Basta leggi ad personam: la Ue bacchetta l’Italia sulla corruzione

corruzione-tuttacronacaLa Commissione Ue ha presentato il suo primo report sulla corruzione in Europa e vi si legge: “In Italia i legami tra politici, criminalità organizzata e imprese, e lo scarso livello di integrità dei titolari di cariche elettive e di governo sono tra gli aspetti più preoccupanti, come testimonia l’alto numero di indagini per corruzione”. La relazione di Bruxelle rileva ancora come “negli ultimi anni sono state portate all’attenzione del pubblico numerose indagini per presunti casi di corruzione, finanziamento illecito ai partiti e rimborsi elettorali indebiti, che hanno visto coinvolte personalità politiche di spicco e titolari di cariche elettive a livello regionale”. Scandali che hanno portato ad una serie di dimissioni, anche di leader e di alte cariche di partito, a elezioni regionali anticipate in un caso, ed hanno spinto il governo a sciogliere alcuni consigli comunali per presunte infiltrazioni mafiose. Pur senza fare nomi, il report segnala anche un caso “degno di nota”, quello di “un parlamentare indagato per collusione con il clan camorristico dei Casalesi” (richiamando il caso di Nicola Cosentino). Ancora, la relazione evidenzia come solo nel 2012 sono scattate indagini penali e ordinanze di custodia cautelare nei confronti di esponenti politici locali in circa metà delle 20 Regioni italiane, sono stati sciolti 201 consigli municipali, di cui 28 dal 2010 per presunte infiltrazioni criminali e più di 30 deputati della precedente legislatura sono stati indagati per reati collegati a corruzione o finanziamento illecito ai partiti. La Commissione Ue ritiene che la nuova legge italiana contro la corruzione “lascia irrisolti” vari problemi perchè “non modifica la disciplina della prescrizione, la legge sul falso in bilancio e l’autoriciclaggio e non introduce reati per il voto di scambio”. Da Bruxelles arriva inoltre il suggerimento di perfezionare anche la legge sul conflitto d’interesse perchè “frammenta” le disposizioni sulla concussione e la corruzione, “rischiando di dare adito ad ambiguità nella pratica e limitare ulteriormente la discrezionalità dell’azione penale”. Sono inoltre “ancora insufficienti le nuove disposizioni sulla corruzione nel settore privato e sulla tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti. La prescrizione è un problema «particolarmente serio per la lotta alla corruzione in Italia”, secondo Bruxelles, perchè termini, regole e metodi di calcolo, sommati alla lunghezza dei processi, “determinano l’estinzione di un gran numero di procedimenti”. E oltre a sottolineare che vanno colmate le lacune e che è necessario dare priorità a procedimenti per corruzione a rischio prescrizione, raccomanda di “estendere i poteri e sviluppare la capacità dell’autorità nazionale anticorruzione Civit in modo che possa reggere saldamente le redini del coordinamento e svolgere funzioni ispettive e di supervisione efficaci, anche in ambito regionale e locale”.  Ancora, per Bruxelles va bloccata “l’adozione di leggi ad personam”, che ostacolano “i tentativi” di darsi norme per garantire processi efficaci. Per quel che riguarda le cifre, “La corruzione, che in Europa vale 120 mld di euro, mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e danneggia l’economia, privando i Paesi di un gettito fiscale particolarmente necessario in questo momento di crisi. Gli Stati membri hanno fatto molto negli ultimi anni per combatterla, ma la relazione mostra che è lontano dall’essere sufficiente. Il report suggerisce alcune linee di intervento che spero possano essere seguite”, come ha sottolineato il commissario Ue agli Affari interni Cecilia Malmstrom nel presentare i dati. Il report sottolinea infine che il totale dei costi diretti della corruzione in Italia ammonta a 60 miliardi di euro ogni anno, pari al 4% del Pil italiano. I danni provocati dalla corruzione in Italia sono pari alla metà del totale europeo, indicato dalla Commissione in 120 miliardi di euro l’anno.

