se condannata lotterò per la mia innocenza fino alla Corte Suprema”. ancora, ha sottolineato che “non c’è una prova che io sono stata là quando è successo. E’ pacifico. Io non c’ero”. L’accusa, sostiene, “si basa su certe supposizioni che non hanno fondamento e soprattutto sulla supposizione che sono un mostro. Non sono così, non sono mai stata così”. Riguardo alle tracce di sangue notate dalla Knox nella casa di Perugia poco prima che venisse scoperto il cadavere di Meredith, ha detto: “Non sapevo cosa pensare. Non ho mai avuto un’esperienza del genere. Quando ho visto il sangue ho pensato ‘forse è strano’. Non ho mai pensato che qualcuno fosse stato ucciso”. Sicuramente, aggiunge, “Rudy Guede c’era quella sera”, ma “non è mai stato in casa mia. Sul Dna in quella stanza non c’è altra spiegazione. Ci sono le sue impronte nel sangue di Meredith, le impronte delle sue scarpe nel sangue di Meredith. Questi sono fatti pacifici”.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 17, 2014
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Abu Omar: la Corte Costituzionale annulla le condanne degli 007
La Corte Costituzionale ha annullato le sentenze di Corte di Appello e Cassazione con le quali erano stati condannati gli 007 italiani coinvolti nel “rapimento” da parte di agenti Cia del sospetto terrorista Abu Omar, trasferito al di fuori dei protocolli legali e quindi interrogato e torturato in Egitto). A vedersi annullate le condanne 4 uomini del Sismi, dall’ex direttore Niccolò Pollari (10 anni), a Marco Mancini, Giuseppe Ciorra, Raffaele di Troia e Luciano di Gregorio. Anche i ricordi dei governi Monti e Letta sono stati accolti. Tali ricorsi opponevano il Segreto di Stato, del quale invece la Corte di Cassazione nel 2012 aveva dato una interpretazione non estensiva rinviando tutto alla Corte d’Appello che infine decideva per le condanne degli imputati. Ora il procedimento è finito su un binario morto. Si legge sul Messaggero:
Con la sua decisione la Consulta (Palazzo della Consulta a Roma, sede della Corte Costituzionale, ndr.) farà retrocedere il processo in Cassazione, che si esprimerà il prossimo 24 febbraio. A quel punto i giudici del ”Palazzaccio” (sede della Corte di Cassazione a Roma, ndr.) non avranno che due strade: prendere atto dell’ampio potere discrezionale che la Consulta ha riconosciuto al presidente del Consiglio nell’apporre il segreto di Stato a garanzia della sicurezza nazionale, e dunque annullare le condanne di Pollari e degli altri uomini del Sismi; oppure rinviare alla Corte di Appello di Milano per ulteriori decisioni. Che, a questo punto, arriverebbero fuori tempo massimo, visto che la prescrizione è destinata a maturarsi nel giro di pochi mesi.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 15, 2014
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Irvine e Moratti: condanna a sei mesi dopo la rissa all’Hollywood
Nel dicembre 2008 l’ex pilota di Formula Uno Eddie Irvine era stato protagonista, con Gabriele Moratti, il figlio dell’ex sindaco di Milano, di una rissa nel privè di una nota discoteca milanese, l’Hollywood. I due si erano denunciati a vicenda con l’accusa di lesioni. Il loro scontro, ora, è finito in parità: entrambi sono stati condannati a sei mesi al termine di un processo durato quasi tre anni. Il giudice ha trasmesso gli atti alla Procura per una serie di false testimonianze.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 9, 2014
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Amanda e il desiderio d’incontrare i familiari di Mez (e di essere assolta)
Rilascia un’intervista a Rpubblica Amanda Knox, la studentessa statunitense imputata per l’omicidio di Meredith Kercher. E nell’occasione spiega di voler parlare con i familiari di Mez: “Voglio dirglielo direttamente che io non c’entro con la morte di Meredith, che le volevo bene e che eravamo amiche”. “Quando li ho visti in aula al processo di Perugia – continua – volevo salutarli e ho chiesto ai miei avvocati se poteva farlo. L’avvocato Carlo Della Vedova ha provato ad avvicinarsi a loro ma i loro legali lo hanno respinto». Amanda, sottolinea: “So però che mi credono l’assassina della loro figlia, sono convinti che l’abbia uccisa io e quindi anche ora non è ancora il momento di parlare loro. Quel giorno però verrà”. E, aggiunge, “spero succeda dopo che la mia innocenza sarà stata definitivamente riconosciuta”. Per quel che riguarda il processo, l’americana spiega di attendere “quello che aspetto dal 2007”, ovvero “che venga riconosciuta la mia innocenza”. La decisione di non partecipare al processo “è stata una scelta sofferta perché in realtà avrei voluto venire in Italia ed essere presente in aula”.In Italia però, prosegue, “sono stata arrestata e messa in prigione per quattro lunghi anni non sulla base di prove ma di supposizioni”. Alla domanda se ha sentito di recente Raffaele Sollecito, risponde: “Sì e l’ho sentito molto più ottimista di me”. E se dovesse arrivare una condanna, afferma Amanda, “sarò…come si dice… una latitante”. Francesco Maresca, il legale della famiglia di Meredith Kercher, ha commentato: “Amanda Knox deve fare l’imputata e questo è il momento per fare l’imputata e si fermi nelle sue dichiarazioni”.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 9, 2014
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“Se non obbedisci alla mamma vai in carcere”. E il giudice dà i domiciliari