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BOCCIATA L’ITALIA: la stabilità è instabile!

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Ormai l’instabilità italiana è sotto gli occhi di tutti anche dell’Ue che oggi ha bocciato gli obiettivi poti in essere dal Patto di Stabilità, ex finanziaria, proposti dal governo Letta e per la prima volta al vaglio della Commissione Ue.  “C’è un rischio che la bozza del piano di bilancio per il 2014 non rispetti le regole del Patto di stabilità e crescita – sottolinea la Commissione -. In particolare, l’obiettivo di riduzione del debito nel 2014 non è rispettato”. L’Italia non potrà quindi chiedere alla Commissione Ue di fare uso della “clausola sugli investimenti” del Patto di stabilità, perché non rispetta la condizione del debito pubblico in discesa a un ritmo soddisfacente. «La Commissione europea – dice il vicepresidente Olli Rehn – conta molto sugli impegni presi dal governo italiano, in particolare sulla spending review portata avanti da Carlo Cottarelli». Nuovo colpo di scena… sulle vite degli italiani!

Ue ancora contro l’Italia nel mirino il debito pubblico

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Analisi approfondita per l’Italia e per la prima volta indagini anche sulla Germania. Questa la linea dura intrapresa dalla Commissione Ue che sta esplorando gli squilibri macroeconomici come il debito elevato, la disoccupazione, la perdita delle quote di mercato.

«Il debito molto elevato resta una vulnerabilità significativa dell’Italia, in particolare vista la prospettiva debole di crescita», scrive la Commissione spiegando che mantenere un surplus primario elevato è importantissimo per mettere il debito su un terreno di discesa.

La perdita di quote di mercato «resta significativamente sopra la soglia di guardia», e la performance dell’export «compete in modo sfavorevole rispetto a quelle delle economie avanzate». La disoccupazione, sebbene non abbia raggiunto la soglia di guardia, è aumentata e quella giovanile «è molto alta».

L’Italia «deve evitare compiacenza e instabilità che possono mettere a rischio il cammino delle riforme», ha detto Barroso. Il presidente ha spiegato di voler inviare un messaggio all’Italia: «Con i progressi raggiunti finora si è vista una reazione positiva dei mercati, che ora sono più stabili ma sempre vulnerabili alle azioni dei leader politici. Ma quando hanno una chiara percezione della volontà dei governi di fare le riforme, le ricompense arrivano sempre».

«In Italia si cominciano ad intravedere i primi segnali di ripresa ma si tratta di una ripresa molto fragile per questo non si deve mettere a rischio il percorso delle riforme» ha aggiunto Barroso.

«L’Europa è davanti a una svolta economica e la ripresa è in corso» ha detto il commissario per gli affari economici Olli Rehn. Ma la ripresa è «ancora fragile» ha poi aggiunto Barroso, secondo il quale comunque il «ritorno alla crescita dimostra che le nostre politiche funzionano».

Sempre nel rapporto della Commissione viene comunque sottolineato che il surplus commerciale della Germania «può mettere pressione sull’apprezzamento dell’euro e rendere difficile il recupero della competitività dei Paesi periferici dell’Eurozona». E con questa dichiarazione l’Ue per la prima volta apre un’indagine approfondita anche sulla Germania.

 

L’Europa cresce e l’Italia rimane schiacciata?

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L’Europa a due velocità non è una notizia nuova, ma se ci sono «segnali crescenti che l’economia europea ha raggiunto un punto di svolta»  anche se «è troppo presto per cantare vittoria» perché «la disoccupazione resta a livelli inaccettabilmente alti», in Italia la crescita è frenata e la disoccupazione si prevede in aumento. Peggiorano le stime Ue sul deficit italiano: a maggio Bruxelles prevedeva un 2,9% nel 2013, e oggi sale invece al 3%, mentre il 2,5% che aveva previsto nel 2014 sale al 2,7%. «Dopo i grandi sforzi del 2012 rallenta la correzione di bilancio», scrive la Commissione che «a politiche invariate» prevede nel 2015 un disavanzo al 2,5%. Nuovo record del debito pubblico italiano, che dal 133% di quest’anno è destinato a toccare quota 134% nel 2014 «anche a causa del pagamento dei debiti della p.a.», è la prospettiva indicata nelle previsioni della Commissione Ue, che vedono una «leggera discesa» al 133,1% solo nel 2015. Peggiora il Pil: dal -1,3% previsto in primavera passa oggi a -1,8%, mentre resta invariata a 0,7% la stima del pil del 2014. «La recessione potrebbe essere al punto di svolta. Dopo una nuova forte contrazione nel 2012-13 l’attività si riprenderà gradualmente nel 2014-15», scrive Bruxelles. «Gli indicatori disponibili suggeriscono che la recessione potrebbe essere vicina a un punto di svolta. La produzione industriale è scesa a luglio e agosto, indicando una nuova moderata contrazione nei risultati nel terzo trimestre. Ma la migliorata fiducia delle imprese dalla scorsa estate, guidata soprattutto da una valutazione positiva degli ordini degli export, lascia prevedere una moderata e graduale ripresa a partire dal quarto trimestre del 2013», scrive Bruxelles.

Insomma l’Europa forse riparte, ma l’Italia resta schiacciata?

L’Ilva arriva in Europa, aperta procedura d’infrazione contro l’Italia

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E siamo a due! Dopo quella aperta per i limiti posti alla responsabilità civile dei giudici nell’applicazione del diritto europeo arriva una nuova apertura di procedura d’infrazione contro l’Italia per l’Ilva di Taranto.

La Commissione “ha accertato” che Roma non garantisce che l’Ilva rispetti le prescrizioni Ue sulle emissioni industriali, con gravi conseguenze per salute e ambiente. Roma è ritenuta “inadempiente” anche sulla norma per la responsabilità ambientale. La direttiva sulla responsabilità ambientale, sancisce infatti il principio “chi inquina paga”. Per questo motivo, su raccomandazione del Commissario per l’ambiente Janez Potocnik la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora, concedendole due mesi per rispondere.

Secondo quanto spiegano a Bruxelles, la maggior parte dei problemi deriva dalla “mancata riduzione degli elevati livelli di emissioni non controllate generate durante il processo di produzione dell’acciaio”.

Le prove di laboratorio “evidenziano un forte inquinamento dell’aria, del suolo, delle acque di superficie e delle falde acquifere, sia sul sito dell’Ilva, sia nelle zone abitate adiacenti della città di Taranto. In particolare, l’inquinamento del quartiere cittadino di Tamburi è riconducibile alle attività dell’acciaieria”.

Oltre a queste violazioni della direttiva IPPC e al conseguente inquinamento, risulta che “le autorità italiane non hanno garantito che l’operatore dello stabilimento dell’Ilva di Taranto adottasse le misure correttive necessarie e sostenesse i costi di tali misure per rimediare ai danni già causati”.

Ue, “pur ritenendo un segnale positivo i recenti impegni assunti dalle autorità italiane per rimediare alla situazione dell’Ilva, chiede tuttavia all’Italia di rispettare gli obblighi cui è tenuta ai sensi della direttiva Ippc e della direttiva sulla responsabilità ambientale”, si legge in una nota di Bruxelles. Inoltre, “la Commissione è pronta ad aiutare le autorità italiane nei loro sforzi per risolvere queste questioni gravi”.

Aranciata sì, frutta no! L’ultimo scandalo alimentare e l’Italia china la testa in Ue

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Non sarà aumentato il contenuto di frutta nell’aranciata e nei succhi di frutta dal 12% al 20% come previsto dal Decreto Balduzzi, emesso dall’ex ministro della Salute del governo Monti. Lo ha bocciato e cancellato la Commissione Europea perché in contrasto sulla libera circolazione delle merci. Ad esultare sono i  produttori di  Fanta, San Pellegrino, Schweppes, Kinley e Sprite, ma anche tanti altri piccoli produttori che ora si troveranno liberi di poter mettere nelle bevande a base di frutta solo il 12%. A farne le spese? La salute dei cittadini! La Coldiretti aveva esultato quando il decreto era passato e ora invece si trova di fronte a quella che è stata una vittoria di Pirro.