Arresti domiciliari per un 19enne italo-somalo, Ayman Soliman, che i carabinieri hanno arrestato il 3 gennaio con un complice minorenne. Il ragazzo, che ha rapinato un supermercato e ferito un carabiniere con una coltellata, è stato giudicato nel tribunale di Roma e l’ordinanza suona più o meno come un “o fai come dice mamma, o il carcere”, come spiega Repubblica. Dopo la convalida dell’arresto, il difensore ha ottenuto il rito abbreviato e, fino alla prossima udienza del 22 gennaio la misura degli arresti domiciliari. La madre, tuttavia, che ha anche altri otto figli minorenni, ha dettato le condizioni: lo accoglie ma solo se il giovane s’impegna ad adeguarsi alle regole della casa. Nulla da eccepire, per il tribunale, che ha inserito l’appello nell’ordinanza di arresti domiciliari: alla prima segnalazione materna, tornerà in carcere.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 6, 2014
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Grana per Parolisi: indagato per le notti in caserma. E non è solo
E’ il Corriere della Sera a rendere noto che alla caserma Clementi di Ascoli Piceno, la magistratura ha raccolto testimonianze delle vittime che avrebbero ricevuto inviti espliciti a fare sesso. Al momento, ci sono dodici indagati fra cui lo stesso Parolisi ch esi sarebbe intrattenuto con le allieve a “bere” dopo la mezzanotte…
Emerge lo spaccato di un mondo militare pruriginoso, dove il rigore della disciplina di caserma vacilla sull’incontro dei due sessi. Da una parte i soldati che addestrano e comandano, dall’altra le allieve che ascoltano e obbediscono. In mezzo, qualche tentazione. Il soldato Enza, per esempio, l’ha raccontata così al comandante della Clementi chiamato dalla procura a una relazione informativa: «Un giorno il caporal maggiore mi si è rivolto chiedendomi cosa gli potevo dare per sapere la mia destinazione. Dissi “nulla, aspetto altri due giorni e lo saprò”». E l’altro, sempre secondo l’allieva: «Devi offrire te stessa a me e poi agli altri istruttori. Mi devi dire se sei vergine o meno, perché se lo sei devo prendere delle precauzioni, altrimenti devo prenderne altre, ad esempio frustini…». Ma non scherzava? «Forse ma a me non piaceva». Di giorno in mensa , di sera negli uffici del plotone.
La procura ha stilato l’elenco:
«Il caporal maggiore dopo il contrappello riceveva alcune allieve con cui si intratteneva per bere e scambiarsi effusioni… G.M. dopo la mezzanotte contattava via sms l’allieva Simona invitandola a raggiungerlo in ufficio per chiacchierare e avere un rapporto sessuale… ». E avanti così, tratteggiando la caserma di Ascoli come qualcosa di boccaccesco. Naturalmente la stragrande maggioranza delle allieve non partecipava agli incontri proibiti, molte ne ignoravano pure l’esistenza, altre li rifiutavano. Come Monica: «Il sottufficiale si è avvicinato a me e mi ha abbassato leggermente la cerniera della giacca della tuta. Io mi sono allontanata riordinando l’uniforme — ha messo a verbale — Vedendomi infastidita mi ha detto che l’aveva fatto perché faceva molto caldo». Nonostante la mimetica, un argomento forte era il décolléte di Gaia. «Lui era entrato nella camerata e diceva di essere intervenuto per un problema tecnico — ha raccontato — Poi ha iniziato a dire che avrebbe preferito entrare nelle diverse camerette a trovare le volontarie in biancheria intima invece che in uniforme, infine mi ha espresso apprezzamenti sulla mia scollatura… ».
Ma non è tutto:
Poi c’è il capitolo «violenza contro inferiore, minacce e ingiurie», dove a farla da padrone è sempre il caporale G. M., rispetto al quale, in questo caso, sfigurerebbe anche il duro sergente Hartman di Full Metal Jacket, quello che chiamava l’allievo «palla di lardo». Ecco il suo vellutato sistema di addestramento: «Vi faccio sputare sangue, mi sembrate delle pecore, lo sapete cosa fa il pastore con le pecore… mi fate schifo… Tu sei una casalinga non idonea alla vita militare, hai i prosciutti al posto delle gambe, chiatta, balena… Siete delle galline, delle pappe molli, siete tutte z…», e avanti così, edulcorando e rimanendo alle espressioni più gentili.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 4, 2014
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Peggio che mai: la Minetti bastonata dai tabloid americani
I giornali esteri Tmz e NyDailyNews hanno preso di mira Nicole Minetti che si gode le vacanze sotto il sole di Miami, chiedendosi come faccia l’ex consigliera regionale ad essere così rilassata essendo stata recentemente condannata a cinque anni di reclusione per favoreggiamento alla prostituzione. La Minetti si è trasferita da qualche mese in America, tra Miami e New York, dove abita il suo fidanzato ristoratore milionario Cipriani, per sfuggire ai giornali italiani. E invece è finita nelle maglie dei tabloid anglosassoni, molto più crudeli. Come sottolinea Dagospia, se in Italia si possono trovare titoli simili a “Nicole si rilassa al sole di Miami”, “TMZ” usa l’epiteto di
“Silvio Berlusconi’s hooker wrangler hanging out in Miami…Before prison” (tradotto con licenza poetica: “La domatrice di mignotte si diverte a Miami…prima della prigione”), e si chiede come mai una condannata a 5 anni di prigione in primo grado possa lasciare il proprio Paese e svacanzare oltreoceano (la risposta? “Basta guardare il suo c**o”). Poi passa l’inglese “Daily Mail” e ingioiella i bikini della nostra Nicole con la seguente didascalia: “Miami vice: Anglo-Italian woman sentenced to five years for pimping prostitutes for Berlusconi enjoys herself on Florida beach as jail term is delayed. Showgirl is not behind bars because she is appealing her conviction” (“Miami Vice: donna anglo-italiana condannata a 5 anni di prigione per aver fatto la pappona delle prostitute di Berlusconi si gode le spiagge della Florida mentre la sua pena viene rimandata. Non si trova dietro le sbarre perché ha appellato la sua condanna”).