La Repubblica spiega

“Avevano parlato subito di costi insostenibili che sarebbero ricaduti sui cittadini, di distorsione del gusto originario delle singole bibite (amate proprio per quell’originalità dai consumatori). Quando, «con colpevole ritardo» ammettono al ministero, il mini-decreto Balduzzi è stato inviato a Bruxelles, è tornato indietro subito e con le diffide allegate: “Così si impedisce a un prodotto di entrare nella catena commerciale italiana”. La questione “quote frutta” doveva essere fissata a livello comunitario, non si poteva disciplinare nazionalmente”.

I costi insostenibili forse ora saranno quelli della sanità, visto ceh studi medici in gran parte del mondo hanno dimostrato come alcune bevande addizionate con coloranti e conservanti, a basso contenuto di frutta siano dannosi per i consumatori.

Inutili i tentativi dei tecnici del ministero di salvare il decreto, ora che Balduzzi non è più ministro:

“«Abbiamo proposto di lasciare libertà di scelta sui prodotti fabbricati all’estero vincolando solo le bibite italiane », racconta il direttore generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti, Silvio Borrello. La risposta dell’Unione è stata una seconda diffida: la libertà di circolazione va garantita a tutti, anche alle vostre aziende”.

La battaglia non è ancora chiusa, spiega Borrello:

“«Insisteremo affinché l’Europa consenta ai singoli stati di far scegliere il quantitativo minimo di agrumi nelle confezioni»”.

Ma vincerla non sarà facile, spiega la Coldiretti:

“La Germania, va ricordato, più volte ha proposto l’etichetta “succhi di frutta” anche per le bibite senza alcuna aliquota di frutta. «Il problema è grave, bisogna continuare ad attaccare », dice la Coldiretti, pronta a vendere – grazie al decreto Balduzzi – 200 milioni di chili di arance in più. «La libera circolazione delle merci è una scusa, la verità è che questo intervento è contro la salute dei consumatori. L’Europa ha preso una cantonata enorme»”.

Quindi si continua a lottare, ma nel frattempo nel nostro organismo finisce solo il 12% di frutta quando tutto va bene.

Chi c’è dietro alle lobby dei produttori di bevande internazionali?

Il Ceo di Coca Cola, che produce Fanta e Kinley, è Muhtar A. Kent, un turco americano di religione islamica. Basterebbe solo vedere l’articolo pubblicato nel 2012 sullo sfruttamento dei lavoratori da parte di Coca Cola in Calabria dove è avvenuto ( e si spera non avvenga più) lo fruttamento dei lavoratori stagionali extracomunitari.

Il Chairman di Nestlé, che detiene anche il marchio San Pellegrino è Peter Brabeck-Letmathe, un imprenditore austriaco che ha ricevuto il  Black Planet Award. Il premio viene conferito ai possibili distruttori del pianeta. Inoltre in una sua intervista Letmathe ha dichiarato che l’acqua non è un diritto umano, ma un prodotto alimentare.

Aperta una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia: rischio di sanzioni

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La Commissione Ue ha deciso oggi di aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia per i limiti posti alla responsabilità civile dei giudici nell’applicazione del diritto europeo. Due sono i motivi che hanno portato a questa decisione:

  •  In primo luogo, osservano fonti europee, la legge nazionale esclude in linea generale la responsabilità dei magistrati per i loro errori di interpretazione e valutazione.
  •  la responsabilità dello Stato scatta solo quando sia dimostrato il dolo o la colpa grave. Secondo gli esperti Ue la Cassazione ha interpretato in maniera troppo restrittiva circoscrivendola a sbagli che abbiano un carattere ‘manifestamente aberrante’, mentre negli altri casi il giudice è sempre e comunque tutelato.