Il tutto è corredato da gallery fotografiche che mostrano la Minetti intenta a godersi le sue vacanze con un bikini che non passa inosservato.
Pubblicato da tdy22 in dicembre 29, 2013
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Il genio matematico condannato perchè gay riceve la grazia postuma
Durante la Seconda Guerra Mondiale fu il genio matematico Alan Turing l’uomo in grado di decodificare il codice delle macchine Enigma usate dalle forze armate naziste. Il suo successo sul codice permise di modificare il corso della guerra e oggi Turing è considerato il padre dell’informatica e della crittografia moderna. La sua storia, tuttavia, è di persecuzione. Nato nella capitale inglese nel 1912, dove l’omosessualità è stata ritenuta illegale fino al 1967, si tolse la vita a soli 41 anni, dopo essere stato condannato e obbligato alla castrazione chimica dalle autorità britanniche perchè gay. Ora, 60 anni dopo la sua morte, la Regina Elisabetta II, accogliendo la richiesta del ministro della Giustizia Chris Grayling, ha concesso a Turing la grazia. Il ministro ha parlato del matematico come di “uomo eccezionale con uno spirito brillante”, la cui vita “è stata oscurata dalla condanna per omosessualità, condanna che consideriamo oggi come ingiusta e discriminatoria e che è ormai annullata”. Come ricorda l’Huffington Post, già nel 2009, l’allora primo ministro Gordon Brown aveva presentato delle scuse postume, riconoscendo che il grande matematico era stato trattato in modo orribile. Nel 2012, anno del centenario dalla nascita di Turing, undici scienziati britannici, tra cui Stephen Hawking, avevano chiesto l’annullamento della condanna del “matematico più brillante dell’epoca moderna”. Era arrivato in suo onore anche un francobollo della Royal Mail.
Pubblicato da tdy22 in dicembre 24, 2013
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La condanna di Parolisi: “Gravi gli indizi consistenti”
Il 30 settembre Salvatore Parolisi veniva condannato, in secondo grado, a 30 anni di reclusione per l’omicidio della moglie, Melania Rea, scomparsa il 18 aprile 2011. Ieri sono state rese note le motivazioni e la Corte d’assise d’appello dell’Aquila che così spiega la sentenza: “Gravi sono gli indizi consistenti, cioè resistenti alle obiezioni e quindi attendibili e convincenti”. I difensori dell’ex caporalmaggiore hanno annunciato che ricorreranno in Cassazione. Secondo la Corte, inoltre, il risalto mediatico della vicenda potrebbe “avere inevitabilmente influito sulla genuinità dei ricordi delle persone informate sui fatti”, ricordi “inconsapevolmente contaminati dalle notizie e dalle immagini ripetutamente diffuse dai mass media”. Tuttavia, “ciò che nella specie conforta l’attendibilità delle dichiarazioni testimoniali è il riscontrarsi reciproco dei riferimenti anche tra persone che non hanno avuto modo di confrontare le rispettive percezioni, perché non facenti parte dello stesso gruppo di amici o dello stesso nucleo familiare”. La Corte fa inoltre notare che “tutte le persone presenti hanno avuto modo di vedersi e ricordare di essersi viste reciprocamente, ma nessuno ha visto Parolisi e la figlia nei pressi delle altalene e ciò conduce alla logica conclusione che non ci fossero, e che l’imputato abbia sul punto, già solo per la concludenza di siffatti riferimenti testimoniali, evidentemente mentito”. Melania, continuano le motivazioni, “non può essere scomparsa dal luogo e nell’orario indicati dal Parolisi”, mentre Salvatore “non è rimasto con la figlia nella zona delle altalene dopo l’asserito allontanamento e fino ai primi tentativi di chiamata all’utenza cellulare della moglie”.
Pubblicato da tdy22 in dicembre 24, 2013
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Amanda Knox non si presenta in aula: “Ho paura”
Amanda Knox ha scritto una mail alla Corte d’assise d’appello di Firenze, dov’è in corso il processo bis per la morte di Meredith Kercher, nel quale la Knox e l’ex fidanzato Raffaele Sollecito sono imputati. L’americana scrive: “Non sono presente in aula perché ho paura. Ho paura che la veemenza dell’accusa vi impressionerà, che il loro fumo negli occhi vi accecherà”. Parlando delle accuse Amanda le definisce un “abuso ingiusto e maligno”. Da parte sua, il presidente della Corte d’assise Alessandro Nencini prima di leggere il testo ha detto che l’email che la giovane ha inviato alla Corte d’assise d’appello di Firenze “è irrituale. Chi vuol parlare nei processi viene nei processi”. Parlando con i difendori della Knox Nencini ha quindi precisato: “Non sono dichiarazioni spontanee”. Il presidente della Corte ha anche sottolineato che sono i difensori ad attribuire ad Amanda la paternità del testo: “Io non l’ho mai vista, non la conosco”. Riferendosi alla calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, sempre la Knox scrive: “Dobbiamo riconoscere che una persona possa essere portata a confessare falsamente perché torturata psicologicamente”. Amanda racconta anche di quando la portarono in questura: “Mi hanno mentito, urlato, minacciata, dato due scappellotti sulla testa. Mi hanno detto che non avrei mai più visto la mia famiglia se non avessi ricordato cos’era successo a Meredith quella notte”.
Pubblicato da tdy22 in dicembre 17, 2013
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Abu Omar condannato a sei anni di reclusione
Il gup di Milano Stefania Donadeo ha condannato a sei anni di reclusione Abu Omar con l’accusa di associazione per delinquere con finalità di terrorismo internazionale. La sentenza di condanna arriva a quasi 11 anni di distanza dal rapimento dell’ex imam ad opera della Cia. Il legale dell’ex imam della moschea milanese di viale Jennifer. l’avvocato Carmelo Scambia, parlando con i cronisti dopo la sentenza ha spiegato che Abu Omar ha sempre respinto l’accusa di terrorismo internazionale e ha sempre detto di essersi “limitato ad aderire ad un percorso politico-ideologico per professare il proprio credo e la propria fede”. L’avvocato Scambia ha chiarito che il suo assistito si trova ad Alessandria d’Egitto, in teoria libero “ma ha tanti occhi che lo seguono e deve dimorare nel paesino in cui è senza poter andarsene”. “Davo per scontato l’esito di questo processo – ha spiegato il legale – c’era da stabilire solo la quantificazione della pena che in linea teorica poteva arrivare anche a 10 anni. Ora vedremo le motivazioni e vedremo anche se ci saranno riferimenti al rapimento che ha subito”. L’avvocato ha chiarito inoltre che Abu Omar “aspettava tranquillo di capire cosa sarebbe successo in questo processo, ma lui ha sempre respinto le accuse”. Le motivazioni della sentenza arriveranno tra quaranta giorni.
Pubblicato da tdy22 in dicembre 6, 2013
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L’omicidio di Meredith: chiesti 30 anni per Amanda e 26 per Raffaele
Il pg Alessandro Crini ha chiesto trent’anni di reclusione per Amanda Knox e ventisei per Raffaele Sollecito. La discrepanza tra la durata è data dai quattro anni chiesti per l’americana per calunnia. La richiesta è giunta al termine della requisitoria al processo d’appello bis per l’omicidio di Meredith Kercher, uccisa a Perugia nella notte fra il primo e il 2 novembre del 2007. Inoltre il pg ha chiesto alla corte che non vengano concesse agli imputati le attenuanti generiche ed ha motivato la richiesta della riformulazione a 4 anni di reclusione per calunnia a carico di Amanda Knox per il “carattere non estemporaneo della calunnia stessa, e tarata per creare depistaggio”. Crini ha sostenuto che la Knox si trovava sul luogo del delitto e questo secondo l’identificazione, fatta dalla polizia scientifica nella stanza di Meredith, di un’impronta di un piede verosimilmente femminile che, secondo i risultati delle analisi, avrebbe una taglia dal 36 al 38. “Sulla federa, baricentro di questa maledetta storia – ha spiegato Crini – furono ritrovate un’impronta palmare di Rudy Guede ed una di una scarpa. Devo pensare alla stessa Knox che ha dichiarato lei stessa di esserci stata. L’impronta era a pochi centimetri da quella di Guede”. Per quel che riguarda la dinamica dell’omicidio, ha parlato della vittima spiegando che è stata trattata “come se fosse un animale”. Secondo il pg, il delitto è maturato dall'”esigenza di togliere di mezzo una ragazza di cui si era abusato”. Al termine della requisitoria Francesco Sollecito, padre di Raffaele, ha commentato con i giornalisti: “Le richieste mi lasciano senza parole”. E ancora: “Mi aspettavo altro, mi aspettavo una cosa assolutamente diversa”. L’assoluzione? “Non sono così pretenzioso. Ho fatto mille chilometri – ha concluso – per sentire questi vaneggiamenti”. Per quel che riguarda i familiari di Meredith, il legale della famiglia Kercher, Francesco Maresca, ha commentato a sua volta le stesse richieste spiegando che “sono assolutamente equilibrate, in linea con la requisitoria che è stata completa e precisa. Le richieste seguono un posizionamento che noi abbiamo sempre abbracciato nel primo e secondo grado”.