L’iniziativa nasce dal mancato rispetto della condanna decretata per lo stesso motivo dalla Corte di giustizia Ue nel novembre 2011. Secondo fonti comunitarie, “se entro i prossimi mesi l’Italia non si adeguerà alla prima sentenza della Corte sarà deferita nuovamente ai giudici europei. Con il concreto rischio, questa volta, di dover pagare anche sanzioni pecuniarie”.

In questo momento di fragilità assoluta del nostro Paese, l’ultima tegola in testa arriva dalla Comunità Europea. Si dovrà quindi correre ai ripari con un governo di larghe intese che è agli sgoccioli, immobilizzato dai partiti che sono già ampiamente in campagna elettorale.

Il sogno di Letta s’infrange sui dati industriali: la Spagna supera l’Italia

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Speranze di ripresa, sogno di un’Italia che ricomincia ad avere dati positivi, la disoccupazione che cala e la fiducia nei mercati internazionali che aumenta nei confronti del nostro Paese al momento sono solo utopie. Reali ci sono solo i dati e purtroppo ancora una volta sono drammatici. L’Italia è l’unico paese dell’Eurozona che, insieme alla Finlandia fa registrare un dato negativo e subisce così il sorpasso da parte della Spagna. Questo senza troppi giri di parole è il panorama che emerge dal rapporto ‘Competitività’ che approverà domani la Commissione Ue a Bruxelles. I dati anticipati dall’Adnkronos non hanno spiragli positivi per lo Stivale. Persino la Grecia, messa in ginocchio dalla crisi, ha migliorato la produttività, insieme alla Spagna che ha sorpassato l’Italia e sembra avviata a riforme che possano davvero dare un impulso alla competitività. Al palo resta il Belpaese che nonostante l’Ue spinga per ridurre le tasse, non riesce a farlo. Male anche i dati sull’energia. Domani  Bruxelles solleciterà Roma ad accelerare le riforme necessarie per la competitività industriale e dunque per la creazione di posti di lavoro. Cambierà qualcosa? C’è ancora tempo per invertire la rotta? Forse, ma il Governo è bloccato sulla decadenza di Berlusconi, sull’Iva e sul finanziamento ai partiti, non c’è spazio per il dramma sociale.

Telecomunicazioni, via il roaming in Europa!

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Buone notizie per chi viaggia, da luglio 2014 è prevista la fine progressiva del roaming, il che significherà che spariranno in Europa i costi supplementari applicati in caso di chiamate o di invio di sms quando ci si trova all’estero.  La Commissione ha però concesso margini più ampi per lo stop ai costi extra, insomma bisognerà attendere. E non pensate che lo abbiano fatto per le elezioni europee previste per maggio 2014… come ha sottolineato infatti il portavoce della Commissione Ue Olivier Bailly “non è direttamente legato alle elezioni europee, ma qualcosa su cui lavoriamo da tempo”. Anzi, sul roaming “è dagli ultimi otto anni che stiamo agendo”. Sempre Bailly ha evidenziato come “il principale obiettivo della proposta è trovare un modo adeguato per non avere più a che fare con 28 mercati di telecomunicazione nazionali ma con un solo mercato interno europeo, a vantaggio sia di imprese che consumatori beneficiando delle dimensioni del mercato interno non solo in termini di prezzi ma anche di servizi, possibilità di investimento e infrastrutture”.

  

I disabili in Italia sono discriminati lo dice la Corte di giustizia Ue

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Secondo la  Corte di giustizia Ue, l’Italia non ha adottato tutte le misure necessarie per garantire un lavoro ai disabili e viene invitata a porre rimedio in tempi brevi. L’Italia, sempre secondo la Corte, sarebbe «venuta meno agli obblighi» sanciti nel diritto comunitario per aver recepito in maniera incompleta e inadeguata la direttiva prevista nel 2000 sulla parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro.