Pubblicato da tdy22 in novembre 26, 2013
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Non sa resistere al Parmigiano Reggiano: finisce in carcere
Il 57enne romano Franco Valente ha una strana “dipendenza” che l’ha condotto dritto al carcere di Rebibbia. L’uomo, semplicemente, adora talmente il Parmigiano Reggiano dall’aver accumulato 12 condanne per furto e dieci anni di reclusione. L’uomo, ex impiegato delle poste, in dodici anni ha sottratto dai supermercati della Città Eterna centinaia di pezzi del pregiato formaggio. Per lui sempre e solo Parmigiano: ha infatti disdegnato qualsiasi altro prodotto. La prima volta che venne scoperto con “le mani nel formaggio”, il giudice lasciò correre, ma all’ennesimo processo finì agli arresti domiciliari. Dai quali evase… per andare a far nuove scorte del formaggio. Nei market, toglieva i codici a barre riuscendo così a farla franca al momento del pagamento. L’uomo uscirà dal carcere ad aprile.
Pubblicato da tdy22 in novembre 21, 2013
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La protesta anti-burqa costa alla Santanchè la richiesta di un mese di arresto
Nel settembre 2009, a Milano, in occasione della cerimonia di chiusura del Ramadan Daniela Santanchè promosse una protesta anti-burqa senza aver chiesto l’autorizzazione della questura. Per questo motivo, il pm del processo che l’ha vista imputata ha formulato una pena di un mese di arresto e una multa di 100 euro. In quell’occassione, la Pitonesse venne colpita allo sterno e riportò lesioni giudicate guaribile in venti giorni. A sferrare il colpo l’egiziano Ahmed El Badry, imputato assieme a lei e condannato a pagare 2mila euro di multa. Il pm ha chiesto che vengano riconosciute le attenuanti generiche alla Santanchè per il suo corretto comportamento processuale, anche perché “si è fatta interrogare”, e perché incensurata. Poi ha spiegato che per il reato di manifestazione non autorizzata “non è previsto il dolo”, ma solo la colpa: quella della Santanchè sarebbe stata di non chiedere l’autorizzazione nelle modalità previste dalla legge. Per quanto riguarda il suo aggressore, El Badry, il magistrato ritiene che vada punito con una multa senza la concessione delle generiche e nemmeno dell’attenuante della provocazione perché “ha colpito una persona, oltretutto di sesso femminile, che esprimeva opinioni”. La sentenza sarà pronunciata dal giudice monocratico dell’ottava sezione penale Elena Balzarotti il 2 dicembre prossimo.
Tornando a quel giorno di settembre di quattro anni fa, così il Corriere ricostruiva la movimentata giornata:
Nel certificato medico del dottor Roberto Antonio Paternollo si legge di una prognosi di «20 giorni» per «contusione emitorace sinistro e contrattura alla muscolatura latero cervicale sinistra». La paziente è Daniela Santanchè. È arrivata in ospedale, il Fatebenefratelli, alle 11.30, in codice verde, cioè il meno grave, dopo una «aggressione». Qualcuno l’ avrebbe colpita («Pugno in pancia» sostiene lei). La polizia si riserva di visionare i filmati delle videocamere dei propri agenti. C’ è stato parapiglia. Erano le 9.10, all’ esterno della Fabbrica del vapore, dove nel tendone del teatro Ciak si celebrava la fine del Ramadan, il mese sacro dei musulmani. La Santanchè manifestava «contro il burqa». Stamane la comunità islamica la denuncerà «per turbativa di culto» e perché «è stata lei, ad aggredire». Il ragazzo con il gesso Torniamo al parapiglia. Di certo c’ è che la Santanchè finisce a terra, ci rimane tre minuti circa. Piange, le fa male il torace, l’ ha picchiato contro l’ asfalto. Attorno, c’ è un ragazzo, musulmano, con un braccio ingessato; è giovane, dicono sia uno dei ragazzi che vendono i tappeti per la preghiera. È particolarmente agitato, teso. La polizia lo terrà da subito d’ occhio (a tarda serata contro di lui non era stato emesso alcun provvedimento). È stato il ragazzo a sferrare quell’ eventuale pugno alla leader del Movimento per l’ Italia? Se sì, noi non lo abbiamo visto, e nemmeno la polizia o la stessa Santanchè. Forse le videocamere? Siamo a pochi metri dal cancello della Fabbrica del vapore, in via Procaccini, a ridosso della centrale Chinatown. Circa 4 mila le persone che pregano. Ci sono uomini. Bambini. E donne. Alcune coperte in volto. Coperte «dal burqa» sostiene la Santanchè. «No, il burqa è afghano, nemmeno sa… questo è il niqab» dice Abdel Shaari. Shaari è il direttore del centro culturale islamico di Milano. Invita a «non cedere alle provocazioni». In dieci non lo ascoltano, ribattono alla Santanchè e ai suoi, che sono una trentina. Tra loro, qualcuno prende di mira una donna e urla: «Ti puzza il fiato, sei brutta, fai schifo». Come risposta, alla Santanchè, ma non riusciamo a capire da quale bocca e volto, arriva un insulto («Put…») e una minaccia («Domani muori»). Gli scudi della polizia La polizia abbassa gli scudi per farci delle transenne, e dividere. Shaari ordina a una ventina di ragazzi di organizzare un cordone davanti all’ ingresso. La polizia ne allestisce un secondo, più compatto e duro. Un po’ ci si calma. Alle 11 Daniela Santanchè, che non intende andarsene, manda a chiamare Shaari. «Voglio entrare e vedere». Permesso accordato. Avvicina un gruppo di ragazze, distribuisce i volantini; si ferma davanti a una signora coperta dal velo, fissa il marito, gli dice: «Liberala. Devi liberarla». La donna non fiata, il marito nemmeno. Solidarietà dal ministro Mariastella Gelmini, le accuse di una «sceneggiata premeditata» da parte del radicale Silvio Viale. A tardo pomeriggio, uscita dall’ ospedale, Daniele Santanchè spiega: «Dovessi ricapitarmi l’ occasione, lo rifarei. Perché gli agenti non hanno fermato quelle donne avvolte dal burqa? E se sotto avessero avuto delle armi, delle bombe? E se si facevano esplodere?». La comunità islamica sostiene che lei abbia provocato. «Falso. Io mi batto per far rispettare la legge». Oggi in Questura A Shaari è giunto un messaggio dell’ Unione delle comunità islamiche in Italia, per condannare l’ azione di «un gruppetto di squadristi». Shaari dice: «Era una bella occasione… Avevamo la possibilità di parlare dei nostri problemi. Niente, non ci è stato permesso». Quali sono i vostri problemi? «Non abbiamo una moschea. Dobbiamo pregare in luoghi provvisori, eppure, in tutti questi anni, abbiamo dimostrato di non creare mai problemi a Milano e ai milanesi». Da quand’ è iniziato a ieri, il Ramadan, nonostante per un mese abbia appunto spostato migliaia di persone da un quartiere all’ altro, non ha avuto effetti collaterali: nessun incidente di percorso, come riconosciuto dal Comune. A Daniela Santanchè, il dottor Paternollo del Fatebenefratelli ha raccomandato di «evitare sforzi» e ha prescritto Aulin e Toradol. Se non lei direttamente, i suoi hanno tentato – confermano gli inquirenti – di togliere il velo ad alcune donne. Tre, per l’ esattezza. Oggi Shaari, le accompagnerà in Questura «per la denuncia contro questa signora che ci ha rovinato la festa».
Pubblicato da tdy22 in novembre 18, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/11/18/la-protesta-anti-burqa-costa-alla-santanche-la-richiesta-di-un-mese-di-arresto/
Umiliato dal prof perchè disabile: condannato il docente
Non aveva il coraggio di confidarsi con i genitori, di raccontare loro come il professore lo deridesse e insultasse in classe. Lui, a 15 anni e con problemi psico-motori, una paralisi che non gli consente di muoversi bene, sorrideva, era affettuoso, aveva degli amici in classe. Gli stessi che l’hanno spinto a raccontare in famiglia quello che accadeva in quelle aule di un istituto tecnico turistico al Torrino, a Roma. Il 13 dicembre 2007, prende coraggio: “C’è un professore che mi tratta malissimo, mi ha preso lo zaino, me l’ha buttato dalla finestra e mi ha imposto di andarlo a prendere nel giardino”. Subito la denuncia, le indagini, la sentenza di primo grado del marzo del 2012 emessa dal Tribunale ordinario di Roma che condanna Francesco Pepe, docente di inglese a un anno di reclusione per maltrattamenti. Il magistrato aveva chiesto 4 mesi per l’accusa di abuso di mezzi di correzione. L’avvocato del professore ha fatto richiesta di appello, con il suo assistito che si è sempre dichiarato innocente. La sentenza parla di “condotta denigratoria e discriminatoria”. “Tu sei diverso, non sei grado, leggi il giornale, tanto a te non serve il libro” avrebbe detto Pepe. Sono i compagni di classe del ragazzo che raccontano come, durante il primo anno, il prof avrebbe chiesto di fare all’alunno uno “scherzo”, “di mettere uno zaino sotto il banco” del ragazzo “con il cestino, così sarebbe inciampato”. Un testimone racconta altri episodi: “Quando andava al bagno il professore gli gettava gli oggetti fuori dalla finestra”. Durante il secondo anno, i compagni avevano avvisato tanto gli insegnati che la preside. Lui piangeva, i professori non dicevano nulla ai genitori e il docente avrebbe in seguito chiesto scusa, spiegando che il tutto era causa di un brutto periodo della sua vita. Lui, però, si sentiva disprezzato perchè malato. Come spiega il Messaggero, Pepe si è sempre detto innocente e alcuni professori hanno detto che nessuno si era lamentato. Per quel che riguarda l’episodio del cestino, il docente lo ricostruisce in modo diverso: “ricordo che era lui che mi chiese di andare al bagno e cercando di uscire dal banco incontro difficoltà perché c’erano degli zainetti buttati a caso. Quando lui uscì dissi ma che lo fate apposta per farlo cadere? O è un caso?”. Ha ammesso di aver consigliato a Marco di frequentare un logopedista quando erano da soli, non davanti alla classe. “Per quanto riguarda le frasi relative alla scarsa igiene, non l’ho mai offeso, ma quando mi riferivano che tornando dal bagno era sporco ritenevo opportuno con un certo imbarazzo chiedergli di essere più attento all’igiene personale”. Il giudice ha ritenuto “inconferenti” i documenti presentati dalla difesa relativi a consigli di classe che evidenziano segnalazioni di bullismo dei compagni verso il ragazzo. Secondo la sentenza il professore ha posto in essere “una condotta di sopraffazione sistematica determinando vere e proprie sofferenze morali”.