I giudici europei hanno in sostanza accolto i rilievi mossi all’Italia dalla Commissione Ue nella procedura d’infrazione conclusasi con il deferimento alla Corte di giustizia del nostro Paese poiché ha ritenuto insufficienti le garanzie e le agevolazioni previste a favore dei disabili in materia di occupazione dalla normativa italiana. In particolare, secondo Bruxelles, le norme nazionali non riguardano tutti i disabili, tutti i datori di lavoro e tutti i diversi aspetti del rapporto di lavoro. Inoltre, l’attuazione dei provvedimenti legislativi italiani è stata affidata all’adozione di misure ulteriori da parte delle autorità locali o alla conclusione di apposite convenzioni tra queste e i datori di lavoro e pertanto non conferisce ai disabili diritti azionabili direttamente in giudizio.

La Corte ha ora stabilito che gli Stati membri devono prevedere l’obbligo, per i datori di lavoro, di adottare provvedimenti efficaci e pratici (sistemando i locali, adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro o la ripartizione dei compiti) in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere a un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una formazione, senza tuttavia imporre al datore di lavoro un onere sproporzionato. O lo paga lo Stato l’adeguamento, ma si sfora il patto di stabilità o lo si mette a carico del datore di lavoro, quindi in ogni caso sembra un obiettivo irraggiungibile in tempo di crisi. Che soluzioni ha l’Italia?

 

L’europa si ravvede, l’Italia esulta: “flessibilità di bilancio”!

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“Ce l’abbiamo fatta! Commissione Ue annuncia ora ok a più flessibilità per i prossimi bilanci per i Paesi come Italia con conti in ordine. Serietà paga”. Così il Premier Letta twitta la sua gioia sul web. L’europa si ravvede, l’Italia esulta e arriva la conferma in una nota  di Palazzo Chigi:

“Il governo italiano raccoglie con grande soddisfazione un risultato importante, forse il più importante di tutti nel rapporto con le istituzioni europee. Il presidente della Commissione Europea, Barroso ha infatti appena annunciato a Strasburgo per i paesi usciti dalla procedura di deficit eccessivo, come l’Italia, una maggiore flessibilità di bilancio nel 2014 per investimenti produttivi e per rilanciare la crescita” si legge. “È il premio per la scommessa che questo governo ha fatto fin dall’inizio sul rispetto degli obiettivi di finanza pubblica” concludono da Palazzo Chigi.

Ma nella sostanza cosa comporta la flessibilità di bilancio?

Come annunciato dalla Commissione Ue, per i Paesi “virtuosi, cioè quelli con i conti in ordine, verranno consentite “deviazioni temporanee dal raggiungimento dell’obiettivo di medio termine” per permettere “investimenti pubblici produttivi”.

Quello che è importante è il cambiamento di rotta, non più austerità sterile, ma concedere investimenti pubblici produttivi che possano innescare una nuova ripresa all’interno dei Paesi. Consentire quindi di “sforare” il bilancio per poi in prospettiva avere più entrate proprio da questi meccanismi virtuosi che vengono messi in essere con i soldi pubblici. E’ una svolta economica importante in un Europa  che sembrava ormai presa in una “spirale medievale” senza via d’uscita. E’ la vittoria di Letta, di Hollande e di coloro che hanno creduto di poter imporre una linea diversa da quella della “ragioneria spicciola” che con miopia stava portando alla catastrofe.  Il primo segnale si era avuto ieri con la Merkel che aveva dichiarato la sua lotta alla disoccupazione affermando  “non ci deve essere una generazione perduta”. Un annuncio che forse vale per la Germania, perché in Italia una generazione se non anche due sono state bruciate… ma meglio tardi che mai!

Obama aiutato dall’Europa per “origliare”?

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Di nascosto e forse anche controvoglia Bruxelles avrebbe aiutato l’America a spiare. La smentita da parte della Commissione Ue, per le accuse del Financial Times, è stata parziale.