Pubblicato da tdy22 in novembre 16, 2013
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Multa da 7.600 euro: gli era squillato il cellulare in cabina elettorale
Durante la consultazione elettorale politica della primavera scorsa, un cittadino di Feltre, nel Bellunese, si era dimenticato di lasciare il cellulare prima di entrare nella cabina elettorale. Ma proprio mentre stava votando, il telefono ha iniziato a squillare e subito sono scattati i controlli. Anche se l’uomo ha tentato di spiegare che si trattava di una semplice dimenticanza, una specifica legge pone il divieto al fine di evitare il cosiddetto voto di scambio, ovvero “tu dai il voto a me, poi mi provi con una foto che l’hai fatto, e io ti pago” e così è stato denunciato. Ieri l’uomo ha scelto di patteggiare, ottenendo così uno sconto di pena: 1 mese e dieci giorni di reclusione, convertiti poi in pena pecuniaria pari a 7.600 euro. Il suo difensore ha ora invocato la sospensione della pena, disposta dal giudice per l’udienza preliminare.
Pubblicato da tdy22 in novembre 15, 2013
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Roberto Saviano condannato per diffamazione
E’ stato condannato a risarcire con 30mila euro una persona citata nel suo best seller Gomorra. La condanna per diffamazione è stata decisa dal Tribunale di Milano al termine di una causa civile intentata da Enzo Boccolato. Orietta Miccichè, giudice della prima sezione civile, ha, come si legge nel dispositivo della sentenza, “accertato il contenuto diffamatorio in danno di Enzo Boccolato della frase contenuta a pagina 291 del libro intitolato ‘Gomorra’”, nella parte in cui “l’autore prospetta che Enzo Boccolato insieme ad Antonio La Torre ‘si preparavano anche a tessere una grande rete di traffico di cocaina’”. Il giudice ha quindi condannato “Saviano e Arnoldo Mondadori Editore Spa (editore del libro, ndr) in via tra loro solidale al risarcimento del danno subito da Enzo Boccolato e a corrispondergli la somma di 30mila euro”. Il giudice ha anche ordinato “la pubblicazione dell’intestazione e del dispositivo della presente sentenza a cura e spese dei convenuti una volta a caratteri doppi del normale sul quotidiano ‘La Repubblica’ entro 30 giorni della notifica in forma esecutiva della presente sentenza”. A carico dei “convenuti” anche le spese legali del procedimento. Ha spiegato il legale di Boccolato, l’avvocato Santoro: “Nel libro ‘Gomorra’ Saviano aveva infatti descritto il Boccolato, che è incensurato e che da vari anni vive in Venezuela conducendo una florida attività nel campo ittico e del tutto estraneo ad ogni attività camorristica, come collegato ai La Torre in relazione al traffico internazionale di cocaina, sostenendo che questo, unitamente ai La Torre ‘si preparava anche a tessere una grande rete di traffico di cocaina’”.
Pubblicato da tdy22 in novembre 13, 2013
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Risarcimento per i familiari di Cucchi fissato a un 1 milione e 340mila euro
E’ stata ufficializzata la cifra che l’ospedale Pertini di Roma corrisponderà ai familiari di Stefano Cucchi come risarcimento a seguito della morte del giovane, avvenuta quattro anni fa, nella loro struttura. La somma ammonta a un milione e 340mila euro. Ora che è stata trovata un’intesa, i parenti di Cucchi non saranno presenti come parte civile nei confronti dei medici e degli infermieri al processo d’appello. Fabio Anselmo, legale della famiglia, ha commentato: “Il risarcimento è limitato esclusivamente alla responsabilità sanitaria. L’obiettivo della famiglia è quello di avere giustizia non a metà, ma a 360 gradi. Per questo, andremo in appello anche e soprattutto sulla posizione degli agenti per i quali con soddisfazione la Procura generale ha chiesto alla Corte d’assise d’appello un giudizio completo e non limitato”. Il riferimento è al fatto che, a fronte della condanna dei sanitari, è stata emessa una sentenza di assoluzione nei confronti dei tre agenti della polizia penitenziaria. Oltre ai pm, anche la procura generale ha proposto appello contro la sentenza con la quale il 5 giugno la Corte d’assise di Roma ha condannato per omicidio colposo 5 dei 6 medici imputati, mentre il sesto ha subito una condanna per falso ideologico. In quell’occasione, anche tre infermieri sono stati assolti.
Pubblicato da tdy22 in novembre 2, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/11/02/risarcimento-per-i-familiari-di-cucchi-fissato-a-un-1-milione-e-340mila-euro/
Il Castello di Kafka? No, la giustizia italiana
L’imputato è un inserviente bresciano di un asilo accusato di violenze sessuali su quattro bambini, che sarebbero state commesse nel 2001.
Sentenze, fra Brescia e Milano:
nel 2004 il tribunale lo condanna a 15 anni.
Nel 2006 la Corte d’Appello conferma la condanna.
Nel 2007 la Cassazione annulla la sentenza.
Nel 2008 nel processo bis la Corte d’Appello lo assolve.
Ma la Cassazione nel 2009 annulla l’assoluzione.
Processo tris: nel 2011 la Corte d’Appello lo assolve di nuovo.
Nel 2012 la Cassazione annulla ancora l’assoluzione.
Processo quater nel 2013: Corte d’Appello condanna a 13 anni.
Si attende ora il verdetto della Cassazione.
Sarà il nono grado di giudizio. Per fare un paragone con processi super controversi della nostra storia, per la strage di Piazza Fontana ci sono stati 8 gradi di giudizio, per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi 7 gradi.
Il caso, spiega Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera, è finito alla corte di Strasburgo
“Tralasciando il merito intricato di una vicenda delicatissima che a quasi 12 anni dai fatti afferra ancora non solo l’imputato ma anche le parti civili dei bimbi e delle loro famiglie, la difesa ora sperimenta due questioni più generali: una sulla tenuta della regola della condanna solo se «oltre ogni ragionevole dubbio», e l’altra sull’apparente impossibilità di prospettare alla giustizia europea una eventuale durata irragionevole del processo italiano se prima il processo stesso, in un gioco di rimbalzi di annullamenti e controannullamenti, non finisce mai perché mai diventano definitive o l’assoluzione o la condanna.
Sul primo versante il professore Guglielmo Gulotta, specie dopo l’archiviazione di tre iniziali coindagati nella scuola e l’assoluzione di altre tre coimputate, pone a raffronto la peculiare sequenza di altalenanti decisioni con il secondo comma dell’articolo 530 del codice di procedura, in base al quale il giudice è obbligato a pronunciare sentenza di assoluzione non solo quando «manca la prova» che il fatto sussiste, ma anche quando questa prova è «insufficiente o contraddittoria»: e allora, nella prospettiva della difesa, già questa «massa eterogenea di decisioni tra loro diametralmente opposte», con differenti principi di valutazione della prova additati perfino dalla stessa sezione di Cassazione in due diversi giudizi (ovviamente con giudici diversi) a proposito del possibile «contagio dichiarativo» tra bimbi o fra bimbi e genitori, sarebbe dimostrazione del fatto che una eventuale nuova condanna non potrebbe superare la soglia dell’«oltre ogni ragionevole dubbio» disegnata nel tempo dalla giurisprudenza di legittimità.
La seconda questione appare più concreta e verte sul principio della «ragionevole durata» del processo, sancita dall’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) e incorporata dall’articolo 111 della Costituzione italiana. Un numero secco per stabilire quanti anni sia «ragionevole» che duri un processo non esiste e nemmeno potrebbe esistere, dipendendo dalla combinazione di una pluralità di fattori come la complessità del caso, il comportamento dell’imputato, la condotta delle varie autorità giudiziarie. E un imputato può dolersi davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo della pretesa irragionevole durata del suo processo soltanto quando abbia finito di utilizzare tutti i rimedi (non solo presenti in teoria ma anche effettivi in concreto) offerti dall’ordinamento del suo Paese, quindi in Italia per definizione solo quando abbia esperito tutti i gradi di giudizio sino al passare in giudicato definitivo di una sentenza in Cassazione. Ma il sistema italiano non ha una norma di chiusura che scongiuri l’eventualità che un processo non approdi mai a una conclusione in un tempo ragionevole a causa dei possibili ripetuti annullamenti con rinvio da parte della cassazione, e delle successive impugnazioni delle sentenze di merito di condanna (da parte della difesa) o di assoluzione (da parte dell’accusa).”
Pubblicato da tdy22 in ottobre 28, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/10/28/il-castello-di-kafka-no-la-giustizia-italiana/
I familiari di Stefano Cucchi trovano l’accordo per il risarcimento con l’ospedale
Morì mentre si trovava ricoverato all’Ospedale Sandro Pertini di Roma il geometra romano Stefano Cucchi, a una settimana dal suo arresto per droga. Ora Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi, ha formalizzato con gli avvocati della struttura sanitaria l’accordo per il risarcimento danni. Si mantiene il riserbo per le cifre, in attesa che vengano definiti gli ultimi dettagli. Stando a quanto si è appreso, le ultime firme saranno apposte al più tardi fra due giorni. Il risarcimento porterà a una sorta di “contrazione” degli atti d’appello e verrà a mancare la parte civile nei confronti dei medici mentre i genitori, la sorella e i nipoti di Stefano Cucchi appellerano la parte della sentenza con la quale la III Corte d’assise di Roma assolse gli agenti della polizia penitenziaria. L’accusa sosteneva che il giovane era stato “pestato” mentre si trovava in attesa dell’udienza di convalida del suo arresto, nelle celle di sicurezza della Città giudiziaria di Roma. In seguito, era stato abbandonato a se stesso dai medici del Pertini. Secondo la sentenza di primo grado, però, morì per malnutrizione.
Pubblicato da tdy22 in ottobre 22, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/10/22/i-familiari-di-stefano-cucchi-trovano-laccordo-per-il-risarcimento-con-lospedale/
Poesie e racconti: i colori della fantasia
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