Per spiegare cosa è avvenuto bisogna ricordarsi della legge in vigore negli Usa che consente al governo federale di monitorare le comunicazioni degli stranieri per aumentare la sicurezza interna e prevenire possibili attacchi terroristici. La normativa naturalmente, in sede di approvazione, causò notevoli scontri, ma alla fine prevalse la linea di tutela a scapito della privacy. Naturalmente questo fu possibile grazie alla pressione che gli Usa fecero sull’Unione.

Una legge degli Stati Uniti, la normativa Fisa, consente al governo federale di attuare programmi di monitoraggio delle comunicazioni degli stranieri al fine di massimizzare la sicurezza interna e difendersi al meglio dagli attacchi terroristici. La normativa creò una discreta polemica all’epoca della sua approvazione, ma il Congresso, allora in mano democratica, definì il quadro giuridico che ha poi permesso ad Obama di approfondire il controllo delle comunicazioni attraverso il programma Prism. Per consentire questo tipo di attività però gli Usa hanno esercitato un’intensa attività di persuasione nei confronti dell’autorità dell’Unione europea. La Ue infatti aveva intenzione di approvare una normativa con un articolo esplicitamente pensato contro i programmi di controllo statunitensi, la cosiddetta clausola anti Fisa.  La Commissione però ha pensato bene di cassare questa norma, l’articolo 42 del nuovo regolamento sulla protezione dei dati, su pressioni dell’amministrazione americana.

Ma se l’Ue si è sempre battuta per tutelare la privacy dei propri cittadini perché poi non ha votato l’anti Fisa?

 

L’indagine Ue sul Real Madrid!

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La Commissione per la concorrenza dell’Unione Europea staindagando sul Real Madrid, in particolare sul contratto tra il club e il comune di Madrid riguardante la cessione dei diritti su ‘Las Tablas’, un’area a nord della capitale spagnola vicina allo stadio Santiago Bernabeu. Secondo l’Indipendent, l’inchiesta della UE potrebbe avere ripercussioni sulla possibilità del Real Madrid di far fronte agli obblighi imposti dal Fair Play finanziario.

Nel 1996 il club madrileno e l’amministrazione comunale di Madrid hanno firmato un accordo per la cessione di una parte dell’area nord di Madrid, Las Terras, dove sarebbero poi sorti alberghi, ristoranti e attività commerciali che stanno portando ottimi ricavi al Real Madrid, e permette alle ‘merengues’ di acquistare nuovi (e costosi) calciatori. Stando alle indagini che stanno compiendo negli uffici dell’Unione Europea, il comune di Madrid avrebbe sovrastimato i debiti con il club in modo di poter vendere a l’area a prezzo più basso: secondo l’articolo 87 del Trattato della Comunità Europea questo rappresenta un aiuto di stato illegale. Dal canto suo il Real si difende dichiarando che la stima dell’area “è stata fatta dall’amministrazione comunale, che avrà sicuramente agito nei suoi interessi e non in quelli del club”
La notizia è stata confermata dal portavoce di Joaquin Almunia, spagnolo vicepresidente della Commissione Ue e responsabile per la concorrenza. Indagine analoghe “riguardano i club di diversi paesi” ha detto il portavoce ricordando che sul Real non è stata ancora aperta un’inchiesta formale, come invece già successo alcune settimane fa per società olandesi.

La Grecia rileva le filiali cipriote sul suo territorio!

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Il governo di Nicosia ha raggiunto con quello di Atene un accordo in base al quale la Grecia rileverà le succursali della banche cipriote in territorio ellenico ponendo così fine a giorni di incertezza sul destino di tali sedi. Intanto da Bruxelles arriva l’allarme dalla Commissione Ue: “Nella situazione attuale è molto importante che Cipro approvi le leggi sulla risoluzione delle banche e sulla restrizione dei capitali” ha detto infatti un portavoce.

Il risanamento della Spagna inizia dalle banche! Via libera della Ue.

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